Alendi non deve raggiungere il Pozzo dell'Ascensione..
58
«Lord Reggente!» sussurrò Elend, soffermandosi sul bordo della seconda caverna.
Vin si unì a lui. Avevano percorso il passaggio per qualche tempo, lasciandosi alle spalle la grotta che fungeva da magazzino, attraversando un cunicolo naturale di roccia. Era terminato lì, a una seconda caverna leggermente più piccola, ingombra di un denso fumo scuro. Non filtrava fuori dalla grotta come avrebbe dovuto, ma fluttuava e si rigirava su sé stesso.
Vin si fece avanti. Il fumo non la soffocò come si era aspettata. C'era qualcosa di stranamente accogliente in esso. «Andiamo» disse, camminando in mezzo al fumo lungo il pavimento della caverna. «Vedo una luce, più avanti.»
Elend si unì a lei, piuttosto nervoso.
Tump. Tump. Tump.
Sazed andò a sbattere contro il muro. Non era un allomante: non aveva peltro per rafforzare il proprio corpo. Mentre crollava a terra, avvertì un dolore acuto al fianco e seppe che si era rotto una costola. O peggio.
Marsh avanzò, fiocamente illuminato dalla candela di Sazed, che bruciava in modo irregolare dove Sazed l'aveva lasciata cadere.
«Perché sei venuto?» sussurrò Marsh mentre Sazed si sforzava di mettersi in ginocchio. «Tutto stava andando così bene.» Osservò con occhi di ferro mentre Sazed strisciava via lentamente. Poi Marsh Spinse di nuovo, scagliando Sazed da un lato.
Sazed slittò lungo lo stupendo pavimento bianco, urtando contro un'altra parete. Il suo braccio schioccò, spezzandosi, e la sua vista tremolò.
Attraverso il dolore, vide Marsh chinarsi e raccogliere qualcosa. Un borsellino.
Era caduto dalla fusciacca di Sazed. Era pieno di pezzi di metallo; Marsh ovviamente pensava che si trattasse di una borsa di monete.
«Mi spiace» ripetè Marsh, poi sollevò una mano e Spinse il sacchetto contro Sazed.
Il borsello schizzò per la stanza e lo colpì, squarciandosi; i pezzi di metallo all'interno gli lacerarono la carne. Non dovette abbassare lo sguardo per sapere quanto era ferito gravemente. Strano che non riuscisse più a provare dolore, ma poteva sentire il sangue, caldo, sullo stomaco e sulle gambe.
Dispiace... anche a me, pensò Sazed mentre la stanza diventava buia e lui cadeva in ginocchio. Ho fallito... anche se non so in cosa. Non sono nemmeno in grado di rispondere alla domanda di Marsh. Non so perché sono venuto qui.
Si sentì morire. Era un'esperienza singolare. La sua mente era rassegnata, tuttavia confusa, tuttavia frustrata, tuttavia aveva... lentamente... problemi...
Quelle non erano monete, parve sussurrare una voce.
Il pensiero sbatacchiò nella sua mente prossima alla morte.
Il sacchetto che Marsh ti ha scagliato contro. Quelle non erano monete. Erano anelli, Sazed. Otto anelli. Ne hai presi due: vista e udito. Hai lasciato gli altri dov'erano.
Nel borsello, infilato nella tua fusciacca.
Sazed crollò al suolo, mentre la morte calava su di lui come un'ombra fredda.
Eppure quel pensiero gli risuonò chiaro. Dieci anelli conficcati nella sua carne. Che lo toccavano. Peso. Rapidità di movimento. Vista. Udito. Tatto. Odorato. Forza.
Rapidità di pensiero. Veglia.
E salute.
Attinse dall'aureoscorta. Non doveva indossare la metalloscorta per usarla: doveva soltanto toccarla. Il suo petto smise di bruciare e la vista tornò di colpo a fuoco. Il braccio si raddrizzò, e le ossa si rinsaldavano mentre attingeva una quantità di salute equivalente a diversi giorni in una breve vampata di potere. Annaspò, la sua mente si ristabilì dalla sua condizione prossima alla morte, e l'aureoscorta ripristinò una nitida chiarezza nei suoi pensieri.
La carne guarì attorno al metallo. Sazed si alzò, tirando via il sacchetto vuoto da dove era attaccato alla sua pelle, lasciando gli anelli dentro di sé. Lo fece cadere a terra mentre le ferite che si sigillavano, attingendo il resto del potere dall'aureoscorta. Marsh si fermò sulla soglia della porta, voltandosi dalla sorpresa. Il braccio di Sazed pulsava ancora, probabilmente rotto, e le sue costole erano ammaccate. Una breve esplosione di salute poteva arrivare solo fino a tanto.
Ma era vivo.
«Tu ci hai tradito, Marsh» affermò Sazed. «Non mi ero reso conto che quegli spuntoni rubavano a un uomo l'anima, oltre agli occhi.»
«Non puoi combattermi» replicò Marsh con calma, la sua voce che riecheggiava nella stanza buia. «Non sei un guerriero.»
Sazed sorrise, percependo le piccole metalloscorte dentro di lui dargli potere.
«Neanche tu, ritengo.»
Sono coinvolto in qualcosa di molto più grande di me, pensò Elend mentre attraversavano la strana caverna piena di fumo. Il pavimento era scabro e irregolare, e la sua lanterna sembrava fioca, come se quel fumo nero e turbinante stesse risucchiando la luce.
Vin camminava con sicurezza. No, con determinazione. C'era differenza.
Qualunque cosa ci fosse alla fine di questa caverna, era ovvio che lei voleva scoprirla.
E... cosa sarà?, pensò Elend. Il Pozzo dell'Ascensione?
Il Pozzo era qualcosa di mitologico, qualcosa di cui parlavano gli stipulatori quando impartivano i loro insegnamenti sul lord Reggente. Eppure... lui aveva seguito Vin a nord, aspettandosi di trovarlo, no? Perché adesso era così esitante?
Forse perché stava finalmente iniziando ad accettare quello che stava accadendo.
E lo preoccupava. Non perché temesse per la propria vita, ma poiché all'improvviso non comprendeva il mondo. Gli eserciti li poteva capire, anche se non sapeva come sconfiggerli. Ma una cosa come il Pozzo? Una cosa degli dèi, che andava oltre la logica di studiosi e filosofi?
Quello era terrificante.
Si avvicinarono infine all'altro lato della grotta fumosa. Qui apparve un'ultima camera, molto più piccola delle prime due. Mentre vi accedevano, Elend notò immediatamente qualcosa: questa stanza era stata realizzata dall'uomo. O, perlomeno, dava la sensazione di qualcosa realizzato dall'uomo. Le stalattiti formavano pilastri per la stanza dal basso soffitto, ed erano disposte a intervalli troppo regolari per essere casuali. Eppure, allo stesso tempo, pareva che fossero cresciute in modo naturale e non mostravano segni di essere state lavorate.
L'aria sembrava più calda all'interno e, per fortuna, accedendovi uscirono dal fumo. Una fioca luce proveniva da qualcosa dal lato opposto della camera, anche se Elend non riusciva a distinguerne la fonte. Non sembrava la luce di una torcia. Era del colore sbagliato, e poi scintillava, non tremolava.
Vin gli avvolse un braccio attorno, fissando verso il fondo della camera, il suo comportamento tutt'a un tratto apprensivo.
«Da dove viene quella luce?» chiese Elend accigliandosi.
«Una polla» rispose Vin con calma, grazie a occhi molto più acuti dei suoi. «Una polla splendente di bianco.»
Elend si accigliò. Ma i due non si mossero. Vin pareva esitante. «Cosa c'è?»
chiese lui.
Lei gli si strinse contro. «Quello è il Pozzo dell'Ascensione. Posso sentirlo dentro la mia testa. Pulsare.»
Elend si costrinse a sorridere, avvertendo un surreale senso di traslazione. «È
quello per cui siamo venuti, allora.»
«E se io non sapessi cosa fare?» domandò Vin piano. «E se prendessi il potere ma non sapessi come usarlo? E se... diventassi come il lord Reggente?»
Elend abbassò lo sguardo verso di lei, che lo cingeva con le braccia, e la sua paura diminuì un poco. Lui l'amava. La situazione che avevano di fronte non poteva rientrare facilmente nel suo mondo logico. Ma a Vin la logica non era mai servita davvero. E non serviva nemmeno a Elend, se si fidava di lei.
Le prese la testa fra le mani, ruotandola perché lo guardasse. «Hai degli occhi stupendi.»
Lei si accigliò. «Cosa...»
«E» proseguì Elend «parte della loro bellezza viene dalla tua sincerità. Tu non diventerai il lord Reggente, Vin. Saprai cosa fare con quel potere. Io mi fido di te.»
Lei esibì un sorriso esitante, poi annuì. Però non avanzò nella grotta. Indicò invece qualcosa sopra la spalla di Elend. «Cos'è quello?»
Elend si voltò, notando una sporgenza sulla parete posteriore della piccola stanza.
Spuntava direttamente dalla roccia appena accanto alla soglia da cui erano entrati.
Vin si avvicinò alla sporgenza ed Elend la seguì, notando i frammenti sopra di essa.
«Sembrano cocci di vasi» osservò Elend. Ce n’erano diversi pezzi, e altri ancora erano sparpagliati sul pavimento sotto la sporgenza.
Vin ne raccolse uno, ma non sembrava avere nulla di particolare. Guardò Elend, che stava frugando fra i cocci. «Guarda questo.» Lui ne sollevò uno che non era stato rotto come gli altri. Era un pezzo a forma di disco di terracotta con un'unica perlina di qualche metallo al centro.
«Atium?» chiese lei.
«Sembra del colore sbagliato» rispose liti accigliandosi.
«Di che si tratta, allora?»
«Forse troveremo le risposte laggiù» disse Elend, voltandosi e seguendo con lo sguardo le file di pilastri verso la luce. Vin annuì ed entrambi avanzarono.
Marsh cercò immediatamente di Spingere via Sazed per i bracciali metallici sulle sue braccia. Sazed era pronto, però, e attinse dal suo anello ferroscorta il peso che vi aveva accumulato. Il suo corpo si fece più denso e sentì il peso trascinarlo giù, i pugni come palle di ferro al termine di braccia di piombo.
Marsh fu sbalzato via all'istante, gettato con violenza all'indietro dalla sua stessa Spinta. Andò a sbattere contro la parete in fondo, lasciandosi sfuggire dalle labbra un grido di sorpresa. Riecheggiò nella piccola stanza a cupola.
Ombre danzavano nella camera mentre la candela diventava più debole. Sazed attinse vista, migliorando i propri occhi, e lasciò andare il ferro nello scattare verso l'Inquisitore confuso. Marsh, però, si riprese in fretta. Allungò una mano, Tirando contro una lampada spenta alla parete. Questa schizzò attraverso l'aria, volando verso Marsh.
Sazed attinse dalla sua zincoscorta. Si sentì come una sorta di contorto ibrido di un allomante e un feruchemista, grazie alle fonti di metallo conficcate dentro di lui.
L'oro aveva guarito il suo interno, rendendolo integro, ma gli anelli rimanevano ancora nella sua carne. Era così che aveva fatto il lord Reggente, tenendo le metalloscorte dentro di sé, bucando la propria pelle in modo che fossero più difficili da rubare.
A Sazed era sempre sembrato morboso. Ora vedeva quanto poteva essere utile. I suoi pensieri accelerarono, e fu rapido a vedere la traiettoria della lampada. Marsh sarebbe stato in grado di usarla come un'arma contro di lui. Perciò Sazed attinse dalla sua acciaioscorta. L'allomanzia e la feruchemia avevano una differenza sostanziale: l'allomanzia traeva i suoi poteri dai metalli stessi, perciò la quantità di potere dai metalli era limitata; nella feruchemia si poteva combinare un attributo molte volte, utilizzando un potere accumulato nel corso di mesi in pochi minuti.
L'acciaio conservava rapidità fisica. Sazed schizzò per la stanza, e l'aria gli soffiava nelle orecchie mentre scattava oltre la soglia aperta. Ghermì la lampada dall'aria, poi attinse a fondo dalla ferroscorta - aumentando a dismisura il suo peso -
quindi attinse dalla sua peltroscorta per ottenere una forza enorme.
Marsh non ebbe il tempo di reagire. Ora stava Tirando contro una lampada retta nella mano di Sazed, inumanamente forte e pesante. Di nuovo, Marsh fu strattonato dalla propria allomanzia. Quel Tiro lo sbalzò per la stanza, direttamente verso Sazed.
Sazed si voltò, fracassando la lampada in faccia a Marsh. Il metallo si piegò nelle sue mani e la forza scagliò Marsh all'indietro. L'Inquisitore colpì la parete di marmo, spandendo uno spruzzo di sangue nell'aria. Mentre Marsh si afflosciava a terra, Sazed potè vedere che aveva conficcato uno degli spuntoni più in profondità nel cranio, fracassando l'osso attorno all'orbita.
Sazed fece tornare il suo peso alla normalità, poi saltò in avanti, sollevando di nuovo la sua arma improvvisata. Marsh, però, sollevò un braccio e Spinse. Sazed slittò indietro di pochi metri prima di essere di nuovo in grado di attingere ancora dalla sua ferroscorta, aumentando il proprio peso.
Marsh grugnì, mentre la sua Spinta lo mandava di nuovo a sbattere contro il muro. Però teneva anche Sazed a bada. Sazed si sforzò di avanzare, ma la pressione della Spinta di Marsh - assieme al suo corpo ponderoso e ingombrante - gli rendeva difficile camminare. I due si opposero per un momento, Spingendo l'uno contro l'altro nella luce sempre più fosca. Gli intarsi della stanza scintillavano, i bassorilievi silenziosi li osservavano, la porta aperta da un lato conduceva giù fino al Pozzo.
«Perché, Marsh?» sussurrò Sazed.
«Non lo so» rispose Marsh in un ringhio.
Con un guizzo di potere, Sazed lasciò andare la sua ferro- scorta e attinse invece dall'acciaio, aumentando di nuovo la sua velocità. Lasciò cadere la lampada, scartando di lato, muovendosi più velocemente di quanto Marsh potesse cogliere. La lampada venne scagliata all'indietro, ma poi cadde a terra quando Marsh lasciò andare la propria Spinta, saltando in avanti, evidentemente cercando di impedire di essere intrappolato contro il muro.
Ma Sazed fu più veloce. Roteò, sollevando una mano per cercare di estrarre lo spuntone perno di Sazed: quello fra le sue scapole, conficcato all'ingiù per tutta la lunghezza della schiena. Tirare quest'unico spuntone avrebbe ucciso un Inquisitore: era la debolezza che il lord Reggente aveva inserito in loro.
Sazed aggirò Marsh per attaccarlo da dietro. Lo spuntone nell'occhio destro di Marsh sbucava di parecchi centimetri in più dalla parte posteriore del suo cranio, e colava sangue.
L'acciaioscorta di Sazed si esaurì.
Gli anelli non erano mai stati pensati per durare a lungo, e quei suoi due sforzi estremi lo avevano prosciugato in pochi secondi. Rallentò con un tremendo sobbalzo, ma il suo braccio era ancora alzato e aveva ancora la forza di dieci uomini. Poteva vedere il rigonfiamento dello spuntone perno sotto la veste di Marsh.
Se solo avesse potuto...
Marsh si girò, poi con destrezza sbatté via la mano di Sazed. Conficcò un gomito nello stomaco dell'avversario, poi gli assestò un violento manrovescio in faccia.
Sazed cadde all'indietro e la sua peltroscorta si esaurì, facendo scomparire la sua forza. Colpì duramente il suolo d'acciaio con un gemito di dolore e rotolò.
Marsh incombette nella stanza buia. La candela tremolò.
«Ti sbagliavi, Sazed» disse Marsh con calma. «Una volta non ero un guerriero, ma questo è cambiato. Tu hai trascorso gli ultimi due anni a insegnare, ma io li ho passati a uccidere. Uccidere così tante persone...»
Marsh venne avanti e Sazed tossì, cercando di far muovere il suo corpo contuso.
Era preoccupato di essersi rotto di nuovo il braccio. Attinse dalla zincoscorta, accelerando i propri pensieri, ma questo non aiutò il suo corpo a muoversi. Non potè far altro che guardare - sempre più conscio della situazione difficoltosa e incapace di impedirla - mentre Marsh raccoglieva la lampada caduta.
La candela si spense.
Eppure Sazed poteva vedere ancora la faccia di Marsh. Del sangue colava dall'orbita fracassata, rendendo l'espressione dell'uomo ancora più difficile da decifrare. L'Inquisitore pareva... dispiaciuto mentre sollevava la lampada in una stretta simile a un artiglio, intenzionato a fracassarla contro la faccia di Sazed.
Aspetta, pensò Sazed. Da dove viene quella luce?
Un bastone da duello colpì la parte posteriore della testa di Marsh, andando in pezzi e lanciando schegge in aria.
Vin ed Elend raggiunsero la polla. Elend vi si inginocchiò accanto in silenzio, ma Vin rimase in piedi. A fissare le acque scintillanti.
Erano raccolte in una piccola depressione nella roccia, e sembravano dense...
come metallo. Un metallo di color bianco argento, lucente. Il Pozzo non era molto largo, ma il suo potere torreggiava nella sua mente.
Vin in effetti rimase tanto rapita da quella polla meravigliosa che non notò lo spirito di nebbia finché la mano di Elend non si strinse attorno al suo braccio. Lei alzò lo sguardo, vedendo lo spirito di nebbia in piedi di fronte a loro.
Pareva avere il capo chino, ma mentre lei si voltava, Quella sua forma indistinta si fece più dritta.
Vin non aveva mai visto la creatura fuori dalla nebbia. Ancora non era del tutto...
integra. La nebbia fuoriusciva in sbuffi dal suo corpo, fluendo verso il basso, creando la sua sagoma amorfa. Uno schema persistente.
Vin sibilò piano, estraendo un pugnale.
«Aspetta!» esclamò Elend alzandosi in piedi.
Lei si accigliò, scoccandogli un'occhiataccia.
«Non penso che sia pericoloso, Vin» spiegò Elend, scostandosi da lei e avvicinandosi allo spirito.
«Elend, no!» esclamò lei, ma lui si liberò gentilmente dalla sua mano.
«Mi ha fatto visita mentre tu eri via, Vin» raccontò. «Non mi ha fatto del male.
Pareva solo... che volesse comunicarmi qualcosa.» Elend sorrise, ancora indossando il suo mantello ordinario e gli abiti da viaggio, e avanzò lentamente verso lo spirito di nebbia. «Cos'è che vuoi?»
Lo spirito di nebbia rimase immobile per un momento, poi sollevò il braccio.
Qualcosa balenò, riflettendo la luce della polla.
«No!» urlò Vin, scattando in avanti mentre lo spirito squarciava la pancia di Elend. Lui gemette dal dolore, poi barcollò all'indietro.
«Elend!» esclamò Vin, precipitandosi al suo fianco mentre lui scivolava e cadeva a terra. Lo spirito si ritrasse, colando sangue da qualche parte all'interno della sua forma ingannevolmente incorporea. Sangue di Elend.
Elend giacque sbigottito, gli occhi sgranati. Vin avvampò peltro e squarciò il davanti della sua giacca, mettendo a nudo la ferita. Lo spirito aveva inferto un taglio profondo al suo stomaco, aprendogli la pancia.
«No... no... no...» disse Vin, la sua mente sempre più intontita, il sangue di Elend sulle sue mani.
La ferita era molto grave. Mortale.
Ham lasciò cadere il bastone spezzato, un braccio ancora avvolto nella fasciatura.
Il muscoloso Lottatore parve incredibilmente compiaciuto di sé stesso nel passare sopra il corpo di Marsh e allungare la sua mano sana verso Sazed.
«Non mi aspettavo di trovarti qui, Sazed» osservò il Bruto.
Stordito, Sazed prese la mano e si tirò in piedi. Barcollò sopra il corpo di Marsh, in qualche modo consapevole, pur in modo confuso, che una semplice randellata in testa non sarebbe stata sufficiente a uccidere la creatura. Ma Sazed era troppo intontito per curarsene. Raccolse la candela, la accese con la lanterna di Ham, poi si fece strada verso le scale, costringendosi a proseguire.
Doveva continuare. Doveva arrivare da Vin.
Vin cullò Elend fra le braccia, il suo mantello che gli formava una benda affrettata - e terribilmente inadeguata - attorno al torace.
«Io ti amo» mormorò, mentre le lacrime calde scendevano sulle sue gote fredde.
«Elend, io ti amo. Io ti amo...»
L'amore non sarebbe stato abbastanza. Lui stava tremando, gli occhi fissi verso l'alto, a malapena a fuoco. Annaspò, e del sangue gorgogliò nella sua saliva.
Vin si voltò di lato, accorgendosi intontita di dove era inginocchiata. La polla brillava accanto a lei, a pochi centimetri da dove Elend era caduto. Parte del suo sangue vi era colato dentro, anche se non si era mescolato col metallo liquido.
Io posso salvarlo, si rese conto lei. Il potere della creazione si trova solo a pochi centimetri dalle mie dita. Questo era il posto in cui Rashek era asceso alla sua divinità. Il Pozzo dell’'Ascensione.
Tornò a guardare Elend, e i suoi occhi morenti. Lui cercò di metterla a fuoco, ma pareva avere problemi a controllare i muscoli. Sembrava come se stesse cercando di sorridere.
Vin arrotolò la sua giacca e gliela mise sotto la testa. Poi, con indosso solo pantaloni e camicia, si accostò alla polla. Poteva sentirla pulsare. Come se la stesse chiamando. Chiamandola perché si unisse a lei.
Entrò nella polla. Essa resistette al tocco, ma il suo piede cominciò ad affondare, lentamente. Vin avanzò, muovendosi verso il centro della polla, attendendo mentre affondava. Entro pochi secondi, la polla le arrivò fino al petto, mentre il liquido riluceva tutto attorno a lei.
Trasse un respiro, poi reclinò la testa all'indietro, guardando verso l'alto mentre la polla l'assorbiva, coprendole la faccia.
* * *
Sazed barcollò giù per le scale, tenendo la candela fra dita tremanti. Da dietro Ham lo chiamava. Superò un confuso Spook sul pianerottolo sottostante e ignorò le domande del ragazzo.Però, mentre cominciava a farsi strada verso il pavimento della caverna, rallentò.
Un lieve tremolio percorse la roccia.
In qualche modo, seppe che era arrivato troppo tardi.
Il potere arrivò su di lei all'improvviso.
Sentì il liquido premerle contro, strisciando nel suo corpo, intrufolandosi, facendosi strada a forza fra i pori e le aperture nella sua pelle. Aprì la bocca per urlare, ed esso si precipitò anche lì dentro, ostruendola e soffocandola.
Con un'improvvisa vampata, il suo lobo cominciò a dolere. Lei cacciò un urlo, strappandosi via l'orecchino, lasciandolo cadere nelle profondità. Si tolse la fusciacca, gettando via anche quella - assieme alle sue fiale allomantiche -
rimuovendo i soli metalli sulla sua persona.
Poi iniziò a bruciare. Riconobbe la sensazione: era esattamente come bruciare metalli dentro il suo stomaco, tranne che proveniva dal suo intero corpo. La pelle avvampò, i muscoli si infuocarono e le sue stesse ossa parevano in fiamme.
Annaspò e si rese conto che il metallo era scomparso dalla sua gola.
Vin stava brillando. Percepiva il potere dentro di sé, come se stesse cercando di esplodere per uscire. Era la forza che otteneva bruciando peltro, ma straordinariamente più potente. Era una forza dall'incredibile capacità. Sarebbe stata oltre la sua comprensione, ma espandeva la sua mente, costringendola a crescere e a comprendere quello che ora possedeva.
Poteva ricreare il mondo. Poteva ricacciare indietro le nebbie. Poteva nutrire milioni di persone solo con un gesto della mano, punire i malvagi, proteggere i deboli. Era stupita di sé stessa. La caverna era come traslucida attorno a lei, e Vin vide l'intero mondo estendersi, una magnifica sfera sulla quale la vita poteva esistere solo in una piccola zona attorno ai poli. Lei poteva aggiustarlo. Poteva rendere le cose migliori. Poteva...
Poteva salvare Elend.
Abbassò lo sguardo e lo vide morire. Comprese immediatamente cosa c'era che non andava in lui. Poteva aggiustare la sua pelle danneggiata e i suoi organi lacerati.
Non devi farlo, figliola.
Vin alzò gli occhi sbigottita.
Sai cosa devi fare, sussurrò la Voce. Suonava vecchia. Gentile.
«Io devo salvarlo!» urlò.
Sai cosa devi fare.
E lei lo seppe. Lo vide accadere: come in una visione, osservò Rashek quando aveva preso il potere per sé stesso. Vide i disastri che aveva creato.
Era tutto o nulla... come l'allomanzia, in un certo senso. Se lei avesse preso il potere, avrebbe dovuto bruciarlo in pochi istanti. Rifare le cose a suo piacimento, ma solo per breve tempo.
Oppure... poteva cederlo.
Devi sconfiggere il Baratro, disse la Voce.
Vin vide anche quello. Fuori dal palazzo, nella città, per tutta la terra. Gente nelle nebbie, che tremava, cadeva. Molti rimanevano all'interno, per fortuna. Le tradizioni degli skaa erano ancora forti in loro.
Alcuni erano fuori, però. Quelli che credevano nelle parole di Kelsier che le nebbie non potevano far loro del male. Ma ora le nebbie potevano. Erano cambiate, diventando portatrici di morte.
Questo era il Baratro. Nebbie che uccidevano. Nebbie che stavano ricoprendo lentamente l'intera terra. Le morti erano sporadiche; Vin vide parecchi cadere senza vita, ma vide altri semplicemente ammalarsi, e altri ancora che si aggiravano nelle nebbie come se nulla fosse.
Peggiorerà, disse la Voce piano. Ucciderà e distruggerà. E se provi a fermarlo da sola, rovinerai il mondo, come Rashek ha fatto prima di te.
«Elend...» sussurrò lei. Si voltò verso di lui, per terra sanguinante.
In quel momento Vin si ricordò qualcosa. Qualcosa che Sazed aveva detto.
'Dovete amarlo abbastanza da fidarvi dei suoi desideri. Non è amore a meno che non impariate a rispettarlo... non quello che voi ritenete sia meglio, ma ciò che lui vuole davvero...'
Vide Elend piangere. Lo vide metterla a fuoco e seppe cosa voleva. Voleva che la sua gente vivesse. Voleva che il mondo conoscesse la pace e che gli skaa fossero liberi.
Voleva che il Baratro fosse sconfitto. La salvezza del suo popolo per lui significava di più della sua stessa vita. Molto di più.
'Saprai cosa fare', le aveva detto solo pochi istanti prima. 'Io mi fido di te...'
Vin chiuse gli occhi e le lacrime le colarono lungo le guance. A quanto pareva, anche gli dèi potevano piangere.
«Ti amo» sussurrò.
Lasciò andare il potere. Teneva fra le mani la capacità di diventare un dio e la cedette, rilasciandola nel vuoto in attesa. Rinunciò a Elend.
Poiché sapeva che era questo che lui voleva.
La caverna iniziò immediatamente a tremare. Vin urlò mentre il potere avvampante dentro di lei le fu strappato via, assorbito avidamente dal vuoto. Lei strillò, mentre il suo bagliore si affievoliva, poi cadde nella polla ora vuota, la testa che sbatteva contro le rocce.
La caverna continuò a tremare, e polvere e frammenti cadevano dal soffitto. E
poi, in un momento di chiarezza surreale, Vin udì un'unica, distinta frase risuonarle nella mente.
Sono LIBERO!