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- Credei che fossi molto occupata coi tuoi pregiati studi.

- I miei studi sono importanti - ella disse, ma Luca prese il giornale e continuò a leggere -. Solo perché pensi che le donne devono essere incinta tutto il giorno nella cucina...

- Per l'amore di Dio - disse Luca visibilmente sorpreso guardando al di sopra del giornale -. Puoi immaginarti l'inferno che sarebbe questa supposta felicità domestica con un bebè vagabondando?

Non era un tema che a lei gli gradisse discutere, ma si salvò da rispondere quando apparve Rosa con l'inevitabile caffettiera per riempire la tazza di Luca senza sperare a che glielo chiedesse. Felicity sentì che aveva avuto già abbastanza. Se Luca voleva che seguisse con la sua vita normale quando stesse vicino il personale, allora lo farebbe.

- Ti rendi conto che non so quante zolle di zucchero ti getti nel caffè?

- Che diavoli ha quello da vedere?

- Tutto - disse Felicity -. Sei mio marito, e non ti ho preparato mai un caffè. Non ti ho stirato mai una camicia né ti ho fatto la cena.

- Ti stai contraddicendo a te stessa - egli disse -. Hai appena detto che i tuoi studi sono importanti. Ora ti lamenti che non devi compito domestico fare. Potrebbe parlare con Rosa - disse sarcasticamente -. Sicuro che può darsi un mucchio di vestiti sporchi se è quello che vuoi.

- Sei impossibile - ella disse impiegandosi il tovagliolo. Era schifoso, ma l'amava. E, per molto noioso e patetico che suonasse, lo voleva tutto di lui, e non solo quello che ella aveva.

Ma egli non si rendeva conto.

- Devo andare oggi a Firenze - egli disse con ogni semplicità mentre passava le foglie del giornale.

Felicity guardò attorno alla cucina e si immaginò come Luca sarebbe con un bebè seduto in una sedia alta, mettendolo tutto perso e turbando la sua adorata pace della mattina.

- Firenze? - ella domandò mentre dava un sorso al suo caffè con latte, desiderando che potesse controllare i suoi nervi fino a che Luca si fosse andato. Era abituata a che arrivasse l'elicottero 92

alle sette della mattina e lo portasse a Roma con la stessa facilità che se fosse un tragitto in automobile, ma quella di Firenze non era precisamente una fuga rapida.

- Può che passi lì la notte. Dipende dal lavoro.

- Bene.

Poteva sentire già l'apparato nella distanza, conosceva tanto bene la routine che gli doleva ma, mentre Luca finiva il suo caffè, si rese conto che non voleva che andasse via.

Gli diede un bacio rapido nella guancia ma, quando Rosa entrò, la baciò con molta più passione. L'odore del suo dopobarba era troppo per lei nel suo fragile stato. Notò la confusione nei suoi occhi quando si avvilì leggermente.

- Ti chiamerò quando arrivi. Saprò già allora più cose.

- Luca - ella disse quando egli stava già nella porta, magnifico col suo abito oscuro, la sua camicia bianca, il suo viso appena sbarbata e la sua valigetta nera. Sembrava furioso, stanco e confuso, ma soprattutto bello -. Che abbia un buon volo.

Le sue parole suonarono miserabili, vuote, insensato, quando il fatto era che voleva dirgli che l'amava che non era stato mai tanto spaventata nella sua vita che quello giorno saprebbe sicuro se era incinta.

Egli assentì leggermente con la testa e sorrise, ma non disse niente, cosicché la cosa unica che ella potè fare fu rimanere seduta e bere caffè mentre ascoltava all'elicottero allontanarsi nella distanza.

La sensazione della neve abbasso i suoi stivali nuovi era tanto sconosciuta come tutto il resto, ma a Felicity gli piaceva.

Gli piaceva la sensazione di affondare mentre camminava, col viso coperto ed un cappotto colore torta che si era comprato.

Gli avevano offerto un autista, perfino un'automobile, ma, per sorpresa del personale, l'aveva respinto. Voleva avere tempo per lei stessa e decise di andare a fare un giro per il paese e ritornare quando fosse preparata. Le montagne erano incredibili, ogni posto dove guardava era come una cartolina e voleva prendersi il suo tempo. Passò per un piccolo cimitero e, guidata 93

per l'impulso, decise di mettersi. Ritirò la neve delle lapidi e lesse le iscrizioni. Santanno, Giordano e Ritonni apparivano con allarmante regolarità.

Luca, Ricardo ed Anna.

Ogni iscrizione confermava la futilità del triangolo amoroso nel quale erano entrati. Ogni parola l'alienava un po' più, comprovando le linee incestuose che c'era attorno a quello paese.

Era evidente che era territorio di Luca, ed ella non potrebbe appartenerlui mai.

Nonostante il suo inesistente italiano, la parola farmacia era abbastanza universale, e Felicity entrò, rilassandosi nel momento in cui vide la vestaglia bianca degli impiegati. Le file di prodotti gli risultavano molto familiari ed era sicura che non avrebbe problemi in trovare i test di gravidanza.

Una bella commessa sorrise, offrendo il suo aiuto, ma educatamente Felicity la respinse, preferendo ricercare prima che dovere spiegare per quello che stava lì.

Lì stavano. Si congratulò a sé stessa e si mise ad esaminarli.

- Sai quello che stai cercando?

Ritirò la mano come se stesse toccando qualcosa ardendo e si fece il giro inorridito.

- Anna! Sto cercando paracetamol. Non ho ottenuto che mi capissero.

- Pensai che Viso parlava qualcosa di inglese - disse Anna corrugando il cipiglio -. Dà uguale, io te l'insegnerò. Spero bene per tuo che non necessiti uno di per molto tempo questi.

Odierebbe essere io la sfortunata donna che dicesse a Luca che andava ad essere padre.

Guardò a Felicity e vide l'espressione di sorpresa nei suoi occhi, pensando che non l'aveva capita.

- Sono test di gravidanza. Capisci ora quello che diceva?

Puoi immaginarti a Luca Santanno essendo padre? Credimi, so per esperienza che quella non sta nella sua lista di priorità - disse guardando a Felicity con compassione -. Una volta pensai che 94

ero rimasto incinta di lui.

- Che cosa disse? - domandò Felicity quasi afona. Realmente non voleva ascoltare la risposta, ma sapeva che era necessario sapere di quello che si affrontava.

- Molto - disse Anna con un sospiro -. Conosci già Luca. La sua vita gira intorno al suo lavoro. Che Dio si impietosisca della donna che tenti di cambiarlo.

- Ma che cosa disse sul bebè? - insistè Felicity angosciata.

- Per fortuna per me non ebbe bebè, fu un falso allarme. Ma Luca lasciò ben indubbiamente non voleva essere padre, neanche uno assente. Voleva che fallisse - terminò Anna vedendo come Felicity rimaneva pallida -. Ma per fortuna non ci fu necessità. Andiamo per quelle pastiglie che necessiti. Non sarà niente serio, spero.

Felicity negò con la testa, ancora pensando alle parole di Anna.

- Ho mal di testa.

- Oh, mal di testa - disse Anna con un sorriso -. Quello è quello che hanno le mogli. Dovrò tentarlo con Ricardo.

Felicity stette per risponderla bruscamente, ma Anna sembrò cambiare improvvisamente tema, e sostituì il suo sorriso malizioso per un altro più amichevole.

- Sto scherzando. Venga, andiamo per il paracetamol ed io per l'antiacido per Ricardo. Questa mattina si lamentava di dolore nel petto. Per un momento pensai che stava di fortuna, ma era solo un'indigestione - disse e, vedendo il viso di scandalo di Felicity, tornò a sorridere -. Che facile è prenderti i capelli, Felicity. Devi svegliare un pochino.

Dietro una breve conversazione in italiano, la commessa avvolse l'antiacido di Ricardo insieme ad alcuni prodotti di trucco.

- Questo è molto noioso - disse Anna -. Ora che Ricardo insiste in che lasci il lavoro, non ho niente da fare più che gettarmi pozioni. Comprendo che il sabato Luca e tu foste occupati, ma almeno potremmo andare a prendere un caffè, siamo amiche. Sarà gradevole avere qualcuno giovane con chi giocare.