12
- Uno molto deciso.
La sconfitta nella sua voce, la sua esasperazione, fecero che qualcosa si agitasse all'interno di Luca. All'improvviso i suoi sentimenti verso Matthew, quell'ipotesi uomo che l'aveva disturbato la notte anteriore, passarono di fastidio a ripugnanza, di disprezzo a furia. Ma niente di quello si apprezzava nella sua voce. Sapeva che una parola cattiva fortuna la metterebbe di nuovo alla difensiva, la tirerebbe fuori fuori dalla sua stanza e della sua vita.
Non voleva che andasse via.
Quella certezza lo lasciò sbalordito. La notte anteriore era stata preoccupato, tanto quanto lo sarebbe stato l'avere visto qualunque ospite o qualunque donna dei quali si stavano approfittando. Ma aveva finito già. Aveva compiuto già il suo dovere morale, aveva evitato il problema. Ella già era sobria, capace di fare le sue proprie chiamate. Se voleva il suo vestito, se voleva ritornare alla stanza di quello verme, perché non andava a farlo? Che cosa andava ad importargli quello che quella donna facesse con la sua vita?
Ma gli importava.
- Non starai considerando la possibilità di ritornare alla stanza con Matthew dopo quello che ti fece l'altra notte, verità?
- Guarda - ella disse forzando un sorriso mentre lo guardava
-. Grazie per la tua preoccupazione. Per molto sbagliato che fosse, sono sicura che avevi buona intenzione. Ma la verità è che sapeva quello che faceva ieri sera e non aveva bisogno del tuo supposto aiuto.
- Oso divergere.
Felicity aprì molto gli occhi ed alzò le sopracciglia sorpresa comprovando come il suo delizioso accento italiano aveva lasciato piuttosto passo ad un accento inglese secco.,
- Quella è la frase preferita del mio addetto a Londra - disse Luca notando la sua sorpresa. Ma subito ritornò al suo accento abituale che faceva che Felicity ardesse all'interno, dalla testa ai piedi, ai quali preferiva guardare prima che all'orco che aveva di fronte -. Ieri sera l'unica cosa sensata che facesti fu chiedermi aiuta. A me! - egli gridò mentre lo prendeva il mento tra le dita 13
per obbligarla a guardarlo -. Chissà vuoi che ti rinfreschi la memoria?
- Chissà non - ella disse imbarazzata.
- Un compagno deviò l'attenzione di Matthew per un momento mentre io ti portai ad un lato e ti dissi quello delle bibite. Tu, signorina Conlon, subito scoppiasti a piangere e mi pregasti che mi disfassi di lui, mi pregasti aiuto. Non mi lasciasti più opzione che portarti qui.
- Ma non avevi perché farlo! - gridò Felicity allontanando la sua mano da lei per guardare la cosa provocatoria. Ma Luca non aveva finito ancora.
- Credimi che desiderasse non mi avere disturbato. Se ci fosse stata una stanza libera nel hotel ti assicuro che sarebbe stato per te. Non credi che dovesse migliori cose fare ieri sera che fare da canguro per te? Non aveva solo una sala strapiena di invitati dei che incaricarmi, ma quelli della stampa erano preparati per scrivere un articolo. Merda!
Senza fermare si ferma prendere alito, senza dare più spiegazioni, camminò per la stanza ed aprì improvvisamente la porta. Felicity si rese conto che era andato troppo lontano che andava a gettarla e, quello che era peggiore, se lo meritava. Luca Santanno si era comportato un autentico cavaliere ed ella non era stato come più che un'ingrata. Chinò la testa, imbarazzata, mentre cercava di camminare avvolta nel copriletto.
- Dove vai? Dove diavoli ti credi che vada?
- Alla mia stanza. Pensai che stavi gettandomi.
- Andava per il giornale. Cercava di mostrarti perché ieri sera aveva cose più importanti che da fare - disse mentre guardava il giornale. All'improvviso il suo viso si indurì e lanciò il giornale all'altro lato della stanza prima di tornare a dirigere la sua furia verso lei -. È quella la classe di uomini con che tratti? Uomini che ti abbandonano in mezzo ad un corridoio portando solo biancheria intima ed un lenzuolo? - domandò. Allora allentò i pugni e la sua espressione si rilassò -. Felice, questa non è maniera di vivere.
Con quella voce tanto soave la parola Felice suonò di tale forma che quasi Felicity si mise a piangere. Dovette fare un 14
sforzo per controllarsi.
- Devo andare via - ella disse improvvisamente, incapace di guardarlo agli occhi -. Telefonerò alla lavanderia affinché mi portino il vestito e dopo occuperò il tuo bagno solo un paio di minuti. Poi andrò via.
Segnò il numero e sperò a che desse segno, preparata per recuperare il suo vestito ed uscire di lì, lontano dalle interminabili domande di Luca. Era già messa in sufficienti confusioni come per passare per quell'introspezione.
Ma Luca non aveva finito. Si impiegò vicino a lei come un angelo vendicatore per ritirarlo la mano del telefono.
- Un compromesso non dovrebbe essere qualcosa di speciale?
- egli domandò mentre una lacrima scivolava per la guancia di Felicity -. La notte in cui un uomo si dichiara ad una donna non dovrebbe passare alla posterità invece di sboccare in un sordido tema strapieno di alcool e pentimento?
- Non lo comprendi - ella disse stringendo i denti e desiderando che fermasse d'un colpo.
- Comprendo quanto basta. Se io mi dichiari a te mi assicurerei che stessi bene, ti tratterebbe come una donna si merita che la trattino, non ti ubriacherebbe. Chiunque che fosse la ragione, sicuro che non era buona.
Aveva la mano messa sulla spalla di Felicity, ma ella non lo guardava. In accoglienza avevano staccato e si sentiva una voce lontana domandando in che cosa poteva aiutare, ma le uniche parole che ella sentiva erano quelle di Luca. Le sue parole l'avevano posseduta, e per un momento si immaginò facendo parte della sua vita, essendo la fortunata donna nelle braccia di Luca, si immaginò la felicità che sentirebbe facendo l'amore con lui, all'opinione la sua bocca esplorando la sua propria, le sue mani accarezzandola, quella sugerente voce avvolgendola.
Quell'immagine della perfezione faceva solo che la notte anteriore sembrasse più peccaminosa. L'immagine di quello piacere non faceva altro che risaltare la crudeltà di quell'unione potenziale e la verità che stava tentando di ignorare diventò palese quando Luca parlò con più eloquenza che la sua propria coscienza.