17

Priest era impressionato. Non era stato facile, ma McEwen era stato persuaso non soltanto a precederli verso la villa, ma anche a spiegare cosa fosse accaduto. Ogni sillaba sembrava costargli un dolore atroce.

«Sir Philip Wren è il padrino di Charles Priest» spiegò Jessica. «Se vuole posso telefonare a mio padre, così può illuminarlo sulle ragioni per cui non intende lasciarci passare.»

Evidentemente Kenneth Ellinder aveva amici altolocati.

Attraversarono una cucina dal pavimento in pietra ed entrarono in un lussuosissimo studio con al centro una stupenda scrivania d’antiquariato. Un’enorme finestra circolare affacciava su un giardino digradante verso un ruscello appena visibile nella foschia.

Wren penzolava da una delle travi di quercia del soffitto.

«Ieri sera sua moglie è uscita» spiegò McEwen. «È rientrata tardi, ma quando ha visto il letto vuoto non si è preoccupata. Forse non era la prima volta. L’ha trovato stamattina. Non ha chiamato subito la polizia. Sarà rimasta sotto shock a vederlo appeso come un salame.»

«Lady Wren è ancora in casa?» chiese Priest ignorando la battuta di McEwen.

«Sì. Un ufficiale di collegamento le ha fatto un tè e le sta porgendo fazzoletti. Stalle alla larga.»

Priest guardò Jessica, che sembrava ipnotizzata dalle oscillazioni del corpo floscio. «È la prima volta che vede un cadavere?»

Lei annuì lentamente.

Priest le sfiorò il braccio. «Andiamo, su, è inutile restare qui.»

«No.» Si voltò verso McEwen. «Chi è stato?»

«Si è suicidato, ovviamente» disse McEwen.

«Il biglietto dov’è?» chiese Priest. «C’è sempre un biglietto.»

McEwen scrollò le spalle.

La lettera di Wren sembrava andare a fuoco nella tasca di Priest. Mi hai mandato il tuo biglietto da suicida, Philip? Non credo proprio. Ma la situazione non mi quadra. Stavolta le cose non sono ciò che sembrano. Per me tutto è perduto. Eppure qualcosa non quadra affatto, in questa stanza.

«Si è suicidato. Punto e basta» ripeté McEwen. Masticava qualcosa e il rumore cominciava a dare sui nervi a Priest.

Ed ecco l’incongruenza . «Come ci è arrivato lassù?»

Per la seconda volta, l’ispettore scrollò le spalle. «Sarà salito sulla scrivania e avrà assicurato la corda attorno al ventilatore.»

«Quindi è entrato dal giardino?»

«Cosa te lo fa pensare?»

«Ha le scarpe sporche di fango.» Priest indicò le suole. Erano incrostate di terra. «E la chiave è nella serratura della portafinestra. Uno come Philip Wren non lascerebbe mai la chiave nella serratura, che rende più facile un’irruzione da fuori. A un ladro basterebbe rompere il vetro e girare la chiave. Quindi la porta deve essere aperta.»

«Non capisco cosa...»

«Prova.»

Prima di toccare la maniglia, McEwen esitò. La porta si aprì. «E anche se fosse passato da fuori?»

«Guarda la scrivania. Dove sono le impronte? Non c’è un granello di fango da nessuna parte. Quindi non può esserci salito.»

McEwen tacque per un po’, poi il suo volto arrossato si rabbuiò. «Priest, perché non lasci indagare chi lo fa di mestiere?»

«Sta dicendo che non si è suicidato?» chiese Jessica.

«Più di metà dei suicidi del Regno Unito avvengono per impiccagione o soffocamento» disse Priest. «Ed è un metodo più maschile che femminile. Anche se comporta una certa fatica, resta la maniera di morire più pulita e indolore per chiunque non disponga di un’arma da fuoco, ed è proprio per questo che è così diffusa. Ma perché impiccarsi quando in un angolo della stanza c’è un fucile in perfette condizioni?» Indicò l’armadietto di vetro alle spalle del cadavere. Mentre McEwen ispezionava i fucili, Priest scattò di nascosto qualche fotografia. «Dov’è Lady Wren?» chiese poi, mettendosi in tasca il telefono un attimo prima che McEwen si girasse. «Voglio vederla.»

Priest trovò Terri Wren nella biblioteca rivestita di pannelli di quercia, con uno scialle sopra le ginocchia, seduta su un’ampia poltrona di cuoio. Si inginocchiò per guardarla in viso. Non ricordava quando l’aveva vista l’ultima volta, ma i capelli biondo chiaro erano pieni di ciocche grigie.

«Terri» mormorò Priest.

Gli occhi della donna erano lucidi. Sollevò a malapena lo sguardo, ma lo riconobbe subito. «Charlie. Cosa ci fai...»

«Sono venuto insieme alla polizia. È una storia lunga, ma sono qui per aiutarti.»

«Ottimo. Temo di avere un gran bisogno di aiuto.»

«Mi dispiace moltissimo.»

Lei sollevò una mano e guardò il muro.

Priest lasciò subito cadere la frase.

«Non ce n’è bisogno, Charlie. In realtà è per Hayley che sto piangendo, non per me.»

Lui annuì. «Lo so.»

Priest sapeva che la gente non avrebbe fatto altro che distogliere lo sguardo da lei, perciò, quando Terri si girò verso di lui, rimase con gli occhi fissi nei suoi.

«Charlie, non so in che guaio si fosse cacciato Philip. Se tuo padre fosse ancora vivo, forse sarebbe riuscito a salvarlo. Era una persona splendida. E anche Philip, nonostante la sua occasionale ottusità, questo l’ha sempre riconosciuto.»

Priest le sfiorò lievemente la mano. «Che cosa è successo, Terri?» le chiese.

«Non lo so» gli rispose sistemando lo scialle. Le tremava la voce. Sembrava così fragile che Priest temeva di vederla andare in mille pezzi al primo alito di vento. «Sai com’era fatto Philip. Viveva per il suo lavoro, il suo amato lavoro. Negli anni la carriera l’ha portato talmente lontano da qui... da me... che ormai non sapevo quasi più chi era. Ma arrivare a fare... una cosa del genere... Non riesco a crederci.»

«Una volta mio padre mi ha recitato un antico proverbio giapponese che gli aveva insegnato Philip.»

«Sì, me lo ricordo. Cadere sette volte, rialzarsi otto. » Terri fece una pausa. «Appunto. Philip non era il tipo da... hai capito, no?»

«Dov’è Hayley?»

«Non lo so. Non si fa sentire da più di una settimana, ma è normale. Prima ho provato a chiamarla, ma non ha risposto. Magari non era a casa, sarà stata in chiesa. O forse si è trovata un uomo e non vuole che noi lo sappiamo.»

Priest annuì. C’era un dettaglio che lo tormentava, qualcosa di più del cadavere nello studio. «Verrà qualcuno a tenerti compagnia?»

«Mia sorella. Ha una fattoria nel Wiltshire.»

«E Hayley?»

«Si farà viva. Come sempre.»

«Terri, Philip ti ha mai...» Si bloccò. Philip ti ha mai... che cosa? Non era il momento, non era giusto gravarla con il dubbio che, oltre alla morte del marito, ci fossero altre preoccupazioni all’orizzonte.

Ma Terri gli rivolse uno sguardo turbato. «Charlie, ’Philip mi ha mai’... che cosa?»

«Scusami» disse lui, stringendole la mano. «Non era nulla.» Fuori sentì scricchiolare il parquet.

McEwen andava avanti e indietro in corridoio. Aspettava lo scadere dei cinque minuti che gli aveva concesso. «Sessanta secondi, Priest, poi basta» gridò dalla porta.

«Terri, se c’è qualcosa che posso fare...»

Lei sorrise, ma gli occhi lucidi lo penetrarono da parte a parte. «Sei sempre stato un bravo ragazzo. Philip aveva una grande stima di te. Sai com’era fatto, ha sempre sognato che un bel giorno tu e Hayley...»

«Terri...»

«Scusami. Non avrei dovuto dirlo. Mi riprenderò. Ora è meglio se te ne vai.»

«Puoi dire a tua sorella di chiamarmi quando si fa viva Hayley?»

«Certo.»

Priest si alzò lentamente. Era quasi uscito dalla stanza quando Terri lo richiamò.

«Grazie di essere venuto.»

Lui annuì. Gli pulsava la testa. Si chiuse la porta alle spalle.

Jessica lo aspettava sulla soglia, dove McEwen non poteva sentirli. «Non è che le ha...»

«No. Non sa niente.»

Lei annuì, delusa. «Andiamocene. Mi sa che non siamo più i benvenuti.»

Aveva ragione. McEwen aveva visto Priest uscire dalla biblioteca e risaliva il corridoio con un’espressione furibonda. Due agenti dietro di lui esitavano, confusi sul da farsi. Priest represse la voglia di urlare un ordine.

«Ora basta. Fine dei giochi, per oggi. È evidente che sai qualcosa che io non so» disse McEwen.

«Avete provato a contattare Hayley, la figlia di Wren?»

«Che cosa te ne frega?»

«L’avete fatto o no? Terri dice che non si sentono da una settimana e non riesce a trovarla neanche oggi.»

«Nel caso non te ne fossi accorto, non sei più un poliziotto. Ormai sei solo un ficcanaso.»

«Ascoltami. Philip Wren non si è suicidato . Devi prendere in considerazione...»

«E tu devi imparare a farti i cazzi tuoi.»

Priest strinse i pugni. Era venti centimetri più alto di McEwen e la tentazione di tirargli un pugno in faccia era forte. Soffocò subito l’impulso. Il confine tra la realtà e il vuoto assoluto era un velo sottile, e a volte Priest non sapeva in quale delle due zone situarsi. Chissà se anche William prova la stessa cosa. L’idea lo spaventò. È questa l’unica differenza tra me e lui? Un velo sottile?

«Priest?» Jessica lo stava guardando, i grandi occhi scuri pieni di curiosità.

La sua voce lo riscosse dal torpore. «Non è questione di farmi i cazzi miei. Trovare Hayley Wren dovrebbe essere la tua priorità.»

«Vaffanculo. Faremo il nostro lavoro. E cominceremo con l’arrestarti per ostacolo alle indagini.»

«Dovresti basarti sui fatti, non sulle ipotesi. Hayley Wren...»

«Mi stai dicendo come devo fare il mio lavoro?»

Priest sentì crescere una nuova ondata di rabbia. «Esatto.»

Le vene violacee sul collo di McEwen pulsavano come lombrichi. Si era tolto la giacca e, nonostante l’aria gelida, aveva le ascelle chiazzate. Cercò di dire qualcosa ma le parole non gli uscirono.

Priest si sentì tirare per un braccio e Jessica lo condusse verso la porta.

«Visto?» gli sussurrò all’orecchio. «Non siamo più i benvenuti.»

Priest riaccompagnò Jessica alla Range Rover parcheggiata sotto l’ufficio. Aveva smesso di nuovo di guardarlo negli occhi. Durante il tragitto Priest si girò più volte verso di lei, cercando di ricordare il suo volto quando non era nascosto dai capelli.

«La conosce bene, Hayley?»

«Non benissimo. Da bambini ci vedevamo spesso, da adolescenti già meno. Era una ragazza simpatica.»

«Quindi non era il suo tipo?»

«Il mio collega Okoro dice che non ho un tipo.»

Quando svoltarono nel parcheggio sotterraneo, la temperatura era ormai prossima allo zero. Priest si aspettava che Jessica scendesse subito dalla macchina, invece lei rimase al suo posto anche dopo che lui ebbe spento il motore.

«Quello che è successo oggi cambia qualcosa, per lei?» gli chiese.

Priest rifletté. «Philip Wren mi ha mandato una lettera in ufficio per dire che mi avrebbe spedito un pacchetto a casa, con dentro la chiavetta che stava cercando suo fratello Miles, che sarebbe morto di lì a poco. Le probabilità di scoprire quale fosse il ruolo di Philip in questa vicenda si sono abbassate drasticamente.»

«Mi riferivo all’offerta di mio padre.»

«Ah.» Priest si grattò la testa. «Capisco.»

Lei si mosse, le mani in grembo e gli occhi fissi sul cruscotto.

«No» disse infine Priest. «Non cambia nulla.»

Jessica annuì e lui la guardò scendere e allontanarsi nel buio del parcheggio. Non riusciva a capire se fosse soddisfatta o no.