36

Provava una strana ansia mentre si apprestava ad aprire le tre serrature che sbarravano l’ingresso del suo appartamento. L’uomo che puliva non ci metteva piede da giorni. Aveva eletto il civico 23 a sua nuova dimora, ma non era più sicuro di tornarci. Avrebbe dovuto trovare un modo per recuperare il cellulare di Fuck nascosto in soffitta. Non poteva lasciarlo lì.

In piedi nel corridoio del condominio di periferia con il carrarmato portachiavi fra le mani, incerto sul da farsi, pensava alla donna che lo aveva scovato. Non sapeva se oltre la soglia lo attendesse un’altra sgradevole scoperta.

Dopo aver visto l’intrusa aggirarsi nell’abitazione della sua vecchia amica Magda, era tornato al camioncino dei rifiuti. Al sicuro dietro lo schermo del parabrezza, aveva visto la sconosciuta uscire scavalcando l’inferriata. L’aveva pedinata per tutto il giorno, tenendosi sempre a debita distanza e domandandosi chi fosse e cosa cercasse. L’aveva seguita fino a casa.

Una villetta isolata a ridosso del lago.

In quel momento si era scatenato un temporale. Aveva deciso di approfittare della tempesta per preparare una sorpresa alla donna. Dopo averla vista entrare in una specie di seminterrato, le aveva manomesso l’auto e si era introdotto al piano superiore.

Aveva iniziato a perlustrare la casa che sembrava abbandonata, senza dosare i passi sul pavimento, così di sotto si sarebbero accorti della sua presenza.

Era pronto a scendere quando, invece, era salita lei.

Si era nascosto bene. Aveva atteso che quella giungesse di fronte all’ultima stanza, con la porta accostata, per poi spuntare all’improvviso alle sue spalle e colpirla con la mazza con cui schiacciava i sacchetti dei rifiuti nel cassone del camioncino. Lo squillo del cellulare della donna era servito a distrarla. Ma quando stava per darle ciò che meritava, mentre era già svenuta, si era spalancato l’ingresso della camera che aveva davanti. Allora lui aveva visto il sangue rappreso sul materasso. In quel momento, aveva deciso di voltare la sconosciuta per guardarla in faccia.

Quando aveva capito chi era quella donna e dove si trovava, si era fermato. Non poteva farle del male una seconda volta. Era scappato lasciandola esanime, senza sapere se sarebbe sopravvissuta.

E adesso era di nuovo a casa sua. Finalmente si decise e cominciò ad aprire le serrature dell’appartamento. Entrò e fu accolto dal solito silenzio e dalla luce nebbiosa che filtrava dalla finestra oscurata con la plastica. Attese, senza avere il coraggio di guardare verso la porta verde.

«Dove sei stato tutto questo tempo?» chiese Micky.

«In giro» mentì, pur sapendo che l’altro non se la sarebbe bevuta.

«Ho fischiato per chiamarti, ma non venivi» lo rimproverò, ma non sembrava arrabbiato.

«Mi dispiace.»

«Be’, adesso che sei qui ho una cosa da dirti.»

Non capiva, non sapeva nemmeno se dovesse temere qualcosa, ma lo stette ad ascoltare.

«Ho pensato molto a noi due in questi giorni: è da un po’ che non facciamo qualcosa insieme.»

Finalmente comprese: Micky aveva un nuovo compito per lui. «Non siamo preparati» obiettò, poiché era vero. «Non ho selezionato una nuova prescelta, non ho fatto ricerche...»

«Non c’è sempre bisogno che ti porti a casa quella merdosa spazzatura» lo interruppe. «Stavolta faremo come facevamo un tempo, ricordi?»

Se lo ricordava quel periodo. Micky si accontentava di qualche prostituta raccattata per strada e se la portava in un luogo appartato. Poi a lui toccava ripulire. «È pericoloso» disse. «Abbiamo rischiato troppe volte che qualcuno se ne accorgesse.»

«Una puttana è solo una predestinata, lo sanno anche gli sbirri.»

Non sapeva come convincerlo. E anche se avesse trovato mille ragionevoli motivi, l’altro avrebbe avuto comunque l’ultima parola. Perché quando Micky si metteva in testa un’idea, non c’era verso di fargliela cambiare.

«D’accordo» disse allora. «Comincio subito la preparazione.»

Micky si mise a ridere, soddisfatto. «Bravo il mio campione.»

Io sono l'abisso
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