Alendi avrà bisogno di guide per attraversare le Montagne di Terris. Ho incaricato Rashek di accertarsi che lui e i suoi amici fidati vengano scelti per quel ruolo.
54
Il bastone di Vin si ruppe nel fracassare la faccia di un koloss.
Non di nuovo, pensò lei con frustrazione, roteando e conficcando il frammento spezzato nel petto di un'altra creatura. Si voltò e si ritrovò faccia a faccia con uno di quelli grossi, di almeno un metro e mezzo più alto di lei.
Quello affondò la spada verso Vin. Lei saltò e l'arma cozzò contro il selciato in pezzi sotto di lei. Vin schizzò verso l'alto, non avendo bisogno di nessuna moneta per elevarsi fino al livello della faccia contorta della creatura.
Sembravano sempre sorpresi. Perfino dopo averla osservata combattere con dozzine dei loro compagni, parevano stupefatti nel vederla schivare i colpi. Le loro menti parevano identificare le dimensioni con la potenza: un koloss più grosso batteva sempre uno più piccolo. Un umano alto un metro e mezzo non sarebbe dovuto essere un problema per un mostro così grande.
Vin avvampò peltro mentre fracassava il suo pugno nella testa della bestia. Il cranio si spezzò sotto le sue nocche e la creatura cadde all'indietro mentre lei toccava di nuovo terra. Tuttavia, come sempre, ce riera un altro a prendere il suo posto.
Si stava stancando. No, aveva iniziato la battaglia stanca. Era in peltrazione, poi aveva usato una complicata metallo- via personale per attraversare un'intera Dominazione. Era esausta. Solo il peltro nella sua ultima fiala di metalli la stava tenendo in piedi.
Avrei dovuto chiedere a Sazed una delle sue peltroscorte vuote!, pensò. I metalli feruchemici e allomantici erano gli stessi. Avrebbe potuto bruciare quello, anche se probabilmente si sarebbe trattato di un braccialetto o cose del genere. Troppo grosso da inghiottire.
Si tuffò di lato quando un altro koloss attaccò. Le monete non fermavano quelle cose, e pesavano tutte troppo perché lei potesse Spingerle via senza un'ancora.
Inoltre le sue riserve di ferro e acciaio erano estremamente ridotte.
Uccise un koloss dopo l'altro, guadagnando tempo perché Sazed e la gente potessero ottenere un buon vantaggio. Qualcosa era diverso stavolta... diverso da quando aveva ucciso nel palazzo di Cett. Si sentiva bene. Non era solo perché stava ammazzando dei mostri.
Era dovuto al fatto che comprendeva il proprio scopo. Ed era d'accordo con esso.
Lei poteva combattere, poteva uccidere, se significava difendere coloro che non erano in grado di difendersi da soli. Kelsier poteva essere stato capace di uccidere per violenza o per vendetta, ma questo non era sufficiente per Vin.
E non avrebbe consentito che accadesse mai più.
Quella determinazione alimentava i suoi attacchi contro i koloss. Usò una spada rubata per tagliar via le gambe a uno, poi scagliò l'arma verso un altro, Spingendo contro di essa per impalare il koloss nel petto. Poi Tirò contro la spada di un soldato caduto, strattonandola in mano sua. Si tuffò all'indietro, ma per poco non inciampò nel calpestare un altro corpo.
Che stanchezza, pensò.
C'erano dozzine - forse perfino centinaia - di cadaveri nel cortile. In effetti, una pila si stava formando sotto di lei. Vin ci si arrampicò, arretrando un poco mentre le creature la circondavano di nuovo. Strisciavano sui cadaveri dei loro fratelli caduti, e nei loro occhi iniettati di sangue la rabbia schiumava. I soldati umani avrebbero desistito, andando a cercare degli scontri più semplici. I koloss, però, parevano moltiplicarsi mentre lei li combatteva, con altri che udivano i suoni della battaglia e giungevano a unirsi a essa.
Vin spazzò, il peltro che contribuiva alla sua forza mentre mozzava un braccio a un koloss, poi una gamba a un altro, prima di arrivare infine alla testa di un terzo. Si abbassò e schivò, saltando, rimanendo fuori dalla loro portata, uccidendone più che poteva.
Ma per quanto fosse disperata la sua determinazione, per quanto fosse forte il suo nuovo proposito di proteggere, sapeva di non poter continuare a combattere, non così. Lei era una sola persona. Non poteva salvare Luthadel, non da sola.
«Lord Penrod!» gridò Sazed, sulla soglia dei cancelli per la Fortezza Hasting.
«Voi dovete ascoltarmi.»
Non ci fu risposta. I soldati sulla sommità del corto muro dell'edificio stavano in silenzio, anche se Sazed poteva percepire Il loro disagio. Non erano contenti di ignorarlo. In lontananza la battaglia imperversava ancora. I koloss urlavano nella notte. Presto avrebbero trovato la strada fino a Sazed e al crescente gruppo di Ham, che ora contava diverse migliaia di persone, radunate in silenzio fuori dal cancello della Fortezza Hasting.
Un messaggero dall'aria stanca avvicinò Sazed. Era lo stesso che Dockson aveva mandato al Cancello d'Acciaio. Aveva perso il cavallo da qualche parte, e l'avevano trovato assieme a un gruppo di rifugiati nella Piazza del Sopravvissuto.
«Lord Terrisiano» lo chiamò il messaggero a bassa voce. «Sono... appena tornato dalla postazione di comando. La Fortezza Venture è caduta.»
«Lord Dockson?»
L'uomo scosse la testa. «Abbiamo trovato alcuni scribi feriti che si nascondevano fuori dalla fortezza. Lo hanno visto morire. I koloss sono ancora nell'edificio, a rompere finestre e distruggere tutto.»
Sazed si voltò indietro, facendo spaziare lo sguardo sulla città. Così tanto fumo si levava nel cielo che pareva che le nebbie fossero già arrivate. Aveva cominciato a riempire la sua stagnoscorta dell'olfatto per tenere lontana la puzza.
La battaglia in città poteva essere terminata, ma ora sarebbe cominciata la vera tragedia. I koloss all'interno avevano finito di uccidere i soldati. Ora avrebbero massacrato le persone. Ce n’erano centinaia di migliaia, e Sazed sapeva che le creature avrebbero proseguito la devastazione con gioia. Niente saccheggi. Non quando c'era da uccidere.
Non può mancare molto alle nebbie, pensò, cercando di darsi qualche speranza.
Forse ci forniranno un po' di copertura.
Eppure un'immagine gli si stagliava chiara nella mente. Clubs, morto nella neve.
Il disco di legno che Sazed gli aveva dato prima quel giorno era legato con un laccio attorno al suo collo.
Non era stato d'aiuto.
Sazed si voltò di nuovo verso la Fortezza Hasting. «Lord Penrod» chiamò a gran voce. «Stiamo per tentare di dileguarci dalla città. Le vostre truppe e la vostra guida sarebbero benvenute. Se rimanete qui, i koloss attaccheranno questa fortezza e vi uccideranno.»
Silenzio.
Sazed si voltò, sospirando mentre Ham, col braccio ancora a tracolla, si univa a lui. «Dobbiamo andare, Sazed» disse Ham piano.
«Sei sporco di sangue, Terrisiano.»
Sazed si voltò. Ferson Penrod era in piedi in cima alle sue mura, che guardava giù. Appariva ancora immacolato nel suo completo da nobile. Portava perfino un cappello per ripararsi dalla neve e dalla cenere. Sazed abbassò lo sguardo verso sé stesso. Indossava ancora soltanto il perizoma. Non aveva avuto tempo per preoccuparsi del vestiario, in particolare con la sua ottonescorta a tenerlo caldo.
«Non ho mai visto un Terrisiano combattere» osservò Penrod.
«Non è un avvenimento comune, mio signore» ribatté Sazed.
Penrod alzò gli occhi, facendo spaziare lo sguardo sopra la città. «Sta cadendo, Terrisiano.»
«Ecco perché dobbiamo andare, mio signore» concordò Sazed.
Penrod scosse il capo. Indossava ancora la sottile coroncina di Elend. «Questa è la mia città, Terrisiano. Non la abbandonerò.»
«Un gesto nobile, mio signore,» disse Sazed «ma quelli con me sono il vostro popolo. Li abbandonerete nella loro fuga verso nord?»
Penrod esitò. Poi si limitò a scuotere di nuovo la testa. «Non ci sarà nessuna fuga verso nord, Terrisiano. La Fortezza Hasting è fra le strutture più alte della città: da essa posso vedere quello che i koloss stanno facendo. Non vi lasceranno scappare.»
«Potrebbero passare al saccheggio» considerò Sazed. «Forse possiamo evitarli e fuggire.»
«No» rispose Penrod, con voce che riecheggiava paurosamente fra le strade innevate. «Il mio Percettore afferma che le creature hanno già attaccato la gente che hai invitato a fuggire attraverso il cancello nord. Ora i koloss sono diretti da questa parte. Stanno venendo per noi.»
Mentre le urla iniziavano a riecheggiare fra le strade in lontananza, facendosi sempre più vicine, Sazed seppe che le parole di Penrod dovevano essere vere.
«Aprite i vostri cancelli, Penrod!» gridò Sazed. «Lasciate entrare i rifugiati!» Sal-vate le loro vite per qualche altro misero istante.
«Non c'è spazio» rispose Penrod. «E non c'è tempo. Siamo condannati.»
«Dovete lasciarci entrare!» urlò Sazed.
«È strano.» La voce di Penrod si ammorbidì. «Prendendo Il trono al ragazzo Venture, ho salvato la sua vita... e ho posto termine alla mia. Non sono stato in grado di salvare la città, Terrisiano. La mia unica consolazione è che dubito che anche Elend ci sarebbe riuscito.»
Si voltò per andarsene, avviandosi da qualche parte oltre il muro.
«Penrod!» gridò Sazed.
Lui non riapparve. Il sole stava tramontando, le nebbie stavano uscendo, e i koloss stavano arrivando.
Vin abbatté un altro koloss, poi balzò indietro, Spingendosi contro una spada caduta. Schizzò via dal branco, Il respiro affannoso, sanguinando da un paio di taglietti. Il suo braccio si stava intorpidendo: una delle creature le aveva assestato un pugno lì. Vin poteva uccidere, e meglio di chiunque conoscesse. Ma non poteva combattere all'infinito.
Atterrò su un tetto, poi incespicò, cadendo in ginocchio in una pila di neve. I koloss emisero richiami e ululati dietro di lei, e Vin seppe che sarebbero arrivati, inseguendola, braccandola. Ne aveva uccisi a centinaia, ma cos'erano poche centinaia paragonate a un esercito di ventimila unità?
Cosa ti aspettavi?, disse fra sé. Perché continuare a combattere una volta certa che Sazed era fuggito? Ti aspettavi di fermarli tutti? Uccidere tutti i koloss dell'esercito fino all'ultimo?
Una volta, lei aveva fermato Kelsier prima che si avventasse contro un'armata tutto da solo. Era stato un grand'uomo, ma comunque un solo individuo. Non avrebbe potuto fermare un intero esercito... non più di lei.
Devo trovare il Pozzo, pensò con determinazione bruciando bronzo, cosicché le pulsazioni - che lei aveva ignorato durante la battaglia - divennero fragorose alle sue orecchie.
E tuttavia questo la lasciò con lo stesso problema di prima. Sapeva che si trovava in città: poteva sentire le pulsazioni tutt'attorno a lei. Eppure erano così potenti, così onnipresenti che non poteva percepire da esse una direzione.
Inoltre che prova aveva che trovare il Pozzo sarebbe stato d'aiuto? Se Sazed aveva mentito sull'ubicazione - se era arrivato a disegnare una finta mappa - allora su cos'altro aveva mentito? Il potere magari avrebbe fermato le nebbie, ma di che utilità sarebbe stato a Luthadel, in fiamme e morente?
Si inginocchiò dalla frustrazione, martellando la sommità del tetto con i pugni. Si era dimostrata troppo debole. A cos'era servito tornare - a cosa serviva decidere di proteggere - se non poteva far niente per aiutare?
Si inginocchiò per alcuni momenti, annaspando. Infine si costrinse ad alzarsi in piedi e saltò in aria, gettando giù una moneta. I suoi metalli erano quasi esauriti.
Aveva a malapena acciaio a sufficienza per trasportarla per qualche balzo. Finì per rallentare vicino a Kredik Shaw, la Collina delle Mille Guglie. Afferrò uno degli spuntoni in cima al palazzo, roteando nella notte, facendo spaziare lo sguardo sulla città sempre più buia.
Stava bruciando.
Kredik Shaw stesso era silenzioso, quieto, lasciato in pace dai saccheggiatori di entrambe le razze. Eppure, tutt'attorno a lei, Vin vide una luce nel buio. Le nebbie emanavano un inquietante bagliore.
È come... come quel giorno due anni fa, notò. La notte della ribellione skaa.
Tranne che quel giorno la luce era giunta dalle torce dei ribelli mentre marciavano sul palazzo. Stanotte stava accadendo una rivoluzione di tipo diverso. Lei poteva sentirlo. Il suo stagno bruciava e Vin si costrinse ad avvamparlo, aprendo le orecchie. Udì le urla. La morte. I koloss non avevano terminato le loro uccisioni distruggendo l'esercito. Niente affatto.
Avevano appena iniziato.
I koloss li stanno uccidendo tutti, pensò, rabbrividendo mentre i fuochi bruciavano sotto di lei. Il popolo di Elend, quelli che ha lasciato indietro a causa mia. Stanno morendo.
Io sono il suo pugnale. Il loro pugnale. Kelsier si fidava di me con loro. Dovrei essere in grado di fare qualcosa...
Si lasciò cadere verso terra, scivolando lungo un tetto a spiovente, atterrando nel cortile del palazzo. Le nebbie si radunarono attorno a lei. L'aria era densa. E non solo di cenere o neve: Vin poteva fiutare morte nelle sue brezze, udire urla nei suoi sussurri.
Il suo peltro si esaurì.
Si afflosciò a terra, un'ondata di spossatezza la colpì così forte che tutto il resto parve non avere importanza. Seppe all'improvviso che non avrebbe dovuto affidarsi a quella maniera al peltro. Non avrebbe dovuto sforzarsi così tanto. Ma era parso l'unico modo.
Si sentì scivolare verso l'incoscienza.
Ma le persone stavano urlando. Vin poteva sentirle, le aveva sentite prima. La città di Elend - il popolo di Elend - stava morendo. I suoi amici erano là fuori da qualche parte. Amici per la cui protezione Kelsier aveva confidato in lei.
Digrignò i denti, scacciando via la spossatezza per un attimo ancora, sforzandosi di rialzarsi in piedi. Guardò attraverso le nebbie, verso i suoni smorzati della gente terrorizzata. Fece per precipitarsi verso di loro.
Non poteva saltare: aveva esaurito l'acciaio. Non poteva nemmeno correre molto veloce, ma mentre costringeva il suo corpo a muoversi, rispose sempre meglio, scrollandosi di dosso il sordo intorpidimento che si era procurata per essersi affidata al peltro per così tanto tempo.
Sbucò di corsa da un vicolo, slittando nella neve, e trovò un gruppetto di persone che correva davanti a una squadra di razziatori koloss. C'erano sei bestie, di quelle piccole, ma comunque pericolose. Sotto lo sguardo di Vin, una delle creature abbatté un uomo anziano, quasi tagliandolo in due. Un'altra ghermì una ragazzina, sbatacchiandola contro il lato di un edificio.
Vin scattò in avanti, oltre gli skaa in fuga, estraendo i suoi pugnali. Si sentiva ancora esausta, ma l'adrenalina l'aiutò in qualche modo. Doveva continuare a muoversi. Proseguire. Fermarsi significava morire.
Diverse bestie si voltarono verso di lei, desiderose di combattere. Una vibrò un colpo nella sua direzione, e Vin si lasciò scivolare nella fanghiglia, più vicino all'essere, prima di tagliargli la parte posteriore della gamba. Quello ululò dal dolore mentre il pugnale di Vin gli si impigliava nella pelle cascante. Lei riuscì a strattonarlo via mentre una seconda creatura attaccava.
Mi sento così lenta!, si rese conto con frustrazione, riuscendo appena a rimettersi in piedi e a indietreggiare lontano dalla portata della bestia. La sua spada spruzzò acqua gelida su di lei, e Vin balzò in avanti piantandole un pugnale nell’'occhio.
Tutt'a un tratto, grata per le volte in cui Ham l'aveva fatta allenare senza allomanzia, afferrò il muro di un edificio per reggersi nella poltiglia. Si gettò in avanti, urtando con la spalla Il koloss con l'occhio ferito - stava cercando di afferrare il pugnale e urlava - e facendolo finire contro i suoi compagni. Il koloss con la ragazzina si voltò sbigottito mentre Vin gli conficcava l'altro pugnale nella schiena.
Non cadde a terra, ma lasciò andare la bambina.
Lord Reggente, queste cose sono dure!, pensò lei, lasciando che il mantello svolazzasse mentre afferrava la piccola e schizzava via. Specialmente quando sono io a non esserlo. Mi servono dei metalli.
La ragazzina si rannicchiò fra le braccia di Vin quando risuonò l'ululato di un koloss, e lei ruotò su sé stessa, avvampando il suo stagno per impedirsi di crollare a terra priva di sensi dalla fatica. Le creature non la stavano seguendo, però: si stavano contendendo un capo di vestiario che il vecchio aveva addosso. L'ululato risuonò di nuovo, e stavolta Vin si rese conto che era giunto da un'altra direzione.
La gente iniziò di nuovo a urlare. Vin alzò lo sguardo, solo per scoprire che quelli che aveva salvato erano incappati in un gruppo ancor più numeroso di koloss.
«No!» esclamò Vin sollevano una mano. Ma erano corsi lontano mentre lei stava combattendo. Non sarebbe stata nemmeno in grado di vederli, se non fosse stato per lo stagno. Allo stato delle cose, potè solo osservare dolorosamente bene mentre le creature cominciavano ad avventarsi contro il gruppetto con le loro spade dalla lama spessa.
«No!» urlò di nuovo Vin, perché quelle morti che la spaventavano, la sconcertavano, erano un promemoria di tutte le morti che non era riuscita a prevenire.
«No. No! No!»
Peltro, finito. Acciaio, finito. Ferro, finito. Non aveva nulla.
O... forse aveva qualcosa. Senza nemmeno soffermarsi a pensare a cosa le aveva suggerito di usarlo, scagliò un'ondata Sudatoria potenziata dal duralluminio verso le bestie.
Fu come se la sua mente si fosse schiantata contro Qualcosa. E poi quel Qualcosa andò in pezzi. Vin si arrestò, sorpresa, ancora la bambina tra le braccia mentre i koloss si fermavano, immobilizzati nel loro terrificante gesto di massacro.
Cos'ho appena fatto?, si chiese, passando in rassegna la sua mente ingarbugliata, cercando di comprendere perché aveva reagito a quel modo. Era per via della sua frustrazione?
No. Sapeva che il lord Reggente aveva costruito gli Inquisitori con una debolezza: bastava rimuovere un particolare spuntone dalla loro schiena e morivano.
Aveva costruito anche i kandra con una debolezza. Pure i koloss dovevano averne una.
TenSoon ha definito i koloss... i suoi cugini, ricordò.
Si erse dritta, la strada buia tutt'a un tratto silenziosa, eccezion fatta per gli skaa che piagnucolavano. I koloss attesero, e lei potè percepire sé stessa nelle loro menti.
Come se fossero un'estensione del suo stesso corpo, la stessa cosa che aveva provato quando aveva preso il controllo del corpo di TenSoon.
Cugini davvero. Il lord Reggente aveva costruito i koloss con una debolezza: la stessa dei kandra. Aveva dato a sé stesso un modo per tenerli a bada.
E all'improvviso Vin comprese come aveva fatto a controllarli per tutti quegli anni.
Sazed stava alla testa del suo numeroso gruppo di profughi, mentre neve e cenere
- ora indistinguibili nell'oscurità caliginosa - cadevano attorno a lui. Ham sedeva da un lato, con aria intontita. Aveva perso troppo sangue; un uomo senza peltro sarebbe morto in quelle condizioni. Qualcuno aveva dato a Sazed un mantello, ma lui l'aveva usato per avvolgere il letargico Breeze. Anche se attingeva a malapena calore dalla sua ottonescorta, Sazed non aveva freddo.
Forse stava diventando troppo intorpidito per accorgersene.
Tenne entrambe le mani in alto davanti a sé, formando dei pugni, e dieci anelli scintillarono contro la luce dell'unica lanterna del gruppo. I koloss si avvicinarono dai vicoli bui, le loro forme sembravano ombre rannicchiate nella notte.
I soldati di Sazed indietreggiarono. In loro rimaneva ben poca speranza. Sazed rimase da solo nella neve silenziosa, uno studioso calvo e allampanato, quasi nudo.
Lui, Quello che predicava le religioni di popoli estinti. Lui, che alla fine aveva abbandonato la speranza. Lui, che più di tutti avrebbe dovuto aver fede.
Dieci anelli. Pochi minuti di potere. Pochi minuti di vita.
Attese mentre i koloss si radunavano. Le bestie si erano fatte stranamente silenziose con la notte. Smisero di avvicinarsi. Restarono immobili, una linea di sagome buie e massicce nella notte.
Perché non attaccano?, si chiese Sazed in preda alla frustrazione.
Una bambina piagnucolò. Poi i koloss ricominciarono a muoversi. Sazed si tese, ma le creature non avanzarono. Si separarono e una figura silenziosa incedette in mezzo a loro.
«Lady Vin?» chiese Sazed. Non aveva ancora avuto occasione di parlarle da quando lo aveva salvato al cancello. Pareva esausta.
«Sazed» disse lei con voce stanca. «Mi hai mentito riguardo al Pozzo dell'Ascensione.»
«Sì, lady Vin» rispose lui.
«Non ha importanza ora» replicò lei. «Perché te ne stai nudo fuori dalle mura della fortezza?»
«Io...» Alzò lo sguardo verso i koloss. «Lady Vin, io...»
«Penrod!» gridò all'improvviso Vin. «Ci sei tu, lì sopra?»
Il re apparve. Pareva confuso quanto Sazed.
«Apri i cancelli!» urlò Vin.
«Sei pazza?» le gridò Penrod di rimando.
«Non ne sono certa» ribattè Vin. Si voltò e un gruppo di koloss venne avanti, camminando piano come se qualcuno glielo ordinasse. Quello più grosso raccolse Vin, tenendola in alto finché lei non si trovò quasi al livello della cima del basso muro. Diverse guardie lì sopra si ritrassero da lei.
«Sono stanca, Penrod» si lamentò Vin. Sazed dovette attingere dalla stagnoscorta per ascoltare le sue parole.
«Siamo tutti stanchi, bambina» ribatté Penrod.
«Io sono particolarmente stanca» disse Vin. «Sono stanca dei giochi. Sono stanca che le persone muoiano a causa di dissidi fra i loro governanti. Sono stanca che ci si approfitti dei brav'uomini.»
Penrod annuì in silenzio.
«Voglio che tu raduni i soldati che ci rimangono» spiegò Vin, voltandosi per guardare la città. «Quanti ne hai lì dentro?»
«Circa duecento» rispose lui.
Vin annuì. «La città non è perduta: i koloss hanno combattuto contro i soldati, ma non hanno avuto ancora molto tempo per rivolgersi contro la popolazione. Voglio che tu mandi fuori le tue truppe per trovare qualunque gruppo di koloss stia depredando o uccidendo. Proteggete la gente, ma non attaccate i koloss se potete evitarlo. Mandatemi invece un messaggero.»
Ricordando la testardaggine di prima di Penrod, Sazed pensò che l'uomo potesse obiettare. Non lo fece. Si limitò ad annuire.
«Cosa facciamo allora?» chiese Penrod.
«Mi occuperò io dei koloss» si offrì Vin. «Andremo a riconquistare la Fortezza Venture come prima cosa: mi serviranno più metalli, e ce ne sono molti conservati lì. Una volta che la città sarà al sicuro, voglio che i tuoi soldati spengano quegli incendi. Non dovrebbe essere troppo difficile: non rimangono molti edifici che possono bruciare.»
«Molto bene» disse Penrod, voltandosi per impartire gli ordini.
Sazed osservò in silenzio mentre il massiccio koloss posava a terra Vin. Rimase lì tranquillo, come un mostro intagliato nella pietra e non una creatura viva, che respirava e sanguinava.
«Sazed» disse Vin piano. Lui poteva percepire la stanchezza nella sua voce.
«Lady Vin» fece Sazed. Da un lato, Ham si riscosse finalmente dal torpore, alzando lo sguardo sbigottito nel notare Vin e i koloss.
Vin continuò a guardare Sazed, esaminandolo. Sazed aveva problemi a incontrare i suoi occhi. Ma lei aveva ragione. Potevano parlare più tardi del suo tradimento.
C'erano altri compiti più importanti da portare a termine. «Mi rendo conto che probabilmente avete del lavoro da fare» osservò Sazed, rompendo il silenzio. «Ma potrei prendere congedo? C'è un compito... a cui vorrei provvedere.»
«Certo, Sazed» disse Vin. «Ma prima dimmi una cosa. Sai se qualcuno degli altri è sopravvissuto?»
«Clubs e Dockson sono morti, mia signora» la informò Sazed. «Non ho visto i loro corpi, ma ci sono rapporti da fonti affidabili. Potete vedete che lord Hammond è qui con noi, anche se ha subito una ferita molto grave.»
«Breeze?» chiese lei.
Sazed fece un cenno col capo verso il fagotto che giaceva rannicchiato accanto al muro. «Vive, per fortuna. Ma la sua mente pare che abbia avuto una pessima reazione agli orrori a cui ha assistito. Potrebbe essere semplicemente una forma di shock. Oppure... potrebbe trattarsi di qualcosa di più duraturo.»
Vin annuì, voltandosi verso Ham. «Ham. Mi serve peltro.»
Lui fece un vago cenno col capo, tirando fuori una fiala con la mano sana. Gliela lanciò. Vin la bevette e all'istante la sua fatica parve attenuarsi. Si erse più dritta, i suoi occhi si fecero più vigili.
Questo non può essere sano, pensò Sazed con preoccupazione. Quanto ne sta bruciando?
Con passo più energico, Vin si voltò per dirigersi verso il suo koloss.
«Lady Vin?» chiese Sazed, facendola voltare. «C'è ancora un esercito là fuori.»
«Oh, lo so» rispose Vin, girandosi per prendere una della grosse spade a cuneo dal suo proprietario. Era in effetti di qualche centimetro più alta di lei.
«Sono ben conscia delle intenzioni di Straff» disse, sollevando l'arma sopra la propria spalla. Poi si voltò verso la neve e la nebbia, diretta verso la Fortezza Venture, mentre le sue strane guardie koloss la seguivano con passo pesante.
Per portare a termine il compito che si era affidato, Sazed si diresse nel buio della notte. Esaminò un cadavere dopo l'altro nel freddo, e molti di essi erano congelati.
La neve aveva smesso di cadere e il vento si era levato, addensando la poltiglia in ghiaccio scivoloso. Dovette liberare a forza alcuni dei cadaveri per girarli ed esaminare le loro facce.
Senza la sua ottonescorta a fornirgli calore, non avrebbe mai potuto eseguire quel macabro compito. Ciò nonostante, si era trovato degli abiti più caldi: una semplice veste marrone e un paio di stivali. Continuò a lavorare per tutta la notte, il vento che faceva turbinare fiocchi di neve e ghiaccio attorno a lui. Cominciò dal cancello, ovviamente. Era lì che si trovava la maggior parte dei cadaveri. Infine, però, dovette spostarsi nei vicoli e nelle strade principali.
Trovò il suo corpo poco prima del mattino.
La città aveva smesso di bruciare. L'unica luce di cui disponeva era quella della sua lanterna, ma fu sufficiente a rivelare la striscia di stoffa svolazzante in un banco di neve. Sulle prime, Sazed pensò che si trattasse solo di un'altra benda insanguinata che non era servita al suo scopo. Poi vide un bagliore di arancione e giallo, si avvicinò - non aveva più la forza di correre - e allungò ma mano verso la neve.
Il corpo di Tindwyl scricchiolò debolmente mentre lo estraeva rigirandolo. Il sangue al suo fianco era congelato, ovviamente, e i suoi occhi erano aperti da ma patina di ghiaccio. A giudicare dalla direzione della sua fuga, stava guidando i suoi soldati verso la Fortezza Venture.
Oh, Tindwyl, pensò, abbassandosi per toccarle il viso. Era ancora morbido, ma terribilmente freddo. Dopo anni di abusi da parte dei Riproduttori, dopo essere sopravvissuta a così tanto, aveva trovato questo fato. La morte in ma città a cui non apparteneva, con m uomo - no, m mezzo uomo - che non la meritava.
Lasciò andare la sua ottonescorta e permise al freddo della notte di investirlo.
Non voleva sentirsi caldo in questo momento. La sua lanterna tremolò incerta, illuminando la strada, mettendo in ombra il cadavere congelato. Lì, in quel vicolo ghiacciato di Luthadel, guardando il corpo della donna che amava, Sazed si accorse di qualcosa.
Non sapeva cosa fare.
Cercò di farsi venire in mente qualcosa di appropriato da dire - qualcosa di appropriato da pensare - ma all'improvviso tutta la sua conoscenza religiosa parve vuota. A cosa serviva darle una sepoltura? A cosa serviva recitare le preghiere di un dio morto da lungo tempo? A cosa serviva lui? La religione dei Dadradah non aveva aiutato Clubs; il Sopravvissuto non era venuto a salvare le migliaia di soldati che erano morti. Qual era lo scopo di tutto?
Nulla nella conoscenza di Sazed gli diede conforto. Lui accettava le religioni che conosceva - credeva nel loro valore - ma questo non gli dava ciò che gli occorreva.
Non gli assicuravano che lo spirito di Tindwyl vivesse ancora. Invece gli istillavano dubbi. Se così tante persone credevano in cose talmente differenti, come poteva ciascuna di esse - o perfino qualcosa in assoluto - essere vera?
Gli skaa definivano Sazed santo, ma al momento si rese conto di essere il più profano fra gli uomini. Era una creatura che conosceva trecento religioni, eppure non credeva in nessuna di esse.
Perciò, quando le lacrime iniziarono a scorrere - e quasi si congelarono sul suo volto - gli recarono poco conforto come le sue religioni. Gemette, chinandosi sopra il cadavere congelato.
La mia vita, pensò, è stata una menzogna.