Gli altri mi definiscono pazzo. Come ho detto, potrebbe essere vero.

43

La nebbia si riversò nella stanza buia, cadendo attorno a Vin come una cascata mentre lei se ne stava presso la portafinestra aperta del balcone. Elend era una massa immobile che dormiva nel letto a poca distanza.

'A quanto pare, padrona,' aveva spiegato OreSeur 'è andato nell'accampamento koloss da solo. Voi eravate addormentata, e nessuno di noi sapeva quello che stava facendo. Non penso che sia riuscito a persuadere le creature a non attaccare, ma è tornato con informazioni molto utili.'

OreSeur era accovacciato accanto a lei. Non aveva chiesto perché Vin fosse andata nelle stanze di Elend, né perché se ne stesse lì, a sorvegliare in silenzio l'ex sovrano nella notte.

Non poteva proteggerlo. Si era sforzata così tanto, ma l'impossibilità di tenere al sicuro perfino una sola persona all'improvviso le era parsa così reale - così tangibile

- che aveva provato una sensazione di nausea.

Elend aveva avuto ragione ad andare. Era una persona responsabile, competente, regale. Quello che aveva fatto lo avrebbe solo messo in ulteriore pericolo, però. La paura era stata compagna di Vin da così tanto tempo che ci si era abituata, e di rado le causava una reazione fisica. Eppure, osservandolo dormire tranquillo, scoprì che le proprie mani la tradivano, tremanti.

L'ho salvato dagli assassini. L'ho protetto. Sono un'allomante potente. Allora perché mi sento così inerme?

Così sola.

Si fece avanti, i piedi nudi silenziosi mentre si avvicinava al letto di Elend. Lui non si svegliò. Vin rimase lì per un lungo istante, limitandosi a guardarlo nel suo sonno pacifico.

OreSeur ringhiò piano.

Vin ruotò su sé stessa. Sul balcone c'era una figura, ritta e nera, quasi un contorno perfino per i suoi occhi migliorati dallo stagno. La nebbia cadeva davanti a lui, raggruppandosi sul pavimento, diffondendosi come muschio etereo.

«Zane» sussurrò lei.

«Non è al sicuro, Vin» le annunciò lui, entrando lentamente nella stanza, spingendo un'ondata di nebbia davanti a sé.

Lei tornò a guardare Elend. «Non lo sarà mai.»

«Sono venuto a dirti che c'è un traditore in mezzo a voi.»

Vin alzò lo sguardo. «Chi?» chiese.

«Quell'uomo, Demoux» rispose Zane. «Ha contattato mio padre poco tempo prima del tentato assassinio, offrendo di aprire i cancelli e cedergli la città.»

Vin si accigliò. Questo non ha senso.

Zane si fece avanti. «È opera di Cett, Vin. È un serpente, perfino fra gli altri lord.

Non so come sia riuscito a corrompere uno dei vostri uomini, ma so che Demoux ha cercato di indurre mio padre ad attaccare la città durante la votazione.»

Vin indugiò. Se Straff avesse attaccato in quel momento, avrebbe rafforzato l'impressione che era stato lui a mandare gli assassini.

«Elend e Penrod sarebbero dovuti morire» illustrò Zane. «Con l'Assemblea nel caos, Cett avrebbe preso il comando. Avrebbe potuto condurre le sue forze -

assieme alle vostre - contro l'esercito di Straff che stava attaccando. Sarebbe diventato il salvatore che aveva protetto Luthadel contro la tirannia di un invasore.»

Vin rimase immobile e in silenzio. Solo perché lo diceva Zane, non significava che fosse vero. Eppure le sue indagini le mormoravano che Demoux fosse il traditore.

Vin aveva riconosciuto l'assassino nella Sala dell'Assemblea, e aveva fatto parte del seguito di Cett, perciò sapeva che Zane stava dicendo la verità almeno su una cosa. Inoltre,

Cett aveva mandato degli assassini allomanti in precedenza: quelli di alcuni mesi prima, quando Vin aveva usato l'ultima sferetta di atium. Zane le aveva salvato la vita durante quel combattimento.

Lei serrò i pugni, la frustrazione la attanagliava. Se ha ragione, Demoux è morto e nel palazzo c'è stato un kandra nemico a vivere solo a pochi passi di distanza da Elend, pensò Vin' Perfino se Zane mente abbiamo comunque un tiranno dentro la città e un altro fuori. Un'armata di koloss che non vede l'ora di mangiarsi la popolazione. Ed Elend non ha bisogno di me.

Perché non c'è niente che io possa fare.

«Percepisco la tua frustrazione» sussurrò Zane, accostandosi al letto di Elend e abbassando gli occhi verso suo fratello che dormiva. «Continui ad ascoltarlo. Vuoi proteggerlo, ma lui non te lo permette.» Zane alzò lo sguardo, incontrando gli occhi di Vin. Lei vi colse l'implicazione.

C'era qualcosa che poteva fare. Ciò che una parte di lei aveva voluto fare fin dall'inizio. La cosa che era stata addestrata a fare.

«Cett ha quasi ucciso l'uomo che ami» le fece notare Zane. «Il tuo Elend fa come vuole. Be', facciamo anche noi come vuoi tu.» La guardò negli occhi. «Siamo stati i pugnali di qualcun altro per troppo tempo. Mostriamo a Cett perché deve temerci.»

La furia di Vin, la sua frustrazione per l'assedio, le facevano agognare di fare come Zane suggeriva. Eppure titubò, i suoi pensieri in subbuglio. Aveva ucciso -

ucciso a dovere - solo poco tempo prima, e l'aveva terrorizzata. Eppure Elend poteva correre rischi... rischi folli, addentrandosi fra un esercito di koloss per conto suo.

Lei aveva lavorato così sodo per proteggerlo, sforzandosi, esponendosi. Poi, solo pochi giorni più tardi, lui se riera andato in un accampamento pieno di mostri.

Digrignò i denti. Parte di lei sussurrava che, se Elend non voleva comportarsi in modo ragionevole rimanendo lontano dal pericolo, Vin non avrebbe avuto altra scelta se non assicurarsi che le minacce contro di lui venissero rimosse.

«Andiamo» sussurrò.

Zane annuì. «Renditi conto di una cosa» disse. «Non possiamo semplicemente assassinarlo. Un altro despota prenderà il suo posto e le sue armate. Dobbiamo attaccare con forza.

Dobbiamo colpire quell'esercito in maniera definitiva cosicché chiunque prenda il posto di Cett sia talmente spaventato da ritirarsi.»

Vin esitò, distogliendo lo sguardo da lui, i palmi delle mani come trafitti da chiodi.

«Dimmi» proseguì lui, avvicinandosi. «Cosa ti esorterebbe a fare Kelsier?»

La risposta era semplice. Kelsier non si sarebbe mai cacciato in quella situazione.

Era stato un uomo duro, con poca tolleranza verso chiunque minacciasse quelli che amava. Cett e Straff non sarebbero durati una sola notte a Luthadel senza sentire il pugnale di Kelsier.

C'era una parte di lei che aveva sempre avuto soggezione della sua brutalità vigorosa e utilitaristica.

'Ci sono due modi per stare al sicuro' le bisbigliò la voce di Reen. 'O mantenerti silenzioso e innocuo, in modo che la gente ti ignori, oppure essere talmente pericoloso da terrorizzarla.'

Vin incontrò gli occhi di Zane e annuì. Lui sorrise, poi si diresse verso la finestra e balzò fuori.

«OreSeur» sussurrò lei una volta che se ne fu andato. «Il mio atium.»

Il cane indugiò, poi zampettò verso di lei, aprendo la spalla. «Padrona...» disse lentamente. «Non fatelo.»

Lei lanciò un'occhiata a Elend. Non poteva proteggerlo da tutto. Ma poteva fare qualcosa.

Prese l'atium da OreSeur. Le sue mani non tremolavano più. Sentiva freddo.

«Cett ha minacciato tutto quello che amo» sussurrò. «Presto saprà che a questo mondo c'è qualcosa di più letale dei suoi assassini. Qualcosa di più potente del suo esercito. Qualcosa di più terrificante del lord Reggente stesso.

«E sto venendo per lui.»

Turno di nebbia, lo chiamavano.

Ogni soldato doveva fare il suo turno, in piedi al buio con una torcia sfrigolante.

Qualcuno doveva stare di guardia. Doveva tenere lo sguardo fisso fra quelle nebbie vorticanti e ingannatrici e domandarsi se là fuori c'era qualcosa. A osservare.

Wellen sapeva che c'era.

Lo sapeva, ma non parlava mai. I soldati ridevano di quelle superstizioni.

Dovevano andar fuori tra le nebbie. Ci erano abituati. Sapevano che non era il caso di temerle.

Presumibilmente.

«Ehi» fece Jarloux, accostandosi al bordo del muro «Wells, vedi qualcosa là fuori?»

Certo che no. Stavano lì con una dozzina d'altri sul perimetro della Fortezza Hasting, guardando dal muro esterno dell’'edificio, una bassa fortificazione, alta forse quattro metri e mezzo, che circondava i terreni. Il loro lavoro era cercare qualsiasi cosa sospetta nelle nebbie.

«Sospetto.» Quella era la parola che usavano. Era tutto sospetto. Era nebbia.

Quell'oscurità vorticante, quel vuoto fatto di caos e odio. Wellen non si era mai fidato della nebbia. Erano là fuori. Lo sapeva.

Qualcosa si mosse nel buio. Wellen fece un passo indietro, lo sguardo fisso nel nulla, Il cuore che iniziava ad accelerare, le mani che cominciavano a sudare mentre sollevava la lancia.

«Sì» disse Jarloux socchiudendo gli occhi. «Giuro che vedo...»

Giunse, come Wellen aveva sempre saputo che sarebbe successo. Come un migliaio di moscerini in una giornata afosa, come una salva di frecce scagliate da un intero esercito. Delle monete sprizzarono per i bastioni. Un muro di morte scintillante, centinaia di scie che schizzavano fra le nebbie. Il metallo risuonò contro la pietra e gli uomini urlarono di dolore.

Wellen si fece indietro, sollevando la lancia, mentre Jarloux gridava l'allarme.

Morì a metà di quell'urlo, mentre una moneta gli attraversava la bocca, scagliando fuori un pezzo di dente nella sua corsa fin dentro la testa. Jarloux crollò a terra e Wellen si allontanò barcollando dal corpo, sapendo che era troppo tardi per fuggire.

Le monete si fermarono. Silenzio nell'aria. Uomini che giacevano morti o gementi ai suoi piedi.

Poi giunsero. Due ombre scure di morte nella notte. Corvi nelle nebbie. Volarono sopra Wellen con un fruscio di stoffa nera.

E lo lasciarono indietro, da solo in mezzo ai cadaveri di quella che una volta era stata una squadra di quaranta uomini.

Vin atterrò accucciata, i piedi scalzi sulla fredda pavimentazione di pietra del cortile Hasting. Zane atterrò eretto - come sempre - con la sua torreggiante aria di presunzione.

Il peltro avvampò dentro di lei, dando ai suoi muscoli la tesa energia di mille momenti di eccitazione. Ignorò con facilità il dolore al fianco ferito. La sua unica perlina di atium era posata nel suo stomaco, ma lei non la usò. Non ancora. Non a meno che avesse avuto ragione e Cett si fosse rivelato un Mistborn.

«Andremo dal basso verso l'alto» spiegò Zane.

Vin annuì. La torre centrale della Fortezza Hasting era alta diversi piani e loro non potevano sapere quello in cui si trovava Cett. Se avessero cominciato dal basso, non sarebbe stato in grado di fuggire.

Inoltre, andare su sarebbe stato più difficile. L'energia negli arti di Vin agognava di essere rilasciata. Lei aveva atteso, si era trattenuta per troppo tempo. Era stanca della debolezza, stanca di doversi reprimere. Aveva passato mesi come un pugnale tenuto immobile contro la gola di qualcuno.

Era il momento di tagliare.

I due scattarono avanti. Attorno a loro cominciarono ad accendersi torce mentre gli uomini di Cett - quelli accampati nel cortile - si svegliavano all'allarme. Le tende si aprivano e crollavano, uomini urlavano dalla sorpresa, cercando l'esercito che li aveva assaliti. Magari fossero stati così fortunati.

Vin balzò in aria dritta verso l'alto e Zane ruotò, gettando una borsa di monete tutt'intorno. Centinaia di pezzi di rame brillarono nell'aria sotto di lei: una fortuna per un popolano. Vin atterrò con un fruscio ed entrambi Spinsero; Il loro potere scagliava le monete verso l'esterno. I proiettili, scintillando alla luce delle torce, attraversarono il campo, atterrando gli uomini assonnati e sorpresi.

Vin e Zane continuarono verso la torre centrale. Una squadra di soldati si era messa in formazione all'ingresso della torre. Sembravano ancora disorientati, confusi e sonnolenti, ma erano armati. Con armature di metallo e armi d'acciaio: una scelta che, se avessero davvero affrontato un esercito, sarebbe stata saggia.

Zane e Vin scivolarono in mezzo ai soldati. Zane scagliò un'unica moneta fra loro. Vin si protese e Spinse contro di essa, sentendo il peso di Zane mentre lui faceva lo stesso

Stretti l'uno all'altra, Spinsero entrambi in direzioni opposte, gettando il peso contro le corazze dei soldati da ambo i lati. Col peltro che avvampava - tenendoli saldi - le Spinte sparpagliarono i soldati come se fossero stati schiaffeggiati da mani enormi. Lance e spade rotearono nella notte, sferragliando sul selciato. Le corazze trascinarono via i corpi.

Vin estinse il suo acciaio mentre sentiva il peso di Zane lasciare la moneta. Lo scintillante pezzo di metallo rimbalzò sul terreno fra loro e Zane si voltò, sollevando la mano verso l'unico soldato che rimaneva in piedi proprio fra Zane e le porte della fortezza.

Una squadra di soldati accorse dietro Zane, ma furono arrestati all'improvviso quando lui Spinse contro di loro; poi inviò il trasferimento di peso direttamente contro il soldato solitario. Lo sventurato si schiantò all'indietro contro le porte della torre.

Le ossa si frantumarono. Le porte si aprirono mentre il soldato veniva sbalzato nella stanza al di là. Zane si tuffò verso l'apertura e Vin si mosse agilmente dietro di lui, i suoi piedi scalzi lasciavano gli scabri ciottoli e toccavano invece il marmo liscio.

Alcuni soldati attendevano all'interno. Questi non indossavano armatura e portavano grossi scudi di legno per bloccare le monete. Erano armati con bastoni o spade di ossidiana. Ammazzanebbia: uomini addestrati specificamente per combattere gli allomanti. Ce n’erano una cinquantina.

Ora si comincia a fare sul serio, pensò Vin, balzando in aria e Spingendo contro i cardini della porta.

Zane partì Spingendo lo stesso uomo che aveva usato per rompere le porte, gettando il cadavere verso un gruppo di ammazzanebbia. Mentre il soldato veniva scaraventato contro di loro, Vin atterrò in mezzo a un secondo gruppo. Ruotò sul pavimento, sferzando le gambe e avvampando peltro, facendo inciampare ben quattro uomini. Mentre gli altri cercavano di colpire, lei Spinse in basso verso una moneta nel suo borsello, squarciandolo, in modo da poter salire verso l'alto. Roteò in aria, afferrando un bastone che cadeva, lasciato da uno dei soldati che erano inciampati.

L'ossidiana schioccò contro il marmo bianco dove prima si trovava lei. Vin calò la propria arma e colpì, attaccando più veloce di quanto chiunque avrebbe potuto fare, ferendo orecchie, menti e gole. Crani vennero fracassati. Ossa si ruppero. Non aveva quasi nemmeno il fiatone quando trovò tutti e dieci i suoi avversari a terra.

Dieci uomini... Kelsier una volta non mi aveva detto di aver avuto problemi con mezza dozzina di ammazzanebbia?, ricordò.

Non c'era tempo per pensare. Un numeroso drappello di soldati la caricò. Lei urlò e balzò verso di loro, gettando il bastone contro la faccia del primo uomo che incontrò. Gli altri sollevarono i loro scudi, sorpresi, ma Vin estrasse un paio di pugnali di ossidiana mentre atterrava. Li piantò nelle cosce di due uomini davanti a lei, poi ruotò oltre, attaccando dove vedeva nemici.

Colse il guizzo di un assalto con la coda dell'occhio e fece scattare un braccio verso l'alto, bloccando il bastone di legno diretto verso la sua testa. Il legno si spezzò e lei abbatté l'uomo con un'ampia pugnalata, quasi decapitandolo. Saltò all'indietro mentre gli altri si avvicinavano, poi strattonò il cadavere dentro l'armatura che Zane aveva usato prima, Tirandolo verso di lei.

Gli scudi servirono a poco contro un proiettile così grosso. Vin scaraventò il cadavere contro i suoi avversari, sballottandoli di fronte a sé. Da un lato poteva vedere quello che rimaneva degli ammazzanebbia che avevano attaccato Zane. Lui si ergeva fra loro, un pilastro nero davanti ai caduti, le braccia allargate. Incontrò gli occhi di Vin, poi fece un cenno col capo verso il fondo della camera.

Vin ignorò i pochi ammazzanebbia rimasti. Spinse contro il corpo e si diede uno slancio per scivolare lungo il pavimento. Zane saltò in alto. Spingendo dietro di sé e mandando in frantumi una finestra uscendo fra le nebbie. Vin fece un rapido controllo delle stanze sul retro: Cett non c'era. Si voltò e abbatté un ammazzanebbia che si dibatteva mentre si tuffava nella tromba dell'ascensore.

Non aveva bisogno di nessuna piattaforma. Schizzò all'insù Spingendo una moneta, arrivando fino al terzo piano. Zane si sarebbe occupato del secondo.

Vin atterrò in silenzio sul pavimento di marmo, sentendo un rumore di passi provenire da una scala accanto a lei. Riconobbe questa stanza spaziosa e aperta: era la camera dove lei ed Elend avevano incontrato Cett per cena. Adesso era vuota perfino la tavola rimossa, ma riconobbe il perimetro circolare delle finestre a vetri colorati.

Gli ammazzanebbia fecero irruzione dalla porta della cucina. A dozzine. Devono esserci delle altre scale là dietro comprese Vin mentre schizzava verso la scalinata dietro di lei. Altre dozzine stavano uscendo da lì, però, e i due gruppi si mossero per circondarla.

Quegli uomini dovettero pensare che le probabilità fossero a loro favore, essendo cinquanta contro uno, perciò caricarono fiduciosi. Lei lanciò un'occhiata verso le porte della cucina e al di là non vide Cett. Questo piano era pulito.

Cett ha portato davvero un bel po' di ammazzanebbia, pensò lei, indietreggiando piano verso il centro della stanza. A eccezione del pozzo delle scale, delle cucine e dei pilastri, la stanza perlopiù era circondata da finestre ad arco in vetro colorato.

Si è preparato per il mio attacco. O almeno ci ha provato.

Vin si tuffò mentre ondate di uomini la circondavano. Voltò la testa verso l'alto, gli occhi chiusi, e bruciò duralluminio.

Poi Tirò.

Finestre dai vetri colorati - incassate in intelaiature di metallo all'interno dei loro archi - esplosero per tutta la stanza. Sentì le intelaiature prorompere verso l'interno, torcendosi su sé stesse davanti al suo stupefacente potere. Immaginò sfavillanti schegge di vetro multicolore nell'aria. Udì uomini urlare mentre vetro e metallo li colpivano, conficcandosi nelle loro carni.

Solo la fila più esterna di uomini sarebbe caduta per l'esplosione. Vin aprì gli occhi e saltò mentre due dozzine di bastoni da duello calavano attorno a lei. Passò attraverso una raffica di attacchi. Alcuni andarono a segno. Non importava. In quel momento non poteva sentire dolore.

Spinse contro un'intelaiatura di metallo rotta, scagliandosi sopra le teste dei soldati, atterrando oltre l'ampio cerchio di assalitori. La linea esterna di uomini era a terra, gli ammazzanebbia impalati da frammenti di vetro e pezzi di metallo contorto.

Vin sollevò una mano e chinò il capo.

Duralluminio e acciaio. Spinse. Il mondo sussultò.

Vin schizzò fuori nelle nebbie attraverso una finestra rotta mentre Spingeva contro la fila di cadaveri impalati dalle armature. I corpi vennero gettati lontano da lei, andando a sbattere contro gli uomini che erano ancora vivi al centro.

Morti, morenti e illesi vennero spazzati dalla stanza, Spinti fuori dalla finestra di fronte a Vin. I corpi si contorsero nelle nebbie, cinquanta uomini scagliati nella notte, lasciando la stanza vuota tranne le tracce di sangue e i pezzi di vetro per terra.

Vin inghiottì una fiala di metalli mentre le nebbie si precipitavano attorno a lei; poi si Tirò di nuovo verso la fortezza, usando una finestra al quarto piano. Mentre si avvicinava, un cadavere infranse la finestra, cadendo nella notte. Vin colse un'occhiata di Zane che scompariva da un'altra finestra dal lato opposto. Questo livello era sgombro.

Delle luci ardevano al quinto livello. Probabilmente avrebbero potuto cominciare da qui, ma non era quello il piano. Zane aveva ragione. Non era sufficiente uccidere Cett. Dovevano terrorizzare il suo intero esercito.

Vin spinse contro lo stesso cadavere che Zane aveva gettato fuori dalla finestra, usando l'armatura metallica come ancora. Schizzò giù con una traiettoria angolata, passando appena dentro una finestra rotta, e si librò verso l'alto in diagonale, distante dall'edificio. Con un rapido Tiro modificò la direzione nuovamente verso la torre, una volta raggiunta l'elevazione che le serviva. Atterrò al quinto piano.

Vin afferrò un davanzale di pietra, Il cuore che le martellava, il respiro che giungeva in ansiti profondi. Il sudore le raffreddava la faccia nella brezza invernale, nonostante il calore che bruciava dentro di lei. Deglutì, gli occhi sgranati, e avvampò peltro.

Mistborn.

Mandò in frantumi la finestra con un buffetto. I soldati che attendevano al di là balzarono indietro, ruotando su sé stessi. Uno indossava una cintura con la fibbia in metallo. Morì per primo. Gli altri venti seppero a malapena come reagire quando la fibbia ronzò tra loro, torcendosi fra le Spinte e i Tiri di Vin. Erano stati addestrati, istruiti e forse anche allenati contro degli allomanti.

Ma non avevano mai combattuto Vin.

Gli uomini urlarono e caddero, con lei che si faceva strada fra le file usando come arma solo la fibbia. Davanti alla forza di peltro, stagno, acciaio e ferro, l'eventualità di usare l'atium sembrava un incredibile spreco. Perfino senza di esso, lei era un'arma terribile... una che, fino a quel momento, lei stessa non aveva compreso.

Mistborn.

L'ultimo uomo cadde. Vin si erse in mezzo a loro, provando un inebriante senso di soddisfazione. Lasciò scivolare la fibbia dalle dita. L'oggetto colpì il tappeto. Si trovava in una stanza non disadorna come il resto dell'edificio: qui c'erano mobili e qualche minima decorazione. Forse le squadre di sgombero di Elend non erano arrivate fin lassù prima dell'arrivo di Cett, o forse lui si era semplicemente portato qualcuna delle sue comodità.

Dietro di lei si trovava la tromba delle scale. Di fronte c'era un elegante muro di legno nel quale era stata ricavata una porta: gli appartamenti interni. Vin avanzò con calma, il nebbiomanto che frusciava mentre Tirava quattro lampade via dai supporti dietro di lei. Queste schizzarono in avanti e lei fece un passo di lato, lasciando che si infrangessero contro la parete. Dall'olio schizzato si sviluppò un incendio, spanden-dosi per la parete, la forza delle lampade che rompeva la porta sui suoi cardini. Lei sollevò una mano, Spingendola per aprirla del tutto.

Il fuoco grondava attorno a lei mentre entrava nella stanza al di là. La camera decorata in modo sontuoso era silenziosa e sinistramente vuota, eccezion fatta per due figure. Cett occupava una semplice sedia di legno; aveva la barba arruffata, era vestito in modo sciatto e pareva molto, molto stanco. Il giovane figlio di Cett si frappose fra lui e Vin. Il ragazzo teneva in mano un bastone da duello.

Dunque, quale dei due è Mistborn?, si chiese.

Il ragazzo attaccò. Vin intercettò l'arma, poi spintonò da un lato il giovane. Lui andò a sbattere contro il muro di legno, poi si afflosciò per terra. Vin lo squadrò.

«Lascia stare Gneorndin, donna» le intimò Cett. «Fa' quello che sei venuta a fare.»

Vin si voltò verso il nobile. Si ricordò la propria frustrazione, la furia, la rabbia fredda, glaciale. Si fece avanti e afferrò Cett per i risvolti della giacca.

«Combattimi» lo esortò, e lo gettò all'indietro.

Cett sbatté contro la parete posteriore, poi crollò a terra. Vin preparò il suo atium, ma lui non si alzò. Si limitò a rotolare da un lato, tossendo.

Vin gli si accostò, tirandolo su per un braccio. Lui chiuse la mano a pugno, cercando di colpirla, ma era talmente debole da essere patetico. Vin lasciò che i suoi pugni le rimbalzassero contro il fianco.

«Combattimi» gli ordinò, scagliandolo da un lato. Lui ruzzolò sul pavimento, sbattendo forte la testa, e si arrestò contro la parete in fiamme con un rivoletto di sangue che gli colava dalla fronte. Non si alzò.

Vin digrignò i denti, avanzando a grandi passi.

«Lascialo stare!» Il ragazzo, Gneorndin, si rimise in piedi di fronte a Cett, sollevando il bastone da duello in una mano tremante.

Vin si fermò, inclinando il capo. La fronte del ragazzo era imperlata di sudore e lui stava in piedi instabile. Lei lo fissò negli occhi e vi vide un assoluto terrore.

Questo ragazzo non era un Mistborn. Eppure si rifiutava di farla passare. Patetico, senza speranza, stava davanti al corpo di Cett.

«Fatti da parte, figlio» disse Cett con voce stanca. «Non c'è nulla che puoi fare qui.»

Il ragazzo iniziò a tremare, poi cominciò a piangere.

Lacrime, pensò Vin, avvertendo una sensazione stranamente surreale annebbiarle la mente. Sollevò una mano, sorpresa di trovare umide le sue stesse guance.

«Non hai nessun Mistborn» sussurrò.

Con uno sforzo Cett si era sollevato in una posizione semireclinata, e la fissò negli occhi.

«Nessun allomante ci si è opposto stanotte» continuò lei. «Li hai usati tutti per il tentato assassinio nella Sala dell'Assemblea?»

«Gli unici allomanti che avevo te li ho mandati contro mesi fa» sospirò Cett.

«Erano tutti quelli che ho mai avuto, la mia unica speranza di ucciderti. Non erano nemmeno della mia famiglia. La mia intera stirpe è stata corrotta da sangue skaa: Allrianne è l'unico allomante nato da noi da secoli.»

«Sei venuto a Luthadel...»

«Perché alla fine Straff sarebbe venuto comunque da me» terminò Cett. «La mia migliore opportunità, ragazza, era di uccidere te quanto prima. Ecco perché te li ho mandati contro. Fallito quel tentativo, dovevo cercare di prendere questa dannata città e il suo atium in modo da potermi comprare qualche allomante. Non ha funzionato.»

«Avresti potuto semplicemente offrirci un'alleanza.»

Cett ridacchiò, tirandosi in una posizione seduta. «Non funziona a questo modo nella politica vera. Prendi o vieni preso. Inoltre sono sempre stato un uomo propenso al rischio.» Alzò lo sguardo verso di lei, incontrando i suoi occhi. «Fa'

quello che sei venuta a fare» ripetè.

Vin rabbrividì. Non riusciva a sentire le proprie lacrime. Non riusciva a sentire quasi niente.

Perché? Perché non riesco più a dare un senso a nulla?

La stanza cominciò a tremare. Vin si girò, guardando verso la parete in fondo. Il legno lì stava fremendo e contraendosi come un animale morente. I chiodi cominciarono a schizzar fuori, liberando il pannello; poi l'intera parete eruppe lontano da Vin. Tavole in fiamme, schegge, chiodi e assicelle si sparpagliarono per aria, volando attorno a un uomo in nero. Zane se ne stava lateralmente nella stanza vicina, le mani sui fianchi con la morte seminata ai suoi piedi.

Del rosso sgorgava dalle punte delle sue dita, colando in un flusso costante. Alzò gli occhi verso i resti brucianti della parete, sorridendo. Poi avanzò verso la stanza di Cett.

«No!» esclamò Vin, scattando verso di lui.

Zane si fermò sorpreso. Fece un passo di lato, schivando facilmente Vin, dirigendosi verso Cett e il ragazzo.

«Zane, lasciali stare!» esclamò Vin, voltandosi verso di lui, Spingendosi in una scivolata lungo la stanza. Allungò una mano verso il suo braccio. La stoffa nera luccicava umida di sangue non suo.

Zane schivò. Si voltò verso di lei, incuriosito. Vin fece per afferrarlo, ma lui si spostò fuori portata con facilità sovrannaturale, precedendola come un maestro spadaccino che si batte contro un giovane allievo.

Atium, pensò Vin. Probabilmente l'ha bruciato per tutto il tempo. Ma non gli serviva per combattere quegli uomini... non avevano comunque alcuna possibilità contro di noi.

«Ti prego,» lo implorò lei «lasciali stare.» Zane si voltò verso Cett, che sedeva in attesa. Il ragazzo era al suo fianco, cercando di trascinare via il padre.

Zane si voltò a guardarla, la testa inclinata.

«Ti prego» ripetè Vin.

Zane si accigliò. «Ti controlla ancora, dunque» disse, Il suo tono deluso.

«Pensavo che forse, se avessi potuto combattere e vedere quanto eri potente, ti saresti scrollata di dosso la stretta di Elend. Suppongo di essermi sbagliato.»

Poi tornò a voltarsi verso Cett e uscì attraverso il buco che aveva fatto. Vin lo seguì piano, i piedi che facevano scricchiolare frammenti di legno mentre si ritirava lentamente, lasciandosi alle spalle una fortezza distrutta, un esercito in pezzi e un lord umiliato.