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Priest chiuse gli occhi e ascoltò la voce di Sarah all’altro capo del filo. Non aveva la più pallida idea di cosa si fossero detti durante l’ultimo quarto d’ora. Di solito, le lamentele della sorella su quanto fosse difficile essere una donna manager lo annoiavano. In quel momento, invece, l’assoluta normalità della conversazione gli sembrava meravigliosa. Lo faceva sentire un sopravvissuto.
«Cioè, secondo te, fra i dirigenti delle prime cento aziende più quotate dal FTSE quante donne ci saranno?»
«Non saprei proprio.»
«Neanch’io, ma scommetto che siamo meno di cinque.»
«Tu hai più palle di quasi tutti gli uomini che conosco.»
Lei disse qualcosa che Priest non sentì. Avevano appena suonato il campanello. «Senti, ora devo andare. Da’ un bacio a Tilly da parte mia, va bene?» Priest tolse il catenaccio.
Senza aprire bocca né guardarlo negli occhi, come sempre, Jessica entrò. Considerando quante ne avevano passate nelle ultime ventiquattr’ore, era di una bellezza sconvolgente. A giudicare dall’espressione tetra sul suo volto, non sembrava intenzionata a rimanere a lungo.
«Vuoi bere qualcosa?»
«Devo andare via subito.» Indossava un lungo impermeabile bianco sporco. Come qualsiasi altro elemento estetico della sua figura, dalla ciocca di capelli che le copriva un occhio alla borsa elegante in spalla, emanava un fascino discreto.
«Sei molto...» le disse, accarezzandosi il mento alla ricerca della parola giusta. «Perfetta.»
Se il complimento la lusingò, Jessica non lo diede a vedere. Anche se forse, per un attimo, sulle sue labbra era guizzato il fantasma di un sorriso. «Quindi alla fine c’era, una squadra speciale. Tenevano d’occhio la casa di mia madre da mesi, da quando avevano scoperto che era lei la... be’, hai capito.»
Priest annuì. «Non potevi saperlo, Jessica.»
«E allora perché non riesco a non sentirmi in colpa?»
Priest non sapeva cosa rispondere. «L’Ephemera ha operato nell’ombra per decenni» disse in tono gentile. «Prima con tua nonna e poi con tua madre. Aveva agganci fino alle più alte cariche dello Stato. Ora stanno facendo una serie di arresti a tappeto. Un’operazione congiunta di tutte le forze dell’ordine del Regno Unito. Politici, banchieri, avvocati, poliziotti. C’è dentro perfino un professore di geografia.»
«E quell’uomo, il cameriere, faceva parte dell’unità speciale creata da Philip Wren?»
«La sua è una squadra segreta interamente formata da specialisti. Credo che a fondarla sia stato il nostro amico, il colonnello Ruck. Come la Casa dell’Ephemera ha avuto la sua successione di capi, anche il comando dell’unità speciale sarà passato di mano in mano. Quando Ruck è andato in pensione, avrà messo la faccenda nelle mani dell’MI5, che, per via della sua formazione militare e della sua estraneità al corpo della polizia, avrà scelto Wren.»
Jessica fissava il pavimento e scuoteva lentamente la testa, come se stesse cercando di metabolizzare l’intera vicenda.
Priest avrebbe voluto stringerla tra le braccia e dirle che tutto sarebbe tornato come prima. Ma non voleva mentire. Un simile evento le avrebbe lasciato cicatrici indelebili. «Tuo padre come l’ha presa?»
«Dopo che gliel’ho detto non ha più aperto bocca. È rimasto tutto il tempo chiuso in ufficio. Scarlett si ferma qualche giorno in più per tenergli compagnia, ma si capisce benissimo che non vede l’ora di tornare in America e dimenticarsi per sempre tutta questa storia.»
«Non faccio fatica a comprenderla. Sai che è stata lei a mostrarmi la collezione di insetti di tuo padre?»
«Sono solo campioni» sussurrò Jessica. «Mio padre era appassionato di entomologia. Ho riguardato la collezione e in realtà non c’è nemmeno un’efemera.»
«Davvero? Be’, allora abbiamo soltanto... pensato male.»
Jessica annuì. «Un’ultima cosa» disse, alzando lo sguardo. «Come hai fatto a capire che Miles non era morto?»
Lui sospirò. «Non potevo esserne certo. Ma sul rapporto dell’autopsia parziale inviatomi da Giles c’erano alcuni dettagli che, a ripensarci a mente fredda, non quadravano affatto. Primo, l’identificazione del cadavere, fatta da tua madre; secondo, l’assenza di droga nel sangue.»
«E tu sapevi che Miles era un tossico.»
Priest annuì. «E poi il medico legale era sulla lista dell’Ephemera. Non era nella villa, ma l’hanno arrestato a casa sua a Dover. Forse aveva subodorato qualcosa e stava cercando di scappare.»
«E l’impalamento? Perché l’avranno ucciso così?»
«Quando la polizia ha perquisito casa di Miles, hanno trovato una specie di santuario dedicato a Vlad l’Impalatore. Libri, poster, fumetti, siti, figurine, quadri, un ciondolo con la sua effigie.» Si voltò verso Jessica. «Non potevi saperlo. Non eri mai stata a casa sua. Miles aveva l’ossessione dei dittatori sanguinari. Perciò ha deciso di inscenare la propria morte rendendo omaggio al sadico nobile rumeno.»
Jessica trasalì e raggiunse l’acquario. I pesci scorpione guizzavano avanti e indietro sotto un ponticello di plastica. Mise la mano sul vetro. «Prima erano tre. Ma ora ne vedo solo due.»
«L’altro è morto. Mi sa che gli ho dato troppo da mangiare.»
Lei si voltò. «Mi dispiace, Charlie Priest.»
Lui la guardò. «Ti dispiace che devi andare o che uno dei miei pesci sia morto?»
«Che devo andare. Ti comprerò un altro pesce.»
Priest sentiva un groppo in gola. «Sei venuta a dirmi addio.»
Lei annuì lentamente. «È meglio chiuderla così.» Gli prese la mano. Per un attimo la strinse. Le sue dita erano tiepide, piene di vita e di promesse.
Priest pregò che quell’istante non finisse mai.
Poi Jessica allentò la presa e si voltò verso la porta. «Mi dispiace, Charlie.»
«No. Aspetta. Ora mi dirai che non possiamo vederci mai più. Ma non è vero. Non sei costretta a reagire così. È il senso di colpa che ti distrugge, vero?»
«Charlie, quella gente...»
«Abbiamo tutti bisogno di un cielo azzurro, Jessica. Anch’io mi sento in colpa.»
«Cos’hai detto?»
«Che mi sento in colpa anch’io.»
«No, prima.»
Priest deglutì. Se l’era proprio lasciato sfuggire. «Ho detto che abbiamo tutti bisogno di un cielo azzurro. Era uno dei detti preferiti di mia madre.»
Ora fu lei a rischiare di commuoversi.
«Vedi, Jessica? Siamo uguali, io e te.»
Lei si morse il labbro. Arrossì, con gli occhi pieni di lacrime. Mentre loro due tacevano, il sole di metà mattina stracciò le nuvole e inondò l’appartamento d’oro.