29
Dopo la partenza del Re, Layla scese di nuovo nella cantina del ranch e non si sorprese nel trovare Xcor che camminava su e giù, in attesa di vederla tornare.
«Se ne sono andati?» le chiese.
«Sì.»
«C’è un sistema di sicurezza qui? E ci sono armi in questa casa?»
«Il tastierino del sistema di sicurezza è su in cucina e V mi ha spiegato come inserirlo.»
«E tu l’hai fatto?»
Non che fosse perentorio, ma era incredibilmente serio, come se l’unica cosa che li separava dai… lupi, o simili… fosse la possibilità di barricarsi lì dentro, radunando armi nel caso di un attacco.
«No.»
Xcor sorrise, quasi sforzandosi di non apparire sgradevole, ma i suoi occhi erano tutto tranne che rilassati. «Come si attiva l’allarme?»
«Ti, ehm, ti faccio vedere.»
Aveva la sensazione che non sarebbe stato soddisfatto finché non avesse capito come funzionava l’allarme e non lo avesse inserito di persona. E aveva ragione: Xcor insistette per memorizzare il codice e premere i pulsanti.
Dopodiché, ovviamente, volle controllare ogni singola porta e finestra del ranch.
Layla lo seguì mentre passava da una stanza all’altra, bagni compresi, esaminando le chiusure delle finestre e i fermi dei saliscendi, che impedivano di alzarli più di quattro o cinque centimetri. Quindi ispezionò le serrature a scatto. Controllò perfino le porte del garage, anche se in quel caso insistette per farla rimanere dentro casa per via del freddo.
Rientrando in cucina annuì e inserì l’allarme. «Questa casa è ben protetta.»
«È Vishous che si occupa di queste cose.»
«Ha fatto un ottimo lavoro» commentò Xcor; poi cominciò ad aprire i cassetti vicino alla cucina a gas. «Dovremo accontentarci di questi.»
Uno dopo l’altro, tirò fuori tutti i coltelli che riuscì a trovare: una mannaia, un coltello seghettato, due piccoli coltelli da cucina e un coltello da scalco. Li avvolse dentro uno strofinaccio per i piatti e le tese la mano.
«Andiamo giù di sotto.»
Layla si avvicinò e quando le loro mani si toccarono fu percorsa da un fremito. Mentre scendevano, si sentì quasi mancare.
Giunti in fondo alla scala, Xcor si fermò e la guardò fisso.
Lei gli diede il tempo di parlare. Poi, di fronte al suo silenzio, sussurrò: «Sì, per favore.»
Lui chiuse gli occhi, vacillando. Poi chinò la testa. «Sei sicura?»
«Non sono mai stata più sicura in tutta la mia vita.»
«Sarò delicato» disse lui, alzando le palpebre.
Lei fu lì lì per dirgli di non trattenersi: l’ultima cosa che voleva era che si frenasse anche solo minimamente, perché quella poteva essere l’unica volta che facevano l’amore.
Poi però la sua mente smise di funzionare.
Perché Xcor la stava attirando contro di sé. Con la mano libera, quella che non stringeva tutti quei coltelli, le accarezzò la guancia e col pollice le sfiorò il labbro inferiore.
Poi posò le labbra sulle sue, strusciando, premendo, accarezzando.
Fu un bacio lieve come un respiro, il che fu frustrante. Lei voleva di più, ma quando glielo fece capire lui si scostò leggermente, mantenendo il controllo.
Quando alla fine smise di baciarla, le accarezzò i capelli. «Posso entrare nella tua camera da letto, femmina?»
I suoi occhi erano bellissimi, brillanti e ardenti di passione, il blu scuro era quasi nero per il desiderio che lo infiammava. Quel viso così forte, virile e potente, era bello, per lei; il difetto al labbro superiore del tutto irrilevante e presto dimenticato. Era lui nel suo insieme ad attrarla, la sua forza e la sua vulnerabilità, la sua natura selvaggia e lo sforzo di essere delicato, il guerriero e il protettore che emergeva per lei.
«Sì» sussurrò.
«Ti porterei volentieri in braccio, ma al momento non sono abbastanza forte.»
La prese per mano e insieme entrarono nella stanza in cui lei aveva tentato di dormire durante il giorno. Malgrado la mancanza di sonno si sentiva straordinariamente sveglia e vitale, lucida in modo quasi doloroso.
Con la forza del pensiero Xcor accese la lampada sul comò e chiuse la porta. Poi la condusse fino al letto, chinandosi per infilare l’involto coi coltelli sotto la rete a molle.
Quando si misero a sedere, lei si sentì avvampare.
Lui sorrise. «La tua timidezza è la mia rovina, femmina. Guarda le mie mani.»
Le tese per mostrargliele: il leggero tremore che le scuoteva era in netto contrasto con le grosse vene che correvano lungo gli avambracci e sui polsi.
«Ho sognato di toccarti» mormorò Xcor. «Tantissime volte…»
«Allora fallo.»
Lui parve come impietrito; fu lei allora a prenderlo per le spalle avvicinando la bocca alla sua – e, oh, beata Vergine Scriba, quando si lasciò andare completamente lo fece anche lui. Xcor sapeva di sesso e disperazione; non passò molto tempo che le sue mani divennero brusche e i suoi grugniti permearono la stanza silenziosa e semibuia. Abbandonò ogni cautela quando le montò sopra, spingendola indietro, contro i cuscini, infilandole un ginocchio tra le gambe per spalancarle a forza…
D’un tratto si fermò, ritraendosi di scatto. «Layla… amore mio, sono sul punto di…»
«Prendimi. Presto, oh, fammi tua… ho già aspettato anche troppo.»
Xcor scoprì le zanne e soffiò come un felino; gli occhi lampeggiavano di una determinazione che poteva pure apparire scellerata ma che era proprio ciò di cui lei sentiva il bisogno, nel suo attuale stato d’animo.
«Lasciati guardare, voglio vedere il tuo corpo» gemette lui spostando la mano sui suoi fianchi.
Lei si inarcò quando lui prese l’orlo della camicetta e cominciò a tirarlo verso l’alto, sopra lo stomaco, fino a…
«Oh, femmina meravigliosa» ansimò, di fronte ai suoi seni, paralizzato alla vista dei capezzoli turgidi. Lei portò a termine il lavoro sfilandosi dalla testa la camicetta e gettandola via. Poi si riaccomodò sui cuscini mentre Xcor si inginocchiava a cavallo dei suoi fianchi.
Con le mani che tremavano vistosamente fece scorrere le dita sulla sua spalla e poi giù, sui seni. «Sei ancora più stupefacente che nei miei sogni a occhi aperti.»
Mentre il suo sguardo rapito e adorante accarezzava la sua pelle nuda, Layla capì che sentirsi bella non ha niente a che fare con l’aspetto esteriore: è uno stato d’animo – e nulla ti fa sentire così come vedere l’amato che ti guarda come stava facendo Xcor in quel momento.
«Grazie» sussurrò.
«Sono io che dovrei ringraziarti per il dono del tuo corpo.»
Xcor torreggiava sopra di lei; malgrado fosse tanto dimagrito, sembrava enorme con quella felpa addosso… che spalle larghe, che braccia poderose. Quando si chinò per posarle la bocca sul lato del collo, le cuciture dei vestiti tirarono fino a strapparsi in qualche punto.
Col cuore che batteva all’impazzata e il fuoco che le ruggiva nelle vene, lei si inarcò di nuovo sotto quelle labbra che andavano avanti e indietro, accarezzandole la pelle. Nel frattempo le mani, quelle mani incredibili, si strinsero a coppa sui suoi seni… poi Xcor si dedicò ai capezzoli, baciandoli, prendendoli in bocca, prima uno e poi l’altro.
Lei reagì sciogliendosi completamente, quasi fosse priva di ossa, stregata com’era da quella sensazione, e la prima ondata di impellenza si placò leggermente.
Mentre lui venerava i suoi seni, Layla pensò di sfuggita che in un certo senso il cerchio si era chiuso e lei era tornata al punto di partenza. Dopo essere stata formata per diventare una ehros, ovvero una Eletta il cui unico scopo era soddisfare sessualmente il Primale e dargli dei discendenti, era giunta a maturità ed entrata in servizio in un’epoca in cui, di fatto, non c’era più nessuno da soddisfare: il precedente Primale era andato incontro a una fine tragica e non ne era stato ancora nominato uno nuovo. Dunque lei aveva aspettato… finché Phury era stato elevato a quel rango. Egli, tuttavia, aveva scelto una sola compagna e non voleva giacere con nessun’altra. Così lei aveva ricominciato ad aspettare. La vita aveva assunto contorni diversi quando Phury aveva liberato lei e le sue sorelle dal Santuario, permettendo alle Elette di scendere sulla Terra con un’autonomia senza pari.
Ma non c’era stato amore, per lei. E neanche sesso.
Solo una breve infatuazione per Qhuinn, che, come ben presto si era resa conto, era una finzione se paragonata a ciò che lui provava – ricambiato – per il suo vero amore: Blay.
Ma i due giovani allora non stavano insieme e sembravano destinati a condurre vite separate. Così, quando era entrata nel bisogno, il suo periodo fertile, aveva chiesto a Qhuinn di alleviare le sue smanie, non perché lui l’amasse, ma perché all’epoca era smarrito quanto lei: durante quelle orribili ore di sofferenza avevano fatto sesso al solo scopo di concepire una nuova vita… e aveva funzionato.
Conservava pochissimi ricordi degli amplessi in sé, né aveva voglia di ricordarli.
Specie visto come stavano ora le cose tra lei e Qhuinn.
Perciò, malgrado avesse partorito due gemelli, era sostanzialmente vergine, per nulla avvezza alle tenerezze, alle attenzioni… di un partner sessuale amato e che ricambiava il suo amore.
«Sono così felice che sia tu» disse, guardando Xcor che faceva scorrere la lingua intorno al capezzolo.
Lui alzò un attimo la testa e i suoi occhi si rabbuiarono di disprezzo per se stesso.
«No» disse lei, ansiosa di rassicurarlo. Quando lui fece per parlare, lo zittì mettendo la punta delle dita sulle sue labbra. «Sta a me decidere, non tocca a te giudicare. Ti prego… non fermarti.»
Xcor scosse la testa. Poi però scese con le labbra fino alla cintola dei leggings, infilando le dita nell’elastico e baciandola.
«Sei sicura?» sussurrò con la voce velata di desiderio. «Se ti tolgo questi non si torna più indietro.»
«Non fermarti. Mai.»
Lui si morse il labbro inferiore con le zanne. «Femmina adorata…»
Poi le sfilò i leggings insieme alle mutandine, denudandola per il suo sguardo eccitato.
Oh, come rimase a contemplarla, posando gli occhi dappertutto, sulle gambe e sul sesso glabro, sul basso ventre… e poi di nuovo sui seni.
L’odore tipico del maschio innamorato divenne così intenso da cancellare ogni altra fragranza.
Xcor si stese con cautela sopra di lei, abbassandosi delicatamente, muovendosi adagio. Nel sentire la dura protuberanza dietro i pesanti pantaloni della tuta, lei dimenò i fianchi e si strusciò contro di lui.
Quando Xcor la baciò di nuovo infilandole la lingua in bocca, gli graffiò la schiena con le unghie. Non ce la faceva a resistere un attimo di più, il suo sesso smaniava per lui, il suo corpo fremeva per congiungersi con lui.
«Adesso» implorò. «Ti prego…»
Xcor le fece scivolare il palmo caldo lungo l’interno della coscia, strappandole un grido. Poi la toccò al centro del fuoco che le ardeva tra le gambe.
Era prontissima ad accoglierlo, eppure l’orgasmo che la travolse fu insieme inatteso e sorprendente, il piacere rimbalzò dentro di lei facendola fluttuare, da ferma, sopra al letto.
Xcor la aiutò a cavalcare fino alla fine le ondate di sensazioni, poi sollevò il bacino. Armeggiò all’altezza dell’inguine. Al pensiero di sentire la sua pelle nuda, di conoscere il suo sesso senza più impedimenti, lei si eccitò.
Ma quando si riabbassò sopra di lei, aveva ancora addosso i calzoni della tuta.
L’erezione era stata liberata, però. E quando il glande la sfiorò, lei chiuse gli occhi.
«Sto cercando di fare piano» disse lui a denti stretti.
«Non c’è bisogno.»
Così dicendo, spinse le mani verso il basso, trovò il pene grosso e duro e lo attirò nel punto giusto. Poi, puntando un tallone contro il piumone, si sollevò…
Xcor scivolò dentro di lei e fu perfetto. Era casa e l’intera galassia al tempo stesso. Era così sopraffatta che le salirono le lacrime agli occhi, perché sapeva che anche a lui faceva lo stesso effetto: Xcor venne appena affondò dentro di lei, il suo corpo di guerriero cominciò a svuotarsi dentro di lei – ma d’un tratto si ritrasse, tirò indietro la testa di scatto, allarmato, mentre continuava a riempirla del suo seme.
«Ti ho fatto male?» chiese, inorridito.
«Cosa?»
«Stai piangendo!»
«Cosa… oh, no, no, no…» gli prese il volto tra le mani e lo baciò. «No… non sto piangendo di dolore. Questo mai.»
Lo baciò di nuovo, cercando di riprendere da dove si erano interrotti.
Ma lui non volle saperne.
«Perché piangi?» chiese, evitando di spingere.
Layla si asciugò gli occhi con impazienza. «Perché… non avrei mai immaginato di poterti amare così. Non pensavo… non pensavo che potesse succedere… a noi… e sono felicissima. È stata così lunga… l’attesa… la smania struggente.»
Xcor si puntellò sui gomiti. «Per me è stato lo stesso» sussurrò. «La vita mi ha insegnato che i sogni non si avverano. Solo gli incubi si realizzano, nella vita reale. Non nutrivo alcuna speranza che potesse accaderci questo.»
Una luce angosciata gli illuminò gli occhi e lei si chiese quali orrori avesse visto nel corso della sua dura esistenza. Quali orrori avesse subito. Quel labbro deforme non doveva essere stato un difetto facile da sopportare.
Nel tentativo di concludere nel migliore dei modi ciò che avevano iniziato, si impose di accantonare pensieri tanto tristi e ritrovò la concentrazione, afferrando l’orlo della felpa di Xcor.
Ma quando fece per sfilargliela, lui glielo impedì allontanandole la mano.
«Non vuoi restare nudo come me?»
Lui scosse la testa in silenzio e prima che lei potesse chiedergli il perché ricominciò a baciarla, muovendo l’inguine contro di lei, spingendosi avanti e indietro dentro di lei. Travolta nuovamente dalle sensazioni, Layla si abbandonò alla meraviglia e all’estasi, smarrendosi completamente.
Avrebbe tanto voluto restare così per sempre, insieme a lui.
Ma non si faceva illusioni.
Il destino aveva concesso loro quell’unico momento di tregua, quel breve lasso di tempo prima che lui fosse costretto a tornare da dove era venuto, e per quanto volesse essere riconoscente, in cuor suo desiderava molto di più.
L’amore è come la vita stessa, rifletté.
Per quanto tu abbia avuto la fortuna di vivere – o di amare – quando arriva la fine, non ti sembra mai abbastanza.