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Quando Priest uscì sul marciapiede ghiacciato, Jessica Ellinder lo aspettava accanto alla propria macchina. Persino alla debole luce di quella domenica mattina, si capiva che era stufa di attendere. Il fiato le si condensava davanti alla bocca. «È in ritardo.»

«Mi scusi. Non sono mattiniero.»

Jessica lo squadrò da capo a piedi. «Si è messo una giacca sopra una T-shirt.»

«Così pare.»

La donna si mise al posto di guida.

Priest esitò, poi aprì la portiera e salì sul posto del passeggero. Lo schienale era dritto e rigido. Cercò senza successo di reclinarlo. «Come si...»

«Deve premere la leva sopra il supporto lombare. Mi scusi, a Wilfred piace così.» Aveva insistito per prendere la sua macchina: una precauzione legittima, visto che la vecchia Volvo di Priest non si era mai spinta oltre Watford e lui dubitava che riuscisse a portarli senza inconvenienti fino a Cambridge.

«Wilfred è il suo cane?»

«Che cosa la porta a questa conclusione?»

«Lei è single e Wilfred non è un nome da cavallo. Inoltre è risaputo che i cavalli preferiscono i sedili reclinati.»

Lei sospirò. «Quindi sarei single?»

«Non porta la fede.»

«Potrei benissimo essere sposata e non avere voglia di portare la fede. In fondo non è mica obbligatorio.»

«È single» borbottò Priest. Noto che invece non l’ha offesa l’ipotesi che possieda un cavallo. «Stamattina ho sentito Terri Wren. Hayley non si è ancora fatta viva. Ecco la ragione del mio ritardo.»

«Ho sentito il telegiornale. La morte di Philip Wren è ormai ufficialmente considerata un suicidio. Soffriva di una grave forma di depressione. Dopo l’autopsia faranno il funerale. La famiglia aprirà un ente benefico per la ricerca sui disturbi mentali.»

«Cazzate.»

«Può darsi. Ma l’assassino di Miles, chiunque sia, ha invece scelto una morte spettacolare. Perché cambiare modus operandi e inscenare un suicidio?»

Priest aveva già preso in considerazione ogni ipotesi. Gli sembravano tutte ugualmente improbabili. Decise di cambiare discorso. «Va spesso in giro con Wilfred?»

«Se vuole può abbaiare ogni volta che vede un postino, così non sentirò la sua mancanza» gli disse sarcastica.

Si fermarono a una stazione di servizio. Priest ebbe la tentazione di comprare un pacchetto di sigarette, ma alla fine si accontentò di una Coca. Jessica bevve un caffè. Si era offerto di darle una mano a fare benzina, ma lei lo aveva guardato in cagnesco. Erano rimasti in silenzio fino ai sobborghi di Cambridge, poi si erano infilati nel dedalo di edifici barocchi e viuzze quasi troppo strette per le auto. Mentre raggiungevano lentamente il centro, le strade si riempirono di studenti in jeans stretti su biciclette traballanti.

«Ho chiesto a Solly di ricavare un profilo generale di Hayley dalla sua attività sui social» disse Priest.

«Non mi sembra il modo più preciso di identificare una persona.»

«Neanche a me.»

«E che cosa avete dedotto?»

Priest fece un respiro profondo. «È introversa, religiosa, intelligente ma molto ingenua nelle relazioni con il prossimo. Ha pochi amici che però non sembrano conoscerla bene e ho l’impressione che scriva tutti quei blog per sopravvivere, non per cercare il contatto con gli altri. Inoltre, come lei, è single.»

Jessica lo guardò storto.

La Chiesa della Creazione sorgeva accanto a un cartello che prometteva l’entrata nel regno dei cieli a chiunque diffondesse il Verbo. In realtà, più che una chiesa sembrava un edificio polifunzionale. Stando agli avvisi appesi in bacheca nell’atrio, l’ultimo evento degno di nota era stato una raccolta di beneficenza di un’associazione femminile, due settimane prima.

«Siamo nel posto giusto?»

«Secondo Solly, Hayley parla spesso di questa chiesa sul suo blog.»

«Mi aspettavo qualcosa di un po’ più...»

«Non tutte le confessioni religiose hanno i fondi per erigere cattedrali.»

Lei storse il naso. «Ma una chiesa con un fusto di Guinness al bancone d’entrata?»

«Così la comunione diventa un’esperienza a tutto tondo.»

L’interno era squallido come l’esterno: era una sala di medie dimensioni, con sedie di plastica impilate in un angolo e strisce bianche consumate sul pavimento che delimitavano un approssimativo campo da badminton. Al bancone d’entrata, privo di personale, si poteva scegliere tra una copia del messale e una pinta di scadente birra scura: quando si dice il libero arbitrio.

Dall’altro lato della sala li apostrofò una voce. Un uomo con una veste scura era nel vano di una porta che dava su una piccola cucina. Era più giovane di Priest, con occhiali spessi e una barba dello stesso colore dell’abito. Era bello, slanciato; se non fosse stato per l’espressione preoccupata e la postura incerta, sarebbe stato un avvocato perfetto.

Priest dubitava che alla Chiesa della Creazione si presentassero molti estranei, specialmente eleganti come Jessica Ellinder. Priest non si era rasato, e probabilmente aveva l’aria di essere lì più per la birra che per le omelie.

«Buongiorno. Come posso aiutarvi?»

«Sono Charlie Priest, e lei è Jessica Ellinder, una mia collaboratrice.»

L’uomo barbuto gli strinse con forza la mano. «Piacere, io sono il reverendo Matthew.»

«Lei è... un reverendo?» Jessica si indicò la gola a significare il collare.

Lui fece una risatina nervosa. «Qui non ci formalizziamo. Siamo tutti uguali, sacerdoti e congregazione.»

Jessica sorrise e sembrò rilassarsi.

«Forse può darci una mano, reverendo.»

«Lei crede?» Il reverendo Matthew strinse leggermente le palpebre, sulla difensiva.

«Lavoriamo per un’agenzia investigativa privata.» Non era del tutto una bugia: di fatto, quasi tutti gli avvocati civili erano anche investigatori privati.

«Capisco.»

«Stiamo cercando una donna. Ha circa trentacinque anni, lunghi capelli biondi e mossi, ed è molto riservata. Frequenta la sua chiesa.»

«Ci sono molte donne di questo tipo nella nostra congregazione.»

«Si chiama Hayley Wren.»

«Sì, Hayley fa parte del nostro gregge. Per caso le è successo qualcosa?»

«No, ma dobbiamo trovarla» disse Jessica.

Il reverendo Matthew rifletté. Sembrava intento a discutere con se stesso.

Priest colse la palla al balzo. «Come ha detto la mia collega, dobbiamo trovare Hayley il prima possibile. Può darci una mano?»

«Chi vi manda?» Aveva le guance arrossate e, rispetto a prima, sembrava molto più angosciato.

«La madre di Hayley.»

«Che io sappia, Hayley non aveva più i genitori. Sono morti in un incidente d’auto. Così mi ha raccontato lei, almeno.» Il reverendo Matthew aveva un’aria sempre più tetra.

«No, suo padre è procuratore generale... lo era.»

«A essere sincero, l’avevo capito. Avevo intuito che Hayley avesse delle vicende familiari in sospeso. È davvero molto riservata. Estremamente introversa . Piuttosto che rivelare il minimo dettaglio su se stessa, pur di non esporsi a qualche domanda indiscreta, mente di sana pianta.»

Priest cominciava a sentirsi a disagio. «Dov’è finita, reverendo?»

Matthew guardò Jessica e poi di nuovo Priest. Sembrò prendere una decisione. «Seguitemi.» Li precedette in cucina, poi aprì una porta chiusa a chiave e li condusse in una specie di ufficio. Su un lato della stanza, occupata quasi interamente da un tavolo, c’erano una vecchio registratore di cassa e un videopoker. Posacenere colmi riempivano ogni superficie libera. Evidentemente il divieto di fumare non era valido, nel sancta sanctorum della Chiesa della Creazione. L’odore di fumo era impressionante. «In centro gli affitti costano cari, e questa è la sede migliore che siamo riusciti a trovare. Sul piano economico non siamo proprio Scientology.»

«Non deve scusarsi, reverendo.» Imitato da Jessica, Priest si sedette da un lato del tavolo, e Matthew dall’altro.

«A volte usiamo questa stanza per i rituali di purificazione.»

«Rituali di purificazione?» chiese Jessica.

«I cattolici la chiamano confessione, ma da noi assomiglia più a una sessione informale di psicoterapia. Il fedele entra e si libera del fardello che il mondo gli ha posto sulle spalle. Qui forniamo a chi ne ha bisogno consigli e supporto morale. Non offriamo semplicemente perdono , che è un concetto vuoto. Non pensiamo che il senso di colpa sia un sentimento utile.»

Priest annuì. Per essere un membro della Chiesa, il reverendo Matthew ragionava in maniera concreta. E nei suoi occhi brillava un’integrità di cui era impossibile dubitare. Eppure c’era qualcos’altro in lui... una tremenda inquietudine. «Hayley ha mai compiuto uno di questi rituali di purificazione?»

«Sì. L’ho ascoltata io, circa una settimana fa. Era forse la prima volta che abbiamo davvero parlato. Naturalmente sapevo chi era. Veniva tutte le settimane. Più volte avevo cercato di comunicare con lei nel tentativo di coinvolgerla nelle attività di gruppo, ma lei mi aveva fatto capire subito che preferiva restare in disparte. Le piaceva fare tappezzeria. Esistono anche persone così.

«Perciò, quando è stata lei a venire da me, mi sono stupito. Se avessi davanti un calendario, potrei perfino dirvi il giorno preciso. Mi pare che nevicasse. Niente di che, solo un’imbiancata. Il tema della messa era la conversione... un argomento sempre infido, perciò cerchiamo di trattarlo nella maniera più delicata. Sapete, io una volta ero cattolico. Ma un giorno ho sentito un sacerdote augurarsi nella predica che i terroristi vedessero la luce del Signore e che Gesù li guidasse sulla strada della giustizia, e mi sono reso conto di quanto fossi stato stupido. Non erano diversi da qualsiasi altro gruppo di estremisti... erano solo un manipolo di vecchietti fanatici e coi paraocchi. Credevano in qualcosa, quindi volevano che ci credessero anche gli altri e provavano pietà per chiunque non lo facesse. Allora ho lasciato la Chiesa cattolica e Dio mi ha portato qui. Quale posto migliore per cominciare la lotta contro il Demonio? Dunque... con il tema della conversione ci andiamo molto cauti. Non cacciamo il nostro credo in gola alla gente.

«Ecco perché mi ricordo bene il momento in cui Hayley mi è venuta a cercare dopo il sermone: non me lo aspettavo proprio. Di solito, a messa finita, prima c’è qualche benintenzionato che mi ringrazia e poi una serie di ficcanaso secondo cui non stiamo facendo abbastanza per allargare la congregazione, nonostante io abbia appena passato un’ora a ripetere che fare proseliti non è il nostro scopo. Solo Dio può convertire qualcuno. In ogni caso, Hayley mi ha preso da parte e mi ha chiesto se avessi tempo, perché voleva essere purificata seduta stante.»

«Che impressione le ha fatto?»

«Mi è sembrata agitata, quasi sconvolta. Le era successo qualcosa di così grave da rompere la sua reticenza. Quindi mi sono liberato e siamo venuti a parlare proprio qui, in questo ufficio.»

«E cosa le ha raccontato?»

«Non molto, in realtà. Mi lasci pensare un secondo. Mi ha chiesto se credevo nel male. Sì, le ho detto. Mi ha chiesto se anche chi aveva agito male sarebbe stato giudicato. Certo, le ho detto.

Dio giudicherà tutto ciò che facciamo, giusto o sbagliato che sia, anche le azioni fatte in segreto.»

«Ecclesiaste» mormorò Priest.

«Esatto! Pochissimi ricordano questo versetto. Lei dev’essere un esperto di Sacre Scritture.»

Priest fece una smorfia. «Non proprio.»

«Vada avanti, reverendo» disse Jessica.

«Il punto era questo: voleva che la rassicurassi su qualcosa, e francamente non credo che c’entrasse nulla la volontà di Dio. Penso che mi stesse mettendo alla prova, magari per capire se in futuro avrebbe potuto fidarsi di me. Non ricordo troppo bene, ma la cosa mi pare sia andata avanti un bel po’. Avevo mai conosciuto la paura? Temere il Signore significa odiare il male, le ho detto. Alla fine l’ho interrotta per chiederle cosa ci fosse dietro. Era sicura di stare bene? Per caso si era ficcata in qualche guaio? Lei non ha risposto, ma mi ha passato un pacchetto – una busta – e ha spiegato di averlo trovato sotto la porta del proprio appartamento. Anche se lei non aveva capito di cosa si trattasse, doveva sicuramente essere importante. Forse io sarei riuscito a comprendere meglio. E invece no. Ma una certezza mi rimane: quel giorno nei suoi occhi e nella sua voce ho percepito un terrore che non ho mai visto in vita mia, e purtroppo è da allora che non la vedo.»

«Quindi, dopo l’incontro che ci ha appena raccontato, non l’ha proprio più vista? Ha detto che veniva tutte le settimane.»

«Sì, tutte. A parte questa.»

«Non ha provato a contattarla?»

«Cosa posso fare? Nessuno sa nulla di lei. Non so nemmeno dove abiti.»

Jessica scosse la testa, insoddisfatta.

«Che cosa c’era nella busta?» chiese Priest.

«Ora ve la faccio vedere.» Matthew si alzò e raggiunse una credenza ingombra di carte. Dopo aver frugato per un po’ nel disordine, estrasse una piccola busta e la mise davanti a Priest. Dentro c’era qualcosa. Un rigonfiamento.

Priest la prese, la aprì con cura, e rovesciò lentamente il contenuto sul tavolo.

Di colpo si irrigidì.

«Ammetto di non averla riconosciuta subito» disse Matthew, «ma ho fatto qualche ricerca e credo che si tratti di una cosiddetta efemera comune.»