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Eeeeeeeeeeee addiiiioooo.
Eh, sì, pensò Vishous, cancellando l’ennesimo video su YouTube, violare quegli account era facile come pescare in un acquario. Ancora un po’ e ti davano gratis popcorn e caramelle come premio per la fatica. Avanti il prossimo. E… un altro. E… un altro ancora.
In un certo senso doveva ringraziare Jo Early, alias Damn Stoker, per l’efficienza di quel repulisti. I suoi link erano una miniera inesauribile di contenuti in molteplici destinazioni postati da una buona dozzina di persone. Così, una volta passata la scopa nello YouTubiverso, sarebbe passato a spazzare per benino Instagram e dopo anche Facebook.
La sandbox di Zuckerberg sarebbe stata un po’ più dura da hackerare; c’erano molti account sulla piattaforma, come nel caso delle altre due, ma alla fine ce l’avrebbe fatta.
E un altro. E un altro…
Cacchio, questo vamp9120 era un pozzo senza fondo… non la finiva più di cancellare i contenuti collegati a lui.
Avrebbe dovuto stargli dietro di più e meglio. D’altra parte, era stato impegnato a vivere, invece che a sublimare i suoi casini grazie allo sport e a Internet.
Quando alla radio passò Bruno Mars cambiò stazione passando a Shade45. Non è che pensasse che “24K” non fosse “magico”, ma quella sera la roba da discoteca non era nella sua playlist. All There invece era perfetto, cazzo. Mentre il rap di Jeezy/Bankroll Fresh sfondava le casse acustiche, bevve un altro sorso di Grey Goose on the rocks, valutando se fare una pausa per rollarsi qualche altra sigaretta col suo tabacco turco. Dopodiché sarebbe andato a prendere un’altra bottiglia dalla mezza dozzina che si era fatto comprare da Fritz. E poi sarebbe tornato lì a…
«Ma cosa cazzo…?» sbraitò d’un tratto.
Chinandosi in avanti, scrutò accigliato l’immagine comparsa sullo schermo. «Un momento, questo me lo ricordo.»
Eh, sì, stava parlando tra sé e sé. Va così quando il tuo coinquilino, che è di riposo come te, si sta sbattendo la sua femmina in fondo al corridoio, mentre tu te ne stai seduto come un povero sfigato su una sedia da ufficio dall’altra parte della casa.
Fece tornare indietro il video e lo riguardò da capo. Il filmato era stato ripreso da una posizione relativamente elevata in un palazzo del centro, come se lo stronzo armato di cellulare guardasse fuori da un appartamento al terzo, o forse al quarto piano. Il punto focale era il vicolo sottostante… dove una figura stava avanzando.
Sotto una pioggia di proiettili.
La figura era Tohrment. I proiettili venivano da un lesser accovacciato nell’angolo in fondo. E la scena documentava una evidente tendenza al suicidio.
V non aveva assistito in prima persona a quella stupidaggine bella e buona, ma l’aveva sentita raccontare da più di un Fratello. Risaliva a quando Tohr, sull’orlo della follia, aveva deciso di mostrare a tutti quanto desiderava morire. Stava rispondendo al fuoco, questo sì, pompava piombo a raffica con la pistola puntata contro il lesser… ma era senza giubbotto antiproiettile, senza la minima protezione e con tutti gli organi vitali esposti agli spari del nemico.
Tanto valeva rivolgere l’arma contro se stesso e premere il grilletto, che cazzo.
Eppure era sopravvissuto…
«Un momento… e quello cos’è?» esclamò all’improvviso.
Vishous si stropicciò gli occhi, avvicinandosi ancora di più al monitor. Gli venne addirittura il dubbio che quelle fossero le riprese dell’attentato di Dallas a JFK.
Regolò il contrasto e fece tornare indietro un’altra volta il video. E poi un’altra ancora.
C’era qualcun altro che sparava dal tetto del palazzo di fronte. Sì… c’era una figura, lassù in cima, e stava… uh-huh, sporgendosi in fuori crivellava di proiettili il lesser che cercava di far fuori Tohr.
Non era un membro della confraternita, poco ma sicuro. Avrebbe riconosciuto i suoi Fratelli anche in un banco di nebbia a più di un chilometro di distanza, e in quel caso era facile individuarli, anche se le immagini erano un po’ sgranate. E poi era impossibile che uno di loro fosse sul tetto invece che giù in strada con Tohr.
Ma allora chi cazzo c’era, lassù in cima? Non un umano. Impossibile che uno di quei ratti senza coda si immischiasse in quel modo in uno scontro così. Non gliene veniva in tasca niente, quindi perché rischiare l’arresto? Più probabile che chiamasse il 911 prima di correre a ripararsi…
In quel mentre gli suonò il cellulare e lui trasalì – merda, non ricordava l’ultima volta che gli era preso un colpo. Specie per una telefonata.
Ma visto quello che aveva messo in moto…
Guardò la sua mano che si allungava per prendere il telefono. Lo aveva messo a faccia in giù sulla scrivania, e voltarlo per controllare lo schermo richiese una certa dose di coraggio.
Appena vide chi era si riscosse, tutto efficienza e concentrazione. «Mio Signore» disse sollevato, rispondendo. «Come posso esserti utile?»
Wrath andò subito al sodo, motivo di più per amarlo. «Ho bisogno di te. Subito.»
«Ricevuto. Dove sei?»
«Sarò nell’atrio tra cinque minuti.»
«Dimmi che non andiamo a Disney World e ci sarò.»
«No, non è il momento di fare una vacanza.»
«Bene.»
Riattaccando, V fece per cancellare il video e chiudere, ma qualcosa gli disse di salvarlo e così fece. Tanto aveva un mucchio di spazio sull’hard drive.
Che sollievo avere qualcosa da fare, cazzo.
Come qualche ora prima, non disse a nessuno che stava uscendo. Stavolta perché Butch e Marissa ci stavano dando dentro di brutto. In compenso inviò un SMS al suo migliore amico… poi pensò di mandarne uno anche a Jane.
Alla fine, però, mise giù il cellulare, si armò e uscì.
Xcor stava riagganciando il telefono fisso e aveva cominciato a togliersi il parka preso in prestito, quando Layla salì dal seminterrato.
Appena vide la tensione sul suo volto fu assalito dai rimorsi. «Scusa. Sono in ritardo, lo so.»
Lei parve sorpresa, poi si limitò a scuotere la testa, avvicinandosi. «Sono contenta di vederti. Ero preoccupata.»
Lo guardò negli occhi e lui non sopportò la tristezza che vi scorse, specie perché sapeva di esserne la causa – e, non per la prima volta da quando era uscito, disprezzò se stesso per la difficoltà in cui la metteva.
«Vieni qui» sussurrò, attirandola a sé. Stringendola al petto, sul cuore, le posò il mento in cima alla testa. Sarebbe stato felice di restare così per sempre, ma aveva delle cose da dirle.
«Amore mio» cominciò, «Wrath è…»
Proprio in quel mentre la vetrata si aprì e subito la piccola cucina venne invasa dall’aria gelida. Il Re cieco entrò per primo, tallonato da Vishous.
«Hai chiamato» disse asciutto Wrath. «Salve, Eletta.»
«Solo Layla, per favore» disse lei. Tutti la guardarono.
«Come?» chiese il Re.
«Chiamami semplicemente Layla, per favore, mio Signore.»
Il Re scrollò le spalle. «Come vuoi. Allora, Xcor, hai una risposta per me?»
«Sì.» Xcor guardò Vishous che, con quegli occhi di diamante, seguiva ogni sua mossa. «E temo che non ti piacerà.»
«Hanno detto di no, eh. Peccato.» Ora il Re si rivolse al Fratello. «Ciò significa che dovremo fare la guerra, immagino.»
Lo disse con nonchalance, come se niente fosse, e Xcor non poté che provare rispetto per quell’atteggiamento. I guerrieri combattono, vengono allevati e addestrati apposta per questo: se i Fratelli avessero ritenuto di un qualche rilievo particolare il conflitto con una banda di cinque soldati, avrebbero dovuto mandare in pensione i loro pugnali.
«No» precisò, «non hanno detto di no. Ma si rifiutano di giurare fedeltà a te.»
«Cosa cazzo significa?» sibilò Vishous in tono aggressivo.
Xcor si rivolse a Wrath. «Hanno giurato fedeltà a me. E io l’ho giurata a te. Loro seguiranno te, ma solo perché è a te che ho giurato fedeltà. Non accettano di essere guidati da nessuno a parte me. Così stanno le cose.»
«Non basta» sbottò il Fratello Vishous. «Neanche lontanamente, stronzo.»
Xcor si strappò via il guanto e mostrò il palmo ferito. «Abbiamo fatto un patto di sangue. Quei soldati sono pronti a morire per te, Wrath, se glielo ordinerò.»
«Ottimo» sbraitò Vishous. «Quand’è che scanniamo…»
«Basta così» intimò Wrath.
Seguì un silenzio carico di tensione; accanto a sé, Xcor sentì Layla irrigidirsi. Non provò nemmeno a dirle di allontanarsi, tuttavia, tanto non lo avrebbe lasciato, proprio come non lo avrebbero fatto i suoi soldati.
Rimase ritto di fronte al Re, guardandolo dritto negli occhi anche se Wrath era cieco. Non aveva nulla da nascondere, nessuno scontro di potere, nessun sotterfugio o complotto. Quale che fosse l’esito di quel confronto, quella sera o qualunque altra sera, per lui andava bene. Non temeva la morte, lo aveva imparato dal Carnefice. Aveva anche scoperto cos’era l’amore, e la sua amata era proprio lì, accanto a lui.
Dunque era pronto ad accettare con calma risolutezza un fato che sfuggiva al suo controllo. Sentirsi in pace con se stessi è così, dunque, rifletté, sfilandosi anche l’altro guanto. E con la mano che di norma non brandiva il pugnale, molto opportunamente prese quella di Layla.
«Ne sei convinto?» disse Wrath. «In tutta onestà.»
«Sì. Sono stato in guerra con questi soldati. Mi hanno seguito oltreoceano…»
«Sono disposti a seguirti di nuovo laggiù?» borbottò Vishous. «Dentro sacche per cadaveri?»
«Sì, lo sono.» Xcor guardò il Fratello. «Ma non sono in guerra contro di voi, se io non lo sono.»
Wrath incrociò le braccia sul petto; Xcor non poté fare a meno di ammirare la mole e la muscolatura del sovrano. Era mastodontico e letale, ma civilizzato dal cervello.
Avrebbe riconosciuto la logica di quella proposta, concluse Xcor.
Infatti un attimo dopo il Re annuì, reciso.
«Così sia» disse, con un cenno d’assenso. «Per me può bastare…»
«Vorrai scherzare, cazzo…»
La mano del Re scattò di lato, fulminea, tanto che l’occhio stentò a seguirla, e chissà come, anche senza l’ausilio della vista, azzeccò la traiettoria agguantando per il collo Vishous. Senza neanche girarsi in direzione del Fratello, Wrath rimase focalizzato su Xcor.
Vishous, dal canto suo, non si difese, anche se a un certo punto fu costretto ad aprire la bocca, ansimando senza fiato.
«Non piace anche a te quando le persone imparano a stare al loro posto?» commentò Wrath, seccato, rivolto a Xcor. «Quando capiscono che devono tenere la bocca chiusa?»
Xcor non poté fare a meno di sorridere. Wrath e lui erano molto simili, per certi versi.
«Sì, mio Signore» mormorò.
Wrath mollò la presa. «Come ho già detto, per me è sufficiente. Ma, come vedi, i miei ragazzi esigeranno una dimostrazione pratica più convincente» così dicendo si toccò il lato del naso. «Sento il tuo odore. So che sei sincero quando dici di credere ai tuoi soldati e, fatti salvi i conflitti che ci hanno contrapposto in passato, non penso che tu sia uno stupido… e non credo affatto che metteresti a repentaglio la vita dei tuoi compagni.»
«L’ha già fatto una volta» intervenne Vishous con un sogghigno. «È così che ci siamo ritrovati tra i piedi Throe.»
«Pare che Throe abbia lasciato la retta via, però.»
Xcor annuì. «Già. Per questo ti ho messo in guardia da lui.»
Wrath chinò la testa. «L’ho apprezzato molto. Penseremo a lui dopo che avremo sistemato le cose con i tuoi.»
«Per te non sarà un problema, giusto?» intervenne Vishous.
«No.» Xcor scrollò le spalle. «Throe va per la sua strada, che è incompatibile con la vostra e, di conseguenza, anche con la mia. Come affrontare la questione dipende solo da voi.»
«Allora anche questa faccenda è sistemata.» Wrath sorrise, mettendo in mostra le zanne terrificanti. «Ma, come stavo dicendo, i miei ragazzi pretenderanno qualche prova tangibile. Quindi per il giuramento celebreremo una bella cerimonia vecchia maniera, in presenza di testimoni.»
«Pensavo che volessi farli giurare uno alla volta» disse Vishous a bassa voce, allontanandosi ostentatamente per non essere a portata di mano.
«I Bastardi non ci attaccheranno.» Wrath scosse la testa. «Non succederà. È Xcor che tiene le redini della banda, riesco a percepire il suo potere. Uno come lui non sarebbe così calmo senza un buon motivo, dico bene, Xcor?»
«Sì. I miei soldati non leveranno un dito contro nessun membro della confraternita. Li radunerò domani a mezzanotte e li condurrò da te, ovunque mi ordinerai di portarli. Prima è impossibile, tuttavia, perché fino ad allora non sono in grado di contattarli. Evitiamo di comunicare nell’interesse della loro sicurezza, nel caso in cui» a quel punto lanciò un’occhiata a Vishous, «qualcosa vada storto. Sono certo che capisci.»
Wrath ridacchiò. «Sì, ho afferrato. Allora è fatta…»
«E la tua sicurezza, invece, Xcor?» disse rabbiosa Layla. «Come farai, tu, a non correre rischi?»
«Lui sarà al sicuro, non preoccuparti…» disse dolcemente il Re.
Layla si girò di scatto verso Xcor. «Perché non gli racconti come ti hanno ferito, ieri notte. E chi è stato.»
Quando la sua femmina interruppe il sovrano, Xcor deliberatamente rimase impassibile. «Ti ho già detto che è stato un lesser, amore mio…»
«Non è vero» lo smentì Layla, che poi guardò Wrath. «Ieri notte i tuoi gli hanno sparato.»
«No» ribatté Xcor, stringendole la mano con forza nel tentativo di zittirla. «È stato solo un non morto.»
All’altro capo della cucina linda e ordinata Wrath aggrottò le sopracciglia dietro gli occhiali da sole avvolgenti e il gelo si diffuse nella stanza. «Te lo chiederò una volta sola» disse poi, «e ti conviene essere sincero, cazzo. Uno dei miei guerrieri ti ha mai puntato contro la pistola, da quando mi hai giurato fedeltà?»
Xcor puntò gli occhi in quelli ciechi del Re, sprigionando fiducia. «No.»
Intanto stringeva la mano di Layla. Così forte che sicuramente le stava facendo male, per cui allentò la stretta. Pregando però in cuor suo che lei non dicesse una parola.
Wrath inspirò a fondo. Poi chinò la testa una volta. «Così sia. Ci vediamo domani a mezzanotte. In centro, tra la Quindicesima e Market. C’è un magazzino abbandonato. Non potete sbagliare.»
«Saremo lì a mezzanotte e un quarto. Vedrò i miei a mezzanotte, dacci il tempo di venire da te.»
Wrath avanzò e tese nel vuoto la mano con cui in campo brandiva il pugnale. «Tu e i tuoi avete la mia parola. A patto che loro non rappresentino una minaccia per i miei ragazzi, nessuno si farà male.»
Xcor gli strinse la mano.
«A domani» disse al Re nell’Antico Idioma.
«A domani» ripeté Wrath.
Quando Wrath e Vishous se ne andarono, uscendo dalla vetrata scorrevole, Xcor poteva solo sperare che il Re fosse in grado di mantenere la promessa fatta.
«Ti uccideranno» disse Layla con voce atona. «Non uscirai vivo da quella riunione.»
Lui la guardò. Non sopportava di vedere la paura sul suo volto pallido, il tremito del suo corpo. Nel silenzio della casa sicura, voleva mentirle.
Voleva sapere come aveva scoperto la verità. Voleva… restare per sempre con lei.
Ma il destino si era già pronunciato su quell’ultimo desiderio.
Tese la sua mano di pace, non quella di guerra, e le toccò la guancia vellutata. Le passò il pollice sul labbro inferiore. Accarezzò la vena vitale che correva lungo il lato del collo.
«Wrath non può garantire la tua sicurezza.» Con un’imprecazione disperata, Layla girò la testa contro il suo palmo e baciò la pelle indurita dalla guerra. «Non quando si tratta di Tohrment o di Qhuinn. E tu lo sai bene.»
«Come?» chiese lui in un sussurro. «Come hai fatto a scoprirlo?»
«Ha importanza?»
No, non ne aveva.
«Perché non hai detto niente?» gli chiese in tono implorante. «Perché non l’hai detto a Wrath?»
«Perché alla fin fine non ha importanza. La sicurezza in tempo di guerra è un’illusione che si può solo millantare, mai promettere. Lo sappiamo sia io che Wrath. Se uno dei Fratelli decide di risolvere autonomamente un problema inesistente, nessuno potrà impedirglielo. Il libero arbitrio è una verità universale, proprio come la gravità.»
«Ma non è giusto. Non è corretto.»
«Ecco perché devo proteggermi da solo, senza aspettarmi che qualcun altro, compreso il grande Re cieco, lo faccia al posto mio.»
«Xcor, devi assolutamente…»
«Shh» fece lui, mettendole l’indice di traverso sulle labbra. «Basta parlare di guerra. Ci sono cose assai più piacevoli con cui possiamo impiegare il nostro tempo.»
La premette contro di sé muovendo i fianchi per farle sentire che era eccitato, anche se lei senza dubbio l’aveva già fiutato.
«Fammi stare dentro di te» disse, baciandola. «Ho bisogno di te. Subito.»
Layla non disse nulla sul momento, e lui le diede il tempo di capire la differenza tra speranza e realtà, tra principi e dati di fatto. Era una femmina intelligente, non era versata nell’arte della guerra, ma neppure ingenua.
Che lui vivesse o morisse, l’indomani sera, loro due non erano destinati ad avere un futuro insieme, alla fin fine, e Layla lo sapeva. Se lui sopravviveva sarebbe tornato nel Vecchio Continente mentre lei sarebbe rimasta a Caldwell. Se invece moriva? Be’, allora per lui sarebbe stata la fine, nel Dhunhd, probabilmente.
«Ti amo» sussurrò Layla quando finalmente piegò indietro la testa per farsi baciare ancora. «Ti amerò sempre.»
Lui le ravviò i capelli biondi. «Io non ti merito. Sei tutto ciò che ho sempre desiderato.»
Ciò detto la baciò appassionatamente sulla bocca, cercando di dimenticare che il loro tempo insieme stava per scadere. Era arduo non rammentarlo, tuttavia.
E sapeva che anche per lei era lo stesso.