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- E non sono io ora la tua famiglia? Non posso farti io felice?
Ella desiderava con forza abbracciarsi ad ed appoggiare la testa sulla sua spalla.
Desiderava con tutte le sue forze potere crederlo.
Ma come?
Ogni cerco di ottenere informazione, ogni cerco di razionalizzare le cose, era stato soffocato per un movimento della sua vita.
- Dettaglia? - egli direbbe -. Io mi occuperò di quello. Tu godi.
Ma quello non era sufficiente. Un boccone del paradiso le aveva lasciato desiderando più.
Le domande diventavano sempre di più insistenti. Luca era stato fedele alla sua parola. Dalla notte dei premi la non aveva girato a vedere a Matthew. Aveva sentito solo il personale del hotel parlare della sua adirata uscita e, benché quello fosse quello che ella aveva desiderato, ancora la metteva nervosa.
Matthew aveva un contatto, azioni della compagnia, benché non servisse da niente contro il potere di Luca.
Che cosa aveva ella?
Guardò verso il basso e vide l'enorme diamante del suo anello che, momentaneamente la tranquillizzò, distraendo le martellate che sentiva nella sua mente. Nonostante l'ipotesi male gusto di Luca, l'anello che aveva scelto per lei era squisito.
Quasi l'alleanza dorata dell'anello era nascosta per l'enorme pietra.
Sicuro che servirebbe per qualcosa?
- Parlami, Felice - mormorò Luca -. Odio. volare.
- Sono stanca - sospirò Felicity chiudendo gli occhi alla ricerca di due minuti di tranquillità, per potere riorganizzare la sua testa, per rischiararsi dentro quella massa di emozioni che l'asfissiavano.
Essere sposata con Luca era spossante.
Meraviglioso, eccitante, stimolante, sé.
Ma anche cosí spossante.
La vita con Luca era una montagna russa costante. La sua natura volatile era indecifrabile a volte, ma ella stava 52
cominciando a comprenderla. Quando si arrabbiava avevano sempre un enorme rimprovero, ma finivano sempre nel letto.
Egli non comprendeva che Felicity potesse volere essere con sé a sole stessa che potesse volere essere dieci minuti soli nel bagno senza che egli a lei si unisse che potesse volere leggere un libro senza dovere parlare della trama ad ogni minuto.
Era come vivere con un bambino viziato di due anni. Era come trattare con un bambino di due anni se ignoravi la sua impressionante virilità che si svegliava a tutte ore e che lasciava ben indubbiamente, fino a che non rimanesse soddisfatta, nessuno nella stanza andava a potere dormire.
Notando come la mano di Luca accarezzava la sua coscia gli costò un gran sforzo mantenersi rilassata, mantenere ad un lato le emozioni che egli svegliava.
Luca voleva la stessa cosa che ella voleva.
Ella non voleva godere della sua solitudine, non voleva essere a sole nel bagno mentre egli stava nella stanza di al lato.
E che senso aveva leggere quando Luca era il libro per il quale ella viveva? Era la sua presentazione, il suo nodo e la sua conclusione.
- Non mi hai contato mai quello che succedè a Joseph.
Felicity sciolse un sospiro e tornò a centrare la sua attenzione nel menù. Ma quando egli se lo tolse delle mani si rese conto che Luca non andava a permettere di rimanere un'altra volta ad un lato. Cosicché continuò ad insistere.
- Con tuo padre sembra che non si possa parlare del tema.
- Diventa triste se parliamo di ciò - ella disse assentendo con la testa -. Dice che parlare non lo porta di giro.
- Parlare è buono - disse gentilmente Luca -. Perché non lo tenti?
Automaticamente Felicity mosse la testa e recuperò il menù disposta a respingere il suo suggerimento. Ma quando lo guardò e vide la preoccupazione nei suoi occhi non potè dire niente.
Nonostante il suo rifiuto iniziale, era grata. Ringraziata per la perspicacia di Luca, per la sua persistenza.
Grata di avere qualcuno in chi appoggiarsi, benché fosse temporaneamente.