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Anche il sacrificio è negli occhi di chi
guarda.
Come la
bellezza, esso è una valutazione personale, soggettiva, un’analisi
costi-benefici che non ha un’unica risposta esatta, una bussola il
cui ago gira intorno a una variante individuale del nord
geografico.
Throe,
figlio legittimo e poi ripudiato di Throe, strinse ancora di più il
corpo snello nell’elegante cappotto di cachemire camminando deciso
lungo un marciapiede tutto crepato. Il quartiere, sempre che quei
lerci edifici senza ascensore e quegli squallidi negozietti si
potessero definire con un termine così legato all’idea di cordiale
accoglienza, era più un’area demilitarizzata che un luogo in cui
veniva voglia di abitare.
Ma la
vista di tanto degrado e vetustà era un sacrificio che valeva la
pena di compiere, visto ciò che lo attendeva.
Ciò
che sperava lo attendesse.
In
larga misura trovava incredibile la ricerca che aveva intrapreso.
Gli pareva… sconveniente… per un nobile del suo rango. Ma tante
altre volte la vita aveva imboccato strade che lui non avrebbe
previsto o scelto di sua spontanea volontà, dunque era piuttosto
avvezzo a simili sorprese – quantunque, anche sotto tali auspici,
quella tangente risultasse comunque assai
inverosimile.
Persino
per un aristocratico che, costretto a entrare nella Banda dei
Bastardi e divenuto soldato, aveva tentato di rovesciare la Corona
e successivamente, affrancatosi da quel gruppo di fuorilegge, se
l’era cavata da solo con i ricchi e gli ambiziosi… scampando infine
per un soffio a un incendio, quando la sua amante era stata
assassinata per avere tenuto prigioniero nel seminterrato uno
schiavo di sangue.
Follia
pura.
Quel
suo bizzarro destino lo aveva notevolmente influenzato. C’era stato
un tempo in cui aveva seguito principi convenzionali di lealtà e
decoro, in cui si era comportato da persona perbene nell’alta
società. Poi però aveva dovuto affidarsi a Xcor per lavare un’onta
che, col senno di poi, avrebbe dovuto vendicare da solo. Dopo
essere entrato nella cerchia dei soldati di Xcor e aver resistito
alla tortura, sorprendendo se stesso oltre che quei bastardi, aveva
incominciato a capire che si può contare solo su se
stessi.
L’ambizione, che una volta disdegnava come tipica
dei parvenu, aveva attecchito nel suo animo culminando in quel
golpe, fallito per un pelo, contro il Re cieco. A quel punto,
tuttavia, Xcor aveva perso la voglia di proseguire su quella
strada.
Mentre
invece lui aveva scoperto di non averla affatto persa.
Wrath
poteva pure aver trionfato con un voto populista castrando il
Consiglio della glymera, ma in cuor suo
Throe credeva ancora che ci fosse un altro sovrano di gran lunga
migliore per la razza.
Lui
stesso.
Dunque,
sì, avrebbe continuato da solo, cercando le leve giuste da azionare
al fine di conseguire il risultato desiderato.
O, come
nel caso dell’impresa di quella sera, creando la leva giusta, per
così dire.
D’un
tratto si fermò, guardandosi intorno. L’aria era gravida della
promessa di forti nevicate, la serata era umida e fredda, le nuvole
si addensavano al punto che il cielo si abbassava sempre
più.
I
numeri, in una strada del genere, erano difficili da verificare
essendo quella una zona di Caldwell dove gli abitanti non curavano
certo la manutenzione degli immobili. Lì era più probabile che la
gente entrasse in casa dei vicini per rubare, piuttosto che per
farsi prestare un po’ di zucchero o un cacciavite. Di conseguenza i
punti di riferimento scarseggiavano e in certi angoli erano stati
rimossi persino i cartelli coi nomi delle vie.
Ma la
sua meta doveva essere lì, da qualche parte…
Sì.
Eccola. Sull’altro lato della strada.
Throe
socchiuse gli occhi. E poi li alzò al cielo.
Incredibile: alla finestra c’era proprio un’insegna
lampeggiante con scritto MEDIUM. Accanto
all’immagine, prevedibile quanto banale, di un palmo aperto.
Illuminato. Viola.
Dopo
aver lasciato passare un’auto, per scendere dal marciapiede dovette
infilare il mocassino scamosciato dentro un cumulo di neve. Sì, i
sacrifici che aveva dovuto compiere erano sgradevoli ma necessari,
si disse, fastidi che doveva sopportare solo finché vi era
costretto. Per esempio non gli piaceva farsi mantenere da femmine
facoltose, come aveva fatto da quando aveva lasciato la Banda dei
Bastardi. Ma coi quattrini che era riuscito a raggranellare negli
ultimi duecento anni non poteva certo permettersi il tenore di vita
che meritava. Neanche per idea: quello richiedeva un capitale
dell’ordine di milioni di dollari, le centinaia di migliaia non
bastavano.
Erano
comunque sacrifici che gli pesavano. Di sicuro era diventato un po’
una puttana, a furia di scoparsi quelle femmine in cambio di vitto,
alloggio e abiti di sartoria degni del venerabile retaggio della
sua stirpe. Ma ne aveva abbastanza di vivere in certe topaie, dopo
gli anni passati sotto Xcor.
Non
rivedere mai più un altro divano componibile da quattro soldi con
sopra dei cartoni di pizza vuoti era il suo sogno nel
cassetto.
Ora
come ora, il sesso era un piccolo prezzo da pagare per tutto ciò
che riceveva in cambio – questo e altro, pur di ascendere al
trono.
Attraversata la strada, scavalcò con un salto il mucchio
di neve addossato al marciapiede e batté i piedi con forza per
pulire i mocassini. «Una medium, però…» borbottò. «Una medium
umana.»
Avvicinandosi al portone verniciato di viola fu lì lì per
fare dietrofront. Tutta quella storia cominciava a puzzare di
scherzo di pessimo gusto.
Come
altro poteva spiegarsi la sua presenza in quel luogo…
I tre
umani che svoltarono l’angolo lì accanto annunciarono il loro
arrivo in tre modi diversi. Anzitutto con l’odore della sigaretta
che stava fumando quello nel mezzo. Poi col colpo di tosse di
quello a sinistra. Ma la ciliegina sulla torta fu il tizio sulla
destra.
L’uomo
si fermò di botto. Poi sorrise, mettendo in mostra un incisivo
d’oro. «Ti sei perso?»
«No,
non si preoccupi.» Throe si voltò di nuovo verso il portone e provò
ad abbassare la maniglia. L’uscio era chiuso a chiave.
I tre
uomini si avvicinarono. Dio, non avevano mai sentito parlare di
dopobarba? Acqua di colonia? Anche lo shampoo sembrava un concetto
sconosciuto a quel simpatico terzetto.
Throe
fece un passo indietro per riuscire a vedere le finestre al primo
piano. Erano buie.
Avrebbe
dovuto chiamare per fissare un appuntamento. Come si fa per andare
dal barbiere. O da un commercialista…
«Vuoi
conoscere il tuo futuro?»
La
frase era stata pronunciata vicinissimo al suo orecchio. Girandosi,
Throe scoprì che il trio lo aveva circondato, formando una sorta di
collana intorno a lui.
«Sei
qui per quello?» Quello col dente d’oro sorrise di nuovo. «Sei
superstizioso o roba del genere?»
Throe
li squadrò rapidamente. Quello con la sigaretta l’aveva spenta,
anche se era fumata solo a metà, il candidato alla
broncopneumopatia cronica ostruttiva non tossiva più e quello con
l’incisivo a 14 carati aveva infilato la mano dentro al giubbotto
di pelle.
Throe
alzò di nuovo gli occhi al cielo. «Continuate per la vostra strada,
signori. Non sono pane per i vostri denti.»
Il
capo, che era stato l’unico a parlare, gettò indietro la testa
ridendo. «Signori? Sei inglese per caso? Ehi, questo qua è inglese.
Conosci Hugh Grant? O quel tizio che fa finta di essere americano
in Doctor House? Com’è che si chiama… stronzo.»
A quel
punto il tizio estrasse un bel coltello a serramanico.
«Dammi
i soldi. Altrimenti ti faccio assaggiare questo.»
Throe
non ci poteva credere. Le sue scarpe di camoscio preferite erano
rovinate, gli toccava avere a che fare con degli umani e si trovava
davanti a un caseggiato più idoneo al consumo di crack che a
qualunque altro genere di attività legale.
Okay,
era l’ultima volta che seguiva il consiglio di una femmina
della glymera, per di più brilla. Senza i suoi apprezzamenti dettati
dai fumi dell’alcol per quella presunta sensitiva, in quel momento
sarebbe stato nei quartieri alti, all’altro capo della città, a
sorseggiare uno sherry.
«Signori, ve lo dirò un’altra volta soltanto. Non sono
pane per i vostri denti. Continuate per la vostra
strada.»
Il
coltello gli venne spinto dritto in faccia, tanto che il suo povero
naso rischiava di fare una brutta fine. «Sgancia la grana e anche
quella cazzo di…»
Ah, gli
umani…
Throe
fece scendere le zanne, piegò le dita ad artiglio… e ruggì come se
volesse azzannarli alla gola tutti e tre.
La fuga
di quei tre imbecilli fu piuttosto piacevole da guardare, in
verità, e lo rallegrò un pochino: un’occhiata alla morte certa
bastò a convincerli che le loro dubbie capacità relazionali erano
richieste altrove. Non avrebbero potuto inscenare una ritirata più
totale e convincente neanche se ci si fossero messi
d’impegno.
Via,
via, via… filarono via come il vento, sparendo dietro l’angolo da
cui erano sbucati.
Throe
si voltò di nuovo verso il portone… e si accigliò.
Era
socchiuso, come se qualcuno fosse sceso ad aprire.
Lo
spalancò con una spinta, per nulla sorpreso nel vedere una lampada
a luce nera sul soffitto e una rampa di scale viola davanti a
sé.
«Ehi,
c’è nessuno?» gridò.
Udì dei
passi che salivano e attraversavano il ballatoio sopra la sua
testa.
«C’è
nessuno?» ripeté. «È proprio necessario tutto questo mistero?»
borbottò poi.
Entrò,
battendo i piedi sopra uno zerbino nero per pulire un’altra volta i
mocassini dalla neve. Poi seguì l’esempio di chi l’aveva preceduto,
salendo i bassi gradini due alla volta.
«Eeeeeeee ancora questo viola» commentò sottovoce una
volta in cima alla rampa di scale, avviandosi verso l’unica porta
del primo piano.
Per lo
meno adesso sapeva di essere giunto a destinazione. L’uscio era
decorato da un disegno fatto di tante mani; il contorno nero delle
dita e la linea della vita erano tracciati frettolosamente, senza
la minima cura o precisione, nulla di paragonabile all’opera di una
artista.
Misericordia, tutto ciò era ridicolo. Perché mai quella
femmina sbronza avrebbe dovuto sapere come entrare in contatto con
l’Omega? Per il tramite di una umana, nientemeno.
Eppure,
malgrado tutte le sue esitazioni, sapeva che sarebbe andato fino in
fondo, fino al probabile vicolo cieco finale. Il suo problema,
naturalmente, era che cercava una via per salire al potere, ma non
ne aveva trovata ancora nessuna particolarmente agevole. Non voleva
credere che la glymera
fosse veramente la causa persa che sembrava
essere. Ma se gli aristocratici erano incapaci di fornirgli un
trampolino di lancio che gli consentisse di prendere il posto di
Wrath, chi altri poteva procurargli truppe, provviste e via
dicendo?
Gli
umani non erano di grande aiuto. Inoltre, era meglio che una specie
tanto invasiva continuasse a ignorare l’esistenza dei vampiri.
Avevano già assoggettato tutto il resto, compreso il pianeta stesso
da cui dipendeva la loro vita, ai loro capricci e ai loro bisogni.
No, meglio non stuzzicare quel vespaio.
Cosa
gli restava, dunque? La confraternita era da escludere, ovviamente.
La Banda dei Bastardi ormai non costituiva più un’alternativa
praticabile. Non rimaneva che un’ultima strada da
esplorare.
L’Omega. Il Male. Il terribile contrappeso alla Vergine
Scriba…
La
porta si aprì con un cigolio degno di una casa
stregata.
Throe
si schiarì la gola pensando: Abbiamo fatto trenta, facciamo
trentuno.
O
meglio quindicimila… dollari, come quelli che avrebbe dovuto
sborsare per rimpiazzare le sue povere Ferragamo.
«C’è
nessuno?» chiese di nuovo.
Non
ottenendo risposta, si protese leggermente in avanti.
«C’è
nessuno? Riceve…» Qual era il termine adatto? Clienti? Sciroccati?
Creduloni? «Possiamo parlare un momento?»
Fece
per posare la mano sulla porta, ma immediatamente la ritrasse,
scuotendola accigliato. Aveva sentito come una leggera scossa
elettrica.
«C’è
nessuno?» ripeté ancora.
Con
un’imprecazione entrò nella stanza semibuia – e questa volta
trasalì per l’odore. Patchouli. Oddio, odiava il
patchouli.
Ah,
certo, incenso… che bruciava sopra un tavolo pieno di sassi e
pietre, verso il fondo della stanza. Candele accese negli angoli.
Grandi teli di diversi colori e fantasie appesi al
soffitto.
E
naturalmente anche la sensitiva aveva un piccolo trono, con davanti
un tavolino circolare… e una sfera di cristallo.
No,
così era troppo.
«In
realtà, penso di essere nel posto sbagliato» disse, voltandosi. «Mi
scusi tanto…»
Lo
schianto che giunse dal fondo della stanza fu abbastanza forte da
assordarlo, spaventandolo a morte.
«Signora? Sta bene?» gridò, girandosi
nuovamente.
Nessuna
risposta. Ormai in preda alla paranoia, Throe si guardò intorno
pensando… vai via. Subito. Vattene da questo posto.
Lì
dentro c’era qualcosa che non andava.
Proprio
in quel mentre la porta da cui era entrato si chiuse sbattendo e
subito dopo si udì lo scatto della serratura.
Throe
si lanciò in avanti, afferrò la maniglia e cercò di girarla a
destra e a sinistra. Niente da fare. Provò a scardinare la porta,
ma quella non cedette. La tempestò di pugni fino a farsi
male…
Poi si
fermò, impietrito, con un formicolio di allarme alla
nuca.
Girò la
testa, preparandosi a vedere… chissà… non lo sapeva neanche lui. Ma
lì con lui, nella stanza, c’era qualcosa… e non era di questo
mondo.