32
Da un certo punto di vista, la cena era servita a qualcosa: Priest era convinto che la reazione di Kenneth Ellinder all’efemera ricevuta da Hayley fosse autentica. Per il resto, la carne era troppo cotta e il tu per tu con le dinamiche familiari degli Ellinder era stato piuttosto imbarazzante. Chissà se il vecchio sa più di quello che vorrebbe far credere... Uscì dalla doccia e si avvolse un asciugamano intorno alla vita. Gli avevano dato una stanza degli ospiti nella parte posteriore della casa, completa di piccolo studio, guardaroba, due camere con sontuosi letti a baldacchino e un bagno. La doccia gli aveva dato un po’ di sollievo: per la prima volta da giorni sentiva che avrebbe dormito bene.
Scarlett Ellinder era davvero un bel colpo di scena. Lei e Jessica sembravano cane e gatto.
Vuotò la vescica, si sciacquò la bocca con un colluttorio trovato sotto il lavandino e si guardò allo specchio. Aveva le occhiaie e la barba lunga.
Lo scatto di una serratura lo fece trasalire. La camera era al piano terra e i bovindi davano su una veranda. Era la serratura di una finestra o della porta?
La porta del bagno era socchiusa. Priest avanzò sulle piastrelle, sbirciando dallo spiraglio. Da lì non vedeva intrusi. Si irrigidì e cercò un corpo contundente, ma questa volta non c’erano manganelli a portata di mano.
Pronto a colpire un eventuale aggressore, Priest diede una leggera spinta alla porta. Poi scoprì che a scattare era stata la serratura contro cui lei si era appoggiata, in vestaglia di seta nera, senza guardarlo negli occhi.
«Jessica» sussurrò.
Lei non rispose e, quando avanzò verso di lui, per un attimo Priest pensò che gli sarebbe passata attraverso come uno spettro che al termine del proprio breve vagabondaggio terreno si sarebbe dissolto nell’aria. Ma poi Jessica si fermò. I loro sguardi si incrociarono. Lei profumava di lavanda. «Mi dispiace che mia madre se ne sia andata in quel modo.»
«Davvero, non importa. Devono essere giornate tremende per tutti voi.»
«Di solito è una persona piuttosto... fredda. È molto raro... che si comporti così.»
«Le credo.»
Jessica studiava il suo corpo, senza dare segni di imbarazzo per la sua seminudità. Gli sfiorò la mano, esaminando le ustioni sul polso. Per qualche secondo gli strinse il palmo, rigirandoselo lentamente tra le dita, carezzando ogni centimetro della bruciatura. «Le fa male?»
Priest deglutì. Il suo battito accelerava, una reazione fisiologica al contatto. Gli aveva fatto una domanda a cui senza dubbio avrebbe potuto rispondere da sola. Le fa male?
Con lo sguardo le risalì il braccio verso la spalla e poi più su, fino al collo. La vestaglia accentuava le curve. Ed era abbastanza scollata perché Priest capisse che nulla separava la stoffa dalla pelle perfetta. Sotto l’asciugamano si irrigidì sempre di più e si sentì avvolgere da un’ondata di calore. «Jessica...» mormorò. Voleva fermarla, levarsi le sue mani di dosso, ma il tocco delle sue dita lo elettrizzava.
Gli serrò il polso, causandogli una fitta di dolore di cui certamente doveva essersi accorta, poi si mise la sua mano sul seno.
«Jessica, aspetta.»
Quando le loro pelli si incontrarono, lei emise un lungo gemito, stringendolo sempre più forte e guidandogli la mano sotto la vestaglia. La seta ricadde e lui le afferrò un seno; le loro labbra si scontrarono con un movimento che fu goffo solo all’inizio. Cominciarono a baciarsi come se avessero fame. Priest sentì il proprio autocontrollo sgretolarsi e le spinse la lingua in bocca, aprì l’asciugamano e lo lasciò cadere. Si sentì girare la testa quando lei gli passò una gamba attorno alla vita e il sangue gli defluì dal cervello.
«Non è per questo che sono venuta qui» ansimò lei, mordendogli il collo e spingendolo verso il letto.
«Sei una pessima bugiarda.»
«No! Io non ti voglio.»
Priest aveva il batticuore. Jessica lo allontanò, graffiandogli un braccio, e per un istante Priest pensò che forse aveva detto la verità. Provò a baciarla di nuovo, ma lei lo schivò e lo trascinò sopra di sé sul letto.
«Jessica, aspetta.»
La mossa successiva fu degna di una campionessa di arti marziali: lo spinse di lato e lo rigirò finché non gli fu sopra. Priest si trascinò più in alto sul letto e lei gli montò a cavalcioni, togliendosi la vestaglia. L’aveva inchiodato e aveva un controllo completo su di lui.
«Sicura di sapere cosa vuoi?» le chiese, ansimando.
Lei lo guardò con un sorriso ipnotico, poi prese il suo pene eretto e se lo infilò dentro, gemendo e premendo verso il basso per accoglierlo il più a fondo possibile. Emettendo deboli lamenti mano a mano che il piacere aumentava, cominciò a muoversi. Lui si concentrò sul suo viso, sugli occhi chiusi rivolti verso il soffitto e lasciò vagare le mani sulle cosce, sul costato e sul petto di Jessica.
Mentre il ritmo aumentava insieme all’intensità dei gemiti, Priest le fece chinare la testa fino a baciarla. Il crescendo dei loro corpi sarebbe presto esploso in orgasmo.
«Sicura di sapere cosa vuoi?» le sussurrò senza fiato.
Un attimo dopo lei emise un verso animale. Poche gloriose spinte e anche Priest arrivò sull’orlo dell’abisso.
Lei gli premette le labbra sul collo. «Sì.»
Priest si svegliò molto presto. Normalmente dormiva cinque ore per notte, ma gliene bastavano tre, se lavorava a un caso importante. Non soffriva di insonnia, aveva solo meno necessità di dormire della maggior parte delle persone. Perciò, quando aprì gli occhi e vide che la stanza era illuminata soltanto da una lama di luce lunare che filtrava dall’interstizio fra le tende spesse, non si sorprese affatto.
Accanto a lui, il corpo caldo di Jessica era immerso in un sonno profondo. Attento a non disturbarla, scese dal letto e raccolse i vestiti facendo luce con lo schermo del cellulare. La giacca era appallottolata sul pavimento. Decise di non mettere le scarpe. In quasi tutta la casa c’era la moquette.
Nel corridoio le luci erano accese, forse in suo onore, forse per tradizione. Priest si sentiva in imbarazzo. Odiava invadere gli spazi altrui. Non aveva la più pallida idea di dove stesse andando, ma ancora per qualche ora nessuno si sarebbe alzato e la sera prima gli sembrava proprio di aver visto un piccolo studio con un televisore. Quando arrivò alla porta, rimase immobile con le orecchie tese. La tv era accesa. Sentì spari, urla, panico. Poi un tonfo di legno spezzato e grida da gelare il sangue. Riconosceva la scena. Aprì la porta. «La notte dei morti viventi ?»
«Non c’era altro. Perfetto per questa vecchia casa avvolta dall’oscurità, no?» Scarlett era rannicchiata su un divanetto che sembrava uscito da un castello francese, foderato con un’orrenda fantasia oro e blu. Indossava un pigiama corto rosa che aderiva al corpo snello, e aveva la nuca appoggiata alle braccia intrecciate. La posa da contorsionista combaciava alla perfezione con la strana forma del divano decrepito.
Priest entrò e chiuse la porta dietro di sé. «Sapeva che in ogni suo film George Romero fa una comparsa da zombie?»
Sullo schermo, un brulicare di mani ruppe una finestra, afferrò una donna urlante e tentò di trascinarla fuori.
«Mmm. Io però non riesco mai a riconoscerlo.» Scarlett si voltò verso di lui e Priest provò l’impulso di sedersi. «In fondo tutti i film di zombie sono una metafora della lotta di classe. Lo sapeva, no? Rappresentano le rivolte contadine.»
«A me piacciono perché sono violenti.»
La risata di Scarlett era molto diversa da quella di Jessica. Anzi, pensandoci bene, aveva mai sentito Jessica ridere?
Guardarono il film in silenzio. Nonostante un ultimo disperato tentativo di barricare la finestra rotta, la lenta orda di zombie, con i suoi grossolani effetti speciali, avrebbe inevitabilmente finito per invadere la casa.
«Guarda spesso brutti film di sera?»
Scarlett sbadigliò. «Non riuscivo a dormire. Sarà il fuso orario.»
«Mi dispiace che sia dovuta tornare a casa in una simile circostanza.»
Senza smettere di fissare lo schermo, Scarlett si schiarì la gola come a minimizzare. «Si figuri. Più delle circostanze, mi pesa essere a casa.»
«Ma hanno trovato suo fratello impalato in uno dei magazzini di suo padre.» Non voleva farle la morale, tuttavia non era riuscito a trattenersi.
«Miles non è mio fratello. Mia madre l’ha avuto prima di conoscere mio padre.»
«Certo, mi scusi. Quindi sua madre è al secondo matrimonio?» Nella sua mente apparve l’immagine di uno stuolo di mariti in mutande.
«No, non era sposata. Ma aveva un passato.»
«Un passato che lei non approva?»
Lei scrollò le spalle. «Di Miles non mi è mai importato nulla. Era solo un tossico viziato, non sapeva far altro che sperperare ogni centesimo che gli dava mio padre . Come ogni fottuto ingrato, ha avuto quello che si meritava.» Priest stava per aprire la bocca, ma lei si voltò a guardarlo. «E non creda che io sia cretina al punto da ripetere questa frase davanti alla polizia.»
«Quando lui è morto, lei era in America.»
«E se avessi commissionato l’omicidio da oltreoceano? Un omicidio su Skype, chi lo sa.»
«Lo terrò a mente. E sua madre, invece?»
Scarlett alzò lo sguardo, come per cercare ispirazione sul soffitto. «Magari a lei sembrerà inconcepibile, ma né io né Jessie abbiamo un legame molto stretto con nostra madre. Le vogliamo bene, chiaro. Ci ha cresciute nella maniera giusta. È solo per il suo bene che abbiamo tollerato la presenza di Miles. Ma non siamo una famiglia molto unita.»
«Si può voler bene a qualcuno senza riuscire ad averci un rapporto» disse Priest, pensando a William.
Scarlett annuì.
«Quindi secondo lei cos’è successo?»
«Vuole sapere che idea mi sono fatta?»
«Sa, suo padre mi paga profumatamente per queste cose.»
Lei si voltò verso il televisore. Nella baita infestata dagli zombie, la situazione sembrava sul punto di precipitare. In senso stretto, Scarlett era molto più bella di Jessica. Chissà quanti poveri mortali erano stati manipolati da quelle dita snelle.
«Credo che in giro ci sia qualcuno di molto pericoloso.»
«Più di George Romero travestito da zombie?»
Lei lo ignorò. All’improvviso era seria. «Credo che Miles sia entrato in una setta, o qualcosa del genere, e che alla fine sia successo qualcosa di brutto. È pieno di società segrete pronte a mettere le grinfie su tizi come mio fratello... stupidi, fragili, pieni di soldi. Skull and Bones, la Golden Dawn, la massoneria...»
«Nessuna di queste associazioni è nota per impalare i propri membri. Perlomeno non nel XXI secolo.»
Scarlett alzò le spalle. «Bram Stoker faceva parte della Golden Dawn. Il personaggio di Dracula è ispirato a...»
«Vlad l’Impalatore.»
«Bene, vedo che anche lei sa un mucchio di aneddoti inutili.»
«La ringrazio del complimento, tuttavia posso vantare una squadra di collaboratori molto eclettica e capace. Crede davvero che Miles fosse entrato in una setta?»
«Il suo è stato un omicidio rituale, no?»
«E lei sa di sette o società segrete dotate di capacità e risorse sufficienti per portare a termine un rito simile?»
«Me ne viene in mente una.»
Priest attese, ma lei non disse nulla.
Invece Scarlett si alzò. «Voglio farle vedere una cosa.» Si fermò sulla porta, girandosi a guardarlo.
Lui valutò la situazione con gli zombie. Ormai sembrava piuttosto brutta. La seguì oltre la porta.
In fondo al corridoio, Scarlett si fermò. «Qual è il suo film preferito?»
Priest rifletté. «Freaks. »
«Cos’è che le piace, nello specifico?»
«Adoro questa battuta: Una donna normale può forse innamorarsi di un nano? »
«Geniale!»
«Quindi siamo venuti qui soltanto per sondare i miei gusti cinematografici?»
Lei si avvicinò all’ultima porta del corridoio. «Le è sfuggito un dettaglio.»
«Mmm. Ho avuto l’impressione che suo padre sia stato un po’ selettivo nel fornirmi le informazioni necessarie.»
«Non voleva ingannarla. Sta solo cercando di affrontare la situazione con la maggiore dignità possibile, anche se credo sia uno sforzo inutile. Dopo che la morte di Miles è stata resa pubblica, le azioni del gruppo Ellinder hanno già perso metà del loro valore.»
La porta era chiusa. Scarlett prese una chiave da sopra l’architrave. Chissà se era tutto programmato, si chiese Priest. Magari ogni singolo particolare, dall’istante in cui Jessica aveva detto di volerlo portare alla villa, rientrava in un unico piano, seduzione compresa.
La serratura scattò. La stanza era buia. Mentre la seguiva nell’oscurità, Priest sentì salire l’ansia. Il parquet scricchiolava. Sopra la carta da parati c’era qualcosa. Libri? Sì, forse si trattava di una libreria.
Poi Scarlett premette un interruttore e le superfici esplosero di colore. Quando gli occhi si abituarono alla luce, vide che non c’erano libri nelle vetrine che ricoprivano i muri.
Deglutì. Aveva la gola secca. «Oh, mio Dio.»
Piccoli insetti, le sottili ali incartapecorite che riflettevano debolmente la luce, erano infilzati con degli spilli. Un collage di insetti morti: farfalle, libellule, falene...
«Suo padre...»
«Colleziona insetti morti, sì.»
«Tra cui anche le efemere trovate in gola a Miles e nella lettera inviata a Hayley Wren?»
Scarlett guardava il pavimento. Sembrava come in trance.
Priest si chiese se non si stesse già pentendo.
«Ha intenzione di parlarne con mio padre?»
«A cosa servirebbe?»
«A nulla, credo.»
Priest ispezionò rapidamente la stanza, cercando di ricordare il contenuto di ogni vetrina. Ce n’erano di vari colori e forme, minuscole farfalline gialle e falene marroni grandi quanto la sua mano. Poi c’erano altri insetti alati che Priest non aveva mai visto. Ma non c’erano spille vuote, dunque non doveva mancare nulla. Si girò verso Scarlett. «Ha detto che le veniva in mente almeno una società segreta che oggigiorno sarebbe in grado di commissionare un omicidio come quello di Miles. Allora?»
«Mi sembra ovvio, no?»
«Su, mi dia una mano.»
«I nazisti.»
Priest rimase immobile e diede tempo a quelle parole di depositarsi. I nazisti . Non aveva escluso, anzi aveva considerato plausibile che fosse coinvolta qualche setta. I neonazisti erano diffusi quasi ovunque in Europa, qualche cellula del movimento era sorta perfino in Estremo Oriente, per esempio in Mongolia. Tuttavia nel Regno Unito non si assisteva da anni a una recrudescenza del fenomeno. Nulla nell’assassinio di Miles sembrava alludere a ragioni politiche. L’ipotesi gli parve semplicemente infondata. Priest si voltò e chiese a Scarlett di spiegarsi meglio.
Ma dovette tacere. Scarlett Ellinder se n’era andata, lasciandolo solo tra gli insetti.