Le mosche
Che il tenente Price pensasse di essere stato contaminato dalla bomba atomica? si chiese Jim, attraversando lo spiazzo delle adunate e lasciando correre lo sguardo dalle baracche ai blocchi-dormitorio vuoti, le cui finestre stavano spalancate al sole come se gli occupanti fossero fuggiti dinanzi al suo arrivo.
La menzione dell'incursione su Nagasaki, e la confusione tra questa e il bottino in attesa nello stadio di Nantao, aveva calmato l'ex-ufficiale della Polizia di Nanchino. Per un'ora Jim aveva aiutato gli uomini a svuotare i contenitori da paracadute, e, quando Tulloch gli aveva regalato una tavoletta di cioccolato americano, Price non aveva obiettato. Nella mente di Price, immagini di fame e di violenza facevano tutt'1, come all'epoca degli anni di prigionia sotto la Kempetai. Tenendo in mano la sua scatola di Spam e un fascio di Life, Jim salì i gradini che immettevano nell'atrio del Blocco D, e sostò un poco davanti alla bacheca degli avvisi, dov'erano affissi sbiaditi bollettini del campo e ordini del comandante. Nei dormitori, passeggiò tranquillo fra le file di letti di legno. Gli armadietti rudimentali erano stati depredati dai giapponesi dopo la partenza dei prigionieri, quasi che tra quel ciarpame di materassi chiazzati d'urina e di cassette d'imballaggio uso mobilio potesse restare ancora qualcosa di valore. Sebbene vuoto, il campo sembrava tuttavia pronto a una rioccupazione immediata. All'esterno del Blocco G, Jim si soffermò a osservare la terra cotta, i solchi scavati negli anni dalle ruote di ferro della carriola del cibo, sempre diretti verso le cucine del campo. Sulla porta della sua stanza, osservò, con scarsa sorpresa, gli sbiaditi ritagli di rivista ancora fissati alla parete sopra il suo letto. Negli ultimi minuti prima della partenza, la signora Vincent aveva strappato la cortina di separazione che lo isolava, soddisfacendo così quel suo desiderio, a lungo represso, di occupare da sola l'intera stanza. La cortina stava, ben piegata, sotto il letto, e Jim fu tentato di riappenderla.
Nella stanza aleggiava un odore pronunciato: un odore da lui mai notato durante tutti quegli anni, a un tempo stuzzicante e ambiguo. Ma sì, l'odore del corpo della signora Vincent! Per un istante, immaginò che fosse tornata al campo; e, steso sul letto di lei, il barattolo di Spam in equilibrio sulla fronte, osservò la stanza da quell'angolo inconsueto, godendo, per la prima volta in tanti anni, di tale privilegio. Rincantucciato dietro la porta, il suo cubicolo doveva essere sembrato 1 di quei gabbiotti cadenti, fatti di giornali e stuoie di paglia, che i mendicanti di Shanghai erigevano attorno a se stessi. Spesso, dunque, lui stesso doveva esser parso una bestia in gabbia alla signora Vincent; né c'era quindi da stupirsi, rifletté, sfogliando una copia di Life, se lei l'aveva trovato tanto intensamente irritante, da desiderare che si togliesse di torno, magari morendo. Steso sul materasso di paglia di lei, fiutandone il profumo del corpo e calando fianchi e spalle nelle lievi cavità da lei lasciate, si disse che, sì, i 3 anni trascorsi apparivano sottilmente diversi, se visti dall'angolazione della signora Vincent: anche pochi passi di distanza in una piccola stanza generavano una guerra separata, un supplizio separato per quella donna con un marito esausto e un bambino malato. Ripensando a lei con affetto, desiderò di averla ancora lì, a condividere la stanza con lui. Sentiva la mancanza del dottor Ransome e della signora Pearce, anche, e del gruppo di uomini che passavano le giornate seduti sui gradini fuori dell'atrio. Ma chissà che anche loro non sentissero la mancanza di Lunghua e che un giorno non tornassero al campo... Lasciò la stanza e discese il corridoio fino alla porta posteriore, dove una volta giocavano i bambini. I segni dei loro giochi: campana, biglie e trottole da combattimento, imprimevano ancora di sé il tempo. Con un calcio, lanciò un sassolino nella Incanalatura della campana e gli fece fare, abilmente, il giro delle case; poi si avviò per un giro del campo deserto.
Lunghua, lo sentiva, gli s'andava già riavvolgendo intorno. Nell'avvicinarsi all'ospedale, cominciò a sperare di ritrovarvi il dottor Ransome. In una chiazza di fango presso l'entrata della Baracca 6 giaceva un costume da Pierrot, fradicio di pioggia, delle Ragazze-fagiolo di Lunghua. Memore delle lezioni d'igiene del dottor Ransome, lo raccattò e pulì l'orlo del barattolo di Spam con la gorgiera. Gli scuri di bambù alle finestre dell'ospedale erano abbassati, come se il dottor Ransome avesse ordinato il sonno pomeridiano ai pazienti. Salì i gradini, mentre dall'interno usciva un leggero brusìo. Quando spinse avanti le porte, fu avvolto da un nugolo di mosche, che, rese pazze dalla luce, invasero l'angusto vestibolo come nel tentativo di scuotere il cattivo odore che impregnava loro le ali. Spazzandosele dalla bocca, entrò nel reparto maschile.
L'aria stagnante calò dalle pareti di compensato ad avvolgere le mosche banchettanti sui cadaveri impilati di traverso ai letti. Identificabili dai calzoni a brandelli, dai vestiti a fiori, e dagli zoccoli incastonati nei piedi rigonfi, dozzine d'internati di Lunghua giacevano sui letti di legno come quarti d'animali d'un macello chiuso dall'autorità. Schiene e spalle luccicavano di mucillagine, e le bocche strombate nelle facce rigonfie stavano là, spalancate, come se quegli uomini e quelle donne fossero stati strappati a un banchetto ancora in preda a una rabbiosa fame. Attraversò il reparto oscurato tenendo stretta al petto la scatola di Spam e respirando da dietro le riviste. Le facce ridotte a caricature non gl'impedirono di riconoscere parecchi prigionieri.
Cercò i corpi del dottor Ransome e della signora Vincent, immaginando che i cadaveri fossero quelli degl'internati rimasti indietro nella marcia dallo stadio. Le mosche, come consapevoli della fine della guerra, banchettavano rabbiose sui corpi, risolute a far tesoro di ogni brano di carne in vista della carestia portata dalla pace... Dai gradini dell'ospedale osservò il campo deserto e la campagna silenziosa oltre il filo spinato. Le mosche non tardarono ad abbandonarlo per tornare nel reparto. Dopo un po', si avviò all'orto, dove, aggirandosi fra le verdure quasi avvizzite, si chiese se fosse il caso di annaffiarle. Colti gli ultimi 2 pomodori, se Li portò alle labbra, ma s'arrestò prima di mangiarli. A un tratto gli erano tornate in mente le paure circa la morte della sua anima nello stadio di Nantao. Il suo corpo, certo, era sopravvissuto: ma se l'anima, incapace di staccarsene, gli fosse morta dentro, il nutrirlo non l'avrebbe gonfiato come i cadaveri dell'ospedale? Ripensando all'ultima notte nello stadio di Nantao, sedette sulla balconata dell'aula magna. Nel tardo pomeriggio, arrivò al cancello del campo un mercante cinese, accompagnato da 3 Coolies con orci di vino di riso sospesi a gioghi di bambù.
Jim osservò lo scambio, che ebbe luogo all'esterno del corpo di guardia (il tenente Price aveva avuto il buon senso di chiudere la porta della stanza del tesoro). Gli orci di vino furono ceduti contro alcune stecche di Lucky Strike e la seta di un solo paracadute. Quando il mercante se ne fu andato, seguito dai coolies col fagotto di seta scarlatta, i britannici non tardarono a ubriacarsi.
Jim decise di non tornare al corpo di guardia, quella sera. Il bianco corpo del tenente Price sembrava in agguato nel crepuscolo, le bruciature di sigarette sul petto infiammate dal vino. Dalla balconata, lasciò correre lo sguardo sul campo d'aviazione. Poi si applicò ad aprire la scatola di Spam. Che peccato che il dottor Ransome non fosse lì a dividerla con lui! Nel portare la carne calda alla bocca, pensò ai cadaveri dell'ospedale Sebbene la loro vista non l'avesse sconvolto (perché aveva sempre saputo che i rinunciatari della marcia da Lunghua sarebbero stati lasciati a morire o uccisi sul posto), gli venne da associare i bocconi di carne ai cadaveri rigonfi. Ogni boccone era avvolto, come quelli, della stessa mucillagine. I vivi che mangiavano o bevevano troppo, come Tulloch e il tenente di polizia dalle mani sanguinolente, non avrebbero tardato a raggiungere i morti supernutriti. Il cibo nutriva la morte: l'avida morte, sempre in attesa, dei corpi che la nutrivano. Ascoltò le grida avvinazzate che giungevano dal corpo di guardia, e le salve di fucile sparate da Price sopra le teste dei cinesi davanti al cancello. Quell'albino dal pallore di segreto e dalle mani bendate lo spaventava: spaventava il primo dei morti che si fosse levato dalla tomba, ansioso di cominciare la guerra mondiale seguente. Riposò gli occhi sulla rassicurante geometria della pista d'atterraggio. A 400 iarde di distanza, il giovane pilota giapponese s'aggirava fra gli aerei abbandonati, canna di bambù in mano, alla ricerca di qualcosa fra le ortiche. L'ampia tuta di volo, illuminata dall'aria della sera, gli ricordò un altro pilota del crepuscolo: un pilota che l'aveva salvato, 3 anni prima, aprendogli le porte di Lunghua.