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- Capisco che può che non stia... - si trattenne per trovare la parola adeguata, e Felicity si sedette completamente rigida, con la sua mente a cento per ora per quell'indecisione.
Sapeva che doveva ritornare che doveva finire quello che aveva incominciato, ma c'era qualcosa in Luca, nella sorprendente cavalleria della sua voce, nel suo interno, nel suo odio rispetto agli atti di Matthew che faceva che non volesse andare via.
-... comoda - una volta che Luca aveva trovato la parola adeguata parlò velocemente, deciso a finire, a dargli un'altra opzione, qualunque cosa prima che vedere come ritornava alla sua stanza -. Vedo che la mia presenza si scomoda, ma ha facile soluzione. Devo prendere un aeroplano a Roma dentro niente.
Richiamerò ad accoglienza e dirò che portino qui le tue cose.
Potranno dire a quello Matthew che sei andato a casa, malata, chissà, come dicesti prima. Quello ti proporzionerà spazio per te e qualcosa di tempo. Per favore, Felice, so che non comprendo quello che è successo, ma credo che dovessi pensare accuratamente la possibilità di ritornare con quell'uomo. Ieri sera solo non stavi trise, eri angosciata e, benché non approvi i metodi di Matthew, chissà ti abbia fatto un favore.
- Di dove diavoli ti tiri fuori quello? - ella disse con una risata cinica che morì nelle sue labbra vedendo come Luca continuava parlando.
- Ieri sera dicevi la verità. Il letto di Matthew non è il posto nel quale vuoi stare.
E quando lo sciolse la mano, Felicity non tardò né un momento in consegnargli l'auricolare affinché appendesse.
Non importava l'inferno che venisse dopo, non importavano le conseguenze, Luca aveva ragione.
Ritornare con Matthew non era semplicemente un'opzione.
Capitolo 2
Alcuni colpi forti nella porta indicavano l'arrivo della colazione ma Luca, chiaramente abituato al personale, continuò a parlare mentre Felicity seguiva seduta sull'orlo del letto accarezzando il suolo col suo piede nudo, imbarazzata ed 16
inorridita per quello che il cameriere potesse pensare e desiderando che Luca gli dicesse che ella non era una più delle sue conquiste che l'ultima dei suoi ospiti non meritava essere il pettegolezzo del personale quella mattina perché non era successo niente.
Non ero successo niente!
Ma chiaro, Luca non fece tale cosa. Invece di quello continuò a parlare con lei mentre apparecchiavano la tavola, senza dare si racconta della sua scomodità.
- Mangia qualcosa - egli disse, ma ella mosse la testa decisa a non accettare niente di lui -. Un caffè almeno? O chissà preferisci farti in primo luogo una doccia?
Felicity decise che, se gli offriva un'altra volta una doccia, accetterebbe. Ma, vedendo che semplicemente Luca aspettava una risposta, finalmente assentì con la testa. Benché lo disturbasse dovere accettare niente di Luca Santanno, la possibilità di una doccia era troppo tentatrice per lasciarle passare.
Luca licenziò il cameriere con un semplice movimento di polso.
Ella pensò che era tanto maleducato coi suoi impiegati come Matthew, ma quando il cameriere si disporsi ad uscire, Felicity sbattè le palpebre sorpresa vedendo come Luca gli ringraziava per dopo girarsi verso lei con un sorriso.
- Come va se faccio quella chiamata? - suggerì, e dopo segnalò verso il bagno -. Ci sono lì accappatoi ed asciugamani.
Usa quello che voglia e dimmi se c'è qualcosa che necessiti.
- Starò bene.
"Più che bene", ella pensò mentre entrava nel bagno e vedeva le file e file di scialuppe di vetro che riempivano la sala.
Con un sussulto guardò l'orologio ed un allarme mentale gli ricordò che era ora di prendersi la pillola. Ma con un'immensa sensazione di sollievo seppe, in quello momento, che aveva preso già una decisione. Non doveva prenderla, non dovrebbe oramai preoccuparsi per quel motivo più.
Ora che aveva deciso che non poteva che non si coricherebbe con Matthew, il sentimento di liberazione suppose un'autentica 17
rivelazione, una conferma del vero calvario al quale era stato sommessa, dell'agitazione che aveva sofferto abbasso la suo facciata apparentemente fredda, dell'agonia dietro ognuna dei suoi sorrisi.
Rimase assorta guardando il suo riflesso nello specchio, i suoi capelli, i suoi occhi e le sue palpebre gonfie che riassumevano tutta la sua vita, e non sentì la chiamata nella porta del bagno.
- Felice, sento disturbarti - disse Luca mentre ella manteneva la porta aperta solo una fenditura -. Devo sapere il tuo cognome.
Quelli di accoglienza hanno bisogno di lui per il computer.
- Conlon - ella rispose, e vide come egli alzava le sopracciglia e socchiudeva gli occhi.
-, Conlon? - egli ripetè -. Di che cosa conosco quello nome?
È molto familiare, verità?
- Buono, lo è per me - ella disse con un sorriso e, per la prima volta da quando il suo estraneo incontro aveva cominciato, sentì che Luca non sembrava quell'uomo tanto sicuro al quale tanto rapidamente si era abituato.
Luca scricchiolò le dita quando finalmente ricordò di che cosa gli suonava il nome.
- Richard Conlon? - disse prima di dare un altro scricchiolio
-. Era il proprietario del Penisola Golf Resort.
- Prima che tu lo comprassi per una miseria - ella disse con voce caustica -. Sono la figlia di Richard Conlon - spiegò Felicity, fastidiosa, e finalmente lo guardò agli occhi -. Io sono quello che sta cercando di ricostruire i pezzi dopo che tu lo distruggessi.
Luca non doveva oramai scricchiolare le dita, i dettagli gli venivano dadi. Il hotel a sotto prezzo che aveva comprato faceva un anno, la colpa che decise di ignorare dopo dare il calcio ad un uomo quando era nelle ultime. Di accordo, Richard Conlon se l'era cercato egli stesso, benché Luca non ricordasse i dettagli che il suo nuovo direttore, Matthew, gli aveva dato. Gioco, o alcool, o un miscuglio di ambedue. Ma fosse quello che fosse quello che causò i suoi debiti, quello che lo portò alla rovina, a Luca gli era venuto molto bene, e, ora che guardava al viso della 18
figlia del suo predecessore, la colpa si moltiplicava.
- Fu un trattamento di commerci - disse Luca, ma la sua voce non suonava niente sicura.
- Sicuro - ella rispose.
- Sento quello che succedè, ma non fu la mia colpa. Tuo padre era un pessimo uomo d'affari. Se lo cercò.
- Mio padre - disse Felicity arrabbiata e con voce tremula -.
Mio padre era un uomo d'affari straordinario. Lo è ancora.
L'unica ragione per la quale il hotel sopravvive ancora è per le ore che egli getta lì.
- Lavora ancora lì? - Luca rispose la sua propria domanda -.
Chiaro, io lo lasciai lì come direttore.
- Aiutante di direttore - ella puntualizzò -. Il secondo in carico dopo il meraviglioso Matthew. Un uomo che porta il hotel per paura. Un uomo che si porta i benefici alla tasca invece di investirli nel posto. Un uomo che vive di quello che mio padre un giorno costruì.
Luca gli ringraziava per dopo girarsi verso lei con un sorriso.
- E perché andavi a prometterti a lui se è tanto orribile? -
domandò Luca -. Perché entrasti ieri sera del suo braccio mezzo vestita e mezza ubriaca?
In altre circostanze quelle parole l'avrebbero ferita ed imbarazzato ancora più, ma col suo stato di coraggio quasi né sfiorarono la superficie. I mesi di furia contenuta finalmente sfruttarono, con le sue parole tanto avvelenate che quasi non potè contenerli.
- Perché lasciò ben indubbiamente, se non mi coricavo con lui mio padre perderebbe il suo lavoro.
- Sta ricattandoti?
- Sì - ella disse -. Il tuo socio sta ricattandomi.
- Socio? Matthew non è il mio socio - egli disse muovendo la testa con una risata incredula, la quale non durò molto. Luca Santanno era molto più sveglio di quello che Felicity aveva immaginato. La sua espressione si oscurò, i suoi occhi azzurri si socchiusero e lasciò scappare un sibilo -. È quello quello che dice? È come questo Matthew opera? Così esercita la sua autorità? Lasciando che il personale pensi che è il proprietario?