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Felicity vide come andava via, e sentì che il suo cuore smetteva di battere. Vide la sua automobile allontanarsi e non potè né piangere.
Chissà sé che l'aveva frainteso tutto.
Guardò intorno a suo e vide i segni del suo incontro sessuale, le micce delle candele accese. Li spense, raccolse le sue scarpe e le sue mutande ed andò via sopra, al solitario ed immenso letto.
Fallì nel suo tentativo di non immaginarsi ad Anna in braccia di Luca, quella meravigliosa chioma nera riposando sul suo petto, cercò di credere che la comodità che Luca gli proporzionava era tanto innocente come lui diceva.
Sentì le lenzuola di cotone fredde contro il suo corpo e si portò la mano allo stomaco, lasciandola lì, ecceda suo figlio.
Il figlio di Luca.
Rimase lì per un buon momento, guardando al soffitto. La neve cadendo sulle montagne faceva che la notte fosse completamente silenziosa, permettendole di ascoltare i suoi propri pensieri. Rimase lì sperando a che ritornasse il suo maestro, sperando a che Anna Lei rimanesse soddisfatto.
Finalmente, quando stava sul punto di alba, quando milioni di domande gli erano stati passati dalla testa prendendosi gioco di tutti ed allora ognuno dei luoghi comuni che aveva cercato di creare, apparve Luca, portando con lui la freddo aria della notte.
- Come sta?
- Senza cambiamenti - egli disse -. Ho potuto solo vederlo un momento. Il medico disse che doveva riposare.
- Ma...
Ella si incorporò e lo guardò confusa. Non l'aveva visto mai tanto bello. La barba incipiente delle cinque della mattina oscurava il suo mento, enfatizzando i suoi zigomi. I suoi capelli avevano sopra fiocchi di neve ed ella desiderò potere alzare la mano e toccare il suo viso, desiderò potere mettere il suo corpo gelato dentro il letto, baciarlo. Ma per molto bello che stesse non era sembrato mai tanto inaccessibile.
Cercando di tirare fuori la voce e dire ogni parola senza sembrare gelosa, Felicity parlò di nuova.
- Sei stato fuori sei ore.