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Dopo la partenza del Re, Layla scese di nuovo
nella cantina del ranch e non si sorprese nel trovare Xcor che
camminava su e giù, in attesa di vederla tornare.
«Se ne
sono andati?» le chiese.
«Sì.»
«C’è un
sistema di sicurezza qui? E ci sono armi in questa
casa?»
«Il
tastierino del sistema di sicurezza è su in cucina e V mi ha
spiegato come inserirlo.»
«E tu
l’hai fatto?»
Non che
fosse perentorio, ma era incredibilmente serio, come se l’unica
cosa che li separava dai… lupi, o simili… fosse la possibilità di
barricarsi lì dentro, radunando armi nel caso di un
attacco.
«No.»
Xcor
sorrise, quasi sforzandosi di non apparire sgradevole, ma i suoi
occhi erano tutto tranne che rilassati. «Come si attiva
l’allarme?»
«Ti,
ehm, ti faccio vedere.»
Aveva
la sensazione che non sarebbe stato soddisfatto finché non avesse
capito come funzionava l’allarme e non lo avesse inserito di
persona. E aveva ragione: Xcor insistette per memorizzare il codice
e premere i pulsanti.
Dopodiché, ovviamente, volle controllare ogni singola
porta e finestra del ranch.
Layla
lo seguì mentre passava da una stanza all’altra, bagni compresi,
esaminando le chiusure delle finestre e i fermi dei saliscendi, che
impedivano di alzarli più di quattro o cinque centimetri. Quindi
ispezionò le serrature a scatto. Controllò perfino le porte del
garage, anche se in quel caso insistette per farla rimanere dentro
casa per via del freddo.
Rientrando in cucina annuì e inserì l’allarme. «Questa
casa è ben protetta.»
«È
Vishous che si occupa di queste cose.»
«Ha
fatto un ottimo lavoro» commentò Xcor; poi cominciò ad aprire i
cassetti vicino alla cucina a gas. «Dovremo accontentarci di
questi.»
Uno
dopo l’altro, tirò fuori tutti i coltelli che riuscì a trovare: una
mannaia, un coltello seghettato, due piccoli coltelli da cucina e
un coltello da scalco. Li avvolse dentro uno strofinaccio per i
piatti e le tese la mano.
«Andiamo giù di sotto.»
Layla
si avvicinò e quando le loro mani si toccarono fu percorsa da un
fremito. Mentre scendevano, si sentì quasi mancare.
Giunti
in fondo alla scala, Xcor si fermò e la guardò fisso.
Lei gli
diede il tempo di parlare. Poi, di fronte al suo silenzio,
sussurrò: «Sì, per favore.»
Lui
chiuse gli occhi, vacillando. Poi chinò la testa. «Sei
sicura?»
«Non
sono mai stata più sicura in tutta la mia vita.»
«Sarò
delicato» disse lui, alzando le palpebre.
Lei fu
lì lì per dirgli di non trattenersi: l’ultima cosa che voleva era
che si frenasse anche solo minimamente, perché quella poteva essere
l’unica volta che facevano l’amore.
Poi
però la sua mente smise di funzionare.
Perché
Xcor la stava attirando contro di sé. Con la mano libera, quella
che non stringeva tutti quei coltelli, le accarezzò la guancia e
col pollice le sfiorò il labbro inferiore.
Poi
posò le labbra sulle sue, strusciando, premendo,
accarezzando.
Fu un
bacio lieve come un respiro, il che fu frustrante. Lei voleva di
più, ma quando glielo fece capire lui si scostò leggermente,
mantenendo il controllo.
Quando
alla fine smise di baciarla, le accarezzò i capelli. «Posso entrare
nella tua camera da letto, femmina?»
I suoi
occhi erano bellissimi, brillanti e ardenti di passione, il blu
scuro era quasi nero per il desiderio che lo infiammava. Quel viso
così forte, virile e potente, era bello, per lei; il difetto al
labbro superiore del tutto irrilevante e presto dimenticato. Era
lui nel suo insieme ad attrarla, la sua forza e la sua
vulnerabilità, la sua natura selvaggia e lo sforzo di essere
delicato, il guerriero e il protettore che emergeva per
lei.
«Sì»
sussurrò.
«Ti
porterei volentieri in braccio, ma al momento non sono abbastanza
forte.»
La
prese per mano e insieme entrarono nella stanza in cui lei aveva
tentato di dormire durante il giorno. Malgrado la mancanza di sonno
si sentiva straordinariamente sveglia e vitale, lucida in modo
quasi doloroso.
Con la
forza del pensiero Xcor accese la lampada sul comò e chiuse la
porta. Poi la condusse fino al letto, chinandosi per infilare
l’involto coi coltelli sotto la rete a molle.
Quando
si misero a sedere, lei si sentì avvampare.
Lui
sorrise. «La tua timidezza è la mia rovina, femmina. Guarda le mie
mani.»
Le tese
per mostrargliele: il leggero tremore che le scuoteva era in netto
contrasto con le grosse vene che correvano lungo gli avambracci e
sui polsi.
«Ho
sognato di toccarti» mormorò Xcor. «Tantissime volte…»
«Allora
fallo.»
Lui
parve come impietrito; fu lei allora a prenderlo per le spalle
avvicinando la bocca alla sua – e, oh, beata Vergine Scriba, quando
si lasciò andare completamente lo fece anche lui. Xcor sapeva di
sesso e disperazione; non passò molto tempo che le sue mani
divennero brusche e i suoi grugniti permearono la stanza silenziosa
e semibuia. Abbandonò ogni cautela quando le montò sopra,
spingendola indietro, contro i cuscini, infilandole un ginocchio
tra le gambe per spalancarle a forza…
D’un
tratto si fermò, ritraendosi di scatto. «Layla… amore mio, sono sul
punto di…»
«Prendimi. Presto, oh, fammi tua… ho già aspettato anche
troppo.»
Xcor
scoprì le zanne e soffiò come un felino; gli occhi lampeggiavano di
una determinazione che poteva pure apparire scellerata ma che era
proprio ciò di cui lei sentiva il bisogno, nel suo attuale stato
d’animo.
«Lasciati guardare, voglio vedere il tuo corpo» gemette
lui spostando la mano sui suoi fianchi.
Lei si
inarcò quando lui prese l’orlo della camicetta e cominciò a tirarlo
verso l’alto, sopra lo stomaco, fino a…
«Oh,
femmina meravigliosa» ansimò, di fronte ai suoi seni, paralizzato
alla vista dei capezzoli turgidi. Lei portò a termine il lavoro
sfilandosi dalla testa la camicetta e gettandola via. Poi si
riaccomodò sui cuscini mentre Xcor si inginocchiava a cavallo dei
suoi fianchi.
Con le
mani che tremavano vistosamente fece scorrere le dita sulla sua
spalla e poi giù, sui seni. «Sei ancora più stupefacente che nei
miei sogni a occhi aperti.»
Mentre
il suo sguardo rapito e adorante accarezzava la sua pelle nuda,
Layla capì che sentirsi bella non ha niente a che fare con
l’aspetto esteriore: è uno stato d’animo – e nulla ti fa sentire
così come vedere l’amato che ti guarda come stava facendo Xcor in
quel momento.
«Grazie» sussurrò.
«Sono
io che dovrei ringraziarti per il dono del tuo corpo.»
Xcor
torreggiava sopra di lei; malgrado fosse tanto dimagrito, sembrava
enorme con quella felpa addosso… che spalle larghe, che braccia
poderose. Quando si chinò per posarle la bocca sul lato del collo,
le cuciture dei vestiti tirarono fino a strapparsi in qualche
punto.
Col
cuore che batteva all’impazzata e il fuoco che le ruggiva nelle
vene, lei si inarcò di nuovo sotto quelle labbra che andavano
avanti e indietro, accarezzandole la pelle. Nel frattempo le mani,
quelle mani incredibili, si strinsero a coppa sui suoi seni… poi
Xcor si dedicò ai capezzoli, baciandoli, prendendoli in bocca,
prima uno e poi l’altro.
Lei
reagì sciogliendosi completamente, quasi fosse priva di ossa,
stregata com’era da quella sensazione, e la prima ondata di
impellenza si placò leggermente.
Mentre
lui venerava i suoi seni, Layla pensò di sfuggita che in un certo
senso il cerchio si era chiuso e lei era tornata al punto di
partenza. Dopo essere stata formata per diventare una
ehros, ovvero
una Eletta il cui unico scopo era soddisfare sessualmente il
Primale e dargli
dei discendenti, era giunta a maturità ed entrata in servizio in
un’epoca in cui, di fatto, non c’era più nessuno da soddisfare: il
precedente Primale era andato incontro a una fine tragica e non ne era stato
ancora nominato uno nuovo. Dunque lei aveva aspettato… finché Phury
era stato elevato a quel rango. Egli, tuttavia, aveva scelto una
sola compagna e non voleva giacere con nessun’altra. Così lei aveva
ricominciato ad aspettare. La vita aveva assunto contorni diversi
quando Phury aveva liberato lei e le sue sorelle dal Santuario,
permettendo alle Elette di scendere sulla Terra con un’autonomia
senza pari.
Ma non
c’era stato amore, per lei. E neanche sesso.
Solo
una breve infatuazione per Qhuinn, che, come ben presto si era resa
conto, era una finzione se paragonata a ciò che lui provava –
ricambiato – per il suo vero amore: Blay.
Ma i
due giovani allora non stavano insieme e sembravano destinati a
condurre vite separate. Così, quando era entrata nel bisogno, il
suo periodo fertile, aveva chiesto a Qhuinn di alleviare le sue
smanie, non perché lui l’amasse, ma perché all’epoca era smarrito
quanto lei: durante quelle orribili ore di sofferenza avevano fatto
sesso al solo scopo di concepire una nuova vita… e aveva
funzionato.
Conservava pochissimi ricordi degli amplessi in sé, né
aveva voglia di ricordarli.
Specie
visto come stavano ora le cose tra lei e Qhuinn.
Perciò,
malgrado avesse partorito due gemelli, era sostanzialmente vergine,
per nulla avvezza alle tenerezze, alle attenzioni… di un partner
sessuale amato e che ricambiava il suo amore.
«Sono
così felice che sia tu» disse, guardando Xcor che faceva scorrere
la lingua intorno al capezzolo.
Lui
alzò un attimo la testa e i suoi occhi si rabbuiarono di disprezzo
per se stesso.
«No»
disse lei, ansiosa di rassicurarlo. Quando lui fece per parlare, lo
zittì mettendo la punta delle dita sulle sue labbra. «Sta a me
decidere, non tocca a te giudicare. Ti prego… non
fermarti.»
Xcor
scosse la testa. Poi però scese con le labbra fino alla cintola dei
leggings, infilando le dita nell’elastico e
baciandola.
«Sei
sicura?» sussurrò con la voce velata di desiderio. «Se ti tolgo
questi non si torna più indietro.»
«Non
fermarti. Mai.»
Lui si
morse il labbro inferiore con le zanne. «Femmina
adorata…»
Poi le
sfilò i leggings insieme alle mutandine, denudandola per il suo
sguardo eccitato.
Oh,
come rimase a contemplarla, posando gli occhi dappertutto, sulle
gambe e sul sesso glabro, sul basso ventre… e poi di nuovo sui
seni.
L’odore
tipico del maschio innamorato divenne così intenso da cancellare
ogni altra fragranza.
Xcor si
stese con cautela sopra di lei, abbassandosi delicatamente,
muovendosi adagio. Nel sentire la dura protuberanza dietro i
pesanti pantaloni della tuta, lei dimenò i fianchi e si strusciò
contro di lui.
Quando
Xcor la baciò di nuovo infilandole la lingua in bocca, gli graffiò
la schiena con le unghie. Non ce la faceva a resistere un attimo di
più, il suo sesso smaniava per lui, il suo corpo fremeva per
congiungersi con lui.
«Adesso» implorò. «Ti
prego…»
Xcor le
fece scivolare il palmo caldo lungo l’interno della coscia,
strappandole un grido. Poi la toccò al centro del fuoco che le
ardeva tra le gambe.
Era
prontissima ad accoglierlo, eppure l’orgasmo che la travolse fu
insieme inatteso e sorprendente, il piacere rimbalzò dentro di lei
facendola fluttuare, da ferma, sopra al letto.
Xcor la
aiutò a cavalcare fino alla fine le ondate di sensazioni, poi
sollevò il bacino. Armeggiò all’altezza dell’inguine. Al pensiero
di sentire la sua pelle nuda, di conoscere il suo sesso senza più
impedimenti, lei si eccitò.
Ma
quando si riabbassò sopra di lei, aveva ancora addosso i calzoni
della tuta.
L’erezione era stata liberata, però. E quando il glande
la sfiorò, lei chiuse gli occhi.
«Sto
cercando di fare piano» disse lui a denti stretti.
«Non
c’è bisogno.»
Così
dicendo, spinse le mani verso il basso, trovò il pene grosso e duro
e lo attirò nel punto giusto. Poi, puntando un tallone contro il
piumone, si sollevò…
Xcor
scivolò dentro di lei e fu perfetto. Era casa e l’intera galassia
al tempo stesso. Era così sopraffatta che le salirono le lacrime
agli occhi, perché sapeva che anche a lui faceva lo stesso effetto:
Xcor venne appena affondò dentro di lei, il suo corpo di guerriero
cominciò a svuotarsi dentro di lei – ma d’un tratto si ritrasse,
tirò indietro la testa di scatto, allarmato, mentre continuava a
riempirla del suo seme.
«Ti ho
fatto male?» chiese, inorridito.
«Cosa?»
«Stai
piangendo!»
«Cosa…
oh, no, no, no…» gli prese il volto tra le mani e lo baciò. «No…
non sto piangendo di dolore. Questo mai.»
Lo
baciò di nuovo, cercando di riprendere da dove si erano
interrotti.
Ma lui
non volle saperne.
«Perché
piangi?» chiese, evitando di spingere.
Layla
si asciugò gli occhi con impazienza. «Perché… non avrei mai
immaginato di poterti amare così. Non pensavo… non pensavo che
potesse succedere… a noi… e sono felicissima. È stata così lunga…
l’attesa… la smania struggente.»
Xcor si
puntellò sui gomiti. «Per me è stato lo stesso» sussurrò. «La vita
mi ha insegnato che i sogni non si avverano. Solo gli incubi si
realizzano, nella vita reale. Non nutrivo alcuna speranza che
potesse accaderci questo.»
Una
luce angosciata gli illuminò gli occhi e lei si chiese quali orrori
avesse visto nel corso della sua dura esistenza. Quali orrori
avesse subito. Quel labbro deforme non doveva essere stato un
difetto facile da sopportare.
Nel
tentativo di concludere nel migliore dei modi ciò che avevano
iniziato, si impose di accantonare pensieri tanto tristi e ritrovò
la concentrazione, afferrando l’orlo della felpa di
Xcor.
Ma
quando fece per sfilargliela, lui glielo impedì allontanandole la
mano.
«Non
vuoi restare nudo come me?»
Lui
scosse la testa in silenzio e prima che lei potesse chiedergli il
perché ricominciò a baciarla, muovendo l’inguine contro di lei,
spingendosi avanti e indietro dentro di lei. Travolta nuovamente
dalle sensazioni, Layla si abbandonò alla meraviglia e all’estasi,
smarrendosi completamente.
Avrebbe
tanto voluto restare così per sempre, insieme a lui.
Ma non
si faceva illusioni.
Il
destino aveva concesso loro quell’unico momento di tregua, quel
breve lasso di tempo prima che lui fosse costretto a tornare da
dove era venuto, e per quanto volesse essere riconoscente, in cuor
suo desiderava molto di più.
L’amore
è come la vita stessa, rifletté.
Per
quanto tu abbia avuto la fortuna di vivere – o di amare – quando
arriva la fine, non ti sembra mai abbastanza.