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Il campo di cinque acri si apriva in fondo a un viottolo di campagna deserto, simile alla creazione di un artista dall’occhio particolarmente acuto nel riprodurre la natura in tutti i suoi aspetti; collina e vallata sembravano soggette alle regole atte a procurare piacere alla vista. Sulla sommità del dolce declivio innevato, come la corona sul capo di un sovrano benevolo, un maestoso acero distendeva i rami in una chioma così perfetta che neppure la spoglia nudità invernale ne diminuiva la bellezza.
Smaterializzatasi dal palazzo ai piedi del campo, Layla salì verso l’albero, arrancando con le pantofole sul terreno ghiacciato, col vento gelido che s’insinuava nella vestaglia e liberava i capelli dalla treccia, facendoli svolazzare.
Giunta in cima, abbassò lo sguardo sulle radici che ancoravano a terra il magnifico tronco.
Era accaduto lì, pensò.
Lì, ai piedi di quell’acero, era andata da Xcor la prima volta, chiamata da un soldato che lei credeva si fosse distinto valorosamente in guerra, un soldato che lei aveva nutrito alla clinica della confraternita… e che in realtà, come i Fratelli avevano omesso di comunicarle, non era un amico, ma un nemico.
Quando il soldato le aveva chiesto di mettere a disposizione la sua vena, lei non aveva esitato a compiere il suo sacro dovere.
Perciò si era recata lì… e nel farlo aveva smarrito una parte di sé.
Xcor era in punto di morte, ferito e debole, eppure, anche in quello stato, lei aveva percepito la sua forza. Come poteva essere altrimenti? Era imponente, robusto, muscoloso, con un collo taurino e un ampio petto. Aveva tentato di rifiutare il suo sangue… poiché, così le piaceva credere, avendo riconosciuto la sua innocente estraneità al conflitto tra la Banda dei Bastardi e la Confraternita del Pugnale Nero, non aveva voluto coinvolgerla. Alla fine, tuttavia, aveva ceduto, e in tal modo entrambi erano divenuti preda di un irresistibile imperativo biologico.
Layla inspirò a fondo e guardò l’albero, scorgendo il cielo notturno attraverso i rami spogli.
Appena era emersa la vera identità di Xcor lei aveva confessato tutto a Wrath e ai Fratelli, implorando in lacrime perdono… e il fatto che loro l’avessero prontamente perdonata per aver aiutato il nemico, senza sottoporla ad alcuna punizione, faceva onore al Re e ai guerrieri al suo servizio.
Mentre non le faceva onore essere tornata, in seguito, da Xcor. Averlo frequentato. Essersi lasciata coinvolgere emotivamente.
C’era stata una iniziale coercizione da parte sua, all’epoca, questo sì, ma la verità era che, anche se Xcor non le avesse forzato la mano… lei avrebbe comunque voluto stare con lui. Ma c’era di peggio: quando tra loro a un certo punto era finita, era stato lui a porre fine ai loro incontri. Non lei.
Lei in realtà era ancora pronta a rivederlo… e lo strazio che provava per averlo perduto era devastante come la sua colpa.
E questo prima che Xcor venisse catturato dalla confraternita.
Sapeva con esattezza dove lo tenevano prigioniero poiché lo aveva visto, ferito, in quella grotta… sapeva cosa meditavano di fargli i Fratelli non appena avesse ripreso conoscenza.
Se solo ci fosse stato un modo per salvarlo. Xcor non era mai stato crudele con lei, non le aveva mai fatto del male… non le aveva mai neanche fatto delle avance, malgrado il desiderio che lo divorava. Era stato paziente e gentile… almeno fino a quando si erano lasciati.
Aveva, tuttavia, tentato di uccidere Wrath. E quel tradimento era punibile con la morte…
«Layla?»
Layla si girò di scatto, incespicando e barcollando di lato… riuscì a non cadere solo appoggiandosi al ruvido tronco dell’acero. Sentì subito un dolore al palmo, che cercò di scacciare agitando la mano.
«Qhuinn!» esclamò.
Il padre dei suoi figli avanzò verso di lei. «Ti sei fatta male?»
Con un’imprecazione lei strofinò il palmo sbucciato, liberandolo da qualche frammento di corteccia. Beata Vergine Scriba, che male. «No, no, non è niente.»
«Fammi vedere» disse lui, tirando fuori qualcosa dal giubbotto di pelle.
Tremando, lei lasciò che le controllasse la mano, per poi fasciarla con una bandana nera. «Penso che sopravvivrai.»
Veramente? pensò lei. Io non ne sarei così sicura.
«Qua fuori congeli.»
«Dici?»
Qhuinn si tolse il giubbotto e quando glielo mise sulle spalle lei venne inghiottita dalla sua taglia e dal suo calore. «Vieni, torniamo al palazzo. Stai tremando…»
«Non ce la faccio più» disse di slancio lei. «Non posso più andare avanti così.»
«Lo so.» Vedendola trasalire sorpresa, lui scosse la testa. «So qual è il problema. Andiamo a casa, così possiamo parlarne. Andrà tutto bene, te lo prometto.»
Per un attimo le mancò il fiato. Come aveva fatto a scoprirlo? Come faceva a non essere arrabbiato con lei?
«Come hai…» subito arrivarono le lacrime e l’emozione travolse tutto. «Mi dispiace. Mi dispiace tantissimo… non doveva andare così…»
Non sapeva bene se era stato lui a spalancare le braccia o se era stata lei ad avvinghiarsi al suo petto, ma Qhuinn la tenne stretta, riparandola dal vento.
«Tranquilla» la rassicurò lui, accarezzandole la schiena. «Dobbiamo solo parlarne con calma. Ci sono parecchie cose che si possono fare per rimediare.»
Lei girò la faccia di lato, verso il campo. «Mi sento così in colpa.»
«Perché? È una cosa che non si può controllare. Mica te la sei andata a cercare.»
Lei si scostò leggermente. «No, non l’ho fatto, te lo giuro. E non devi pensare neanche per un momento che metterei in pericolo la vita di Lyric e Rhampage…»
«Scherzi? Ma se li ami con tutta te stessa! Lo so benissimo.»
«È così. Te lo garantisco. E voglio bene anche a te e a Blay, al Re, a tutti i Fratelli. Voi siete la mia famiglia, siete tutto ciò che ho.»
«Layla, ascoltami. Non sei sola, okay? E, te lo ripeto, si può trovare una soluzione…»
«Davvero? Veramente?»
«Sì. A dire il vero ne stavo parlando proprio prima di venire qui. Non prenderla come un tradimento…»
«Oh, Qhuinn! Sono io la traditrice! Sono io ad avere sbagliato…»
«Smettila, non è vero… e affronteremo questa cosa insieme. Tutti quanti insieme.»
Layla si portò le mani al viso, quella che lui aveva fasciato e l’altra. Poi, per la prima volta da secoli – o almeno questa era la sua sensazione – buttò fuori tutto il fiato che aveva nei polmoni, e un sollievo confortante prese il posto dell’orribile fardello che si era portata dentro.
«Voglio dirti una cosa.» Lo guardò negli occhi. «Sono stata divorata dal rimorso e dalla tristezza. Giuro che non avrei mai voluto che succedesse niente di tutto questo. Mi sono sentita così sola, a lottare contro il senso di colpa…»
«Non devi sentirti in colpa» disse Qhuinn, passandole i pollici sotto gli occhi per asciugarle le lacrime. «Non ha senso. Mica puoi controllare quello che provi. È una cosa più forte di te.»
«È vero, è proprio così… e poi Xcor non è cattivo, non è malvagio come pensate voi. Giuro. Mi ha sempre trattata con premura e gentilezza, e sono sicura che non farebbe più del male a Wrath. Me lo sento…»
«Cosa?» Qhuinn aggrottò la fronte, scuotendo la testa. «Cosa stai dicendo?»
«Non uccidetelo, ti prego. È proprio come hai detto tu, si può trovare una soluzione. Magari potete lasciarlo andare e…»
Più che indietreggiare, Qhuinn la spinse via. Poi parve lottare disperatamente per trovare le parole.
«Layla» disse lentamente. «Sono sicuro di avere capito male, sto cercando di… potresti…»
Cogliendo l’opportunità di spiegarsi, Layla si affrettò a parlare. «Xcor non mi ha mai fatto del male. Neanche una volta, in tutte le notti che sono andata da lui. Ha cercato un cottage per farmi stare al sicuro, ed eravamo sempre noi due da soli. Non c’era nessun altro. Non ho mai visto nessuno dei Bastardi…»
Lasciò la frase in sospeso nel vedere che Qhuinn passava dalla confusione… a un gelido distacco che lo faceva apparire come un perfetto estraneo.
«Hai continuato a vederti con Xcor?» disse alla fine in tono piatto.
«Mi sentivo terribilmente in colpa…»
«Per quanto è andata avanti?» sbottò lui. Ma non le diede il tempo di rispondere. «Sei andata a trovarlo anche quando aspettavi i miei figli? Hai continuato a frequentare liberamente e consapevolmente il nemico mentre avevi i miei figli dentro di te?» Prima che lei potesse aprire bocca, alzò l’indice. «Pensa bene a quello che stai per dire perché non potrai rimangiartelo. Ti conviene dire la verità. Se scopro che mi hai mentito, ti uccido.»
Col cuore che martellava nel petto e la testa che girava per il panico, l’unico pensiero di Layla fu…
Mi ucciderai comunque.
Nel frattempo, allo shAdoWs, Trez mise via la pistola cercando di riconnettersi con la realtà. «Allora?» disse. «Che cosa ci fai qui, specie senza un completino in poliestere alla Tony Manero?»
Lassiter, l’angelo caduto, sorrise in un modo che gli increspò solo le labbra, senza coinvolgere gli occhi di un colore strano, senza pupille. «Be’, sai, i pantaloni a zampa d’elefante anni Settanta sono sorpassati.»
«Sei passato alla New Age anni Ottanta? Non ho vestiti fluo da prestarti.»
«No, macché, adesso ho un altro costume nuovo da sfoggiare.»
«Buon per te. Male per noialtri. Dimmi solo che in spiaggia non metterai un mankini alla Borat.»
Quando l’angelo esitò a rispondere, Trez sentì un brivido, neanche Freddy Krueger in persona gli stesse solleticando la nuca con le lame affilate del suo guanto. Di solito Lassiter era così spumeggiante che non si sapeva mai bene se sparargli per smettere di soffrire… o armarsi di Coca e popcorn e godersi lo spettacolo.
Perché, anche se ti faceva incazzare, era sempre una sagoma da morir dal ridere.
Non quella sera, però. Quel suo sguardo bizzarro era leggero e frizzante più o meno come una lastra di granito e il suo corpaccione era così impalato che nessuno degli ori ai polsi e al collo, alle dita e alle orecchie, scintillava nella luce soffusa.
«Che cos’hai da stare lì come una statua?» mormorò Trez. «Qualcuno ti ha spostato di nuovo la collezione di My Little Pony?»
Incapace di reggere il silenzio, Trez andò a sedersi dietro la scrivania e si mise a spostare carte di qua e di là. «Stai cercando di vedere la mia aura o roba del genere?»
Non che ci volesse chissà quale dote particolare. Tutti, a casa, sapevano in che stato era…
«Voglio invitarti a cena domani sera.»
Trez tirò su la testa. «E perché?»
L’angelo se la prese maledettamente comoda prima di rispondere; andò con tutta calma fino alla vetrata a guardare la folla dal punto esatto in cui prima era fermo Trez. Nella penombra il suo profilo – tutto proporzioni perfette e angoli giusti – avrebbe fatto impazzire qualunque femmina. Quel cipiglio, però…
«Sputa il rospo» lo incalzò Trez. «È tutta la vita che ricevo brutte notizie. Qualunque cosa sia, non può essere peggio di quello che ho appena passato.»
Lassiter si voltò a guardarlo e scrollò le spalle. «È soltanto una cena. Domani sera. Alle sette.»
«Io non mangio.»
«Lo so.»
Trez ributtò la fattura, il foglio coi turni di lavoro del personale o quel cazzo che era – e che aveva fatto solo finta di leggere – sulla scrivania col resto delle scartoffie. «Mi riesce difficile credere che ti interessi tanto all’alimentazione.»
«Vero. Questa storia che il glutine-è-il-nemico-numero-uno è una stronzata pazzesca. Per non parlare del tè Kombucha, del cavolo riccio e di tutto quello che contiene antiossidanti, e della palla che lo sciroppo di mais a elevato contenuto di fruttosio è la causa di tutti i mali.»
«Hai sentito che mesi fa la Kraft ha eliminato tutti i conservanti dai suoi maccheroni al formaggio?»
«Già, e quei bastardi non l’hanno neanche detto chiaro e tondo a nessuno…»
«Perché vuoi cenare con me?»
«Cerco solo di essere gentile, tutto qua.»
«Non è nel tuo stile.»
«Come ho già detto, ho in ballo un po’ di cambiamenti.» Eeeeeeeed ecco rispuntare quel sorriso. «Così ho pensato di cominciare in grande stile. Sì, insomma, se vuoi voltare pagina, conviene partire bene fin dall’inizio.»
«Senza offesa, ma non sono in vena di passare del tempo con chi mi sta simpatico.» Okay, gli era uscita male. «Cioè, mio fratello è l’unico che riesco a sopportare, al momento, e non mi va di vedere nemmeno lui.»
Trez non ne poteva proprio più di quel sorriso. L’angelo si avviò alla porta… a proposito di preghiere esaudite.
«Ci vediamo domani sera.»
«No, grazie.»
«Al ristorante di tuo fratello.»
«Oh, per l’amor del cielo, perché?»
«Perché fa le migliori tagliatelle alla bolognese di Caldie.»
«Non è quello che ho chiesto, lo sai.»
L’angelo si limitò a fare spallucce, lanciandogli un’occhiata veloce. «Vieni e lo scoprirai.»
«Col cavolo.» Trez scosse la testa. «Senti, so che siete in pensiero per me e apprezzo molto l’interessamento.» In realtà non lo apprezzava. Per niente. «Sì, okay, sono dimagrito e dovrei mangiare di più. Ma quando il destino ti squarcia il petto e ti strappa via il cuore non ti resta molto appetito, buffo no? Perciò, se non vuoi che il tuo tête-à-tête assomigli a un solitario, perché non inviti qualcuno che mangerà per davvero e non si limiterà a dire due parole in croce? Ti garantisco che passeremo tutti e due una serata più piacevole.»
«A domani» disse l’angelo, uscendo.
«Vaffanculo!» gli gridò dietro Trez.
Almeno non litigheremo più, pensò, mentre la porta si chiudeva a poco a poco. E ritrovandosi a gustare la sua pasta al ragù da solo, Lassiter avrebbe colto il messaggio.
Problema risolto.