Questo è il problema. Anche se sulle prime credetti ad Alendi, più tardi divenni sospettoso. Pareva che corrispondesse ai segni, vero. Ma, ebbene, come posso spiegarlo? Poteva darsi che vi corrispondesse troppo bene?

38

Come fa ad apparire così fiducioso quando io mi sento così nervosa?, si chiese Vin, in piedi accanto a Elend mentre la Sala dell'Assemblea iniziava a riempirsi.

Erano arrivati presto; stavolta, Elend diceva di voler dimostrare di avere la situazione sotto controllo essendo colui che dava il benvenuto a ogni delegato al suo arrivo.

Oggi avrebbe avuto luogo la votazione per il re.

Vin ed Elend stavano sul palco, facendo un cenno ai delegati mentre entravano attraverso la porta laterale della sala. Nella platea, le panche si stavano già affollando. Le prime file, come sempre, erano disseminate di guardie.

«Oggi hai un aspetto stupendo» commentò Elend guardando Vin.

Lei provò quasi imbarazzo. Aveva indossato il suo abito bianco, un indumento fluente con alcuni strati trasparenti in cima. Come gli altri, era disegnato per darle mobilità, e si abbinava al nuovo abbigliamento di Elend - specialmente col ricamo scuro sulle maniche. Non aveva più gioielli, ma portava alcuni fermagli bianchi di legno per i capelli.

«È strano» disse «quanto in fretta sia tornato a essere naturale per me indossare questi abiti.»

«Sono lieto di questo tuo cambiamento» affermò Elend «Pantaloni e camicia sono te, ma anche questo ti rappresenta. La parte di te che mi ricordo dai balli, quando ci conoscevamo a malapena.»

Vin sorrise meditabonda, alzando lo sguardo verso di lui, mentre la folla che si radunava per lei si faceva un po' più distante. «Non hai mai danzato con me.»

«Mi spiace» rispose lui, tenendole il braccio con tocco leggero. «Non abbiamo avuto molto tempo per noi di recente, vero?»

Vin scosse il capo.

«Provvederò» disse Elend. «Non appena questa confusione sarà terminata, una volta che il trono sarà al sicuro, potremo tornare a pensare a noi.»

Vin annuì, poi si voltò bruscamente nel notare un movimento dietro di sé. Un delegato che attraversava il palco.

«Sei nervosa» Elend si accigliò un poco. «Perfino più del solito. Cosa mi sfugge?»

Vin agitò la testa. «Non lo so.»

Elend salutò il delegato - uno dei rappresentanti degli skaa - con una decisa stretta di mano. Vin restò ferma al suo fianco, la sua malinconia di prima che evaporava come nebbia mentre la mente tornava al presente. Cos'è che mi turba?

La stanza era piena zeppa: tutti volevano assistere agli eventi del giorno. Elend era stato costretto a collocare guardie alle porte per mantenere l'ordine. Ma non era solo il numero di persone a renderla tesa. Era una sensazione di qualcosa di...

sbagliato in quell'avvenimento. La gente si stava radunando come dei mangiacarogne attorno a una carcassa in decomposizione.

«Questo non è giusto» si indignò Vin, tenendo il braccio di Elend mentre il delegato si allontanava. «I governi non dovrebbero passare di mano basandosi su argomentazioni declamate da un leggio.»

«Solo perché non è avvenuto in questo modo in passato, non significa che non dovrebbe accadere» disse Elend.

Vin scosse il capo. «Qualcosa andrà storto, Elend. Cett ti sorprenderà, e forse anche Penrod. Uomini come loro non se ne stanno seduti a permettere che un voto decida il loro futuro.»

«Lo so» disse Elend. «Ma non sono gli unici che possono tirar fuori sorprese.»

Vin lo guardò con un'espressione interrogativa. «Stai tramando qualcosa?»

Lui indugiò, poi le lanciò un'occhiata. «Io... be', Ham e io abbiamo escogitato qualcosa la scorsa notte. Una manovra. Ho cercato di trovare un modo per parlartene, ma non c'è stato proprio tempo. Dovevamo muoverci in fretta.»

Vin aggrottò le sopracciglia, percependo la sua apprensione. Iniziò a dire qualcosa, poi però si interruppe, studiando i suoi occhi. Pareva un poco imbarazzato.

«Cosa c'è?» chiese lei.

«Be'... in un certo senso coinvolge te e la tua reputazione. Avevo intenzione di chiederti il permesso, ma...»

Vin provò un leggero brivido. Dietro di loro, l'ultimo delegato occupò il proprio posto, e Penrod si alzò per dirigere i lavori della seduta. Lanciò un'occhiata verso Elend, schiarendosi la gola.

Elend imprecò sottovoce. «Ascolta, non ho tempo di spiegare» disse. «Ma non è niente di che. Potrebbe perfino non procurarmi così tanti voti. Ma dovevo tentare. E

non cambia nulla. Fra noi, intendo.»

«Cosa?»

«Lord Venture?» si inserì Penrod. «Siete pronto per l'inizio di questa seduta?»

Calò il silenzio. Vin ed Elend erano ancora in piedi al centro del palco, fra il leggio e gli scranni dei membri dell'Assemblea. Lei lo guardò, divisa fra un senso di terrore, di confusione e una leggera sensazione di tradimento.

Perché non me l'hai detto?, pensò lei. Come posso essere pronta se non mi spieghi cos'hai in mente? E... perché mi stai guardando a quel modo?

«Mi spiace» si scusò Elend, andando a prendere il proprio posto.

Vin rimase in piedi da sola di fronte all'uditorio. Una volta, così tanta attenzione l'avrebbe terrorizzata. La metteva ancora a disagio. Abbassò un poco la testa, camminando verso le panche sul fondo e il suo posto vuoto.

Ham non era lì. Vin si accigliò, voltandosi mentre Penrod apriva i lavori. Eccolo, pensò, trovando Ham fra il pubblico, seduto tranquillo con un gruppo di skaa.

Quelle persone stavano evidentemente conversando sottovoce, ma perfino con lo stagno Vin non sarebbe mai stata in grado di distinguere le loro voci in quella gran folla. Breeze se ne stava con alcuni dei soldati di Ham sul fondo della stanza. Non aveva importanza se sapessero del piano di Elend: erano troppo distanti perché lei potesse interrogarli.

Irritata, si mise a posto le gonne, poi si sedette. Non si era sentita così ignara dei piani da quando...

Da quella notte di un anno fa, si ricordò, quel momento proprio prima che comprendessimo il vero piano di Kelsier quel momento in cui pensavo che tutto stesse crollando attorno a me.

Forse era un buon segno. Elend aveva escogitato qualche guizzo di genialità politica dell'ultimo minuto? Non importava davvero che non l'avesse condiviso con lei: probabilmente lei non ne avrebbe capito comunque il fondamento legale.

Ma... ha sempre condiviso i suoi piani con me, prima.

Penrod continuò a parlare con voce monotona, probabilmente per occupare tutto il suo tempo di fronte all'Assemblea. Cett era sulla prima panca del pubblico, circondato da una buona ventina di soldati, seduto con uno sguardo compiaciuto. E

ne aveva motivo. Da tutto quello che lei aveva sentito, Cett accoglieva quel voto in tutta tranquillità.

Ma cosa stava tramando Elend?

Penrod voterà per sé stesso, pensò Vin. Così farà Elend. Questo lascia ventidue voti. I mercanti spalleggeranno Cett, e così gli skaa. Hanno troppa paura di quell'esercito per votare per qualcun altro.

Questo lascia solo la nobiltà. Alcuni di loro voteranno per Penrod: è il nobile più forte della città; molti dei membri dell’'Assemblea sono suoi alleati politici di lunga data. Ma perfino se ottiene metà dei nobili - cosa che probabilmente non accadrà -

Cett vincerà comunque. Gli serve solo una maggioranza dei due terzi per ottenere il trono.

Otto mercanti, otto skaa. Sedici uomini dalla parte di Cett. Avrebbe vinto lui.

Cosa poteva mai fare Elend?

Penrod terminò infine i suoi discorsi d'apertura. «Ma prima che votiamo,»

concluse «vorrei concedere del tempo ai candidati per fare qualunque dichiarazione finale desiderino. Lord Cett, volete essere il primo?»

Fra il pubblico, Cett scosse il capo. «Ho fatto le mie offerte e le mie minacce, Penrod. Sapete tutti che dovete votare per me.»

Vin si indignò. Pareva sicuro di sé, eppure... Passò in rassegna la folla, gli occhi che cadevano su Ham. Stava parlando col capitano Demoux. E seduto accanto a lui c'era uno degli uomini che l'avevano seguita al mercato. Un sacerdote del Sopravvissuto.

Vin si voltò, studiando l'Assemblea. I rappresentanti degli skaa parevano a disagio. Lanciò un'occhiata a Elend, che si alzò per il proprio turno davanti al leggio. La precedente sicurezza era tornata, e aveva un aspetto regale nella sua uniforme di un bianco nitido. Indossava ancora la corona.

'Non cambia le cose', aveva detto. 'Fra noi...'

'Mi spiace.'

Qualcosa che avrebbe sfruttato la sua reputazione per fargli ottenere voti. La reputazione di Vin era quella di Kelsier, e solo per gli skaa aveva davvero importanza. E c'era un modo semplice per guadagnare influenza con loro...

«Ti sei unito alla Chiesa del Sopravvissuto, non è vero?» bisbigliò lei.

Le reazioni dei delegati skaa, la logica del momento, le parole che Elend le aveva detto prima. All'improvviso tutto quanto acquistò un senso. Se Elend si era unito alla Chiesa, i delegati skaa probabilmente avrebbero avuto paura di votare contro di lui. E a Elend non occorrevano sedici voti per ottenere il trono; se l'Assemblea si fosse trovata in stallo, lui avrebbe vinto. Con gli otto skaa e il suo stesso voto, gli altri non sarebbero mai stati in grado di estrometterlo.

«Molto astuto» sussurrò lei.

Quel raggiro avrebbe potuto non funzionare. Dipendeva da quanto ascendente aveva la Chiesa del Sopravvissuto sui delegati skaa. Tuttavia, anche se alcuni skaa avessero votato contro Elend, c'erano comunque i nobili che probabilmente avrebbero votato per Penrod. Se fossero stati in numero sufficiente, Elend avrebbe comunque messo in stallo l'Assemblea e avrebbe conservato il trono.

Gli sarebbe costato soltanto la sua integrità.

Questo non è giusto, si disse Vin. Se Elend si era unito alla Chiesa del Sopravvissuto, avrebbe dovuto mantenere qualunque promessa aveva fatto. E se la Chiesa del Sopravvissuto avesse ottenuto un sostegno ufficiale, a Luthadel sarebbe potuta diventare potente quanto un tempo lo era stato il Culto d'Acciaio. E... in che modo questo avrebbe cambiato come Elend la vedeva?

'Questo non cambia nulla' aveva promesso lui.

Un po' intontita, lo udì iniziare il suo discorso, e i riferimenti a Kelsier ora le parvero ovvi. Eppure l'unica cosa che riusciva a provare era una leggera sensazione di ansia. Era come Zane aveva detto. Lei era il pugnale... un diverso tipo di pugnale, ma comunque uno strumento. Il mezzo tramite il quale Elend avrebbe protetto la città.

Sarebbe dovuta essere furiosa o almeno disgustata. Perché i suoi occhi continuavano a dardeggiare verso la folla? Perché non riusciva a concentrarsi su quello che stava dicendo Elend, su come la stava esaltando? Perché all'improvviso era così nervosa?

Perché quegli uomini si stavano muovendo in modo furtivo lungo i bordi della sala?

«Perciò,» dichiarò Elend «per la benedizione del Sopravvissuto in persona, vi chiedo di votare per me.»

Attese in silenzio. Era una mossa drastica: unirsi alla Chiesa del Sopravvissuto poneva Elend sotto l'autorità spirituale di un gruppo esterno. Ma sia Ham sia Demoux l'avevano reputata una buona idea. Elend aveva passato la maggior parte della giornata precedente diffondendo la notizia della sua decisione ai cittadini skaa.

Pareva una buona mossa. L'unica cosa che lo preoccupava era Vin. Le lanciò un'occhiata. Non le piaceva il suo ruolo nella Chiesa del Sopravvissuto, e il fatto che Elend si fosse unito a essa significava che invece lui - tecnicamente - lo accettava all'interno di quella mitologia. Elend cercò di incontrare il suo sguardo e sorridere, ma lei non lo stava osservando. Stava guardando verso il pubblico.

Elend si accigliò. Vin si alzò in piedi.

Un uomo dalla platea all'improvviso spinse via due soldati nella prima fila, poi fece un balzo sovrannaturalmente lungo fino alla predella. L'uomo estrasse un bastone da duello.

Cosa?, pensò Elend sbigottito. Per fortuna i mesi passati a esercitarsi su ordine di Tindwyl gli avevano conferito istinti che non sapeva di avere. Mentre il Lottatore caricava, Elend si piegò e rotolò. Cadde al suolo, affannandosi per poi voltarsi a vedere l'uomo corpulento che si avventava su di lui, con il bastone da duello sollevato.

Un turbine di merletto bianco e gonne svolazzò nell'aria sopra Elend. Vin si schiantò a piedi uniti contro il Bruto, gettandolo all'indietro mentre lei ruotava, le gonne che si allargavano.

L'uomo grugnì. Vin atterrò con un tonfo proprio di fronte a Elend. La Sala dell'Assemblea riecheggiò di urla e grida improvvise.

Vin scalciò via il leggio. «Resta dietro di me» sussurrò, con un pugnale di ossidiana che scintillava nella sua mano destra.

Elend annuì incerto, slacciando la spada dalla vita mentre si rimetteva in piedi. Il Lottatore non era solo: tre gruppetti di uomini armati si stavano muovendo nella stanza. Uno attaccò la prima fila, distraendo alcune guardie. Un altro manipolo stava salendo sul palco. Il terzo pareva occupato da qualcosa nella folla. I soldati di Cett.

Il Lottatore si era rimesso in piedi. Pareva che non avesse subito molti danni dal calcio di Vin.

Assassini, intuì Elend. Ma chi li ha mandati?

L'uomo sorrise mentre veniva raggiunto da un gruppo di cinque compagni. La stanza piombò nel caos: i delegati si sparpagliavano e le loro guardie del corpo si precipitavano a circondarli. Tuttavia lo scontro sul fronte del palco impediva a chiunque di scappare in quella direzione. I delegati si accalcarono attorno all'uscita laterale del palco. Gli assalitori, però, non parvero curarsi di loro.

Solo di Elend.

Vin rimase accucciata, aspettando che gli uomini attaccassero per primi, in posizione minacciosa malgrado l'abito inappropriato. Elend pensò addirittura di sentirla mugugnare piano.

Gli uomini attaccarono.

Vin scattò in avanti, vibrando un pugnale contro il Bruto alla testa del gruppo.

L'allungo dell'uomo era eccessivo, comunque, e riuscì facilmente a deviare l'attacco con una spazzata del bastone. C'erano sei uomini in totale; tre erano evidentemente Lottatori, il che lasciava gli altri tre come

probabili Sparamonete o Attrattori. Una forte componente di allomanti che potevano controllare il metallo. Qualcuno non voleva che lei terminasse questo combattimento troppo in fretta con delle monete.

Non capivano che lei non le avrebbe mai usate in quella situazione. Non con Elend così vicino e con così tante persone nella sala. Le monete non potevano essere deviate in sicurezza. Se lei ne avesse gettato una manciata contro i nemici, sarebbero potute morire persone innocenti.

Doveva uccidere questi uomini in fretta. Si stavano già disponendo a ventaglio, circondando lei ed Elend. Si muovevano a coppie: un Lottatore e un Repulsore in ogni squadra. Avrebbero attaccato dai lati, cercando di superare lei per arrivare a Elend.

Vin si protese dietro di sé col ferro, Tirando la spada di Elend dal suo fodero con uno stridio squillante. La prese per l'elsa, scagliandola contro una delle squadre. Il Repulsore gliela Spinse di nuovo contro, e lei a sua volta la Spinse di lato, facendola roteare verso una seconda coppia di allomanti.

Uno di loro la Spinse ancora un volta verso di lei. Vin Tirò da dietro, facendo schioccare il fodero bordato di metallo di Elend via dalle sue mani e poi scagliandolo attraverso l'aria per la fibbia. Il fodero superò la spada in volo. Stavolta lo Sparamonete nemico Spinse via entrambi gli oggetti, deviandoti verso il pubblico in fuga.

Uomini gridarono disperati mentre calpestavano altri e cercavano di farsi strada a forza fuori dalla stanza. Vin digrignò i denti. Le serviva un'arma migliore.

Scagliò un pugnale di pietra contro una coppia di assassini, poi balzò verso un'altra, roteando sotto l'attacco dell'arma del Lottatore. Il Repulsore non aveva su di sé alcun metallo che lei potesse percepire: era lì solo per impedirle di uccidere il Bruto con le monete. Probabilmente ritenevano che Vin sarebbe stata facile da sconfiggere, una volta privata della sua capacità di sparare monete.

Il Lottatore fece roteare il suo bastone, cercando di colpirla con l'estremità. Lei afferrò l'arma, strattonandola avanti e saltando in alto mentre Spingeva contro gli scranni dell'Assemblea dietro di lei. I suoi piedi centrarono il Bruto nel petto, e lei scalciò forte avvampando peltro. Mentre lui mugugnava, Vin si Tirò all'indietro verso i chiodi degli scranni più forte che poteva.

Il Lottatore riuscì a mantenersi in piedi. Parve del tutto sorpreso, però, di trovare Vin che si allontanava rapida da lui con il suo bastone fra le mani.

Lei atterrò e ruotò verso Elend. Lui aveva trovato un'arma - un bastone da duello

- e aveva avuto il buonsenso di indietreggiare fino a mettersi spalle al muro. Alla destra di Vin, alcuni delegati se ne stavano raccolti, circondati dalle loro guardie. La stanza era troppo affollata, le uscite troppo piccole e ristrette per poter consentire a tutti di scappare.

I delegati non si mossero per aiutare Elend.

Uno degli assassini lanciò un urlo di avvertimento mentre Vin Spingeva contro gli scanni e si slanciava verso di loro, passando di fronte a Elend. Due Lottatori sollevarono le armi mentre Vin si rigirava in aria, Tirando leggermente contro i cardini di una porta. Il suo abito svolazzò mentre atterrava.

Devo davvero ringraziare quel sarto, pensò mentre sollevava il bastone. Per un attimo meditò di strappar via il vestito comunque, ma i Bruti furono su di lei troppo rapidamente. Vin bloccò entrambi i colpi, poi si gettò fra gli uomini, avvampando peltro, muovendosi più veloce di loro.

Uno di loro imprecò, cercando di fermarla col proprio bastone. Vin gli ruppe la gamba prima che potesse farlo. Lui cadde con un gemito, e Vin gli balzò sulla schiena, costringendolo a terra mentre vibrava un colpo dall'alto verso il basso contro il secondo Bruto. Lui lo parò, poi spinse l'arma contro la sua per gettarla giù dalla schiena del suo compagno.

Elend attaccò. Le azioni del re, però, parevano fiacche a paragone dei movimenti di uomini che bruciavano peltro. Il Lottatore si voltò quasi con noncuranza, intercettando l'arma di Elend con un facile colpo.

Vin imprecò mentre cadeva. Scagliò il bastone contro il Bruto, costringendolo a distogliere la sua attenzione da Elend. Lui riuscì appena ad abbassarsi per schivare mentre Vin colpiva il suolo, rimbalzava in piedi ed estraeva un secondo pugnale.

Schizzò in avanti prima che il Bruto potesse tornare a voltarsi verso Elend.

Una raffica di monete volò verso di lei. Non poteva Spingerle indietro, non verso la folla. Lanciò un urlo, gettandosi

fra le monete ed Elend, poi Spinse dai lati, dividendole meglio che poteva in modo che venissero deviate verso la parete. Nonostante ciò, avvertì un dolore alla propria spalla

Dove ha preso le monete?, pensò in preda alla frustrazione. Comunque, mentre lanciava un'occhiata di lato, vide il Repulsore in piedi accanto a un delegato tremante, che era stato costretto a consegnargli il suo borsellino.

Vin digrignò i denti. Il braccio le funzionava ancora. Questo era tutto ciò che importava. Urlò e si gettò contro il Lottatore più vicino. Però il terzo Bruto aveva recuperato la sua arma - quella che Vin aveva allontanato - e ora stava girando in cerchio con il suo Repulsore per provare a sorprendere Vin alle spalle.

Uno alla volta, pensò lei.

Il Lottatore vicino a lei vibrò la sua arma. Doveva sorprenderlo. Così non schivò o parò. Si prese semplicemente il colpo contro il fianco, bruciando duralluminio e peltro per resistere. Qualcosa si spezzò dentro di lei mentre veniva colpita, ma col duralluminio ebbe abbastanza forza per rimanere in piedi. Il legno andò in pezzi e lei continuò ad avanzare, conficcando il pugnale nel collo del Bruto.

Quello cadde, rivelando un Repulsore sorpreso dietro di lui. Il peltro di Vin evaporò insieme col duralluminio, e accusò il dolore al fianco. Ciò nonostante, strattonò via il suo pugnale mentre il Lottatore cadeva, muovendosi abbastanza rapidamente da atterrare il Repulsore con un coltello nel petto.

Poi incespicò, annaspando piano, tenendosi il fianco mentre due uomini morivano ai suoi piedi.

Rimane un Bruto, pensò disperatamente. E due Sparamonete.

Elend ha bisogno di me. Da un lato, vide uno dei Repulsori scagliare una raffica di monete rubate contro Elend. Vin urlò, Spingendole via, e udì il Repulsore imprecare.

Si voltò - contando sul fatto che le linee azzurre del suo acciaio l'avrebbero avvertita se lo Sparamonete avesse cercato di scagliare qualcos'altro contro Elend - e strappò via la fiala di metalli di riserva dalla manica, dove era stata legata stretta per impedire che venisse Tirata via. Però, perfino mentre apriva il tappo, la boccetta venne strattonata dalla sua mano ormai priva di agilità. Il secondo Sparamonete sogghignò mentre Spingeva via la fiala, rovesciandola e spargendone i contenuti sul pavimento.

Vin grugnì, ma la sua mente stava diventando sfocata. Aveva bisogno di peltro.

Senza di esso, la grossa ferita di una moneta sulla spalla - il sangue che stava arrossando la sua manica smerlettata - e il dolore lancinante al fianco erano insopportabili. Quasi non riusciva a pensare.

Un bastone venne vibrato verso la sua testa. Balzò di lato, rotolando. Però non aveva più la grazia o la velocità del peltro. Avrebbe potuto schivare il colpo di un uomo normale, ma l'attacco di un allomante era un'altra cosa.

Non avrei dovuto bruciare il duralluminio!, pensò. Era stato un azzardo che le aveva permesso di uccidere due assassini, ma l'aveva lasciata troppo esposta. Il bastone calò verso di lei.

Qualcosa di grosso urtò contro il Bruto, gettandolo a terra in un ringhiante turbine di artigli. Vin completò la schivata mentre il Lottatore dava un pugno in testa a OreSeur, spaccandogli il cranio. Tuttavia il Bruto sanguinava e imprecava, e il suo bastone era rotolato via. Vin lo raccolse, rimettendosi in piedi a fatica e digrignando i denti mentre conficcava l'estremità del bastone contro la faccia dell'uomo. Lui ricevette il colpo imprecando, spazzando il piede di Vin con un calcio.

Lei cadde accanto a OreSeur. Il caccialupi, stranamente, stava sorridendo. C'era una ferita sulla sua spalla.

No, non una ferita. Un'apertura nella carne... e una fiala di metallo all'interno. Vin l'afferrò, rotolando, tenendola nascosta mentre il Lottatore si metteva in piedi.

Tracannò il liquido e le scaglie di metallo che conteneva. Sul pavimento davanti a lei potè vedere l'ombra del Bruto che sollevava la sua arma per colpire dall'alto verso il basso.

Il peltro si accese con una vampata dentro di lei e le sue ferite divennero semplici ronzii irritanti. Schivò di lato mentre il colpo cadeva, schiantandosi contro il pavimento, gettando in aria frammenti di legno. Vin volteggiò di nuovo in piedi, sbattendo il pugno contro il braccio del suo avversario sbigottito.

Non fu sufficiente a rompere le ossa, ma ovviamente fece male. Il Lottatore - ora senza due denti - grugnì dal dolore. Da un lato, Vin vide OreSeur in piedi, la sua mascella di cane che pendeva in modo innaturale. Fece un cenno col capo verso di lei: il Bruto lo avrebbe ritenuto morto per via del cranio fracassato.

Altre monete volarono verso Elend. Lei le Spinse via senza nemmeno guardare.

Di fronte a lei, OreSeur colpì il Bruto da dietro, facendolo ruotare proprio mentre Vin attaccava. Il bastone del Lottatore passò a pochi centimetri dalla sua testa mentre si schiantava contro la schiena di OreSeur, ma la mano di Vin colpì l'uomo in faccia. Non gli assestò un pugno, però: non sarebbe servito a molto contro un Bruto.

Protese un dito in fuori, con una mira incredibile. L'occhio del Bruto esplose mentre lei glielo conficcava nell'orbita.

Balzò indietro mentre quello urlava di dolore, sollevando una mano verso il volto.

Gli piantò i pugni nel petto, gettandolo a terra, poi balzò sopra la forma accartocciata di OreSeur e raccolse il suo pugnale da terra.

Il Bruto morì, afferrandosi il viso in preda all'agonia, il coltello di Vin nel petto.

Lei ruotò su sé stessa, cercando disperatamente Elend. Lui aveva preso l'arma di uno dei Lottatori caduti e stava tenendo a bada i due Repulsori rimasti, apparentemente frustrati dal fatto che lei avesse Spinto via tutti i loro attacchi con le monete. Per questo avevano estratto i loro bastoni da duello per attaccarlo direttamente. L'addestramento di Elend, a quanto pareva, era stato sufficiente a mantenerlo in vita, ma solo perché i suoi avversari avevano dovuto tenere d'occhio Vin per assicurarsi che lei non cercasse di usare le monete.

Vin scalciò verso l'alto il bastone dell'uomo che aveva appena ucciso, afferrandolo. Uno Sparamonete urlò mentre lei ringhiava e scattava verso di loro, facendo roteare la sua arma. Uno ebbe la prontezza di Spingere contro gli scanni e lanciarsi via. L'arma di Vin lo intercettò comunque a mezz'aria, gettandolo da un lato. La spazzata successiva abbatté il suo compagno, che aveva cercato di scappare.

Elend rimase lì ad ansimare, con l'abito spiegazzato.

Si è comportato meglio di quanto credessi, ammise Vin, piegandosi per cercare di valutare il danno al suo fianco. Doveva procurarsi una benda per quella spalla. La moneta non aveva colpito l'osso, ma l'emorragia avrebbe...

«Vin!» gridò Elend.

Qualcosa di molto forte la ghermì all'improvviso da

dietro. Vin rimase senza fiato mentre veniva strattonata all'indietro e gettata per terra.

Il primo Bruto. Gli aveva spezzato la gamba, poi si era dimenticata...

Lui strinse le mani attorno al collo, mentre si inginocchiava sopra di lei, le sue gambe che le premevano contro il petto, il volto inferocito dalla rabbia. Aveva gli occhi strabuzzati, adrenalina mista a peltro.

Vin annaspò in cerca di fiato. Ricordò di anni precedenti, a percosse infertele da uomini che torreggiavano sopra di lei. Camon, Reen e una dozzina d'altri.

No!, pensò lei, avvampando peltro, dibattendosi. Lui la teneva bloccata, però, ed era molto più grosso di lei. Molto più forte. Elend vibrò il bastone contro la schiena dell'uomo, ma il Bruto a malapena trasalì.

Vin non riusciva a respirare. Si sentiva la gola schiacciata. Cercò di disserrare le mani del Lottatore, ma era come aveva sempre detto Ham. La sua taglia minuta era un grande vantaggio in molte situazioni, ma quando si trattava di forza bruta, lei non poteva competere per mole e muscoli. Cercò di Tirarsi di lato, ma la stretta dell'uomo era troppo salda, il peso di Vin troppo inferiore rispetto a quello del Bruto.

Lei si dibatteva invano. Aveva ancora del duralluminio - bruciarlo faceva scomparire solo gli altri metalli, non il duralluminio stesso - ma l'ultima volta l'aveva quasi fatta ammazzare. Se non avesse abbattuto il Lottatore in fretta, sarebbe rimasta di nuovo senza peltro.

Elend continuò a colpire, gridando in cerca d'aiuto, ma la sua voce risuonava distante. Il Bruto premette la sua faccia quasi contro quella di Vin e lei potè vedere la sua furia. In quel momento, incredibilmente, le venne in mente un pensiero.

Dove ho già visto quest'uomo?

La sua vista si annebbiò. Però, mentre il Bruto stringeva la presa, si sporse vicino, più vicino, sempre più vicino...

Non aveva scelta. Vin bruciò duralluminio e avvampò il peltro. Scagliò via le mani dell'avversario e fece cozzare la sua testa all'insù contro il volto dell'uomo.

La testa dell'uomo esplose con la stessa facilità dell'occhio di prima.

Vin annaspò in cerca di fiato e allontanò da sé il corpo senza testa. Elend barcollò all'indietro, la giacca e la faccia schizzate di sangue. Vin si rimise in piedi barcollando. La sua vista ondeggiò mentre il peltro si dissipava, ma perfino in quelle condizioni potè scorgere un'emozione sul volto di Elend, netta quanto il sangue sulla sua bianca uniforme brillante.

Orrore.

No, pensò lei, mentre la mente le si andava spegnendo. Per favore, Elend, non quello...

Cadde in avanti, incapace di rimanere cosciente.

Elend sedeva col suo completo rovinato, le mani contro la fronte, il disastro della Sala dell'Assemblea deserta attorno a lui in un'atmosfera ossessionante.

«Vivrà» annunciò Ham. «Non è ferita in modo così grave. O... be', non così grave per Vin. Ha solo bisogno di peltro in abbondanza e un po' delle cure di Sazed. Lui dice che le costole non sono nemmeno rotte, solo incrinate.»

Elend annuì con fare assente. Alcuni soldati stavano rimuovendo i cadaveri, fra cui i sei uomini che Vin aveva ucciso, incluso quello alla fine.

Elend chiuse gli occhi con forza.

«Cosa c'è?» chiese Ham.

Elend aprì gli occhi, chiudendo le mani a pugno per impedire che tremassero. «So che hai visto parecchie battaglie, Ham» disse. «Ma io non ci sono abituato. Non sono abituato a...» Distolse lo sguardo mentre i soldati trascinavano via il corpo senza testa.

Ham osservò il cadavere che veniva allontanato.

«L'ho vista combattere per davvero una sola volta prima d'ora, sai» disse Elend piano. «Nel palazzo, un anno fa. Ha solo scagliato alcuni uomini contro le pareti.

Non fu affatto come questo.»

Ham prese posto accanto a Elend sulle panche. «Lei è un Mistborn, El. Cosa ti aspettavi? Un unico Lottatore può abbattere con facilità dieci uomini; a dozzine, se ha un Repulsore a spalleggiarlo. Un Mistborn... be', è come un esercito in una sola persona.»

Elend annuì. «Lo so, Ham. So che ha ucciso il lord Reggente, mi ha perfino raccontato di aver affrontato diversi Inquisitori d'Acciaio. Ma non avevo mai visto...»

Elend chiuse di nuovo gli occhi. L'immagine di Vin che barcollava verso di lui alla fine, il suo stupendo abito da sera bianco coperto del sangue di un uomo che lei aveva appena ucciso con la propria fronte...

L'ha fatto per proteggermi, rifletté lui. Ma questo non lo rende meno inquietante.

Forse lo rende persino un po' più inquietante.

Si costrinse ad aprire gli occhi. Non poteva permettersi di essere distratto: doveva essere forte. Era re.

«Pensi che li abbia mandati Straff?» chiese Elend.

Ham annuì. «Chi altri? Gli obiettivi eravate tu e Cett. Suppongo che la tua minaccia di uccidere Straff non fosse vincolante come avevamo ritenuto.»

«Come sta Cett?»

«È fuggito: l'ha scampata a malapena. Allo stato delle cose, hanno massacrato metà dei suoi soldati. Nella mischia, Demoux e io non riuscivamo nemmeno a vedere cosa stava succedendo sul palco con te e Vin.»

Elend annuì. Per quando Ham era arrivato, Vin si era già sbarazzata degli assassini. Le erano occorsi solo pochi minuti per eliminarli tutti e sei.

Ham rimase in silenzio per un momento. Infine si voltò verso Elend. «Lo ammetto, El» disse piano. «Sono impressionato. Non ho visto il combattimento, ma ne ho visto i risultati. Una cosa è combattere sei allomanti, ma farlo proteggendo al contempo una persona normale e impedendo che ai presenti venga fatto del male è tutt'altra. E quell'ultimo uomo...»

«Ti ricordi quando ha salvato Breeze?» chiese Elend. «Era così distante, ma giuro di averla vista scagliare in aria dei cavalli con la sua allomanzia. Hai mai sentito nulla del genere?»

Ham scosse il capo.

Elend restò seduto in silenzio per un momento. «Credo che abbiamo bisogno di elaborare dei piani. Considerati gli avvenimenti di oggi, non possiamo...»

Ham alzò lo sguardo mentre Elend si interrompeva a metà frase. «Cosa c'è?»

«Un messaggero.» Elend fece un cenno col capo verso la soglia. Come previsto, l'uomo si presentò ai soldati, poi venne scortato sul palco. Elend si alzò in piedi, dirigendosi a

incontrare quell'uomo basso che indossava lo stemma di Penrod sulla casacca.

«Mio signore» esordì l'uomo inchinandosi. «Sono stato mandato a informarvi che la votazione avrà luogo nella residenza di lord Penrod.»

«La votazione?» chiese Ham. «Che assurdità è mai questa? Sua Maestà è stato quasi ucciso oggi!»

«Sono spiacente, mio signore» replicò l'assistente. «Mi è stato semplicemente detto di recapitare il messaggio.»

Elend sospirò. Aveva sperato che, nella confusione, Penrod non si sarebbe ricordato della scadenza. «Se non scelgono un nuovo sovrano oggi, Ham, allora mantengo io la corona. Hanno già sprecato il periodo di proroga.»

Ham sospirò. «E se ci fossero altri assassini?» chiese sottovoce. «Vin dovrà stare a riposo per alcuni giorni, come minimo.»

«Non posso contare su di lei tutto il tempo per la mia protezione» ribatté Elend.

«Andiamo.»

«Io voto per me stesso» annunciò lord Penrod.

Nulla di inatteso, pensò Elend. Sedeva nel confortevole salotto di Penrod, accompagnato da un gruppo di delegati scossi, nessuno dei quali, per fortuna, era stato ferito nell'attacco. Diversi di loro tenevano in mano coppe di vino, e c'era un vero e proprio esercito di guardie ad attendere attorno al perimetro, squadrandosi a vicenda con cautela. La stanza affollata ospitava anche Noorden e altri tre scribi, che erano lì come testimoni per la votazione, come prescritto dalla legge.

«Anch'io voto per lord Penrod» disse lord Dukaler.

Anche questo non è inatteso, rifletté Elend. Mi domando quanto sia costato a Penrod.

La Residenza Penrod non era una fortezza, ma era decorata in modo sfarzoso. La comodità della poltrona era un gradito sollievo dalle tensioni della giornata. Tuttavia Elend temeva che fosse troppo tranquillizzante. Sarebbe stato molto semplice lasciarsi andare.

«Io voto per Cett» dichiarò lord Habren.

Elend drizzò le orecchie. Era il secondo per Cett, cosa che lo metteva in svantaggio rispetto a Penrod di tre voti.

Tutti si voltarono verso Elend. «Io voto per me stesso» annunciò, cercando di proiettare una fermezza che era

difficile mantenere dopo tutto quello che era accaduto. I mercanti erano i successivi. Elend si appoggiò all'indietro, pronto per l'attesa sequela di voti per Cett.

«Io voto per Penrod» dichiarò Philen.

Elend si mise dritto, in allerta. Cosa?

Anche il mercante successivo votò per Penrod. Così come quello dopo, e quello dopo ancora. Elend sedette sbalordito, in ascolto. Cosa mi sono perso?, si chiese.

Lanciò un'occhiata verso Ham, Il quale scrollò le spalle confuso.

Philen scoccò uno sguardo verso Elend, sorridendo affabilmente. Elend non riuscì a capire se in quello sguardo ci fosse acredine o soddisfazione. Hanno cambiato affiliazione? Così rapidamente? Era stato proprio Philen a introdurre Cett in città.

Elend abbassò lo sguardo verso la fila di mercanti, cercando con poco successo di giudicare le loro reazioni. Cett stesso non era presente a quella seduta: si era ritirato alla Fortezza Hasting per curarsi le ferite.

«Io voto per lord Venture» affermò Haws, membro più importante della fazione skaa. Anche questo fatto riuscì a mandare un fremito per la stanza. Haws incontrò lo sguardo di Elend e annuì. Credeva fermamente nella Chiesa del Sopravvissuto e, mentre i diversi predicatori di quella religione stavano iniziando a essere in disaccordo su come organizzare i seguaci, convenivano tutti che un credente sul trono per loro sarebbe stato meglio che consegnare la città a Cett.

Ci sarà un prezzo da pagare per questo loro sostegno, valutò Elend mentre gli skaa votavano. Conoscevano la reputazione di Elend come uomo onesto, e non avrebbe tradito la loro fiducia.

Lui aveva detto loro che sarebbe diventato pubblicamente un membro della setta.

Non aveva promesso fede, ma aveva assicurato devozione. Non era ancora certo di cosa avesse concesso, ma entrambi sapevano che il bisogno sarebbe stato reciproco.

«Io voto per Penrod» dichiarò Jasten, un lavoratore dei canali.

«Anch'io» dichiarò Thurts, suo fratello.

Elend digrignò i denti. Aveva saputo che ci sarebbero stati problemi: a quei due non era mai piaciuta la Chiesa del

Sopravvissuto. Ma quattro degli skaa gli avevano già dato i loro voti. Con solo due rimanenti, aveva un'ottima opportunità di arrivare a uno stallo.

«Io voto per Venture» affermò l'uomo successivo.

«Anch'io» votò l'ultimo skaa. Elend rivolse all'uomo, Vet, un sorriso di apprezzamento.

Questo lasciava quindici voti per Penrod, due per Cett e sette per Elend. Stallo.

Elend si reclinò un poco all'indietro, la testa poggiata contro lo schienale imbottito della poltrona, sospirando piano.

Hai fatto il tuo lavoro, Vin, pensò. E io il mio. Ora dobbiamo solo mantenere integro questo paese.

«Ehm,» chiese una voce «mi è consentito cambiare il mio voto?»

Elend aprì gli occhi. Era lord Habren, uno di quelli che avevano votato per Cett.

«Voglio dire, ormai è ovvio che Cett non vincerà» spiegò Habren, arrossendo un poco. Il giovane era un lontano cugino della famiglia Elariel, motivo per cui probabilmente aveva ottenuto il seggio. Quel nome era ancora sinonimo di potere a Luthadel.

«Non sono sicuro se si possa cambiare o no» rispose lord Penrod.

«Be', preferirei che il mio voto contasse qualcosa» ribatté Habren. «Ci sono solo due voti per Cett, dopotutto.»

Il silenzio calò sulla stanza. Uno per uno, i membri dell'Assemblea si voltarono verso Elend. Noorden lo scriba incontrò i suoi occhi. C'era una clausola che permetteva agli uomini di cambiare il proprio voto, sempre che il cancelliere non avesse chiuso ufficialmente la votazione, cosa che in effetti non aveva fatto.

La clausola era piuttosto tortuosa; probabilmente Noorden era l'unica altra persona nella stanza che conosceva la legge abbastanza bene da interpretarla. Annuì lievemente, con gli occhi ancora fissi su quelli di Elend. Avrebbe tenuto a freno la lingua.

Elend sedeva immobile in una stanza piena di uomini che si fidavano di lui, anche se l'avevano deposto. Poteva fare come Noorden. Poteva restare in silenzio, oppure poteva dire di non saperlo.

«Sì» affermò Elend piano. «La legge vi consente di cambiare il vostro voto, lord Habren. Potete farlo una volta sola e ciò deve avvenire prima che il vincitore sia stato dichiarato. Chiunque altro gode della stessa opportunità.»

«Allora io voto per lord Penrod» affermò Habren.

«Anch'io» dichiarò lord Hue, l'altro che aveva votato per Cett.

Elend chiuse gli occhi.

«Ci sono altri cambiamenti?» chiese lord Penrod.

Nessuno parlò.

«Allora,» proseguì Penrod «vedo diciassette voti per me stesso e sette voti per lord Venture. Dichiaro ufficialmente chiusa la votazione e accetto umilmente la vostra nomina a re. Servirò al meglio delle mie capacità.»

Elend si alzò, poi lentamente si tolse la corona. «Ecco» disse, posandola sulla mensola del camino. «Avrete bisogno di questa.»

Fece un cenno col capo a Ham, poi se ne andò senza guardare indietro verso gli uomini che l'avevano destituito.