Il campo di Lunghua

 

 

 

Il filo mormorante trasmetteva voci irritate, portandole su di sé come note insistite sulle corde di un'arpa. A una quindicina di passi dal reticolato perimetrale, Jim era steso nell'erba folta accanto alla trappola per fagiani, e ascoltava le guardie discutere fra loro durante il pattugliamento orario del campo. Ora che gli attacchi aerei americani erano divenuti un evento quotidiano, i soldati giapponesi avevano smesso di portare il fucile a tracolla; ed erano così nervosi, con quelle armi dalla canna lunga impugnate con ambedue le mani, che, se l'avessero colto all'esterno del perimetro del campo, gli avrebbero sparato senza pensare 2 volte. Jim li osservava attraverso la rete della trappola per fagiani. Proprio il giorno prima, avevano ucciso un coolie cinese che tentava di infilarsi nel campo. 1 dei 2 lo conosceva: il soldato Kimura, un figlio di contadini dal fisico grossolano che era cresciuto quasi quanto lui nei suoi anni al campo. La sua schiena robusta aveva fatto esplodere la giacca stinta, che ora stava insieme solo grazie alla cinghia portagiberne. Prima che la guerra volgesse definitivamente a sfavore dei giapponesi, il soldato Kimura l'aveva invitato sovente nel bungalow da lui diviso con 3 altre guardie e gli aveva concesso di portare la sua armatura da Kendo. Ricordava ancora l'elaborata cerimonia della vestizione: e, quando i soldati giapponesi gli avevano infilato l'armatura di metallo e cuoio, l'odore di selvatico del soldato Kimura stagnante nell'elmo e ai paraspalle. E ricordava l'esplosione di violenza del soldato Kimura che lo attaccava con la spada a 2 mani, e il turbinìo di colpi che gli era piovuto sull'elmo prima che potesse rispondere. Gli era suonata la testa per giorni, dopo. Per potergli dare i suoi ordini, Basie era stato costretto a gridare finché non aveva svegliato tutto il dormitorio maschile del Blocco E, il dottor Ransome l'aveva fatto venire all'ospedale del campo per esaminargli l'udito. Memore delle braccia possenti e degli occhi fulminei del soldato Kimura, Jim rimase dunque acquattato nell'erba alta dietro la trappola. Per una volta, fu lieto di non averci preso nulla. I 2 giapponesi si erano fermati vicino al reticolato e stavano scrutando il gruppo di edifici abbandonati all'esterno del lato nordoccidentale del Campo di Lunghua. Accanto, di poco all'interno del campo, sorgeva lo scheletro derelitto dell'aula magna, l'emiciclo superiore aperto ora al cielo. Il campo occupava il sito di un college per la formazione di insegnanti che era stato bombardato e devastato durante i combattimenti del '37 attorno all'aerodromo di Lunghua. Gli edifici danneggiati più prossimi all'aerodromo erano stati esclusi dal campo, ed era là, nei lunghi quadrangoli erbosi fra gli sventurati saloni di soggiorno, che Jim collocava le sue trappole per fagiani. Quel mattino, dopo l'appello, era sgattaiolato attraverso il reticolato nel punto in cui questo emergeva da una proda d'ortiche intorno a una casamatta abbandonata presso il limitare del campo. Lasciate le scarpe sui gradini della casamatta, aveva guadato un canale poco profondo e s'era addentrato, strisciando nell'erba folta, tra le rovine degli edifici. La prima trappola stava a soli pochi passi dal reticolato perimetrale: distanza immensa, ai suoi occhi, la prima volta che era uscito dalla barriera di filo spinato.

Quella prima volta, s'era girato a considerare la sicurezza del campo, le baracche e il serbatoio dell'acqua, il corpo di guardia e i dormitori, come nel timore di esserne stato bandito per sempre. Il dottor Ransome l'aveva spesso chiamato "spirito libero" al vederlo vagare per il campo sempre in caccia di nuove idee da realizzare; ma là, nell'erba folta tra gli edifici in rovina, egli sentiva su di sé il peso d'un'inconsueta gravità. Sfruttando al massimo per una volta, la propria inerzia, rimase acquattato dietro la trappola. Un aereo stava decollando dal campo d'aviazione di Lunghua, il profilo nettamente stagliato contro le facciate gialle delle case d'appartamenti della Concessione francese, ma egli lo ignorò. Il collega del soldato Kimura gridò ai bambini che giocavano sulla balconata dell'aula magna. Tornando al reticolato, Kimura scrutò la superficie del canale e i ciuffi di canna da zucchero selvatica. Le magre razioni dell'anno precedente, le guardie giapponesi erano nutrite quasi altrettanto male dei prigionieri britannici e americani, gli avevano alleggerito le braccia dell'ultimo grasso adolescenziale. Un recente attacco di tubercolosi gli aveva ridotto il viso robusto in una faccia gonfia, da coolie. Sì, il dottor Ransome l'aveva ammonito più volte a non infilare l'armatura del soldato Kimura; però, adesso, un combattimento fra loro sarebbe stato meno squilibrato, anche se lui aveva solo 14 anni. Non fosse stato per il fucile, gli sarebbe proprio piaciuto sfidarlo, Kimura... Quasi avesse avvertito la minaccia celata nell'erba, il soldato Kimura diede la voce al compagno. Appoggiato il fucile al paletto di pino del reticolato, s'infilò tra il filo spinato ed entrò nel folto di ortiche.

Dal canale basso salirono delle mosche, che vennero a posarglisi sulle labbra, ma lui, incurante, rimase a fissare la striscia d'acqua che lo separava da Jim e dalle trappole per fagiani. Poteva distinguere le impronte di Jim nel fango molle? Jim si allontanò strisciando dalla trappola, ma sull'erba schiacciata rimase, netta, l'impronta del suo corpo. Kimura si rimboccò le maniche sbrindellate, pronto a misurarsi con la sua preda. Jim lo osservò solcare a grandi passi le ortiche. Battere Kimura nella corsa, poteva: vincere in velocità la pallottola di fucile del secondo soldato, no. Come spiegare a Kimura che le trappole per fagiani erano state un'idea di Basie? Era stato Basie, infatti, a insistere sul complicato camuffamento a base di foglie e ramoscelli, e a fargli scavalcare il reticolato 2 volte al giorno, anche se, di volatili, non solo non ne avevano mai presi, ma nemmeno visto l'ombra. E con Basie era importante rimanere in buoni rapporti, perché aveva fonti di cibo sicure, anche se esigue.

Perciò non era il caso di rivelare a Kimura che Basie sapeva della radio clandestina, altrimenti niente più cibo extra. La preoccupazione maggiore di Jim era però un'altra, e cioè la coscienza che egli avrebbe contrattaccato se Kimura l'avesse colpito. Pochi ragazzi della sua età osavano toccarlo; e, da un anno, ossia da quando erano venute a mancare le razioni, anche pochi uomini. Ma contrattaccare Kimura avrebbe significato la morte. Jim si calmò, e rifletté sulla scelta del momento adatto per alzarsi nella resa. Sì, conveniva inchinarsi a Kimura, non mostrare alcuna emozione, e sperare che le centinaia di ore trascorse, su istigazione di Basie, attorno al corpo di guardia contassero qualcosa. Una volta aveva anche dato lezioni d'inglese a Kimura; ma, sebbene il Giappone stesse ormai chiaramente perdendo la guerra, i giapponesi non erano parsi interessati a imparare l'inglese. Jim aspettò che Kimura risalisse la sponda nella sua direzione, ma questi rimase fermo al centro del canale, reggendo in mano un oggetto nero e lucido. Fossi, stagni e pozzi disusati del campo di Lunghua erano un arsenale di armi arrugginite e munizioni pericolose, dai giorni delle ostilità del '37. Jim osservò attraverso l'erba il cilindro puntuto, e pensò che l'acqua di riflusso del canale avesse scoperto un vecchio obice o una bomba da mortaio. Kimura diede la voce al collega accanto al reticolato. Poi, spazzando le mosche dal viso, si mise a parlare all'oggetto, anzi a sussurrargli come a un neonato, e lo sollevò quindi dietro la nuca, nel gesto tipico del soldato giapponese per il lancio delle granate. Jim rimase in attesa dell'esplosione, ma dopo un po' si rese conto che l'oggetto era solo una grossa tartaruga d'acqua dolce. Quando la testa dell'animale emerse dal carapace, Kimura scoppiò in una risata vivace. La sua faccia tubercolotica sembrava ora quella di un bimbo: quel bimbo che dunque anche lui era stato una volta, come Jim prima della guerra. Attraversato lo spiazzo delle adunate, i soldati giapponesi sparirono tra gl'indumenti laceri stesi ad asciugare fra le baracche.

Jim emerse dall'umida caverna della casamatta, e, infilate le scarpe da golf avute dal dottor Ransome, scavalcò il reticolato. In mano, aveva la tartaruga di Kimura: almeno una libbra di carne, e figurarsi se Basie non conosceva qualche ricetta speciale per cucinarla! Già se lo immaginava, Basie, in atto di farla uscire dal carapace con un bruco vivo e poi di mozzarle la testa col suo serramanico... Di fronte a lui stava ora il campo di Lunghua, sua dimora e universo da 3 anni, e prigione soffocante per quasi 2000 cittadini espatriati dei paesi alleati. Le baracche malconce, i dormitori di cemento, lo spiazzo dissestato e il corpo di guardia con la torre di guardia sbilenca, stavano là sotto il sole di giugno, punto di ritrovo d'ogni mosca e zanzara del bacino dello Yangtze. Ma, una volta superato il filo spinato, Jim sentì l'aria stabilizzarglisi intorno; e, i brandelli della camicia che gli copriva le spalle ossute tremolanti al vento come la biancheria cenciosa stesa fra le baracche, si lanciò lungo il sentiero di cenere battuta. Nei suoi giri senza fine per il campo, egli aveva imparato a riconoscere ogni sasso ed erbaccia. Inchiodato a un palo di bambù a lato del sentiero, un cartello sbiadito portava, rozzamente dipinta, l'indicazione "Regent Street". Jim lo ignorò, così come ignorò gli altri, e analoghi, "Piccadilly", "Knightsbridge" e "Petticoat Lane", che demarcavano i principali sentieri di accesso al campo. Quei relitti d'una Londra immaginaria, che molti prigionieri britannici nativi di Shanghai non avevano mai vista, non solo lo intrigavano, ma gli davano anche un certo fastidio. Col loro incessante parlare della Londra d'anteguerra, le famiglie britanniche anziane del campo s'arrogavano una sorta d'esclusivismo. E lui ricordava sì un verso di una delle poesie che il dottor Ransome gli aveva fatto imparare a memoria, "straniero campo, ma che sempre Inghilterra rimane..." però quello era Lunghua, non l'Inghilterra. Il chiamare i sozzi sentieri fra le baracche marcescenti con nomi d'una Londra vagamente ricordata induceva troppi internati britannici a chiudere gli occhi sulla realtà del campo, a starsene con le mani in mano anziché aiutare il dottor Ransome a spazzare le fosse settiche.

Andava invece a credito dei prigionieri americani, olandesi e belgi, il non perder tempo con la nostalgia. Gli anni passati a Lunghua, insomma, non gli avevano procurato un'alta opinione dei britannici. E, tuttavia, i cartelli stradali alla londinese l'affascinavano, poiché partecipavano della magia dei nomi che egli aveva scoperto al campo. Chissà cos'erano mai quel Lord's, quella Serpentine e quel Trocadero... Circolavano cosi pochi libri o riviste, che anche una marca non familiare possedeva tutto il mistero di un messaggio astrale.

Secondo Basie, che aveva sempre ragione, i caccia americani dai radiatori ventrali che venivano a mitragliare il campo d'aviazione di Lunghua si chiamavano "Mustang", come i cavalli selvaggi. Oh, come gli piaceva quel nome!

Sapere che gli aerei erano dei Mustang aveva per lui più importanza della conferma che Basie godeva dell'ascolto della radio clandestina del campo. Nomi, nomi: era affamato di nomi. Incapace di controllare le scarpe da golf, inciampò.

Eh si, diventava sempre più sbadato, da un po' di tempo. Il dottor Ransome aveva un bell'ammonirlo a non correre: gli attacchi aerei americani e la prospettiva della fine imminente della guerra lo rendevano troppo impaziente per camminare.

Volendo proteggere la tartaruga, si sbucciò il ginocchio sinistro. Attraversato zoppicando il sentiero, andò a sedere sui gradini della stazione abbandonata dell'acqua potabile, dove gl'internati per un certo periodo erano venuti a bollire l'acqua salmastra attinta agli stagni del campo. I magazzini del campo contenevano ancora una piccola quantità di carbone, ma la squadra dei 6 britannici addetti ai fuochi aveva perso interesse. Le rimostranze del dottor Ransome non erano servite a nulla: piuttosto che fare lo sforzo di bollire l'acqua, meglio soffrire di dissenteria cronica... Mentre Jim si curava il ginocchio, i membri della squadra, seduti all'esterno della baracca più vicina, guardavano il cielo come se la guerra dovesse finire da li a 10 minuti. Jim riconobbe il signor Mulvaney, un contabile dell'Azienda Elettrica di Shanghai che aveva nuotato spesso nella piscina di Amherst Avenue. Accanto a lui stava il reverendo Pearce, un missionario metodista la cui moglie nipponica, collaborando apertamente con le guardie, riferiva quotidianamente sulle attività dei prigionieri. Lungi dal criticarla per questo, la maggioranza degl'internati di Lunghua era fin troppo lieta di collaborare anch'essa. Jim disapprovava vagamente, ma ammetteva che il fare qualunque cosa pur di sopravvivere fosse probabilmente la soluzione più ragionevole. Dopo 3 anni d'internamento, il concetto di patriottismo non significava più nulla. I prigionieri più coraggiosi, ché il collaborazionismo era faccenda rischiosa, erano quelli che compravano il favore dei giapponesi e che, di conseguenza, aiutavano i compagni col procurar loro piccole quantità di cibo e di bende. Del resto, di attività illecite da tradire ce n'erano poche. Nessuno a Lunghua si sarebbe sognato di tentare la fuga, e tutti, giustamente, per timore delle inevitabili rappresaglie, facevano la spia se qualche sconsiderato si metteva in testa di saltare il reticolato.

Gli addetti all'acqua grattavano gli zoccoli contro i gradini e guardavano il sole, senza altro movimento che quello necessario per strapparsi le zecche dalle costole. Erano tutti emaciati, ma il processo d'inedia si era in qualche modo arrestato giusto al di qua del nudo scheletro. Jim invidiava il signor Mulvaney e il reverendo Pearce: lui, stava ancora crescendo: le riserve di cibo del campo s'assottigliavano a un ritmo più rapido delle morti dei prigionieri. Al centro dello spiazzo delle adunate, un gruppo di dodicenni stava giocando a biglie sulla terra cotta dal sole. Alla vista della tartaruga, tutti gli corsero incontro, ciascuno reggendo una libellula legata a una striscia di cotone, fiamme azzurre roteanti sopra le teste.

- Possiamo toccarla, Jim? Che cos'è? Te l'ha data il soldato Kimura?

- E una bomba - sorrise Jim, benevolo. Poi, mostrandola, la sottopose generosamente all'ispezione generale. Nonostante la differenza d'età, molti di quei ragazzi erano stati suoi amici intimi nei giorni seguenti al suo arrivo a Lunghua, quando aveva avuto bisogno di ogni possibile alleato. Ora, però, lui era invecchiato più di loro, e s'era fatto altri amici: il dottor Ransome, Basie, i marinai americani del Blocco E, possessori di vetusti esemplari prebellici del Reader's Digest e della Popular Mechanics, che egli divorava. Ma, ogni tanto, come a ricatturare l'infanzia perduta, amava rientrare nel mondo dei giochi infantili e darsi alla trottola, alle biglie e alla campana.

- E morta? No, si muove! Ma sanguina!

Una macchia di sangue, sangue schizzato dal suo ginocchio, dava alla testa della tartaruga un che di piratesco.

- Jim, ma l'hai ammazzata!

Il più grosso dei ragazzi, Richard Pearce, allungò la mano per toccare il rettile, ma Jim lo ritirò sotto il braccio. Richard Pearce, che era grande quasi quanto lui, non gli piaceva, anzi gli faceva un po' paura. Gl'invidiava le razioni extra che sua madre gli procurava dai giapponesi, anche. E poi, i Pearce, oltre al cibo, avevano una piccola biblioteca di libri sequestrati che custodivano gelosamente.

- E un patto di sangue - spiegò gravemente. A rigore, le tartarughe appartenevano al mare, al fiume aperto visibile un miglio a ovest del campo, l'ampio affluente dello Yangtze che egli aveva sognato di discendere un giorno coi genitori verso la confortevole sicurezza di un mondo senza guerra.

- Attenti... - fece, indicando a Richard di scostarsi. - L'ho addestrata ad attaccare!

I ragazzi si tirarono indietro. A volte, il suo spirito aveva qualcosa d'inquietante. Ché, malgrado cercasse di dominarsi, Jim si sentiva offeso dai loro vestiti (indumenti smessi rappezzati dalle madri, ma di gran lunga superiori ai suoi stracci), e, soprattutto, dal fatto in sé che essi avessero madri e padri. Nel corso dell'anno precedente, si era reso conto, a poco a poco, di non ricordare più quale aspetto avessero i suoi genitori. Le loro velate figure non avevano smesso di entrare nei suoi sogni, ma erano figure di cui aveva dimenticato i visi.