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Hayley ansimò in cerca d’aria. Le bruciavano orrendamente i polmoni e in bocca sentiva sapore di sangue.
Era viva.
Non voleva esserlo.
Ricordava il dolore. La sofferenza indicibile. Le pene dell’inferno. Non ce l’avrebbe mai fatta a sopportarla di nuovo. Preferiva morire. Sì, piuttosto che rivivere il tormento procuratole dall’iniezione dell’uomo con il cappuccio, si sarebbe uccisa all’istante.
Strisciò in un angolo della stanza. Ogni centimetro guadagnato era un’agonia. Non riusciva a muovere il braccio destro, quello in cui lui le aveva iniettato il veleno. Era come se gliel’avessero amputato e quando aveva provato a guardarlo non era riuscita a capire come potesse far parte del proprio corpo. Ormai era soltanto un moncherino nero raggrinzito, più simile a un ramo d’albero che a un arto.
«Un antipasto. Una piccola dose per incrementare la tolleranza. Non c’è nulla di cui preoccuparsi» aveva detto il suo aguzzino.
Voglio morire.
Raggiunto un angolo della stanza, si lasciò cadere e si rannicchiò in posizione fetale.
Per il momento, era sola.
Pensò al padre e a come aveva cercato di avvertirla. Ma lei lo aveva ignorato. Anche se ormai da settimane si era resa conto che qualcosa non andava, lo aveva ignorato. Ma era ovvio, no? Suo padre sembrava essersi dimenticato della sua esistenza e poi tutt’a un tratto aveva voluto vederla.
L’aveva portata in un bar a due chilometri da casa, un localino squallido dove il caffè sapeva di bruciato. Le aveva parlato del suo lavoro, delle sue ossessioni. Era rimasto invischiato in una vicenda segreta molto intricata. Aveva parlato di una certa Casa dell’Ephemera. Anche se non c’era bisogno che cogliesse tutti i particolari, Hayley doveva sapere. «Quello che sto cercando di dirti, tesoro, è che sono nel bel mezzo di una situazione complessa e forse in futuro non riusciremo a vederci molto.» In realtà erano anni che non si vedevano quasi mai. «Vorrei solo che tu ti prendessi cura di te. Perché non ti trovi una coinquilina? Non mi piace affatto sapere che vivi da sola.»
Lei aveva protestato. Le piaceva vivere senza la responsabilità di occuparsi di un’altra persona.
Ma il padre non aveva finito. «Quando torni a casa, fa’ ogni volta una strada diversa. Evita la routine. Non spegnere mai il telefono. Se ti accorgi della più piccola stranezza, chiamami. A qualsiasi ora.»
Ma lei non aveva ascoltato. Né le parole né il tono. Aveva la testa seppellita troppo a fondo nella sabbia. Nemmeno l’avvertimento finale aveva sortito alcun effetto.
«Se ti chiamo, devi rispondere immediatamente.»
Se solo avesse ascoltato.
Sopra di lei il ventilatore ruotava a un ritmo irregolare, erratico, come i pensieri che le si mischiavano in testa senza mai coagulare.
Bastava aprire gli occhi, ma come sempre hai preferito fare finta di niente. E adesso muori. Sola, in questa stanza gelida.
Le lacrime le rigarono le guance.
«Benedetti coloro che dimostrarono pietà, perché il Signore avrà pietà di loro» ha detto Gesù. Quando sarò morta, papà, se Dio mi darà la forza, proverò a perdonarti.
Si guardò il braccio. Qualsiasi cosa le avesse iniettato, le stava facendo marcire la carne. La sostanza nera oleosa si diffondeva per il corpo, intossicava e profanava la mente, le riempiva i pensieri di orrore e violenza.
Era un essere demoniaco. Non un agente chimico. Un demone. Ed era entrato dentro di lei.
Vedeva cose. Immagini di atroce sofferenza.
Ma cosa sto dicendo?
Cominciava a capire come sarebbe arrivata la fine. Sarebbe diventata uno spettacolo per cui la gente avrebbe pagato. Era nella Casa dell’Ephemera, in compagnia del diavolo, e il veleno stava già compiendo le proprie alchimie e impossessandosi di lei. Un antipasto. Una piccola dose. Non c’è niente di cui preoccuparsi.
Hayley chiuse gli occhi e pensò a Dio. Scusa se ho guardato.