31
All’arrivo dell’alba, almeno stando alla sveglia
digitale sul comodino, Xcor si sentì pervadere da un residuo
fremito di dolore.
Incredibile pensare dov’era solo ventiquattr’ore
prima.
Se un
angelo gli avesse predetto che nel giro di un solo ciclo
notte-giorno sarebbe passato dall’essere con un piede nella fossa
all’essere sdraiato accanto al suo amore in una casa sicura di
proprietà della confraternita, non gli avrebbe
creduto.
Anche
se a dirglielo fosse stata la Vergine Scriba in
persona.
Guardò
Layla. Gli era crollata addosso, abbandonata sopra il suo petto
come il plaid più meraviglioso al mondo. E ciò che più gli piaceva
di quel momento, a parte l’appagamento sessuale di
entrambi…
… era
vederla profondamente addormentata. L’Eletta Layla dormiva
tranquilla, il corpo languidamente rilassato, il respiro regolare,
le palpebre serrate, come se non riposasse in maniera adeguata da
tanto, tantissimo tempo.
La
qualità del suo sonno gli premeva per una quantità di motivi, il
più importante dei quali era che non sarebbe mai stata così serena
se non lo avesse ritenuto capace di prendersi cura di lei. Di
proteggerla. Di difenderla da qualunque minaccia.
La
sicurezza dell’amata era la priorità di ogni vampiro innamorato; la
fiducia che la sua femmina riponeva in lui era il suo più grande
motivo d’orgoglio; il benessere di Layla veniva prima di qualunque
altra cosa.
Servirla era lo scopo più alto e nobile della sua
esistenza, e con sommo dolore realizzò che non ne avrebbe goduto a
lungo.
Wrath
aveva ragione a pretendere che la Banda dei Bastardi prestasse
giuramento sul suo diamante nero prima di venire esiliata per
decreto reale nel Vecchio Continente. I suoi soldati erano un
gruppo di ladri e rinnegati di sani principi – e se lui, Xcor,
ordinava loro di trasferire sul Re cieco la fedeltà che avevano
giurato a lui, gli avrebbero ubbidito e sarebbero stati di parola…
non in virtù del giuramento a Wrath, tuttavia, bensì per lealtà
verso Xcor.
Avrebbero dato la vita per lui e per nessun
altro.
Ma i
Fratelli non ci avrebbero creduto. No, si sarebbero convinti solo
dopo un giuramento al loro sovrano – e anche allora la pace
negoziata sarebbe stata fragile.
La
Banda dei Bastardi doveva lasciare il Nuovo Mondo,
dunque.
Ma come
faceva a rintracciarli? Caldwell era una grande città anche se
volevi incontrare qualcuno che non aveva nulla in contrario a farsi
trovare. Localizzare un gruppo di soldati abituati a nascondersi
sistematicamente giorno e notte?
Praticamente impossibile. Senza contare che potevano
essere già tornati oltreoceano.
Con un
leggero sospiro Layla si stiracchiò contro di lui, spostando la
testa sul suo braccio. Lui le accarezzò piano la schiena per
confortarla ulteriormente.
Sapeva
che avrebbe dovuto chiudere gli occhi e seguire il suo esempio, ma
non c’era verso di dormire. Per fortuna era abituato ad agire anche
in debito di sonno.
Sdraiato lì, al buio, con il suo amore, si meravigliò
nuovamente per come lei lo aveva trasformato. Poi ripiombò nel suo
passato.
Era
difficile non chiedersi cosa sarebbe accaduto se avesse deciso di
non derubare quel manipolo di soldati proprio in quel bosco e
proprio quella notte. Ancora più difficile non rimpiangere
quell’unica decisione gravida di conseguenze.
Perché
un essere malvagio lo aveva trovato…
Il
Carnefice.
Beata
Vergine Scriba, aveva pensato Xcor, alzando lo sguardo sul
terrificante vampiro comparso dal nulla che lo aveva gettato a
terra. Dunque aveva cercato di derubare, e poi si era visto
costretto a uccidere… uno squadrone di reclute del
Carnefice?
Sarebbe
morto per questo.
«Non
hai nulla da dire?» chiese l’imponente guerriero, torreggiando
sopra di lui. «Non intendi scusarti per ciò che mi hai
sottratto?»
Nel
vento ora teso il Carnefice si staccò da Xcor per andare a
raccogliere la testa mozzata del suo soldato, lasciandola poi
dondolare per i capelli, col sangue che gocciolava dal collo
squarciato.
«Hai
idea di quanto tempo ci vuole per addestrare uno di questi?» Il
tono era più che altro infastidito. «Anni. In una sola notte – in
un solo scontro – mi hai privato di un immane investimento di tempo
ed energie.»
Ciò
detto gettò via il cranio e Xcor rabbrividì, vedendolo rimbalzare
nel sottobosco.
«Tu»
così dicendo il Carnefice puntò l’indice contro di lui, «dovrai
fare ammenda.»
«No.»
Per un
attimo il Carnefice parve sconcertato. Poi però sorrise mostrando
tutti i denti. «Che cosa hai detto?»
«Non
farò nessuna ammenda.» Xcor si alzò in piedi.
«Nessuna.»
Il
Carnefice gettò indietro la testa e rise. Il suono di quella risata
riecheggiò nella notte, spaventando un gufo su un ramo lì accanto e
un cervo poco più in là.
«Allora
devi essere matto. È la pazzia che ti ha dato tanta
forza?»
Xcor
lentamente si spostò di lato e riprese la falce. Gli sudavano le
mani e la presa era scivolosa, ma stringeva l’arma con tutte le sue
forze.
«So chi
sei» disse piano.
«Ah,
sì? Sentiamo.» E giù un altro sogghigno orrendo, sanguinario,
mentre le raffiche di vento gli scompigliavano le lunghe trecce.
«Mi piace sentire illustrare le mie imprese da qualcun altro… prima
di ucciderlo e di fottere il suo cadavere. Dimmi, è questo che hai
sentito su di me?» Il Carnefice fece un passo avanti. «Eh? È questo
che ti fa inorridire tanto? Ti assicuro che non sentirai niente. A
meno che non decida di possederti quando respiri ancora. Allora…
allora sì che sentirai male, te lo garantisco.»
Era
come trovarsi ad affrontare il male allo stato puro, un demone
incarnato piazzato sulla Terra per tormentare e torturare le anime
altrimenti più pure.
«Anche
tu e tuoi soldati siete dei ladri» disse Xcor, tenendo d’occhio
ogni minimo fremito di quel corpo, dalle mani serrate allo
spostamento del peso da un piede all’altro. «Violate le femmine e
la legge invece di servire l’unico, vero Re.»
«Pensi
che Wrath stia venendo qui a salvarti? Veramente?» Il Carnefice si
guardò ostentatamente intorno, nella foresta deserta. «Pensi che il
tuo benevolo sovrano si farà vivo per intercedere in tuo favore e
salvarti da me? La tua lealtà è encomiabile… ma non ti proteggerà
da questo.»
Uno
stridore metallico risuonò come un grido nella notte, la lama
sfoderata dal Carnefice era lunga quasi quanto quella della
falce.
«Vuoi
riconfermare la tua fedeltà al sovrano?» disse sarcastico il
Carnefice. «Lo sai che il Re è irreperibile? Che dopo il massacro
dei suoi genitori è scomparso? Dunque no, non penso che verrai
salvato da uno come lui» concluse con un ringhio raccapricciante.
«O da chiunque altro.»
«Mi
salverò da solo.»
In quel
mentre le nubi persero la battaglia contro il vento; la pesante
coltre si lacerò offrendo uno spiraglio attraverso cui la luna
brillò nel cielo notturno, vivida come la luce del giorno che Xcor
non vedeva da prima della transizione.
Il
Carnefice trasalì. Poi inclinò la testa di lato.
Seguì
un lungo silenzio, durante il quale nulla si mosse, salvo i rami di
pino e il sottobosco.
Dopodiché il Carnefice… rinfoderò il
pugnale.
Xcor
non depose la sua arma. Non capiva cosa stesse accadendo, ma sapeva
bene che non ci si può fidare del nemico – e difendendosi si era
posto contro quel temuto guerriero.
«Vieni
con me, allora.»
Da
principio Xcor non capì quelle parole. E anche quando ne afferrò il
significato continuò a non capire.
Scosse
la testa. «Preferisco morire piuttosto che seguirti in un luogo
qualunque. Sarebbe la stessa cosa, ad ogni buon
conto.»
«No, tu
verrai con me. Ti insegnerò l’arte della guerra e combatterai al
mio fianco.»
«Perché
mai dovrei…»
«È il
tuo destino.»
«Tu non
mi conosci.»
«So
perfettamente chi sei.» Il Carnefice annuì in direzione del
cadavere decapitato. «Ora è tutto molto più
comprensibile.»
Xcor si
accigliò, sentendo vibrare nelle vene un’improvvisa accelerazione
che non era dovuta alla paura. «Cosa stai
farneticando?»
«La tua
faccia ne è la prova lampante. Pensavo che fosse solo una diceria,
un pettegolezzo. Ma invece no, non con la tua maestria nel
combattere e con quel labbro. Vieni con me; ti addestrerò e ti
metterò all’opera contro la Lessening
Society…»
«Io
sono… un semplice ladro. Non un guerriero.»
«Non
conosco ladri in grado di fare ciò che hai appena fatto tu. Lo sai
anche tu. Negalo quanto ti pare, ma sei nato per questo.
Abbandonato a te stesso, ora sei stato ritrovato.»
Xcor
scosse la testa. «Non verrò con te, no… no. Non
voglio…»
«Tu sei
mio figlio.»
Xcor
abbassò la falce e ricacciò indietro le lacrime, deciso a non dar
segno di debolezza.
«Tu
verrai con me» ripeté il Carnefice. «E io ti insegnerò l’arte della
guerra. Ti temprerò, diventerai duro come l’acciaio temperato dal
fuoco e non mi deluderai.»
«Vedi
ancora la mia mahmen?» chiese debolmente
Xcor. «Sai dov’è?»
«Lei
non ti vuole. Non ti ha mai voluto.»
Questo
è vero, pensò Xcor. Così gli aveva detto la bambinaia.
«Adesso
verrai con me, e io ti spianerò la strada affinché si compia il tuo
destino. Sarai il mio successore… se sopravvivrai
all’addestramento.»
Xcor
tornò al presente, aprendo gli occhi che non si era reso conto di
avere chiuso. Il Carnefice aveva avuto ragione su certe cose, torto
su altre.
L’addestramento al campo militare era stato infinitamente
peggiore di quanto si sarebbe mai immaginato, i soldati si
azzuffavano per un boccone di cibo e un goccio d’acqua e a volte
venivano costretti a scontrarsi anche per divertimento. Era
un’esistenza brutale che, notte dopo notte, settimana dopo
settimana, mese dopo mese… nel corso di quei cinque anni… aveva
prodotto esattamente quanto promesso dal Carnefice.
Xcor si
era indurito come l’acciaio, compassione ed emozioni gli erano
state strappate via come se non fossero mai esistite, le incessanti
crudeltà si erano stratificate su di lui finché la sua vera natura
era stata soffocata da tutto ciò che aveva dapprima visto e in
seguito compiuto.
Il
sadismo si può inculcare. Lui ne era la prova vivente.
E
oltretutto era contagioso, tanto che lui aveva fatto a Throe ciò
che il Carnefice aveva fatto a lui, sottoponendo l’ex aristocratico
a una sequela di infamità, provocazioni e oltraggi. Il risultato
era stato analogo: anche Throe si era dimostrato all’altezza delle
prove, ma al tempo stesso ne era rimasto guastato.
La
storia si era ripetuta. A differenza di Xcor, tuttavia, Throe non
sembrava migliorato da alcuna forza benefica, la sua ambizione era
rimasta sfrenata.
O
almeno così era prima della cattura di Xcor, ma nulla lasciava
supporre che col passare del tempo fossero subentrati dei
cambiamenti nelle propensioni e aspirazioni del suo ex
luogotenente.
Ecco
perché lui si era premurato di mettere in guardia
Wrath.
Xcor
accarezzò la spalla di Layla, meravigliandosi nuovamente per
l’influenza che esercitava su di lui, per la sua capacità di
penetrare oltre la corazza dell’aggressività e dell’ostilità
toccando l’essere sottostante, quello autentico.
Quello
con cui lui aveva perso i contatti tanto tempo prima.
Lei era
il suo reset, l’inversione di rotta che lo riportava a come era
stato prima di incrociare il Carnefice sulla sua
strada.
Gli
tornò in mente un’immagine di quell’orribile guerriero, nitida come
se lo avesse visto la sera prima. Rammentò tutto, la fronte
pronunciata e gli occhi penetranti, la mascella volitiva e il collo
taurino, la mole e la potenza di quel corpo imponente. Era stato un
colosso tra i titani, una forza della natura capace di eclissare
tanto la furia selvaggia dei temporali estivi quanto la gelida
esplosività delle tormente invernali.
Era
stato anche un impostore.
Suo
padre, chiunque fosse, non era lui. Era stata la stessa progenie
del Carnefice a smentirlo.
Xcor
scosse la testa sul soffice guanciale nel tentativo di schiarirsi
le idee. Per tantissimo tempo aveva voluto sapere chi fossero i
suoi genitori, come presumibilmente accadeva alla maggior parte
degli orfani. Anche se loro non lo avevano voluto, anche se non
avrebbe mai avuto nessun rapporto con loro, desiderava comunque
conoscere la loro identità.
Era una
cosa difficile da spiegare, ma aveva sempre avuto l’impressione che
il suo corpo fosse come privo di peso, quasi immune dalla forza di
gravità; il che, col senno di poi, lo aveva predisposto ad
abbracciare l’ideologia di distruzione, caos e morte del
Carnefice.
Quando
non avevi una bussola tua personale, ti andava bene quella di
chiunque altro.
Nel suo
caso, la più depravata e malvagia che si potesse immaginare era
proprio quella che lo aveva ammaliato e conquistato.
Dio,
quanti rimpianti.
Il
Carnefice aveva parlato di addestramento alla guerra, ma era
diventato subito chiaro che lui era al servizio della propria
indole sanguinaria piuttosto che di una qualunque difesa della
specie; ciononostante Xcor non si era ribellato: una volta
assaporato l’orgoglio paterno, per quanto perverso, l’approvazione
era diventata una droga di cui non poteva fare a meno, l’antidoto
al vuoto che sentiva dentro di sé.
Ma
l’affetto paterno non era stato nient’altro che una chimera, come
aveva avuto modo di scoprire. Una menzogna, smascherata da
un’inattesa verità.
Con la
perdita del Carnefice, Xcor si era sentito abbandonato per la terza
volta: la prima era stata alla sua nascita; la seconda quando la
bambinaia – che forse in realtà era qualcos’altro – se n’era
andata; la terza, infine, quando la bugia del Carnefice, concepita
senza dubbio per convincerlo a seguirlo al campo militare, era
stata smentita da una fonte incontrovertibile.
La
sorella di sangue di V, Payne, aveva ucciso il loro vero padre, il
Carnefice.
Uccidendo con lui anche la sua impostura.
Pazienza, pensò Xcor. Ora che aveva trovato l’amore…
tutto quel cercare era finito. Basta inseguire una famiglia che non
esisteva perché non lo aveva mai voluto. Basta cercare fonti
esterne in grado di colmare il suo pozzo interiore. Basta adottare
sistemi di valori diversi dal proprio.
Rinunciando a rincorrere ciò che non esisteva… aveva
scoperto dentro di sé la meta che aveva sempre perseguito, ed era…
bello.
Era
bello sentirsi completo.
Era
bello offrirsi senza riserve o esitazioni a una femmina di valore
che amava con tutto se stesso.
D’un
tratto si accigliò. Misericordia, come avrebbe fatto a lasciare
Layla? Il destino, tuttavia, non si può cambiare e, per quanto egli
fosse migliorato, per quanto si fosse rimesso sulla retta via… il
suo passato non si poteva cancellare, così come non si poteva
cancellare il prezzo da pagare per tutte le sue malefatte. Nulla
poteva cancellarli.
Sarebbe
stato sempre indegno di Layla, era questa la verità. Anche se il
grande Re cieco non gli avesse imposto l’esilio, l’avrebbe cercato
di sua spontanea volontà.
Lui e
Layla non potevano fare altro che sfruttare al meglio il po’ di
tempo che avevano da vivere insieme.
Facendoselo bastare per tutta una vita.