Le ragazze-fagiolo di Lunghua

 

"Siam di Lunghua le ragazze-fagiolo, le più adorate da ogni ragazzo, l'Artiglieria a noi ci fa un baffo, il martedì a passeggio si va..."

Nell'attraversare lo spiazzo delle adunate verso il Blocco E, Jim si fermò ad osservare la Filodrammatica di Lunghua che provava il suo prossimo concerto sui gradini della Baracca 6. Il capocomico era il signor Wentworth, l'ex-direttore della Cathay Bank, il cui istrionismo lo affascinava. Jim amava la Filodrammatica, perché i personaggi in scena si venivano a trovare al centro dell'attenzione generale. Lui aveva fatto il paggio in Enrico V: un ruolo da leccarsi i baffi! Il costume di velluto porpora che gli aveva scovato la signora Wentworth era stato l'unico vestito decente da lui portato per 3 anni. Quando però si era offerto di reindossarlo per lo spettacolo seguente, L'importanza di chiamarsi Ernesto, la signora Wentworth aveva declinato l'offerta e non l'aveva accettato fra gli attori.

"...E abbiam dibattiti e conferenze, e poi concerti proprio per voi..."

La prova non era un gran successo. In piedi sulla scena provvisoria di casse da imballaggio, le 4 coriste in costume da Pierrot si sforzavano di ricordare le parole della canzone. Scosse dall'incursione, ignoravano la signora Wentworth per tendere l'orecchio al cielo: e, malgrado il sole bruciante, si fregavano le braccia in cerca di calore. Annoiato, il pubblico di prigionieri cominciò ad allontanarsi, e Jim decise di lasciare la Filodrammatica a sbrigarsela da sola.

La Compagnia reclutava i suoi membri tra le famiglie inglesi più altezzose, e c'era un che di assurdo negli, acuti di costoro, un'affettazione simile a quella della partita di rugby che il dottor Ransome, in un raro momento di mancanza di buonsenso, aveva organizzato l'inverno precedente. Le squadre, costituite dagli emaciati mariti delle ragazze-fagiolo di Lunghua, avevano trotterellato per lo spiazzo in una grottesca parodia di partita, e, troppo esausti per passare la palla, si erano avuti i fischi di una folla di compagni di prigionia che non avevano potuto parteciparvi per ignoranza delle regole. Passato il corpo di guardia, Jim diede un rapido sguardo d'insieme al campo. Un gruppo di prigionieri era fermo presso il cancello, in attesa del camion militare che portava ogni giorno le razioni da Shanghai, Benché non fosse stato dato alcun annuncio ufficiale circa la sospensione dei viveri, la notizia s'era già diffusa in tutto il campo. Fatto significativo, i mendicanti cinesi al di là del cancello s'erano ridotti di numero. Sul margine erboso giaceva una contadina morta, ma gli sbandati delle armate-fantoccio e i guidatori disoccupati di risciò se n'erano andati, lasciandosi dietro un cerchio di vecchi accosciati e qualche bambino esangue. Jim entrò nel Blocco E, che ospitava il dormitorio degli uomini, e salì per la scala al terzo piano. Indipendentemente dalle condizioni atmosferiche, i prigionieri britannici del Blocco E trascorrevano la massima parte del tempo nei loro letti di legno. Alcuni, troppo malati di malaria per muoversi, giacevano su materassi di paglia intrisi di sudore e urina: altri, sebbene sufficientemente in forze da poter camminare, oziavano loro accanto e passavano le ore a guardarsi le mani o a fissare le pareti. La vista di tanti adulti restii a misurarsi con la realtà del campo sconcertò Jim come sempre, ma il dormitorio americano lo riconfortò. Gli americani gli piacevano proprio, né c'era aspetto di loro che non approvasse. Entrare in quell'enclave d'ironia e buonumore gli sollevava ogni volta il morale. 2 delle ex-aule erano occupate da marinai della marina mercantile americana. Abolite le porte divisorie, lo stanzone dall'alto soffitto ospitava ora una sessantina di uomini.

Jim diede 1 sguardo d'insieme all'intrico di cubicoli. I britannici del Blocco E vivevano in camerate aperte: i marinai americani, invece, s'erano fabbricati, ciascuno, un cubicolo coi materiali di recupero più svariati, lenzuola sfilacciate, tavole di legno, materassi di paglia e bambù intrecciato. Ogni tanto, una squadra di americani emergeva dal Blocco E per giocare una tranquilla partita di softball (Baseball giocato su 1 spazio ridotto, con palla più grossa e mano dura): in generale, però, la vita degli americani si svolgeva prevalentemente nei cubicoli. Allungati sui loro letti, essi ricevevano un flusso costante di ragazze adolescenti, di britanniche nubili, e di qualche donna sposata che si presentava per scopi non molto diversi da quelli di Jim.

Per via di qualche meccanismo che Jim non era mai riuscito a capire, l'attività sessuale pareva generare un'abbondanza infinita di quelle cose che più l'affascinavano. Il tesoro era stato portato al campo dai marinai americani, e ora circolava come una seconda moneta: fumetti, copie di Life, del Reader's Digest e della Saturday Evening Post, penne ultimo grido, rossetti e astucci di cipria, sgargianti fermacravatte, accendini e cinture di celluloide, gemelli da baraccone e fibbie da selvaggio West, una collezione di aggeggi, insomma, che ai suoi occhi possedeva lo stile e la magia dei caccia Mustang.

- Oh guarda, Shanghai Jim...

- Basie ce l'ha con te, ragazzo...

- Vuoi fare una partita a scacchi, figliolo?

- Ho bisogno di acqua calda e di una sbarbata, Jim.

- Portami un cacciavite per filettatura sinistrorsa e un secchio di carbone da caldaia, Jim...

- Perché ce l'ha con Jim, Basie?

Jim salutò gli americani: Cohen, mago del softball e scacchista fanatico; Tiptree, il fuochista corpulento e bonario che era il re dei fumetti; Hinton, altro cameriere di bordo e filosofo; Dainty il telegrafista, primo donnaiolo di Lunghua, uomini affabili, che recitavano i loro ruoli a suo beneficio e che avevano sempre la battuta pronta. La maggioranza di loro, quando l'aveva notato, gli aveva voluto bene, e lui, per ricambiarli e per rispetto dell'America, prestava loro una quantità di servigi. Numerosi cubicoli erano chiusi perché i marinai mercantili erano occupati a intrattenere le visitatrici, ma i restanti avevano le cortine sollevate in modo che gli altri marinai potessero godersi, da sdraiati, l'andirivieni. 2 marinai anziani, benché consumati dalla malaria, subivano la malattia senza far tante storie. Tutto sommato, pensava Jim, gli americani erano la miglior compagnia: non altrettanto strani e provocatori quanto i giapponesi, ma di gran lunga superiori agl'immusoniti e complicati britannici. Perché ce l'aveva con lui, Basie? si chiese, discendendo lo stretto corridoio fra le lenzuola sospese. Una inglese della Baracca 5 si lamentava del marito, e 2 ragazze belghe, che vivevano nel Blocco G col padre vedovo, stavano ridacchiando alla vista di qualcosa che qualcuno stava loro esibendo. Il cubicolo di Basie era nell'angolo nordest del camerone, dove 2 finestre gli offrivano una vista panoramica sull'intero campo. Come al solito, egli sedeva sul letto, e, mentre teneva d'occhio i soldati giapponesi all'esterno del corpo di guardia, ascoltava l'ultimo rapporto di Demarest, il suo vicino di cubicolo e primo tirapiedi. La sua camicia di cotone a manica lunga era stinta, ma stirata alla perfezione, le camicie, era Jim a lavargliele e ad asciugargliele; lui, poi, le ripiegava in un suo modo complesso, tipo origami, e le disponeva sotto la stuoia su cui dormiva, ottenendo in tal modo una stiratura da prodotto appena acquistato. E poiché si muoveva raramente dal letto, Basie sembrava anche più fresco e impeccabile del signor Sekura, il comandante giapponese del campo, sul quale, a ben considerare, gli anni di Lunghua avevano lasciato maggior traccia che su di lui. Le sue mani e le sue guance conservavano la liscia morbidezza di sempre, benché apparissero soffuse d'un malsano pallore muliebre. Aggirandosi nel cubicolo come fosse nella dispensa della SS Aurora, Basie osservava il campo di Lunghua nello stesso modo con cui aveva osservato il mondo al di là di esso: come una serie di cabine da tener pronte per una successione di passeggeri incauti.

- Entra, ragazzo. Piantala di soffiare tanto, che fai caldo a Basie. - Demarest, ex barista di bordo, parlava senza muovere le labbra, vuoi per una precedente carriera di ventriloquo, come pensava Jim, vuoi per aver passato lunghi periodi in prigione, come sosteneva il signor Maxted.

- No, no, il ragazzo ha ragione... - disse Basie, facendogli segno di accomodarsi, mentre Danarest tornava al suo cubicolo. - Per lui, non c'è abbastanza aria in tutta Lunghua. Non è così, Jim?

Jim si sforzò di controllare l'affanno, carenza di globuli rossi, secondo il dottor Ransome: un'altra cosa, spesso, per lui e Basie.

- Sì, lo è, Basie. Se la son portata via tutta i Mustang. Hai visto l'incursione?

- L'ho sentita, Jim... - fece Basie, con un'occhiata cupa, quasi lo ritenesse responsabile del frastuono. - Quei piloti filippini devono aver fatto scuola di volo a Coney Island.

- Filippini? - disse Jim, finalmente padrone dei suoi polmoni. - Erano piloti filippini, dici?

- Alcuni si, Jim. C'è un paio di loro squadriglie, nella squadra di MacArthur. Il resto sono vecchie Tigri Volanti di base a Chungking. - Basie scrollò il capo saviamente, osservando Jim per vedere se apprezzasse il suo cervello superiore.

- Chungking... - Jim si agitò tutto. Quello era il genere d'informazione che lo mandava in visibilio, sebbene sapesse che Basie infiorettava i rapporti a suo beneficio. Da qualche parte, nel campo, c'era una radio clandestina che non era mai stata scoperta, non perché fosse ben nascosta, ma perché i giapponesi erano confusi dalle false soffiate di prigionieri smaniosi di collaborare: una radio che, inattiva per lunghi periodi, nemmeno lui, malgrado i suoi sforzi, era riuscito a scoprire. Così, Basie gli forniva bollettini inventati di sana pianta, che descrivevano una guerra parallela. E lui, sebbene riuscisse raramente a separare le voci dall'invenzione pura, fingeva ogni volta di restare a bocca aperta, perché quello era 1 dei modi per tenere salda la loro relazione. E poi, c'era l'interesse di Basie per l'incremento del suo vocabolario.

- Hai fatto i tuoi compiti, oggi? Hai imparato tutte le tue parole?

- Certo, Basie. Ho imparato un sacco di parole latine. - Basie era sbalordito dalla sua padronanza del latino, ma s'annoiava facilmente: dunque, meglio non recitargli tutto il paradigma passivo di amare... - E anche qualche nuova parola inglese. Come "pragmatista" - che vide accogliere tetramente da Basie - o come "capace di sopravvivenza".

- "Capace di sopravvivenza?"-ridacchiò Basie. - Utile espressione. E tu lo sei, Jim? -Be'... - Il dottor Ransome non l'aveva intesa con valore positivo, quell'espressione. Meglio farsi venire in mente qualche altra parola interessante... Basie, le parole non le usava mai, ma sembrava metterle da parte, tenerle di riserva per giorni migliori, quasi si preparasse a una vita di elaborata formalità. - Ci sono altre notizie, Basie? Quand'è che gli americani sbarcheranno a Woosung?

Ma Basie era preoccupato. La testa sul cuscino, andava considerando il contenuto del cubicolo, come se tutti quei beni fossero per lui un gravame. Lì per lì, il cubicolo poteva sembrare zeppo di ciarpame e ceste di vimini, ma, in realtà, era un vero e proprio emporio generale, poiché conteneva pentole e padelle d'alluminio, un assortimento di pantaloni e bluse da donna, un gioco di mahjong, svariate racchette da tennis, mezza dozzina di scarpe spaiate, e un fondo inestimabile di vecchie copie di Reader's Digest e Popular Mechanics. Tutto ciò era frutto di baratto: che cosa poi Basie avesse offerto in cambio, lui che, come il dottor Ransome, era arrivato al campo senza nulla, Jim non l'aveva mai capito. D'altra parte, bisognava dire che molta di codesta merce era inutile.

Nessuno aveva energie sufficienti per giocare a tennis, le scarpe erano piene di buchi, e non c'era nulla da mettere in pentola. Con tutta la sua scaltrezza, il cameriere di bordo restava l'uomo limitato che Jim aveva conosciuto ai cantieri navali di Nantao, con la stessa visione del mondo: chiara, ma ristretta. E poiché i suoi talenti sapevano espandersi solo a contatto delle modeste possibilità offerte dalle meschine ruberie dell'ambiente, Jim si chiedeva preoccupato che cosa gli sarebbe accaduto a guerra finita.

- Veniamo ai lavori, Jim - annunciò Basie. - Hai piazzato le trappole? Fin dove sei arrivato? Oltre il fosso?

- Si, oltre, Basie. Sono arrivato fino alla vecchia palestra.

- Bene...

- Ma, di fagiani, non ne ho visti, Basie. Secondo me, non ce n'è: l'aeroporto è troppo vicino.

- Ce n'è, ce n'è, Jim: Ma bisogna spostare le trappole verso la strada di Shanghai. - Quindi, con un'occhiata penetrante: - E bisogna metterci un richiamo.

- Sì, ce lo si potrebbe mettere, Basie. - Un richiamo bell'e trovato, pensò Jim: lui. La faccenda della posa delle trappole non c'entrava nulla con la cattura dei fagiani. I casi erano 2: o qualche americano preparava una visita a Shanghai, e lui sarebbe servito da collaudatore della via di fuga; o gli annoiati marinai stavano magari facendo un gioco, una scommessa fra loro sulla distanza alla quale lui sarebbe potuto arrivare con le trappole prima di beccarsi una pallottola dalla sentinella giapponese della torre di guardia. Giacché, per un senso dell'umorismo tutto speciale, i marinai americani lo apprezzavano sì, ma erano anche capacissimi di usare la sua vita come oggetto di scommessa.

Vacillando dalla fatica, Jim avrebbe desiderato stendersi ai piedi del letto.

Basie lo osservava con aria d'attesa: doveva averlo visto, dalla finestra, lavorare nell'orto dell'ospedale, e dunque s'aspettava qualche fagiolo o qualche pomodoro. Sebbene a suo modo generoso, egli esigeva sempre, infatti, di queste piccolezze. Quando Jim era più piccolo, aveva passato ore a fabbricargli giocattoli con filo di rame e rocchetti di cotone, e a confezionargli splendide mosche da pesca penzolanti da galleggianti non piombati ed era anche l'unico a fargli regali per il suo compleanno.

- Ho qualcosa per te, Basie... - annunciò Jim, togliendo di tasca i 2 preservativi.

Basie tirò fuori da sotto il letto una scatola da biscotti: quando la scoperchiò, Jim vide che essa conteneva centinaia di quelli che gli americani chiamavano "profilattici". Quei sudici aggeggi di gomma erano diventati la principale moneta di scambio di Lunghua, da quando s'era esaurita la riserva originaria di sigarette. Né questa massa di denaro circolante s'era assottigliata di granché, in 3 anni: sebbene, infatti, l'attività sessuale del campo di Lunghua non fosse diminuita, i contraccettivi costituivano un'unità di scambio troppo preziosa per venire usati a cuor leggero. I marinai americani, per esempio, li usavano come gettoni da poker, e, come Jim aveva udito osservare al dottor Ransome, il colmo dell'ironia consisteva in ciò: che il loro valore continuava ad aumentare a dispetto dell'impotenza o dell'infecondità della quasi totalità degl'internati.

Basie esaminò i preservativi con sospetto, impensierito dal loro stato di nuovi.

- Dov'è che li hai presi, Jim?

- Sono buoni, Basie. Del tipo migliore.

- Davvero? - Basie accettava spesso la sua competenza in campi improbabili. - Non è che li hai trovati dando una sbirciata allo stipo dei medicinali del dottor Ransome, per caso?

- Non c'erano pomodori, Basie. L'incursione li ha rovinati tutti.

- Quei piloti filippini... Be', lasciamo stare. Dimmi piuttosto dello stipo del dottor Ransome. C'erano dei medicinali, immagino...

- Un sacco, Basie. Tintura di iodio, mercuriocromo... - Lo stipo, in verità, era vuoto, ma Jim si sforzo di ricordare la cassetta dei medicinali che suo padre teneva nel bagno, e tutti gli strani nomi che riassumevano il misterioso mondo del corpo adulto. - ...pessari, sciroppo per la tosse, supposte...

- Supposte? Stenditi, Jim; si vede che sei stanco. - Basie gli mise un braccio attorno alle spalle. Insieme osservarono dalla finestra la folla dei prigionieri in attesa del camion delle razioni che tardava ad arrivare. - Non preoccuparti, Jim: presto ci sarà molta roba da mangiare. Scordati tutte queste chiacchiere sui giapponesi che ci taglierebbero le razioni.

- Ma potrebbero tagliarcele sì, Basie. Ora siamo un ingombro, per loro.

- Un ingombro? Mi sa che il dottor Ransome è riuscito a preoccuparti, con tutte 'ste parole. Credi a me, Jim: ci vuol altro che noi, per ingombrare i giapponesi... - Poi, infilata la mano sotto il cuscino, tirò fuori una piccola patata dolce. - Mangiatela, mentre io penso ai nostri lavori. Quando l'avrai finita, ti darò un Reader's Digest, che ti potrai portare al Blocco G.

- Oh, grazie, Basie! - Jim divorò la patata. Il cubicolo di Basie gli piaceva proprio. L'abbondanza di oggetti, anche se si trattava di oggetti inutili, era rassicurante, come l'abbondanza di parole attorno al dottor Ransome. Del resto, anche il vocabolario latino e i termini algebrici erano inutili, però contribuivano anch'essi a fare un mondo. E la fiducia di Basie nel futuro era incoraggiante. Mentre leccava l'ultima polpa dalle dita, conservando la pelle per la sera, arrivò da Shanghai, dimostrazione che sì, si poteva sperare, il camion militare con le razioni dei prigionieri. Dietro la cabina di guida del camion stavano, baionette innestate, 2 soldati giapponesi dalle gambe sepolte fra i sacchi di patate e di grano saraceno; ma, già dalla finestra di Basie, Jim poté constatare che le razioni erano state dimezzate. Felice dell'arrivo del cibo, si sentì contemporaneamente quasi deluso. Una massa di centinaia di prigionieri, mani nelle tasche dei calzoni corti sbrindellati, seguì, zoccolando, il camion verso le cucine. Come avrebbero reagito, se il camion fosse giunto vuoto? Nessuno di loro, il dottor Ransome compreso, sembrava capace di far fronte comune in vista della fine della guerra. Jim vedeva quasi con favore l'arrivo della fame, perché essa gli avrebbe consentito di rivedere la curiosa luce che s'era involata coi Mustang... Intorno a lui, gli americani abbandonavano i cubicoli per accalcarsi alle finestre. Demarest indicò col dito le colonne di fumo che si levavano dalle zone portuali di Shanghai-Nord. Benché il campo distasse oltre 10 miglia dall'area bombardata, Jim udì venire per le risaie un brontolio sonoro: il tuono dimenticato e lungamente riverberante delle esplosioni ormai avvenute che si rifranse contro le finestre in un vago ultimatum agl'inquieti prigionieri di Lunghua. Jim scrutò le nuvole di fumo alla ricerca di apparecchi americani. Non 1, della dozzina di 0 ancora validi dell'aeroporto di Lunghua, s'era levato per l'intercettamento.

- B-29, Basie?

- Esatto, Jim. Superfortezze da bombardamento: ciò che chiamiamo "arma difensiva da emisfero". E arrivate dritte da Guam.

- Dá Guam, Basie... - Il pensiero dei quadrimotori da bombardamento arrivati da oltre il Pacifico per attaccare quei cantieri navali in cui aveva passato tante ore felici a giocare a nascondino, lo impressionò. I B-29 gli incutevano un sacro rispetto. Gli enormi, splendidi bombardieri avevano in se tutta la potenza e la grazia dell'America. Di solito, i B-29 si tenevano al di sopra della portata della contraerea giapponese, ma, 2 giorni prima, ne aveva visto 1 sorvolare le risaie a ovest del campo a soli 500 piedi d'altezza un bombardiere con 2 motori in fiamme, ma tanto immenso, con quella sua alta coda ricurva, che egli s'era convinto che, per i giapponesi, la guerra era ormai perduta. In quanto ai piloti di quelle macchine complicate, e lui ne aveva visti alcuni, catturati, nel corpo di guardia di Lunghua, ciò che più lo impressionava era che fossero gente come Cohen e riptree e Dainty. Quella era l'America...

Jim pensò con ogni forza ai B-29. Ah, che voglia di abbracciarne le fusoliere d'argento, di carezzarne le gondole dei motori! Il Mustang era un bell'aeroplano, ma le Superfortezze appartenevano a un ordine diverso di bellezza...

- Calma, ragazzo, calma... - fece Basie, mettendogli un braccio attorno al petto stringendolo. - Sono parecchio distanti da Lunghua. Finisce che ti sporchi tutto...

- No, ecco, va meglio, Basie. La guerra è quasi finita, vero?

- Si, sì. Eh per te, è più che ora. Di' un po': hai mai visto gli Hell Drivers a Shanghai?

- Oh si, Basie! Li ho visti lanciarsi attraverso una barriera di fuoco!

- Bene, bene. Adesso, però, calmiamoci e pensiamo ai lavori che ci aspettano.

Durante l'ora seguente, Jim si diede da fare a eseguire i compiti che Basie gli aveva assegnato. Per prima cosa, andò a prendere acqua allo stagno dietro il corpo di guardia, e, quando ebbe riportato il secchio al Blocco E, passò alla raccolta di combustibile per la stufa che serviva per la bollitura dell'acqua da bere, ma la scarsità di combustibile rendeva ardua l'impresa. Recuperato qualche stecco e qualche filo di paglia da usare, si mise alla caccia, sui sentieri intorno al Blocco E, di frammenti di carbone rimasti tra la cenere. Perché anche la cenere di scarto dava un sorprendente calore. Accesa la stufa, soffiò sulla pigra fiamma. Poi mise i pezzi di carbone nella strozzatura del tubo di Venturi, un tubo di terracotta, dove, come aveva spiegato il dottor Ransome, l'aria si muoveva alla massima velocità; e, non appena l'acqua bollì, versò un po' del fluido grigio nella gavetta, e portò il tutto di sopra, per metterlo a raffreddare sul davanzale di Basie. Quindi raccolse la biancheria di Basie e lavò le camicie sporche nell'acqua che restava. La biancheria si poteva lasciar riposare un'ora: il tempo di far la coda per le razioni di Basie. Gl'internati del Blocco E erano gli ultimi a ricevere le razioni quotidiane, e dovevano andarsele a ritirare, in coda, alle cucine. Jim godeva sempre della lunga attesa che gli costava, la razione di grano saraceno e patate dolci di Basie, perché, in compagnia di quegli uomini, si sentiva quasi uomo anche lui. Le file di prigionieri sudati, piagati, segnati di punture di zanzare, mandavano un inebriante odore d'aggressività, e Jim comprendeva che le guardie giapponesi stessero sul chi vive. Molto del loro linguaggio osceno gli sfuggiva, discorsi brutalmente crudi su corpo e genitali femminili, come se quei maschi emaciati si provocassero a descrivere ciò che non erano più in grado di compiere; ma c'erano sempre frasi da mettere da parte, per un più agevole assaporamento durante le ore di cubicolo. Quando torno al Blocco E con le camicie e la razione di Basie, Jim si sentì autorizzato a spingere da parte Demarest per sedere ai piedi del letto. Basie si mise a mangiare il grano saraceno, spostando i tonchi avanti e indietro come un bottegaio cinese le palline del pallottoliere.

- Abbiamo lavorato sodo, oggi, Jim. Il tuo papà sarebbe fiero di noi. In quale campo dicevi che sta?

- Nel Centrale di Soochow. C'è anche tua madre. Li conoscerai presto. - Jim lo voleva presente al momento della riunione, in modo che fosse il suo identificatore se per caso i genitori non l'avessero riconosciuto.

- Ne sarei davvero lieto, Jim; solo che, magari, li avranno spostati più all'interno...

- Più all'interno? - fece Jim, notando la strana inflessione della voce.

- Si, Jim, c'è questa possibilità. Può darsi che i giapponesi spostino della gente dai campi attorno a Shanghai.

- Il che significa che noi saremo fuori dalla guerra?

- Sì, sì, tu ne sarai fuori... - Basie nascose la patata dolce fra i tegami sotto il letto e, dopo un gran frugare tra scarpe e racchette da tennis, tirò fuori una copia di Reader's Digest e diede una sfogliata alle pagine unte, che ogni ospite del Blocco E aveva ormai lette una dozzina di volte. La copertina era tenuta attaccata al dorso sdrucito da strisce di nastro adesivo bisunto, e macchiato di sangue secco e pus.

- Leggi sempre il Digest, Jim? Agosto '41: ci sono delle cose buone...

Basie si godeva ogni momento dell'eccitazione di Jim. Questo suo complesso gioco di stuzzico faceva parte del rituale. Jim aspettava paziente, perfettamente conscio dello sfruttamento giornaliero a cui veniva sottoposto in cambio delle vecchie riviste. Vedendolo ossessionato da ogni cosa americana, gli annoiati marinai mercantili, nel loro buonumore, lo tenevano sulla corda, razionandogli le vecchie copie di Life e di Gest che, nutrimento d'una fantasia disperata, gli erano necessarie quanto le patate extra. Questo scambio ineguale di lavoro contro riviste rientrava altresì, per Jim, nello sforzo che egli consapevolmente compiva per tenere in piedi, a qualunque costo, il campo. Questa attività gli schermava la mente da certe paure che s'era sforzato di reprimere, come quella che gli anni di Lunghua potessero finire e che egli dovesse ritrovarsi a lavorare alla costruzione della pista. La luce emanata dal corpo in fiamme del pilota di Mustang era stata per lui un avvertimento. Così, finché c'erano servigi da rendere a Basie e Demarest e Cohe, andate e ritorni dalle cucine, approvvigionamento d'acqua, gioco degli scacchi, egli poteva conservare l'illusione che la guerra potesse durare in eterno. Reader's Digest in mano, Jim sedette sui gradini esterni del Blocco E. Fissò il sole a occhi socchiusi, costringendosi a non sfogliare la rivista. Gruppi di prigionieri oziavano sui balconi dopo il pasto. L'ombra fra i pilastri era riservata ai malati, i quali stavano là, acchiocciolati, come le famiglie di mendicanti davanti agli ingressi dei palazzi da uffici dietro il Bund. Accanto a Jim sedeva un giovane che era stato direttore di reparto all'emporio della Sincere Company e viveva ora lo stadio estremo della malaria. Il corpo sussultante di febbre, osservava, nudo sui gradini di cemento, la Filodrammatica di Lunghua provare il concerto. Le labbra bianche, prosciugate del loro ferro ormai da un pezzo, ripeterono una frase impercettibile. Jim si domandò come aiutare quello scheletro. Gli porse il Reader's Digest, e se ne pentì all'istante, perché l'altro, afferratolo, ne stropicciò le pagine, come se le parole stampate gl'infiammassero la memoria, e, con voce roca e a malapena percettibile, cominciò a cantare: - "..le più adorate da ogni ragazzo,

l'Artiglieria a noi ci fa un baffo..."

Un fiotto di urina incolore gli scorse fra le gambe, gocciando giù per i gradini. Jim recuperò di scatto la rivista caduta, per impedire che le pagine se ne impregnassero. Nel raddrizzarsi, udì la sirena antiaerea ululare dal corpo di guardia. L'ululio s'arrestò dopo pochi secondi, prima che i prigionieri avessero avuto il tempo di correre al riparo, e tutti puntarono lo sguardo in cielo, aspettandosi il rombo dei Mustang dalla parte delle risaie. Ma la sirena aveva segnalato tutt'altro spettacolo. Dal corpo di guardia spuntarono 4 soldati giapponesi, fra cui Kimura, i quali circondarono il coolie cinese del risciò che aveva portato da Shanghai un loro ufficiale. Spossato dalla lunga corsa, il coolie stava arrancando faticosamente attraverso il nudo spiazzo, la testa bassa nello sforzo di tirare le stanghe, la risatina tipica del cinese teso e spaventato. I soldati giapponesi gli si piazzarono bruscamente ai fianchi.

Nessuno di loro era armato, ma tutti avevano in mano dei manganelli di legno coi quali cominciarono a colpire le ruote del risciò e le spalle del coolie. Il soldato Kimura, che camminava in coda, con un calcio al sedile di legno gli scagliò il veicolo contro le gambe. Poi, al centro dello spiazzo, lui e un altro soldato afferrarono il risciò e gli diedero una gran Spinta in avanti facendo stramazzare a terra il coolie. I soldati Cominciarono a saltellare attorno al veicolo rovesciato. Kimura ne fracassò i raggi a furia di calci contro le ruote, gli altri Calpestarono le impugnature di legno e spezzarono le stanghe. Poi, tutti insieme, lo voltarono sulla schiena per disfare l'imbottitura. Il coolie, ginocchioni, sorrideva a se stesso. Nel silenzio, Jim udì la strana nenia con la quale i cinesi accoglievano l'imminenza della morte. Torno torno allo spiazzo, le centinaia di prigionieri osservavano immobili: uomini e donne seduti su sdraio di fortuna all'esterno delle baracche, o ritti sui gradini dei dormitori, in silenzio come la Filodrammatica, che aveva sospeso le prove. Nessuno disse una parola quando i soldati giapponesi, circondato il risciò, ne ridussero a legna da ardere, a furia di calci, sedili e carcassa. Dal cassetto sotto i sedili cadde un fagotto di stracci, un catino di latta, un sacchetto di cotone pieno di riso, e un giornale cinese: i beni terreni del coolie analfabeta, il quale seduto fra i chicchi di riso disseminati per terra, attaccava ora una nota più acuta, il volto levato al cielo. Jim lisciò le pagine del Reader's Digest, chiedendosi se leggere o meno un articolo su Winston Churchill. Avrebbe voluto andarsene, ma tutt'intorno a lui i prigionieri osservavano immobili lo spiazzo.

I giapponesi rivolsero la loro attenzione al coolie. Alzati i manganelli, gli diedero ciascuno una manganellata in testa, poi s'allontanarono a passo tranquillo come immersi in meditazione. Il coolie cantava ora a se stesso senza più fiato mentre il sangue gli solcava la schiena per raccogliersi in pozza attorno alle ginocchia. I soldati giapponesi, come Jim sapeva, ci avrebbero messo 10 minuti a finirlo. Dopo la confusione in cui erano stati gettati dal bombardamento e dalla prospettiva della fine imminente della guerra, avevano ritrovato la calma. Tutto quello spettacolo, così come il loro essere disarmati, voleva dimostrare il loro disprezzo per i prigionieri britannici: disprezzo per il loro stato di prigionieri, e per la loro paura di muovere un dito in soccorso del coolie cinese. Jim si rese conto che i giapponesi avevano ragione: quando pure avessero bastonato a morte sotto i loro occhi tutti i coolies della Cina, non 1 degli internati britannici avrebbe alzato un dito. Ascoltò i tonfi delle manganellate, e gli urli soffocati del coolie che si strozzava nel proprio sangue. Il dottor Ransome, probabilmente, avrebbe tentato di arrestare i giapponesi, se non avesse messo ogni cura nell'evitare di avvicinarsi allo spiazzo delle adunate. Jim pensò al compito d'algebra, del quale aveva già risolto una parte a memoria. 10 minuti dopo, quando i giapponesi furono tornati nel corpo di guardia, le centinaia di prigionieri lasciarono anch'esse lo spiazzo, e la Filodrammatica di Lunghua riprese le prove. Il Reader's Digest infilato sotto la camicia, Jim tornò al Blocco G per un'altra strada. Più tardi, quella sera, una volta finita la pelle di patata di Basie, si stese sul letto e aprì finalmente la rivista. Il Reader's Digest non portava annunci pubblicitari, purtroppo, ma egli si rinfrancò guardando la foto della berlina Packard affissa alla parete del cubicolo. Poi si mise ad ascoltare il parlottio basso dei Vincent, e il debole tossicchiare del loro figlio. Al suo ritorno dal Blocco E, aveva sorpreso il ragazzo intento a giocare sul pavimento con la tartaruga, il che aveva provocato un breve scontro col signor Vincent. Questi aveva tentato di impedirgli di rimettere la tartaruga nella cassetta di legno sotto il letto, ma lui aveva tenuto duro, nella certezza che il signor Vincent non se la sarebbe sentita di battersi. E mentre il signor Vincent rimaneva seduto sul letto a fissare con disperazione quei suoi pugni alzati, la signora Vincent era rimasta a guardare con occhi privi d'espressione.