6
Il campo di cinque acri si apriva in fondo a un
viottolo di campagna deserto, simile alla creazione di un artista
dall’occhio particolarmente acuto nel riprodurre la natura in tutti
i suoi aspetti; collina e vallata sembravano soggette alle regole
atte a procurare piacere alla vista. Sulla sommità del dolce
declivio innevato, come la corona sul capo di un sovrano benevolo,
un maestoso acero distendeva i rami in una chioma così perfetta che
neppure la spoglia nudità invernale ne diminuiva la bellezza.
Smaterializzatasi dal palazzo ai piedi del campo, Layla
salì verso l’albero, arrancando con le pantofole sul terreno
ghiacciato, col vento gelido che s’insinuava nella vestaglia e
liberava i capelli dalla treccia, facendoli
svolazzare.
Giunta
in cima, abbassò lo sguardo sulle radici che ancoravano a terra il
magnifico tronco.
Era
accaduto lì, pensò.
Lì, ai
piedi di quell’acero, era andata da Xcor la prima volta, chiamata
da un soldato che lei credeva si fosse distinto valorosamente in
guerra, un soldato che lei aveva nutrito alla clinica della
confraternita… e che in realtà, come i Fratelli avevano omesso di
comunicarle, non era un amico, ma un nemico.
Quando
il soldato le aveva chiesto di mettere a disposizione la sua vena,
lei non aveva esitato a compiere il suo sacro dovere.
Perciò
si era recata lì… e nel farlo aveva smarrito una parte di
sé.
Xcor
era in punto di morte, ferito e debole, eppure, anche in quello
stato, lei aveva percepito la sua forza. Come poteva essere
altrimenti? Era imponente, robusto, muscoloso, con un collo taurino
e un ampio petto. Aveva tentato di rifiutare il suo sangue… poiché,
così le piaceva credere, avendo riconosciuto la sua innocente
estraneità al conflitto tra la Banda dei Bastardi e la
Confraternita del Pugnale Nero, non aveva voluto coinvolgerla. Alla
fine, tuttavia, aveva ceduto, e in tal modo entrambi erano divenuti
preda di un irresistibile imperativo biologico.
Layla
inspirò a fondo e guardò l’albero, scorgendo il cielo notturno
attraverso i rami spogli.
Appena
era emersa la vera identità di Xcor lei aveva confessato tutto a
Wrath e ai Fratelli, implorando in lacrime perdono… e il fatto che
loro l’avessero prontamente perdonata per aver aiutato il nemico,
senza sottoporla ad alcuna punizione, faceva onore al Re e ai
guerrieri al suo servizio.
Mentre
non le faceva onore essere tornata, in seguito, da Xcor. Averlo
frequentato. Essersi lasciata coinvolgere
emotivamente.
C’era
stata una iniziale coercizione da parte sua, all’epoca, questo sì,
ma la verità era che, anche se Xcor non le avesse forzato la mano…
lei avrebbe comunque voluto stare con lui. Ma c’era di peggio:
quando tra loro a un certo punto era finita, era stato lui a porre
fine ai loro incontri. Non lei.
Lei in
realtà era ancora pronta a rivederlo… e lo strazio che provava per
averlo perduto era devastante come la sua colpa.
E
questo prima che Xcor venisse catturato dalla
confraternita.
Sapeva
con esattezza dove lo tenevano prigioniero poiché lo aveva visto,
ferito, in quella grotta… sapeva cosa meditavano di fargli i
Fratelli non appena avesse ripreso conoscenza.
Se solo
ci fosse stato un modo per salvarlo. Xcor non era mai stato crudele
con lei, non le aveva mai fatto del male… non le aveva mai neanche
fatto delle avance, malgrado il desiderio che lo divorava. Era
stato paziente e gentile… almeno fino a quando si erano
lasciati.
Aveva,
tuttavia, tentato di uccidere Wrath. E quel tradimento era punibile
con la morte…
«Layla?»
Layla
si girò di scatto, incespicando e barcollando di lato… riuscì a non
cadere solo appoggiandosi al ruvido tronco dell’acero. Sentì subito
un dolore al palmo, che cercò di scacciare agitando la
mano.
«Qhuinn!» esclamò.
Il
padre dei suoi figli avanzò verso di lei. «Ti sei fatta
male?»
Con
un’imprecazione lei strofinò il palmo sbucciato, liberandolo da
qualche frammento di corteccia. Beata Vergine Scriba, che male.
«No, no, non è niente.»
«Fammi
vedere» disse lui, tirando fuori qualcosa dal giubbotto di
pelle.
Tremando, lei lasciò che le controllasse la mano, per poi
fasciarla con una bandana nera. «Penso che
sopravvivrai.»
Veramente? pensò lei. Io non ne sarei così
sicura.
«Qua
fuori congeli.»
«Dici?»
Qhuinn
si tolse il giubbotto e quando glielo mise sulle spalle lei venne
inghiottita dalla sua taglia e dal suo calore. «Vieni, torniamo al
palazzo. Stai tremando…»
«Non ce
la faccio più» disse di slancio lei. «Non posso più andare avanti
così.»
«Lo
so.» Vedendola trasalire sorpresa, lui scosse la testa. «So qual è
il problema. Andiamo a casa, così possiamo parlarne. Andrà tutto
bene, te lo prometto.»
Per un
attimo le mancò il fiato. Come aveva fatto a scoprirlo? Come faceva
a non essere arrabbiato con lei?
«Come
hai…» subito arrivarono le lacrime e l’emozione travolse tutto. «Mi
dispiace. Mi dispiace tantissimo… non doveva andare
così…»
Non
sapeva bene se era stato lui a spalancare le braccia o se era stata
lei ad avvinghiarsi al suo petto, ma Qhuinn la tenne stretta,
riparandola dal vento.
«Tranquilla» la rassicurò lui, accarezzandole la schiena.
«Dobbiamo solo parlarne con calma. Ci sono parecchie cose che si
possono fare per rimediare.»
Lei
girò la faccia di lato, verso il campo. «Mi sento così in
colpa.»
«Perché? È una cosa che non si può controllare. Mica te
la sei andata a cercare.»
Lei si
scostò leggermente. «No, non l’ho fatto, te lo giuro. E non devi
pensare neanche per un momento che metterei in pericolo la vita di
Lyric e Rhampage…»
«Scherzi? Ma se li ami con tutta te stessa! Lo so
benissimo.»
«È
così. Te lo garantisco. E voglio bene anche a te e a Blay, al Re, a
tutti i Fratelli. Voi siete la mia famiglia, siete tutto ciò che
ho.»
«Layla,
ascoltami. Non sei sola, okay? E, te lo ripeto, si può trovare una
soluzione…»
«Davvero? Veramente?»
«Sì. A
dire il vero ne stavo parlando proprio prima di venire qui. Non
prenderla come un tradimento…»
«Oh,
Qhuinn! Sono io la traditrice! Sono io ad avere
sbagliato…»
«Smettila, non è vero… e affronteremo questa cosa
insieme. Tutti quanti insieme.»
Layla
si portò le mani al viso, quella che lui aveva fasciato e l’altra.
Poi, per la prima volta da secoli – o almeno questa era la sua
sensazione – buttò fuori tutto il fiato che aveva nei polmoni, e un
sollievo confortante prese il posto dell’orribile fardello che si
era portata dentro.
«Voglio
dirti una cosa.» Lo guardò negli occhi. «Sono stata divorata dal
rimorso e dalla tristezza. Giuro che non avrei mai voluto che
succedesse niente di tutto questo. Mi sono sentita così sola, a
lottare contro il senso di colpa…»
«Non
devi sentirti in colpa» disse Qhuinn, passandole i pollici sotto
gli occhi per asciugarle le lacrime. «Non ha senso. Mica puoi
controllare quello che provi. È una cosa più forte di
te.»
«È
vero, è proprio così… e poi Xcor non è cattivo, non è malvagio come
pensate voi. Giuro. Mi ha sempre trattata con premura e gentilezza,
e sono sicura che non farebbe più del male a Wrath. Me lo
sento…»
«Cosa?»
Qhuinn aggrottò la fronte, scuotendo la testa. «Cosa stai
dicendo?»
«Non
uccidetelo, ti prego. È proprio come hai detto tu, si può trovare
una soluzione. Magari potete lasciarlo andare e…»
Più che
indietreggiare, Qhuinn la spinse via. Poi parve lottare
disperatamente per trovare le parole.
«Layla»
disse lentamente. «Sono sicuro di avere capito male, sto cercando
di… potresti…»
Cogliendo l’opportunità di spiegarsi, Layla si affrettò a
parlare. «Xcor non mi ha mai fatto del male. Neanche una volta, in
tutte le notti che sono andata da lui. Ha cercato un cottage per
farmi stare al sicuro, ed eravamo sempre noi due da soli. Non c’era
nessun altro. Non ho mai visto nessuno dei Bastardi…»
Lasciò
la frase in sospeso nel vedere che Qhuinn passava dalla confusione…
a un gelido distacco che lo faceva apparire come un perfetto
estraneo.
«Hai
continuato a vederti con Xcor?» disse alla fine in tono
piatto.
«Mi
sentivo terribilmente in colpa…»
«Per
quanto è andata avanti?» sbottò lui. Ma non le diede il tempo di
rispondere. «Sei andata a trovarlo anche quando aspettavi i miei
figli? Hai continuato a frequentare liberamente e consapevolmente
il nemico mentre avevi i miei figli dentro di te?» Prima che lei
potesse aprire bocca, alzò l’indice. «Pensa bene a quello che stai
per dire perché non potrai rimangiartelo. Ti conviene dire la
verità. Se scopro che mi hai mentito, ti uccido.»
Col
cuore che martellava nel petto e la testa che girava per il panico,
l’unico pensiero di Layla fu…
Mi
ucciderai comunque.
Nel
frattempo, allo shAdoWs, Trez mise via la pistola cercando di
riconnettersi con la realtà. «Allora?» disse. «Che cosa ci fai qui,
specie senza un completino in poliestere alla Tony
Manero?»
Lassiter, l’angelo caduto, sorrise in un modo che gli
increspò solo le labbra, senza coinvolgere gli occhi di un colore
strano, senza pupille. «Be’, sai, i pantaloni a zampa d’elefante
anni Settanta sono sorpassati.»
«Sei
passato alla New Age anni Ottanta? Non ho vestiti fluo da
prestarti.»
«No,
macché, adesso ho un altro costume nuovo da
sfoggiare.»
«Buon
per te. Male per noialtri. Dimmi solo che in spiaggia non metterai
un mankini alla Borat.»
Quando
l’angelo esitò a rispondere, Trez sentì un brivido, neanche Freddy
Krueger in persona gli stesse solleticando la nuca con le lame
affilate del suo guanto. Di solito Lassiter era così spumeggiante
che non si sapeva mai bene se sparargli per smettere di soffrire… o
armarsi di Coca e popcorn e godersi lo spettacolo.
Perché,
anche se ti faceva incazzare, era sempre una sagoma da morir dal
ridere.
Non
quella sera, però. Quel suo sguardo bizzarro era leggero e
frizzante più o meno come una lastra di granito e il suo
corpaccione era così impalato che nessuno degli ori ai polsi e al
collo, alle dita e alle orecchie, scintillava nella luce
soffusa.
«Che
cos’hai da stare lì come una statua?» mormorò Trez. «Qualcuno ti ha
spostato di nuovo la collezione di My Little Pony?»
Incapace di reggere il silenzio, Trez andò a sedersi
dietro la scrivania e si mise a spostare carte di qua e di là.
«Stai cercando di vedere la mia aura o roba del
genere?»
Non che
ci volesse chissà quale dote particolare. Tutti, a casa, sapevano
in che stato era…
«Voglio
invitarti a cena domani sera.»
Trez
tirò su la testa. «E perché?»
L’angelo se la prese maledettamente comoda prima di
rispondere; andò con tutta calma fino alla vetrata a guardare la
folla dal punto esatto in cui prima era fermo Trez. Nella penombra
il suo profilo – tutto proporzioni perfette e angoli giusti –
avrebbe fatto impazzire qualunque femmina. Quel cipiglio,
però…
«Sputa
il rospo» lo incalzò Trez. «È tutta la vita che ricevo brutte
notizie. Qualunque cosa sia, non può essere peggio di quello che ho
appena passato.»
Lassiter si voltò a guardarlo e scrollò le spalle. «È
soltanto una cena. Domani sera. Alle sette.»
«Io non
mangio.»
«Lo
so.»
Trez
ributtò la fattura, il foglio coi turni di lavoro del personale o
quel cazzo che era – e che aveva fatto solo finta di leggere –
sulla scrivania col resto delle scartoffie. «Mi riesce difficile
credere che ti interessi tanto all’alimentazione.»
«Vero.
Questa storia che il glutine-è-il-nemico-numero-uno è una stronzata
pazzesca. Per non parlare del tè Kombucha, del cavolo riccio e di
tutto quello che contiene antiossidanti, e della palla che lo
sciroppo di mais a elevato contenuto di fruttosio è la causa di
tutti i mali.»
«Hai
sentito che mesi fa la Kraft ha eliminato tutti i conservanti dai
suoi maccheroni al formaggio?»
«Già, e
quei bastardi non l’hanno neanche detto chiaro e tondo a
nessuno…»
«Perché
vuoi cenare con me?»
«Cerco
solo di essere gentile, tutto qua.»
«Non è
nel tuo stile.»
«Come
ho già detto, ho in ballo un po’ di cambiamenti.» Eeeeeeeed ecco
rispuntare quel sorriso. «Così ho pensato di cominciare in grande
stile. Sì, insomma, se vuoi voltare pagina, conviene partire bene
fin dall’inizio.»
«Senza
offesa, ma non sono in vena di passare del tempo con chi mi sta
simpatico.» Okay, gli era uscita male. «Cioè, mio fratello è
l’unico che riesco a sopportare, al momento, e non mi va di vedere
nemmeno lui.»
Trez
non ne poteva proprio più di quel sorriso. L’angelo si avviò alla
porta… a proposito di preghiere esaudite.
«Ci
vediamo domani sera.»
«No,
grazie.»
«Al
ristorante di tuo fratello.»
«Oh,
per l’amor del cielo, perché?»
«Perché
fa le migliori tagliatelle alla bolognese di Caldie.»
«Non è
quello che ho chiesto, lo sai.»
L’angelo si limitò a fare spallucce, lanciandogli
un’occhiata veloce. «Vieni e lo scoprirai.»
«Col
cavolo.» Trez scosse la testa. «Senti, so che siete in pensiero per
me e apprezzo molto l’interessamento.» In realtà non lo apprezzava.
Per niente. «Sì, okay, sono dimagrito e dovrei mangiare di più. Ma
quando il destino ti squarcia il petto e ti strappa via il cuore
non ti resta molto appetito, buffo no? Perciò, se non vuoi che il
tuo tête-à-tête assomigli a un solitario, perché non inviti
qualcuno che mangerà per davvero e non si limiterà a dire due
parole in croce? Ti garantisco che passeremo tutti e due una serata
più piacevole.»
«A
domani» disse l’angelo, uscendo.
«Vaffanculo!» gli gridò dietro Trez.
Almeno
non litigheremo più, pensò, mentre la porta si chiudeva a poco a
poco. E ritrovandosi a gustare la sua pasta al ragù da solo,
Lassiter avrebbe colto il messaggio.
Problema risolto.