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- Ricardo non sa di quello che parla - egli disse cambiando marcia, apparente impassibile alla conversazione. Ma ella voleva risposte.
- Sembra molto sicuro. Guarda, Luca, so che questo non è un matrimonio convenzionale, e so che non dura per sempre, ma non lascerò che mi prenda per pagliaccia. Non posso sopportare l'idea che lasci il suo letto e vieni alla mia.
L'incessante picchiettio delle dita di Luca sul volante non fece altro che metterla più nervosa.
- Luca, puoi fare il favore di ascoltarmi?
- Quando debba qualcosa di rilevante dirti ascolterò - egli rispose irritantemente.
- Oh, questo è eccessivamente rilevante - ella disse mentre spegneva la radio. Era decisa a richiamare la sua attenzione -.
Pretendi di seguire come prima con Anna?
- Prima di che cosa?
- Prima di sposarci - ella disse stringendo i denti -. Pretendi che continui ad essere il tuo amante?
- Perché andava ad avere bisogno di un'amante? - domandò Luca sciogliendo il volante e gesticolando esageratamente con le mani. Felicity si aggrappò al sedile e considerò la possibilità di essersi silenziosa mentre l'automobile attraversava le montagne
-. Finché sta con te non ho bisogno.
- È quell'una minaccia? - l'unica risposta fu un lungo sospiro
-. Vuoi dire che finché io mi comporto bene ti manterrai lontano di lei? Che nel momento in che non compia le norme cercherai consolazione in lei?
- Stai tergiversando le mie parole.
- Non lo credo, Luca. Mi dicesti che stavi parlando con tua madre - disse notando un certo tono di disperazione nella sua voce che si affrettò a dissimulare -. Tuttavia stavi nel balcone, sotto la neve, facendo chi sa che cosa con Anna.
Luca non rispose, semplicemente continuò a condurre molto serio.
- Luca, non lascerò che mi prenda per pagliaccia. Se c'è qualcosa tra voi voglio saperlo per te. Anna disse...
_¡Anna disse! - egli esclamò -. Ricardo disse! - l'automobile 65
si dondolò ma lo controllò subito -. Per l'amore di Dio, sono tuo marito! Non sarà più importante quello che io dica? Perché i sentinella ad essi? Perché li credi invece di a me?
- Perché... - si trattenne ed allontanò lo sguardo da lui.
Preferiva guardare prima per la finestra che vedere il sorriso nel suo viso se osava dirgli la verità. Che quello non era né non era stato mai una soluzione. Che quello non era un matrimonio di convenienza. Era della cosa più sconveniente. Aveva messo sopra le sue mondo zampe. Lo seguirebbe solo fino al fine del mondo per stare vicino a lui. La cosa unica che lo reprimeva qualcosa di felicità era fare l'amore con lui, lasciarsi accarezzare per lui.
L'automobile circolava allora per una strada di ghiaia fino a che si trattenne di fronte ad un edificio di pietra. Le luci si accesero quando Luca mise il freno di mano. La sua respirazione era sempre di più accelerata.
- Mio padre fuma. A mia madre non gli piace che lo faccia dentro casa - egli disse con condiscendenza, come se Felicity soffrisse qualche tipo di paranoia per il quale egli non era disposto a passare -. Per quel motivo stavamo fuori. Se ti fossi disturbato ad uscire ed unirti a tuo marito invece di rimanerti dentro inghiottendoti tutto quello che ti diceva Ricardo, neanche staremmo avendo questa conversazione.
- Cosicché mi sono sbagliato in tutto? - domandò Felicity con tono sarcastico -. O chissà ho indovinato in tutto. Forse non guardai per un altro lato il sufficientemente rapido.
All'improvviso un compagno apparve di fronte ad essi. La donna era quieta sotto la neve, tremando, in attesa come un cane ansioso per vedere il suo padrone dietro una lunga separazione.
- Suppongo che quella sarà l'infame di Rosa.
- Deve stare desiderando conoscerti.
- Devo ricordare che quando mi chiami Anna non devo disturbarmi. Suppongo che dovrò fare della tipica appena sposata per non disgustare il personale Luca lasciò scappare un sospiro. Aprì la porta dell'automobile ed uscì a ricevere il compagno che si affrettò a salutarlo. Felicity rimase seduta, tremando a causa del freddo 66
che entrava per la porta aperta, fino a che Luca aprì la sua propria.
- Andiamo, affetto - egli disse con dolcezza, benché ella notasse l'ira nei suoi occhi -. Non vedo il momento di portarti dentro.
La prese in braccia con un movimento rapido e chiuse la porta dell'automobile con un piede, dirigendo a Felicity un sguardo minaccioso. Attraversarono la porta principale affinché ella potesse vedere per la prima volta la sua casa maritale.. Di fronte ad essi apparve una fila di personale con mezzi sorrisi.
- Abbassami, Luca - ella disse delicatamente, benché nei suoi occhi si notasse la tensione.
- Quando sia pronto. Non dobbiamo disgustare il personale, come tu dicesti.
- Luca - ella disse ancora con calma. Si rifiutava di essere intimorita da lui -. Se non mi abbassi subito lo conto tutto.
Sapeva che non andava a guadagnare, sapeva che egli non l'andava a scendere fino a che non gli desse la voglia, e sapeva anche che la sua deliziosa bocca la tacerebbe in un istante se apprezzava la sua protesta.
Buono, a quello potevano giocare due.
All'improvviso lo baciò e notò la sua reazione di sorpresa.
Mentre le sue bocche si divoravano egli l'afferrò più forte, il suo alito si sbrigò davanti alla risposta di Felicity e chiuse involontariamente gli occhi mentre si immergeva nel suo aroma, ma rimase sorpreso quando, inaspettatamente, ella separò le sue labbra.
- Ora mi abbassi?
Per una volta fece come gli chiedeva ma, mentre l'abbassava, Felicity desiderò che non lo facesse, e dovette affrontare gli sguardi sospettosi e curiosi del personale mentre Luca la presentava in italiano.
- Questi sono Rosa e Cornice - egli disse, e quando Felicity si diresse a stringere la mano a Rosa si pentì di detto formalismo.
- Si suppone che devi dargli due baci - disse a voce bassa Luca, ma la sua avvertenza fu tardiva e Rosa gli diede la mano abbastanza sorpresa mentre Felicity si rendeva conto che aveva 67
appena perso molti punti, che Rosa non era quella dolce Sig.ra maggiore che Luca aveva descritto.
- Avanti - disse Rosa mentre li conduceva verso quello che Felicity suppose che sarebbe il salone. Benché le alte pareti, le poltrone di cuoio oscuro, il suolo di marmo ed i tavoli pieni di antichità distavano molto dal salone della casa dei suoi genitori.
Luca la guardò con qualcosa di vicino ad un sorriso mentre ella esaminava la sala.
La gattina era sparita. All'improvviso ricordava ad una gatta adulta. Una felina sospettoso con occhi diffidenti, orgogliosa, eligiendo il suo sedile con somma eleganza, preparata per scagliarsi davanti alla più minima provocazione.
- Qui ha - disse Rosa mentre consegnava un bicchiere a Felicity. Questa osservò la limonata con attenzione.
- Limoncello - disse Luca con un sorriso - È dolce e scaldi.
La cosa più appropriata per una notte fredda.
Felicity diede un sorso e, notando il forte liquore nella sua gola, quasi lo sputò, per fastidio di Rosa.
- Non piacerla? - domandò Rosa accusatore, e Felicity non potè più che avvilirsi di spalle.
- Sono sicura che è molto buono, ma credo non sono abituata al sapore.
- Con un semplice "sé" o non sarebbe bastato - disse Luca con una risata mentre Rosa ritirava la bibita per portare quasi subito un bicchiere di acqua che Felicity accettò incantata.
- Lo sento - disse Rosa avvilendosi di spalle -. È che alla signorina Anna gli piace sempre un bicchiere di limoncello prima di andare a letto.
- Ignorala - disse Luca quando Rosa era andata via -. Odia i cambiamenti, ma pronto si abituerà. Anna le lasciava sempre uscire impune con tutto. Per quel motivo la getta tanto di meno.
- Impune di che cosa? - domandò Felicity con curiosità.
- A Rosa gli piace anche il limoncillo. Quando Anna stava qui nessuna si rendeva conto che le bottiglie diminuivano. Credo che senta la mancanza della sua alleata.
- E non ti importa? - domandò Felicity con un sorriso -. Alla maggioranza della gente lo disturberebbe molto che i suoi 68
impiegati rubassero loro bibita.
- Non mi costa molto guardare per un altro lato. Rosa è una buona donna. Pronto ti renderai conto.
- Buono, non mi penso rimanere silenziosa. Sicuro che Rosa è adorabile con te, ma dubito che anche la bontà si estenda a tua moglie.
- Sento quello che disse Ricardo.
Felicity si avvilì di spalle.
- Giudica a tutto il mondo secondo le sue proprie regole.
-, Ha un'amante? - domandò Felicity sorpresa. Ma Luca negò con la testa.
- Ricardo cammina male di salute. Suppongo che ha già abbastanza di dovere occuparsi di Anna come per avere un'amante. Ma con sua anteriore moglie sé che l'ebbe.
Felicity sospirò confusa. Quell'era troppo per lei.
- Sei finita - disse gentilmente Luca -. Andiamo, ti porterò sopra.
Felicity andò ad alzarsi ed egli la prese in braccia di nuove, ma in quell'occasione ella non oppose resistenza. Semplicemente si rilassò ed appoggiò la testa sul suo petto mentre egli la portava per l'impressionante scala fino ad arrivare alla stanza, dove la depositò gentilmente su un letto immenso.
- Povero Felice-sussurrò teneramente mentre la denudava e gli accarezzava i piedi dopo toglierlo, i tacchi -. La mia bambina, tutto è troppo confuso per te
Lo massaggiò le spalle dopo toglierlo il reggiseno con la maestria di un uomo che sa molto bene quello che vogliono le donne. E, benché fosse sicurezza e non mimi quello che voleva, e benché ancora la lite risuonasse nella sua testa, a Felicity gli fu più facile rilassarsi nelle sue braccia.
Tacere le sue paure col suo tatto.
Capitolo 6
Che cosa Fai oggi?
- Studiare - disse Felicity decisa, ignorando il freddo sguardo che gli diresse Rosa entrando nella cucina con la sua vestaglia breve e la chioma sciolta. Luca si affrettò a terminare il caffè 69
mentre riempiva la sua valigetta -. Vado già abbastanza indietro.
A che ora credi che ritornassi?
- Tardi - egli disse -. Non dovrebbe chiederti che mi aspettassi alzata, ma se sapessi la cosa adorabile che sembravi questa mattina capiresti perché sto essendo tanto egoista.
- Luca - disse Felicity mentre dirigeva un sguardo a Rosa. A Luca, abituato al personale, non gli importava in assoluto chi stesse nella stanza. Non abbassò il tono di voce né censurò i suoi commenti, mentre Felicity si sentiva come se stesse costantemente in un ristorante, abbassando la voce ciascuna volta che appariva un cameriere.
- Perché non vieni? - suggerì Luca -. Venga, puoi andare a fare spese e riunirti con me per mangiare. Debiti di stare stufa di essere qui rinchiusa.
- Devo studiare, Luca - disse Felicity mentre prendeva uno dei pastelillos che Rosa gli offrì in un vassoio. Era la cosa ultima che gli gradiva in quello momento, ma era quell'o scegliere tra l'enorme vassoio di salame e prosciutto che preparava Rosa, e vederlo quella mattina lo produceva autentiche nausee.
- Non piacerla? - domandò Rosa con voce accusatore.
- È delizioso - ella disse dando un morso alla torta, decisa a percorrere i negozi locali alla ricerca dell'equivalente italiano dei Cornflakes. Mentre tornaba un sorso di quello caffè tanto forte che preparavano gli italiani, decise anche che non potrebbe passare senza una tazza di tè.
- Non puoi lasciare i libri di lato per una volta? - insistè Luca.
- Devo lavorare, Luca. Devo fare un lavoro per la settimana che viene. Sai l'importanti che sono i miei studi per me.
O l'erano stato, si corresse Felicity. Sopra i lavori che l'aspettavano non erano paragonabili né da lontano con andare a fare spese per Roma, ma non mentiva quando diceva che andava molto ritardata, e quello la snervava. Gettava di meno la sicurezza delle conferenze, i rigidi orari dell'università.
Studiando a distanza era molto facile dimenticarsi di tutto, e più avendo al lato una distrazione tanto incredibile come Luca. Ogni notte arrivava tardi, sturava una bottiglia di vino e sospirava impaziente mentre ella scriveva nel computer, o si dava un 70
lungo bagno e dopo gli chiedeva.
L'appuntamento coi libri portava già un lungo ritardo.
- Potresti portarti con te il portatile - tornò ad insistere Luca -.
Non c'è niente che possa fare qui e che non possa fare lì.
Andiamo, Felice. Possiamo rimanerci tutta la notte. Avrò finito il lavoro sulle sei e potremo passare insieme la notte.
Il telefono cominciò a suonare nel hall e, benché a Rosa gli fosse piaciuto rimanere ascoltando, dovette andare a rispondere mentre Luca continuava ad insistere.
- Vedi per i libri ed il computer e vestiti. O meglio, vedono tale quale stai.
Giocherellò con la mano per il bordo della vestaglia, facendo che Felicity si struggesse. Finalmente ella sospirò ed assentì con la testa.
- Sarà gradevole avere finalmente qualcosa di tempo per i due.
- Staremo lavorando - segnalò Felicity, benché sapesse molto bene quello che egli voleva dire. L'idea di mangiare, cenare e fare colazione con lui faceva che gli fosse accelerato il cuore. Il suo odio verso la vita di hotel si sembrava essersi sfumato dopo quindici giorni sola nella casa con Rosa. Moserallo era bello ma piccolo. Aveva esplorato ogni taccia, passeggiato per ogni cammino ed aveva cercato di parlare coi locali, ma senza Luca era come se stesse ammazzando il tempo, come se stesse riempendo le ore dall'alba fino al tramonto. In modo che un veglione intero con lui gli ero anticipato come un trattamento magnifico. Una notte intera nelle sue braccia senza fastidiosi elicotteri che si presentavano in mezzo alla notte per portarsilo a qualunque posto -. Anche cosí suppongo che potremo tirare fuori qualcosa di tempo per mangiare.
- E per il caffè della mattina anche - sussurrò Luca sfiorandolo l'udito con le labbra -. Ed il tè di pomeriggio.
- Quello è inglese. Credei che gli italiani dormivano il pisolino.
- Migliore che quello.
- Signore - disse Rosa dopo ritornare del hall, e Felicity si allontanò velocemente quando la donna la guardò con 71
disapprovazione -. Signorina Anna ed al telefono, desidera parlare con Lui.
- Anna chiama dal hotel? - perfino senza sapere italiano, la combinazione delle parole "Anna" e "hotel" lasciarono molto chiaro il messaggio. Il fatto che Anna stesse al telefono a quelle ore fece che Felicity si mettesse all'erta, ma vedendo l'espressione di Luca si rilassò.
- Ricardo le lascia solo stare lì due o tre giorni alla settimana
- egli disse a modo di spiegazione -. Starà lavorando già.
- Dorme nel hotel?
- Ovviamente. Io sono l'unico stupido che fa il viaggio ciascuno giorno. Andiamo via in quindici minuti - egli disse con un sorriso mentre dava a Felicity un bacio nella guancia per dopo seguire a Rosa al hall.
Felicity salì correndo le scale di due in due, arrivò alla stanza, e si disporsi a prendere i suoi libri ed il computer, ma sapeva che, con tutta la sua buona intenzione, non andava a riuscire a lavorare niente. Con Luca nello stesso edificio, concentrarsi sulla Gestione strategica o in Analisi delle Organizzazioni gli andava a risultare impossibile. Ricordò allora che, accettando quell'offerta, non aveva pensato in che vedrebbe Anna. Desiderò potere avere ore per prepararsi, mentre le immagini delle bellezze italiane assaltavano la sua testa. Andò via verso l'armadio e pregò per qualunque tipo di intervento divino, o per lo meno per avere un buon capelli.
Un elegante abito bersaglio riservato normalmente per le interviste fu la cosa unica che potè trovare. Troppo formale per studiare chissà, ma Felicity si disse a sé stessa che andava ad uno dai hotel più glamorosos di Roma, non potrebbe apparire con jeans. Si mise le scarpe mentre si spazzolava i capelli ed abbandonò ogni speranza di potere prepararsi la cosa migliore ascoltando nella distanza il suono dell'elicottero. La cosa unica che poteva sperare era gettare si unisca buona quantità di gomina e desiderare che il look dei capelli per dietro non fosse completamente passato di moda.
- Felice.
Sentì come la chiamava ma l'ignorò. Mentre, cercava una 72
matita di occhi nella sua borsetta, dopo si mise qualcosa di colore nelle guance e si dipinse le labbra.
- Felice! - gridò Luca di nuovo, ma con più impazienza. Ella si guardò allo specchio ed ammirò la donna sofisticata che aveva di fronte -. Felice!
Prese la sua borsetta e si diresse alle scale, trattenendosi arrivandoloro. Nel hall apparve Luca guardando impazientemente il suo orologio e gridando per la marca da bollo.
- Era quello la terza ed ultima chiamata?
Egli si girò e guardò verso l'alto e gli fece segni mentre salutava per il telefono. Rimase guardandola e divorandola con lo sguardo mentre ella discendeva le scale.
- Stai... - disse Luca inghiottendo saliva mentre ella a lui si univa, col suo profumo avvolgendo il soggiorno -. Sei preziosa.
- Signora - disse Rosa dietro essi. Felicity si fece il giro sorpreso che quella donna iniziasse una conversazione -. Non ha finito la sua torta.
- Oh - disse Felicity guardando la torta che Rosa aveva avvolto in un tovagliolo per i cui bordi usciva la pasta di budino, facendo che a Felicity gli fossi restretto lo stomaco -. Grazie, Rosa.
- Faccio colazione per portare - disse Luca -. Andiamo, Felice.
Felicity non aveva montato mai in elicottero, e quando Luca gli tese la mano si mise a ridere eccitata. Corsero sotto le eliche, col vento metiéndoseles per la gola. Luca entrò e dopo gli tese la mano per metterla dentro.
Sarebbe stato molto evidente tirare fuori il suo specchio, ma come fosse ancora era oscuro, riuscì a guardarsi nel riflesso del vetro, felice comprovando che la gomina che aveva utilizzato era tanto duratura come diceva l'etichetta, ed i suoi capelli non avevano raggiunto ancora proporzioni esagerate.
- Stai bene - mormorò Luca, facendole vergognarsi dando si racconta che l'aveva beccata.
Ma non voleva stare bene. Voleva essere divina, despampanante. Voleva abbagliare tutti come entrasse 73
nell'edificio.
Per dimostrare al mondo di Luca che non era niente volgare.
Il suono dell'elicottero non permetteva più che un amichevole silenzio, ma quando il sole cominciò ad uscire dietro le Alpi italiane e l'apparato si alzò sulle montagne, finalmente la bellezza di quello paese l'attirò poteva vedere Moserallo sparire nella distanza, ogni acro di vigneti ordinatamente alienati che circondavano le strade. Poteva vedere anche i villaggi di pietra situati nelle colline, e la piccola chiesa che sembrava un modellino. Girò il collo per un'ultima occhiata prima che sparisse completamente e comprese allora perché Luca faceva quello viaggio ciascuno giorno, perché né il più lussuoso dei hotel potrebbe confrontarsi con quello paesaggio tanto ispiratore.
- Quanto tarderemo ad arrivare? - gridò Felicity, ma Luca mosse la testa e gli offrì un paio di auricolari.
- È più civilizzato di gridare - egli disse con voce tanto alta e tanto chiara che Felicity si sorprese l'ascoltarlo. Si sentì riconfortata e con qualcosa di intimità mentre egli gli parlava, con la sua voce deliziosamente accentuata, e solo per i suoi uditi. Gli piaceva ascoltarlo parlare, viveva per li chiamavi che faceva ogni giorno. Ma quell'era migliore, perché poteva vederlo, seduto, con la cintura di sicurezza sulle sue cosce ed infinitamente desiderabile.
- Diedi qualcosa - ella mormorò, desiderando ascoltarlo di nuovo -. Parlami, Luca.
Luca gli diresse un sorriso e l'attraversò coi suoi occhi.
- Quanto tempo finché arriviamo?
A lei gli piaceva quando parlava italiano, il modo in cui abbassava la voce e gli faceva l'amore con lo sguardo. Sentì come le guance si mettevano gli colorate.
- Circa quarantacinque minuti.
Quasi Felicity saltò del sedile ascoltando una voce che non era quella di Luca, si portò la mano alla bocca e Luca gli diresse un aperto sorriso.
- Come dice Leone, arriveremo in circa quaranta cinque minuti. Ora... di che cosa volevi che parlassimo?