I banditi

 

La Buick filava lungo il litorale di una laguna coperta di petrolio, oltre lo scafo arrugginito di una torpediniera arenata. Schiacciato fra Basie e il francese barbuto sul sedile posteriore, Jim osservava gli spruzzi sollevati dalle ruote. Gli sgargianti arcobaleni si aprivano come code di pavone, trasformando i lontani immobili d'uffici di Shanghai in torri d'una città da scatola di colori. La medesima luce chiassosa velava la torpediniera e ammantava i cadaveri giapponesi abbandonati nell'acqua bassa. Jim cercava di voltarsi a guardare il profilo precedente di Shanghai, ma le contusioni alla nuca gli rendevano difficile girare la testa.

- Ehi, ragazzo... - disse il francese, battendogli il braccio con la carabina che teneva fra le ginocchia. - La pianti, o vuoi farti cavare dell'altro sangue dal naso?

- Jim, non c'è spazio per battersi, qui dentro. Dunque limitiamoci a sedere tranquilli e ad imparare le parole, eh? - fece Basie, mettendogli un braccio attorno alle spalle. - Tienti sott'occhio il tuo Digest, così non t'addormenti.

- Va bene, Basie. Non mi addormenterò.

Non addormentarsi era la cosa più importante, lo sapeva. Perciò allungò i piedi contro le casse di munizioni sul pavimento della macchina, e si pizzicò le labbra fino a ravvivare gli occhi. Accanto al francese, vicino alla portiera destra, sedeva il coolie dal randello di bambù che era stato sul punto di ucciderlo prima dell'intervento di Basie. Sul sedile anteriore, a fianco dell'autista cinese, c'erano 2 australiani del Campo di Siccawei. L'infangata Buick, che aveva i finestrini ancora adorni delle insegne e delle etichette in carta di riso del generale del governo-fantoccio cinese che l'aveva avuta per macchina di servizio durante l'intera guerra, e i sedili macchiati di vomito secco e sangue, sangue del naso di Jim e sangue di feriti vari, conteneva 7 persone. Stipati con esse, c'erano, oltre ai randelli e alle armi, orci di vino di riso, stecche di sigarette americane, casse di munizioni, e bottiglie di birra in cui gli uomini orinavano in continuazione mentre la macchina filava per le strade di campagna a sud-ovest di Shanghai. A un certo punto, la Buick si arrestò, l'acqua oleosa della laguna sciabordante attorno alle ruote. Davanti c'era il capo giapponese con una dozzina di membri della banda. Il veicolo, sbilanciato per eccesso di peso, salì ondeggiando una stretta rampa di mattoni grigi che collegava il litorale all'alzaia. Il suo carico consisteva di contenitori da paracadute, di rifornimenti giapponesi sottratti quel mattino stesso ai depositi militari di Nantao, e di una congerie di materassi arrotolati, biciclette e macchine da cucire rapinati ai villaggi d'aperta campagna a sud di Lunghua. La Buick scalò la rampa di mattoni malconci, e s'immerse nella scia polverosa sollevata dalle ruote del camion. La strada s'inoltrava nell'interno, dividendosi ben presto in un labirinto di risaie e canali. Jim si domandò se la banda avesse idea di dove stava andando, con quel suo nauseante vagabondare avanti e indietro per la campagna quadrettata. Pareva di si, visto che, 800 iarde più in là, lungo una strada parallela, correva, attraverso le risaie deserte, un secondo camion, il vecchio Oyl catturato allo stadio olimpico, con a bordo i restanti 5 membri della banda. Quei 5 avevano lasciato la base aeronavale di Nantao poco dopo l'alba, e ora, chissà come, giungevano all'appuntamento a pochi minuti di strada dall'obiettivo seguente.

Quando le strade confluirono, Jim distinse la figura a torso nudo del pistolero cinese in pantaloni neri e cintura da revolver, il quale, ritto dietro la cabina di guida, urlava ordini al coolie che stava al volante. Quell'ex ufficiale dell'esercito-fantoccio cinese, di cui sentiva ancora le nocche di ferro sulle ossa ammaccate della nuca, gli faceva paura. Solo la presenza di Basie l'aveva salvato, ma il rinvio dell'esecuzione poteva anche scadere da un momento all'altro. Il capitano Soong prestava infatti scarsa attenzione a Basie e agli altri membri europei della banda, e considerava lui, Jim, suppergiù alla stregua di un cane: un cane da sfruttare a morte, se necessario. O non l'aveva forse spedito, a un'ora dalla cattura, fra i tumuli funerari sovrastanti un villaggio dei dintorni di Hungjao, a far da cane da traccia e da eventuale bersaglio a fucilieri nascosti? E lui, ancora mezzo intontito, il sangue che gli colava dal naso sul Reader's Digest che teneva in mano, aveva aspettato fra le bare marce sinché la sparatoria non era cessata e i banditi non erano tornati dal villaggio col loro bottino di biciclette, materassi arrotolati e sacchi di riso. Quando si era accorto che il capitano Soong era il vero capo della banda, aveva cercato di rendergli servizio: ma il cinese, dei suoi servigi, non aveva voluto saperne. La guerra aveva cambiato i cinesi: gli abitanti dei villaggi, i coolies girovaghi e i disertori del governo-fantoccio guardavano ora gli europei in un modo del tutto nuovo: come non esistessero più, come se i britannici non avessero aiutato gli americani a sconfiggere il Giappone... I camion si fermarono a un incrocio.

Il capitano Soong saltò dall'Opel e avanzò a grandi passi verso la Buick. Come per un riflesso inconscio, Basie, quel Basie che era stato pronto a vederlo morire, e che aveva ritrovato un certo interesse in lui solo dinanzi alle sue mirabolanti descrizioni del bottino che attendeva i banditi allo stadio di Nantao, gli trattenne il braccio. Un tornado di polvere si sollevò attorno ai 3 veicoli nel momento in cui questi invertirono la marcia per infilare l'alzaia di un canale disusato. Mezzo miglio, e si fermarono di nuovo a un ponte di pietra a monte di un villaggio deserto. Il capitano Soong smontò dal camion con 2 uomini, seguito dal francese della Buick e dal coolie col randello. Gli australiani rimasero seduti sul sedile anteriore, a bere dall'orcio di vino, sdegnosi di quelle misere dimore. In circostanze normali, il capitano Soong avrebbe ordinato a Jim di andare a frugare tra le capanne, ma il villaggio era chiaramente abbandonato e mostrava segni di esser stato saccheggiato più volte dalle bande della zona.

- Ma torneremo a Shanghai, Basie? - chiese Jim.

- Si, presto. Ma prima dobbiamo recuperare del materiale speciale.

- Materiale che hai nascosto nei villaggi? Materiale per lo sforzo di guerra?

- Si Jim, proprio quello. Materiale che ho lasciato qui per noi mentre io lavoravo clandestinamente col Kuo-min-tang. Mica vorresti che andasse ai comunisti, no, Jim?

Continuarono entrambi con questa finzione. Jim, gli occhi fissi sul villaggio vuoto, l'unica strada di fango divisa da una fogna scoperta, disse: - Di comunisti, ce ne devono essere un sacco, qui. La guerra è finita davvero, Basie?

- Si, è finita, Jim. Effettivamente finita, per dir meglio.

- Per cui... è effettivamente iniziata la prossima, Basie? - Domandò Jim, inseguendo un pensiero familiare.

- Si, potremmo dire così, Jim. Sono lieto di averti aiutato con le tue parole.

- Oh, ma me ne mancano ancora un sacco da imparare! Mi piacerebbe tornare a Shanghai. Con un po' di fortuna, potrei vedere mia madre e mio padre oggi stesso. -Shanghai? E una città pericolosa, Jim. Ti ci vorrebbe altro che un po' di fortuna... Meglio aspettare di vedere la Marina USA ancorata al Bund.

- Arriverà presto, lo zio Sam, Basie? con tutti i marinai e i GI?

- Arriverà, arriverà... Con tutti i GI del Pacifico. - Basie sembrava tutt'altro che entusiasta della prospettiva di tornare a unirsi ai compatrioti. Interrogato da Jim sulla sua fuga da Lunghua, s'era mostrato sornione ed evasivo. Secondo il suo costume, tutto ciò che era accaduto dopo la fuga aveva cessato di interessarlo da un pezzo, ed egli restava l'uomo piccino e sofistico di sempre: l'uomo preoccupato delle proprie mani e di null'altro che non fosse il vantaggio immediato. La sua unica forza consisteva nella capacità di non lasciarsi andare a sognare: egli, infatti, non aveva mai saputo dar nulla per scontato, al contrario del dottor Ransome, che, invece, per scontato, aveva dato tutto. E il dottor Ransome era probabilmente morto durante la marcia da Lunghua, mentre lui era sopravvissuto. Ora, però, la prospettiva del tesoro dello stadio olimpionico aveva, per la prima volta, fatto scattare la sicura della sua cautela, e Jim s'adoperava ad alimentare in lui la visione di una ricchezza sufficiente ad assicurargli un lussuoso ritorno negli Stati Uniti. In quanto alla fuga, doveva aver appreso dalla radio clandestina dell'imminente marcia ai luoghi d'esecuzione, e aver quindi corrotto qualche guardiano notturno perché lo nascondesse in 1 dei depositi di Nantao... Seduto accanto a Basie che si limava le unghie, Jim si rese conto che l'esperienza della guerra aveva sfiorato a stento l'americano. Per lui, tutte le morti e tutta la fame facevano parte di un confuso dramma da strada scorto attraverso il finestrino della Buick: di 1 spettacolo crudele sul genere degli strangolamenti pubblici di Shanghai, ai quali assistevano, durante la franchigia, i marinai britannici e americani.

Dalla guerra, non aveva imparato niente, perché, allo stesso modo dei contadini cinesi che ora depredava e uccideva, niente s'era aspettato. E, come aveva detto il dottor Ransome, la gente pericolosa era quella che non s'aspettava niente.

Dunque, in una maniera o nell'altra, bisognava insegnare a 500000000 di cinesi ad aspettarsi tutto... Jim si accarezzò il naso tumefatto mentre gli uomini armati si accosciavano sul ponte coi loro orci di vino di riso. Nonostante gli anni di denutrizione, pochi degli ex-internati si davano la pena di mangiare il cibo in scatola ammucchiato nei cassoni dei camion: la massa preferiva bere in solitudine sotto il sole cocente, raramente parlandosi, sicché egli conosceva il nome di pochissimi. Al tramonto, quando tornavano dalla base aeronavale di Nantao, i più di loro si disperdevano, con la propria parte di bottino giornaliero, verso i rispettivi covi nei casamenti della Città Vecchia, e si ripresentavano quindi, come una squadra di operai, il mattino seguente. Jim dormiva nella Buick parcheggiata sullo scivolo, in mezzo alle carcasse carbonizzate degl'idrovolanti, mentre Basie e il francese barbuto passavano la notte a bere nel circolo dei piloti. Il francese tornò dal villaggio e si chinò sul finestrino di Basie. - Niente, neanche 1 stronzo.

- Quello avrebbero potuto lasciarcelo. - fece Basie, disgustato. - Perché non tornano ai loro villaggi, 'sti cinesi?

- Magari non sanno che la guerra è finita. Dovresti dirglielo tu, Basie - disse Jim. -Si, forse hai ragione... Ma non possiamo aspettare in eterno, Jim. Ci sono grosse forze in movimento su Shanghai, 6 armate diverse del Kuo-min-tang, più o meno.

- Per cui diventa difficile il recupero del tuo materiale?

- Appunto. Ora andiamo in quel villaggio comunista e poi ti riporto dal tuo papà.

E tu gli dirai come ho badato a te durante tutta la guerra, e come ti ho insegnato tutte le parole che sai.

- Oh si, per aver badato a me, hai proprio badato, Basie.

- Già... - fece Basie, guardandolo perplesso. - Quindi, sta' con noi. Sarebbe un vero peccato se ti facessi rapire proprio ora.

- Perché, qui ci sono molti rapitori, Basie?

- Rapitori e comunisti. Gente che non vuol sapere che la guerra è finita.

Ricordatene, Jim.

- Si... - E, nel tentativo di distrarre il cameriere di bordo con qualche argomento più allegro, Jim riprese: - Ma tu, Basie, l'esplosione della bomba atomica l'hai vista? Io ho visto il lampo di Nagasaki nello stadio di Nantao.

- Oh, senti, senti... - Basie lo fissò, colpito dal tono calmo della sua voce; poi prese 1 straccio da fucile dal lunotto posteriore e gli pulì il sangue dal naso.

- Tu hai visto la bomba atomica...?

- Per un minuto intero, Basie. Una luce bianca, più forte del sole, che ha coperto Shanghai. Immagino sia stato perché Dio voleva veder bene ogni cosa.

- E l'avrà vista si, quella luce bianca... Chissà che io non riesca a far pubblicare la tua foto su Life...

- Potresti davvero, Basie?

Il pensiero di apparire su Life lo entusiasmò tanto, da indurlo a pulirsi il sangue dalla bocca ed ad aggiustarsi i brandelli della camicia, per il caso d'un'improvvisa apparizione di qualche fotografo. A un segno del capitano Soong, i banditi tornarono ai loro veicoli. Quando lasciarono il villaggio per dirigersi verso il fiume, Jim immaginò la propria fotografia in mezzo a quelle dei carri Tigre e dei Marines americani. Erano ormai 4 giorni che stava coi banditi di Basie, e dunque poteva darsi che i suoi genitori lo credessero morto durante la marcia della morte da Lunghua. Forse, in quel momento, sedevano presso la piscina di Amherst Avenue: e, sfogliando l'ultimo numero di Life, ecco che lo riconoscevano fra ammiragli e generali... Stavano contornando il perimetro orientale del campo d'aviazione di Lunghua. Jim si piegò sopra Basie per sporgersi dal finestrino, e si mise a scrutare fossi e risaie alla ricerca di cadaveri di aviatori giapponesi. Le unità del Kuo-min-tang che avevano occupato parte del campo continuavano infatti ad ammazzare giapponesi a gruppi.

- Ti piacciono quegli aerei, Jim?

- Un giorno farò il pilota, Basie. Porterò mia madre e mio padre a Giava. E un pezzo che ci penso.

- Come sogno, è bello... - Basie lo spinse da parte e gl'indicò un aereo abbandonato fra gli alberi. - Là c'è un pilota giapponese che nessuno è ancora riuscito a beccare. E armò il fucile. Jim allungò il collo fuori dal finestrino per osservare meglio la linea degli alberi. Accanto alla coda di 1 0 scorse così la pallida faccia del giovane pilota, persa fra ali e fusoliere arrovesciate.

- E un fabbricapolpette, un suonato - si affrettò a dire. - Senti, Basie: vuoi che ti racconti dello stadio? Potrebbero esserci delle pellicce, credo che il signor Tulloch le abbia viste prima di venire ucciso; e centinaia di cassette di whisky scozzese...

Per fortuna, Basie stava alzando il finestrino, per sottrarsi al tritume di pietra che andava invadendo la Buick. Saliva dalla superficie gessosa della strada quel tritume, e s'univa al bagliore polveroso che si levava dai campi illividiti, dalle fosse anti-carro e dai tumuli funerari: e quel bagliore era lo stesso che Jim aveva visto, nello stadio olimpico, annunciare la fine d'una guerra e l'inizio di un'altra. Poco prima del crepuscolo giunsero alla città comunista sul fiume, 2 miglia a sud di Lunghua. Le squallide case a un piano stavano rannicchiate contro i muri di una fabbrica di ceramica, come le dimore medievali attorno alle cattedrali gotiche che Jim aveva visto nelle enciclopedie durante l'infanzia. Le fornaci a cupola e le ciminiere in mattoni attiravano sul mucchio di catapecchie gli ultimi raggi del giorno, come a pubblicizzare il calore e i benefici portati dal regime comunista.

- Forza, Jim, lascia la potenza delle parole, e datti da fare. Tocca a te...

Senza dargli il tempo di posare il Reade's Digest sotto il lunotto posteriore, il capitano Soong, sempre a torso nudo, spalancò la portiera e strappò Jim dalla Buick come un fagotto. Poi, alla maniera di un porcaio con un maiale da tartufi, lo spinse attraverso la strada con una serie di grida e di grugniti, servendosi energicamente dell'automatica a mo' di pungolo. I 2 camion e la Buick s'erano arrestati a lato della massicciata della ferrovia Shanghai-Hangchow. 300 iarde più avanti, un braccio della linea descriveva un ampio arco in direzione della fabbrica di ceramica, nascondendo così i veicoli alla vista della città. Gli uomini armati scesero nella risaia asciutta che seguiva la massicciata. Alcuni slacciarono le giberne e pulirono gli otturatori dei fucili; altri si misero a fumare sigarette e a bere vino dagli orci di terracotta posati sul cofano della Buick: ma ognuno per sé, senza parlare, nella luce che svaniva. Lasciandosi alle spalle l'eco delle grida e dei fischi del capitano Soong, Jim continuò a trottare sulla dura superficie della risaia, prima stringendosi il naso nella speranza di far cessare l'emorragia, poi lasciando che il sangue, sotto l'effetto del vento, gl'imbrattasse le guance. Con un po' di fortuna, un'eventuale guardia comunista della massicciata avrebbe pensato che lui era già ferito e avrebbe quindi diretto i propri colpi agli uomini armati che lo seguivano. Giunto ai piedi della massicciata, si accucciò tra i ciuffi di riso selvatico, nettò il sangue dagli steli, e si leccò le dita. Ormai aveva servito al suo scopo. A 50 iarde di distanza, il capitano Soong, attraversata a sua volta la risaia, stava arrampicandosi su per il pendio scivoloso della massicciata. Dietro di lui venivano i suoi coolies, muniti di randelli e accompagnati da Basie e dal francese. 2 gruppi di uomini armati avanzavano nella risaia adiacente. Gli australiani e un disertore del Kuo-min-tang erano rimasti alla Buick: seduti sulla pedana, bevevano il loro vino... Jim s'arrampicò sul pendio, dalla terra simile a talco. La pioggia aveva slavato pezzi di scarpata; così strisciò sotto le rotaie arrugginite e le traversine marce. Diverse sezioni della linea erano state sostituite da poco, presumibilmente dalle truppe comuniste che avevano scelto la città come base. A scegliere un centro tanto modesto, da zona depressa, dovevano esser state indotte da una serie di fattori: la gettata della fabbrica di ceramica, la linea ferroviaria, la scorta di mattoni rappresentata dalle vecchie fornaci e ciminiere, e la prossimità del campo d'aviazione di Lunghua. Secondo Basie, comunque, le truppe comuniste erano partite ormai da 2 giorni per continuare la loro avanzata su Shanghai, e le poche centinaia di abitanti erano rimaste senza difesa. Beni degli abitanti a parte, la città offriva probabilmente riserve di armi comuniste, e collaborazionisti da cedere, in cambio di un occhio di riguardo, ai generali del Kuo-min-tang in marcia verso Shanghai. Nascosto dalle traversine, Jim stava accovacciato sull'orlo della massicciata. Sotto di lui si stendeva una pianura di risaie incolte, che un canale navigabile separava dalla scacchiera d'orti attorno alla città. Nelle strade anguste non si vedeva anima viva, ma da numerosi camini uscivano fili di fumo. Dal fiume, al cui centro erano ancorate 2 cannoniere cino-nazionaliste, echeggiò il rombo di una cannonata: una sola, il cui proietto finì nel piazzale da immagazzinaggio della fabbrica di ceramica, sollevando una nuvola di polvere rossa. Dal litorale del fiume, a sud, dove una compagnia di soldati del Kuo-min-tang stava sbarcando da una chiatta di legno, venne un ticchettio di armi leggere. Motori diesel stantuffanti, una giunca da guerra risalì il canale a lato della massicciata ferroviaria. Sul ponte, in divise americane impeccabili ed elmetti d'acciaio, alcuni ufficiali cinesi osservavano al binocolo la città e i suoi orti. La più vicina delle 2 cannoniere tirò un secondo colpo, che esplose fra i tetti di tegole grige sollevando un getto di detriti. All'esplosione seguì immediatamente un grande subbuglio: come formiche in fuga da un vaso di fiori spezzato, centinaia di cinesi si riversarono dai vicoli nei campi circostanti, e, materassi arrotolati e fagotti d'indumenti sopra la testa presero pei sentieri fra gli orti. Una vecchia in pantaloni e blusa neri, immersa fino alla vita in un fosso a lato della strada, gridò ai suoi parenti, che scesero a balzi l'argine per aiutarla, La giunca a motore continuava ad avanzare lungo il canale, i motori tambureggianti come pugni contro lo scafo di legno. Jim poté distinguere chiaramente le pieghe fresche delle divise e gli eleganti anfibi americani degli ufficiali cinesi più alti in grado. Ma copiosamente equipaggiati di armi e radio erano anche i plotoni di soldati schierati sul ponte sottostante a quello di comando: e, a mezzanave, troneggiava una berlina nera Chrysler, col vessillo di un generale del Kuo-min-tang sventolante dall'asta cromata. A prua, si stagliava la barbetta metallica di un cannone automatico. Senza preavviso, i suoi serventi cominciarono a tirare sulla città. Saettando sopra le teste degli abitanti in fuga, i proietti traccianti andarono a esplodere contro i tetti delle case. A un segnale dal ponte di comando, i cannonieri spostarono il tiro su una piccola borgata a poche centinaia di iarde dal lato ovest della città. Intanto, sulla strada polverosa a lato delle catapecchie a un piano tonfavano i primi proietti delle cannoniere, e la compagnia di soldati nazionalisti che era sbarcata dalla chiatta di legno si spandeva per le risaie all'inseguimento della popolazione fuggitiva. Il primo proietto della salva successiva provocò subito dopo un'esplosione immane. Il gruppo di catapecchie di fango svanì, risucchiato dalla nuvola ardente dei detriti. Il deposito segreto di munizioni continuò a eruttare come un vulcano, scagliando torri di fumo nel cielo. Sulla strada che conduceva alla piccola borgata, dozzine di abitanti giacevano tra fagotti e materassi, come gente che avesse deciso di passare la notte nei campi. Jim si coprì naso e bocca con le mani, sforzandosi di non gridare, e continuò a osservare la piana di fuoco sotto di sé, e i campi coperti di fumo e illuminati dai lampi delle cannonate e delle case in fiamme accanto alla fabbrica di ceramica. Fornaci e ciminiere avvampavano nel tramonto, come se i vecchi forni fossero stati riaccesi per venire alimentati coi corpi degli abitanti stesi fra gli orti. Jim ascoltò i motori della giunca che discendeva il canale: un cuore malvagio, quello, che portava il battito della propria morte attraverso la Cina, mentre generali impeccabili si mascheravano gli occhi coi binocoli, immersi nei calcoli della loro astronomia di cannoni.

- Basie... - I banditi si stavano ritirando dalla ferrovia. Il capitano Soong e i suoi coolies avevano disceso la massicciata e si avviavano ai camion. - Possiamo tornare a Lunghua, Basie?

- Al campo, intendi? - Il cameriere di bordo guardava a occhi socchiusi attraverso la polvere di ricaduta. Intontito dall'onda d'urto dell'esplosione del deposito, fissava la campagna sottostante come al risveglio da un sogno. - Vuoi tornare al campo, Jim...?

- Dovremmo prepararci, Basie. Quand'è che arrivano, gli americani?

Per la prima volta, Basie sembrò a corto di risposte. Si lasciò andare all'indietro sulle traversine, poi puntò il dito verso nord e uscì in un fischio di trionfo. 10 miglia più in là, oltre la cupa superficie del fiume, si distinguevano, davanti agl'immobili d'uffici e agli alberghi del Bund di Shanghai, gli alberi illuminati dal sole e la sovrastruttura di un incrociatore americano.