È una speranza vaga. Alendi è sopravvissuto ad assassini, guerre e catastrofi. E tuttavia spero che nelle montagne ghiacciate di Terris possa finalmente ritrovarsi vulnerabile. Spero in un miracolo.
57
«Ascoltate, sappiamo tutti cosa dobbiamo fare» disse Cett, vibrando un pugno sul tavolo. «Abbiamo i nostri eserciti qui, pronti e disposti a combattere. Ora andiamo a riprenderci il mio dannato paese!»
«L'imperatrice non ci ha dato l'autorizzazione di fare una cosa del genere» ribattè Janarle, sorseggiando il suo tè, del tutto imperturbato dalla mancanza di decoro di Cett. «Io, personalmente, penso che dovremmo attendere almeno fino al ritorno dell'imperatore.»
Penrod, il più anziano fra gli uomini nella stanza, ebbe abbastanza tatto da mostrarsi solidale. «Capisco che siate preoccupato per il vostro popolo, lord Cett.
Ma non abbiamo avuto nemmeno una settimana per ricostruire Luthadel. È fin troppo presto per preoccuparsi di espandere la nostra influenza. Non possiamo davvero autorizzare questi preparativi.»
«Oh, smettila, Penrod» sbottò Cett. «Non sei tu il capo, qui.»
Tutti e tre gli uomini si voltarono verso Sazed. Si sentiva davvero impacciato, seduto a capotavola nella sala riunioni della Fortezza Venture. Aiutanti e attendenti, inclusi alcuni dei burocrati di Dockson, si trovavano lungo il perimetro della stanza semivuota, ma solo i tre governanti - ora sovrani sotto la legge imperiale di Elend -
sedevano al tavolo con Sazed.
«Ritengo che non dovremmo agire di fretta, lord Cett» disse Sazed.
«Questa non è fretta» ribattè Cett, picchiando di nuovo sul tavolo. «Voglio solo ordinare dei rapporti da parte di spie ed esploratori, in modo da avere le informazioni che ci servono su quando invadere!»
«Se invadiamo» puntualizzò Janarle. «Se l'imperatore decide di riprendere Fadrex, non accadrà fino a quest'estate come minimo. Abbiamo questioni molto più urgenti. I miei eserciti sono stati lontano dalla Dominazione Settentrionale per troppo tempo. È teoria politica di base stabilizzare quello che abbiamo prima di spostarci in un nuovo territorio.»
«Bah!» esclamò Cett, agitando una mano con indifferenza.
«Potete inviare i vostri esploratori, lord Cett» concesse Sazed. «Ma devono cercare soltanto informazioni. Non devono effettuare scorrerie, non importa quanto l'opportunità possa sembrare allettante.»
Cett scosse la testa barbuta. «È questo il motivo per cui non mi sono mai curato di partecipare ai giochi politici col resto dell'Ultimo Impero. Non viene fatto nulla perché tutti sono troppo occupati a complottare!»
«La sottigliezza ha molti vantaggi, lord Cett» osservò Penrod. «La pazienza procura le ricompense maggiori.»
«Ricompense maggiori?» chiese Cett. «Cos'ha ottenuto la Dominazione Centrale aspettando? Avete atteso fino al momento in cui la vostra città è caduta! Se non foste stati voi quelli col Mistborn migliore?»
«Mistborn migliore, mio signore?» chiese Sazed con calma. «Non l'avete vista prendere il comando dei koloss? Non l'avete vista saltare nel cielo come una freccia in volo? Lady Vin non è semplicemente il 'Mistborn migliore'.»
Il gruppo rimase in silenzio. Devo mantenerli concentrati su di lei, pensò Sazed.
Senza la guida di Vin - senza la minaccia del suo potere - questa coalizione si dissolverebbe in pochi attimi.
Si sentiva così inadeguato. Non riusciva a mantenere gli uomini sull'argomento e non poteva fare molto per aiutarli con i loro vari problemi. Poteva solo continuare a rammentargli il potere di Vin.
Il problema era che in realtà non voleva. Stava provando qualcosa di molto strano dentro di sé, sensazioni che di solito non aveva. Indolenza. Apatia. Perché qualunque cosa di cui questi uomini parlavano avrebbe dovuto avere importanza?
Perché qualunque cosa avrebbe dovuto avere importanza, ora che Tindwyl era morta?
Serrò i denti, cercando di costringersi a concentrarsi.
«Molto bene.» Cett agitò una mano. «Manderò gli esploratori. Quel cibo da Urteau non è ancora arrivato, Janarle?»
Il nobile più giovane pareva più a disagio. «Noi... potremmo avere problemi con questo, mio signore. Pare che un elemento nocivo stia istigando la città.»
«Non c'è da meravigliarsi che tu voglia mandare delle truppe nella Dominazione Settentrionale!» accusò Cett. «Stai progettando di riconquistare il tuo regno e lasciare il mio a marcire!»
«Urteau è molto più vicina della vostra capitale, lord Cett» fece notare Janarle, tornando a rivolgere l'attenzione al suo tè. «È sensato provvedere a me prima di rivolgere l'attenzione a ovest.»
«Lasceremo che sia l'imperatrice a prendere questa decisione» disse Penrod. Gli piaceva fungere da mediatore e, nel farlo, assumeva l'aria di essere al di sopra delle partì. In sostanza si metteva in una posizione di controllo frapponendosi tra gli altri due.
Non è così diverso da quello che Elend ha cercato di fare, pensò Sazed, con i nostri eserciti. Il ragazzo aveva più intuito di strategia politica di quanto Tindwyl gli avesse mai riconosciuto.
Non dovrei pensare a lei, si disse chiudendo gli occhi. Eppure era difficile non farlo. Tutto Quello che Sazed faceva, tutto ciò che pensava, pareva sbagliato perché lei non c'era più. La luce sembrava più fioca. Le motivazioni sembravano più difficili da raggiungere. Aveva scoperto di avere problemi perfino a voler prestare attenzione ai re, men che mai dar loro indicazioni.
Era sciocco, lo sapeva. Per quanto tempo Tindwyl era stata nella sua vita? Solo pochi mesi. Parecchio tempo prima si era rassegnato al fatto che non sarebbe mai stato amato - in generale - e che di certo non avrebbe mai avuto il suo amore. Non solo gli mancava la virilità, ma era un ribelle e un dissidente: un uomo molto al di fuori dell'ortodossia di Terris.
Di certo il suo amore per lui era stato un miracolo. Eppure chi doveva ringraziare per Quella benedizione e chi maledire per avergliela portata via? Conosceva centinaia di dèi. Li avrebbe odiati tutti, se quel pensiero fosse servito a qualcosa.
Per il bene della sua stessa sanità mentale, si costrinse a lasciarsi distrarre di nuovo dai sovrani.
«Ascoltate» Penrod si sporse in avanti poggiando le braccia sul tavolo. «Penso che stiamo guardando tutto questo dal lato sbagliato. Non dovremmo litigare: dovremmo essere felici. Ci troviamo in una posizione davvero unica. Da quando l'impero del lord Reggente è caduto, dozzine - forse centinaia - di uomini hanno cercato di proclamarsi re in vari modi. L'unica cosa che hanno avuto in comune, però, è stata la mancanza di stabilità.
«Ebbene, pare che noi siamo costretti a cooperare. Sto cominciando a vedere questo fatto sotto una luce favorevole. Assicurerò la mia lealtà alla coppia Venture -
convivrò perfino con le eccentriche idee di governo di Elend Venture - se significa che sarò ancora al potere tra dieci anni da oggi.»
Cett si grattò la barba per un momento, poi annuì. «La tua è una buona argomentazione, Penrod. Forse la prima che abbia mai sentito da parte tua.»
«Ma non possiamo continuare a supporre di sapere cosa dobbiamo fare»
interloquì Janarle. «Ci serve un indirizzo. Sopravvivere ai prossimi dieci anni, sospetto, dipenderà pesantemente dal fatto che io non finisca morto sul pugnale di Quella ragazza Mistborn.»
«Proprio così» confermò Penrod, annuendo bruscamente. «Mastro Terrisiano, quando possiamo aspettarci che l'imperatrice prenda di nuovo il comando?»
Ancora una volta, tre paia di occhi si voltarono verso Sazed.
Non me ne importa niente, pensò lui, poi si sentì immediatamente in colpa. Vin era sua amica. Gliene importava. Perfino se per lui era duro tenere a qualunque cosa. Abbassò lo sguardo dalla vergogna. «Lady Vin sta soffrendo molto per gli effetti di una prolungata peltrazione» spiegò. «Si è sforzata moltissimo quest'ultimo anno e poi ha concluso col tornare di corsa fino a Luthadel. Ha enorme bisogno di riposo. Ritengo che dovremmo lasciarla in pace ancora per un poco.»
Gli altri annuirono, poi tornarono alla loro discussione. La mente di Sazed, però, andò a Vin. Aveva minimizzato la sua malattia e stava iniziando a preoccuparsi. La peltrazione poteva prosciugare un corpo, e Sazed sospettava che fosse ormai da mesi che lei si costringeva a rimanere sveglia con il metallo.
Quando un Custode accumulava veglia, dormiva per un certo tempo come in un coma. Sazed poteva solo sperare che gli effetti di una peltrazione di tale portata fossero gli stessi, poiché Vin non si era svegliata una sola volta dal suo ritorno una settimana prima. Forse si sarebbe destata presto, come un Custode che si riprendeva dal proprio sonno.
Forse sarebbe durato di più. Il suo esercito di koloss attendeva fuori dalla città, sotto controllo - apparentemente - anche se lei era priva di sensi. Ma per quanto? La peltrazione poteva uccidere, se la persona si era sforzata troppo.
Cosa sarebbe successo alla città se lei non si fosse più svegliata?
Cadeva cenere. Ne cade molta, di recente, osservò Elend tra sé mentre lui e Spook emergevano dagli alberi e rimiravano la piana di Luthadel.
«Guarda» disse Spook piano, indicando. «I cancelli cittadini sono rotti.»
Elend si accigliò. «Ma i koloss sono accampati fuori dalla città.» In effetti anche l'accampamento dell'esercito di Straff era ancora lì, proprio dove era prima.
«Squadre di lavoro» spiegò Spook, schermandosi il volto dalla luce del sole per proteggere i suoi occhi ipersensibili da allomante. «Pare che stiano seppellendo i cadaveri fuori dalla città.»
Il cipiglio di Elend si accentuò. Vin. Cosa le è successo? Sta bene?
Lui e Spook avevano tagliato per la campagna, seguendo l'esempio dei Terrisiani, per assicurarsi di non essere scoperti da pattuglie della città. Per la verità, proprio oggi avevano infranto il loro schema, viaggiando un poco durante il giorno per poter arrivare a Luthadel appena prima dell'imbrunire. Presto sarebbero giunte le nebbie, ed Elend era affaticato, sia per essersi alzato presto, sia per aver camminato così a lungo.
La stanchezza era dovuta ancor di più al fatto di non sapere cosa fosse successo a Luthadel. «Riesci a vedere che bandiera sventola sopra i cancelli?» chiese.
Spook indugiò, apparentemente avvampando i suoi metalli. «La tua» disse infine, sorpreso.
Elend sorrise. Be', o sono riusciti a salvare la città in qualche modo, oppure è una trappola molto elaborata per catturarmi. «Andiamo.» Indicò verso una fila di profughi a cui veniva consentito di rientrare in città: probabilmente quelli che erano fuggiti prima e che ora, passato il pericolo, tornavano in cerca di cibo. «Ci mischieremo a quelli e ci intrufoleremo.»
Sazed sospirò piano, chiudendo la porta della sua stanza. I re avevano terminato con gli argomenti del giorno. In realtà stavano iniziando ad andare piuttosto d'accordo, considerando Il fatto che avevano cercato tutti di conquistarsi a vicenda solo poche settimane prima.
Sazed sapeva di non potersi prendere il merito per quella loro nuova affabilità, però. Aveva altre preoccupazioni.
Ho visto molti morire, ai miei giorni, pensò, entrando nella stanza. Kelsier.
Jadendwyl. Crenda. Persone che rispettavo. Non mi sono mai domandato cosa fosse accaduto ai loro spiriti.
Posò una candela sul tavolo, la fievole luce che illuminava poche pagine sparpagliate, una pila di strani chiodi metallici presi dai corpi dei koloss e un manoscritto. Sazed si sedette al tavolo, sfiorando le pagine con le dita, ricordandosi i giorni passati lì con Tindwyl a studiare.
Forse è questo il motivo per cui Vin mi ha messo al comando, pensò. Sapeva che mi sarebbe servito qualcosa per distogliere i miei pensieri da Tindwyl.
Eppure si rendeva conto sempre più di non voler distogliere la sua mente da lei.
Cos'era più potente? Il dolore del ricordo o il dolore della dimenticanza? Era un Custode: il lavoro della sua vita consisteva nel ricordare. Dimenticare, perfino nel nome della pace personale, non era qualcosa che gli andasse a genio.
Sfogliò il manoscritto, sorridendo con affetto nella camera buia. Aveva inviato una versione ripulita e riscritta a nord con Vin ed Elend. Questo, però, era l'originale. Il manoscritto scribacchiato in modo frenetico - quasi disperato - realizzato da due studiosi spaventati.
Mentre tastava le pagine, la luce tremolante della candela rivelava la calligrafia decisa eppure stupenda di Tindwyl. Si mescolava facilmente con paragrafi scritti dalla mano più riservata di Sazed. A volte una pagina si alternava fra le loro differenti grafie una dozzina di volte.
Non si accorse di star piangendo fin quando non sbattè le palpebre, liberando una lacrima che colpì la pagina. Abbassò lo sguardo, sbalordito che quella goccia d'acqua avesse causato una sbavatura nell'inchiostro.
«E ora, Tindwyl?» bisbigliò. «Perché abbiamo fatto questo? Tu non hai mai creduto nel Campione delle Ere, e io non ho mai creduto in nulla, pare. Qual era lo scopo di tutto questo?»
Allungò un braccio e asciugò la lacrima con la manica, preservando la pagina meglio che poteva. Malgrado la stanchezza, iniziò a leggere, scegliendo un paragrafo a caso. Lesse per ricordare. Per pensare a giorni in cui non si era preoccupato del perché stessero compiendo quegli studi. Era stato semplicemente contento di fare quello che gli piaceva di più, con la persona che era arrivato ad amare maggiormente.
Abbiamo raccolto tutto Quello che siamo riusciti a trovare sul Campione delle Ere e il Baratro, pensò leggendo. Ma così tanto al riguardo sembra contraddittorio.
Sfogliò il manoscritto fino a una sezione in particolare, una che Tindwyl aveva insistito che includessero. Conteneva alcune delle contraddizioni più ovvie, come dichiarato da Tindwyl. Le lesse per bene, attribuendo loro la giusta considerazione per la prima volta. Questa era Tindwyl la studiosa: un'attenta scettica. Segui col dito i passaggi, leggendo le sue annotazioni.
'Il Campione delle Ere sarà alto di statura', diceva una. 'Un uomo che non può essere ignorato dagli altri.'
'Il potere non dev'essere preso' recitava un'altra. 'Di questo siamo certi. Dev'essere tenuto, ma non usato. Dev'essere lasciato andare.' Tindwyl aveva trovato sciocca quella condizione, dal momento che altre sezioni parlavano del Campione che usava il potere per sconfiggere il Baratro.
'Tutti gli uomini sono egoisti', diceva un'altra. 'Il Campione è un uomo che vede le necessità di tutti al di là dei propri desideri.' «Se tutti gli uomini sono egoisti,»
aveva chiesto Tindwyl «come può il Campione essere altruista, come viene detto in altri passaggi? E, in realtà, come ci si può aspettare che un uomo umile conquisti il mondo?»
Sazed scosse il capo, sorridendo. A volte le sue obiezioni erano ben congegnate, ma altre volte si era solo sforzata di fornire un'opinione alternativa, a prescindere da quanto potesse risultare tirata per i capelli. Fece scorrere di nuovo le dita sulla pagina, ma si soffermò sul primo paragrafo.
Alto di statura', diceva. Quello non poteva riferirsi a Vin. Non proveniva dal calco, ma da un altro libro. Tindwyl lo aveva incluso poiché il calco, la fonte più affidabile, diceva che sarebbe stato basso. Sazed sfogliò il libro fino alla trascrizione completa del documento sulla piastra di ferro di Kwaan, in cerca del passaggio.
'La statura di Alendi mi colpì la prima volta che lo vidi. Era un uomo basso, ma che pareva torreggiare sugli altri, un uomo che esigeva rispetto.'
Sazed aggrottò la fronte. Prima aveva obiettato che non c'era contraddizione, poiché un passaggio poteva essere interpretato come se si riferisse al carisma o al carattere del Campione, piuttosto che alla sua semplice altezza fisica. Ora, però, Sazed esitò, vedendo davvero le obiezioni di Tindwyl per la prima volta.
E qualcosa gli parve sbagliato. Tornò a guardare il suo libro, esaminando i contenuti della pagina.
'Nella tradizione della Venuta c'era un posto per me: pensai a me stesso come il Santo Primo Testimone, il profeta che avrebbe scoperto il Campione delle Ere.
Rinunciare ad Alendi avrebbe significato rinunciare alla mia nuova posizione, all'essere accettato dagli altri.'
Il cipiglio di Sazed si accentuò. Seguì col dito il paragrafo. Fuori si stava facendo buio e qualche tentacolo di nebbia si avvolse attorno alle imposte, strisciando nella stanza prima di scomparire.
'Santo Primo Testimone' lesse di nuovo. Come ha fatto a sfuggirmi? È lo stesso nome con cui mi ha chiamato la gente ai cancelli. Non l'ho riconosciuto.
«Sazed.»
Sazed sobbalzò, quasi facendo cadere il libro per terra mentre si voltava. Vin era in piedi dietro di lui, un'ombra scura nella stanza malamente illuminata.
«Lady Vin! Vi siete alzata!»
«Non avresti dovuto lasciarmi dormire così a lungo» lo rimproverò lei.
«Abbiamo provato a svegliarvi» ribattè lui con delicatezza. «Eravate in coma.»
Lei indugiò.
«Forse è per il meglio, lady Vin» disse Sazed. «Il combattimento è concluso e voi vi siete sforzata troppo in questi ultimi mesi. È bene che vi riposiate un po', ora che è tutto finito.»
Lei avanzò, scuotendo il capo, e Sazed potè vedere che aveva un aspetto smunto, nonostante i giorni passati a recuperare le forze. «No, Sazed» disse. «Questo non è
'finito'. Niente affatto.»
«Cosa intendete?» domandò Sazed preoccupato.
«Posso ancora sentirlo nella mia testa» rispose Vin, sollevando una mano alla fronte. «È qui. Nella città.»
«Il Pozzo dell'Ascensione?» chiese Sazed. «Ma, lady Vin, io ho mentito al riguardo. Mi scuso e me ne dispiaccio, ma non so nemmeno se esista una cosa del genere.»
«Tu credi che io sia il Campione delle Ere?»
Sazed distolse lo sguardo. «Pochi giorni fa, sul campo fuori dalla città, mi sentivo certo. Ma di recente... non so più cosa credere. Le profezie e le storie sono un groviglio di contraddizioni.»
«Qui non si tratta delle profezie» disse Vin, avvicinandosi al tavolo e guardando il suo libro. «Qui si tratta di ciò che va fatto. Posso sentirlo... attirarmi.»
Lanciò un'occhiata alla finestra chiusa, con le nebbie che si attorcigliavano ai bordi. Poi vi si diresse e aprì le imposte, lasciando entrare la fredda aria invernale.
Rimase immobile, chiudendo gli occhi e permettendo che le nebbie si riversassero su di lei. Indossava solo una semplice camicia e pantaloni.
«Una volta ho attinto da esse, Sazed» disse. «Lo sapevi?
Te l'ho mai raccontato? Quando ho combattuto il lord Reggente. Ho attinto potere dalle nebbie. È così che l'ho sconfitto.»
Sazed rabbrividì, non solo per il freddo. Per il tono nella sua voce e l'implicazione delle sue parole. «Lady Vin...» iniziò, ma non era sicuro di come continuare. Attinto dalle nebbie? Cosa voleva dire?
«Il Pozzo è qui» ripetè lei, guardando fuori dalla finestra, le nebbie che vorticavano entrando nella stanza.
«Non può essere, lady Vin» disse Sazed. «Tutti i resoconti concordano. Il Pozzo dell'Ascensione venne trovato nelle Montagne di Terris.»
Vin scosse il capo. «Ha cambiato il mondo, Sazed.»
Lui indugiò, accigliandosi. «Cosa?»
«Il lord Reggente» sussurrò lei. «Creò lui i Monti Cenere. I resoconti dicono che fece i vasti deserti attorno all'impero, che ruppe la terra per poterla preservare.
Perché dovremmo presumere che le cose siano come quando egli salì fino al Pozzo?
Creò montagne. Perché non avrebbe potuto raderle al suolo?»
Sazed fu percorso da un brivido.
«È quello che farei io» continuò Vin. «Se sapessi che il potere tornerà, se volessi preservarlo. Nasconderei il Pozzo. Lascerei rimanere le leggende che parlano di montagne al nord. Poi costruirei la mia città attorno al Pozzo in modo da poterlo tenere d'occhio.»
Lei si voltò e lo guardò. «È qui. Il potere attende.»
Sazed aprì la bocca per obiettare, ma non riuscì a trovare nulla. Non aveva fede.
Chi era lui per discutere su tali cose? Mentre indugiava, udì voci dal basso, da fuori.
Voci?, pensò. Di notte? Nelle nebbie? Incuriosito, si sforzò di sentire cosa dicevano, ma erano troppo distanti. Allungò una mano nella borsa accanto al tavolo.
Parecchie delle sue metalloscorte erano vuote; indossava solo le cupriscorte, con il loro contenuto di antica conoscenza. All'interno del sacco trovò un borsellino.
Conteneva i dieci anelli che aveva preparato per l'assedio, ma non aveva mai usato.
L'aprì, prese uno dei dieci, poi infilò la borsa nella fusciacca.
Con questo anello - una stagnoscorta - poteva attingere udito. Le parole da sotto gli divennero chiare.
«Il re! Il re è tornato!»
Vin balzò fuori dalla finestra.
«Nemmeno io capisco appieno come lo fa, El» disse Ham, camminando col braccio appeso al collo.
Elend percorreva le vie della città, e la gente lo seguiva parlando in toni eccitati.
La folla si faceva sempre più numerosa man mano che la gente udiva che Elend era tornato. Spook li squadrò incerto, ma parve gradire quell'attenzione.
«Sono stato privo di sensi per l'ultima parte della battaglia» stava raccontando Ham. «Solo il peltro mi ha tenuto in vita: i koloss hanno massacrato la mia squadra, fatto breccia nelle mura che stavo difendendo. Sono uscito e ho trovato Sazed, ma per allora la mia mente stava diventando confusa. Mi ricordo di aver perso i sensi fuori dalla Fortezza Hasting. Quando mi sono svegliato, Vin aveva già ripreso la città. Io...»
Si fermarono. Vin si trovava di fronte a loro nella strada cittadina. Silenziosa, scura. Nelle nebbie pareva quasi come lo spirito che Elend aveva visto prima.
«Vin?» chiese lui in quell'atmosfera sovrannaturale.
«Elend» rispose lei, precipitandosi fra le sue braccia, e l'aria di mistero svanì. Lei rabbrividì tenendolo stretto a sé. «Mi dispiace. Credo di aver fatto qualcosa di male.»
«Eh?» chiese lui. «Ossia?»
«Ti ho reso imperatore.»
Elend sorrise. «Ho notato, e accetto.»
«Dopo tutto Quello che hai fatto per assicurarti che la gente avesse una scelta?»
Elend scosse il capo. «Sto cominciando a pensare che le mie opinioni fossero semplicistiche. Onorevoli, ma... incomplete. Gestiremo la faccenda. Ma sono lieto di trovare la mia città ancora in piedi.»
Vin sorrise. Pareva stanca.
«Vin?» chiese lui. «Sei ancora sotto gli effetti della peltrazione?»
«No» rispose lei. «Questo è qualcosa d'altro.» Lanciò un'occhiata di lato, il volto pensieroso, come se dovesse decidere qualcosa.
«Vieni» disse.
* * *
Sazed guardò fuori dalla finestra, con una seconda stagnoscorta che potenziava la sua vista. Quello lì sotto era proprio Elend. Sazed sorrise, perché uno dei fardelli sulla sua anima era stato rimosso. Si voltò, intenzionato ad andare a incontrare il re.E poi vide qualcosa svolazzare sul pavimento di fronte a lui. Un frammento di carta. Si inginocchiò a raccoglierlo, notando su di esso la sua stessa calligrafia. I bordi erano frastagliati per essere stato strappato. Sazed si accigliò, dirigendosi al suo tavolo, aprendo il libro alla pagina con la narrazione di Kwaan. Mancava un pezzo. Lo stesso pezzo di prima, quello che era strappato via quella volta con Tindwyl. Si era quasi dimenticato di quello strano accadimento con le pagine in cui mancava a tutte la stessa frase.
Aveva riscritto questa pagina dalla sua metalloscorta, dopo che avevano trovato i fogli strappati. Ora lo stesso pezzo era stato tolto: l'ultima frase. Solo per esserne certo, lo accostò al suo libro. Combaciava perfettamente. 'Alendi non deve raggiungere il Pozzo dell'Ascensione', diceva. 'Non gli dev'essere consentito di prendere il potere per sé stesso.' Erano le precise parole che Sazed aveva nella sua memoria, gli esatti termini del calco.
Perché mai Kwaan si sarebbe preoccupato di questo?, pensò, mettendosi a sedere.
Diceva di conoscere Alendi meglio di chiunque altro. In effetti, definì Alendi un uomo onorevole in svariate occasioni.
Perché mai Kwaan sarebbe stato così preoccupato che Alendi prendesse il potere per sé stesso?
Vin camminava attraverso le nebbie. Elend, Ham e Spook la seguivano, la folla dispersa per ordine di Elend, anche se alcuni soldati rimanevano vicino per proteggerlo.
Vin proseguì, percependo le pulsazioni, i tonfi, il potere che scuoteva la sua stessa anima. Perché gli altri non potevano sentirli?
«Vin?» chiese Elend. «Dove stiamo andando?»
«Kredik Shaw» rispose lei piano.
«Ma... perché?»
Lei si limitò a scuotere il capo. Sapeva la verità ora. Il Pozzo era nella città. Con la forza che stavano acquisendo le pulsazioni, Vin aveva ipotizzato che la direzione sarebbe stata più difficile da distinguere. Ma non era affatto così. Ora che erano piene e fragorose, la trovò con più facilità.
Elend lanciò un'occhiata dietro verso gli altri e Vin potè percepire la sua preoccupazione. In alto davanti a loro, Kredik Shaw torreggiava nella notte. Guglie, come enormi spuntoni, sbucavano dalla terra in uno schema sbilanciato, protendendosi verso le stelle lassù come in modo accusatorio.
«Vin» disse Elend. «Le nebbie stanno agendo... in modo strano.»
«Lo so» rispose lei. «Mi stanno guidando.»
«No, in effetti» rettificò Elend. «E come se si stessero allontanando da te.»
Vin scosse il capo. La sensazione che provava era giusta. Come poteva spiegarlo?
Assieme entrarono in quello che restava del palazzo del lord Reggente.
Il Pozzo è sempre stato qui, pensò Vin divertita. Poteva avvertire le pulsazioni vibrare per tutto l'edificio. Perché non l'aveva notato prima?
Le pulsazioni erano ancora troppo deboli, allora, si rese conto. Il Pozzo non era ancora pieno. Adesso lo è. E la chiamava.
Seguì lo stesso percorso di prima. Il percorso che aveva seguito con Kelsier, facendo irruzione dentro Kredik Shaw in una notte fatale durante la quale era quasi morta. Il percorso che aveva seguito da sola, la notte che era venuta per uccidere il Lord Reggente. Gli stretti corridoi di pietra si aprirono nella stanza dalla forma di una scodella rovesciata. La lanterna di Elend luccicò contro i fini bassorilievi e affreschi, perlopiù in nero e grigio. Il piccolo edificio di pietra sorgeva al centro della stanza, abbandonato, racchiuso.
«Credo che stiamo finalmente per trovare il tuo atium, Elend» sorrise Vin.
«Cosa?» domandò Elend, la sua voce che riecheggiava nella camera. «Vin, abbiamo cercato, qui. Abbiamo provato dappertutto.»
«Non è stato sufficiente, a quanto pare» ribatté Vin, squadrando il piccolo edificio nell'edificio, ma non muovendosi verso di esso.
È qui che l'avrei messo io, pensò lei. Ha senso. Il lord Reggente avrebbe voluto tenere il Pozzo vicino in modo che, quando il potere fosse tornato, sarebbe stato in grado di prenderlo.
Ma io l'ho ucciso prima che potesse accadere.
Il rimbombo proveniva da sotto. Avevano strappato intere sezioni del pavimento, ma si erano fermati quando avevano colpito la solida roccia. Doveva esserci un modo per scendere. Vin andò a cercarlo all'interno dell'edificio nell'edificio, ma non trovò nulla. Uscì, superando i suoi amici confusi con aria frustrata.
Poi provò a bruciare i suoi metalli. Come sempre, le linee azzurre schizzarono attorno a lei, piantando verso fonti di metallo. Elend ne portava diverse, come Spook, ma Ham era pulito. Alcuni dei bassorilievi avevano degli intarsi di metallo, e le linee li indicarono.
Tutto era come previsto. Non c'era nulla.
Vin si accigliò, facendo un passo di lato. Uno degli intarsi era collegato a una linea particolarmente spessa. Troppo spessa, in effetti. Aggrottò la fronte, ispezionando la linea mentre questa - come le altre - puntava dal suo petto direttamente verso la parete di pietra. Questa pareva puntare oltre il muro.
Cosa?
Vin Tirò contro l'intarsio, emettendo un grugnito mentre veniva strattonata verso la parete. Lasciò andare la linea, guardandosi attorno. C'erano intarsi sul pavimento.
Profondi. Incuriosita, si ancorò Tirando contro questi, poi Tirò di nuovo contro il muro. Predette di percepire qualcosa muoversi.
Bruciò duralluminio e Tirò più forte che poteva. L'esplosione di potere per poco non la squarciò, ma la sua ancora resse e il peltro alimentato dal duralluminio la mantenne in vita. E una sezione del muro si aprì scivolando, mentre la pietra grattava contro altra pietra nella stanza silenziosa. Vin annaspò, lasciando andare mentre i suoi metalli si esaurivano.
«Lord Reggente!» esclamò Spook. Ham fu più rapido, però, muovendosi con la velocità data dal peltro e sbirciando dentro l'apertura. Elend rimase al fianco di Vin, afferrandola per il braccio mentre stava quasi per cadere.
«Sto bene» lo rassicurò Vin, bevendo una fiala e ripristinando i suoi metalli. Il potere del Pozzo pulsava attorno a lei. Pareva quasi scuotere la stanza.
«Ci sono delle scale qui dentro» disse Ham, tirando fuori di nuovo la testa.
Vin si riprese e annuì a Elend, e i due seguirono Ham e Spook attraverso la falsa sezione di muro.
'Ma devo continuare moderando i dettagli', diceva il resoconto di Kwaan.
Lo spazio è limitato. Gli altri Recamondo dovettero essersi reputati umili quando vennero da me, ammettendo il loro errore su Alendi. Già allora stavo cominciando a dubitare della mia iniziale dichiarazione. Ma ero superbo. Alla fine, il mio orgoglio potrebbe averci condannati tutti. Non avevo mai ricevuto tanta attenzione dai miei fratelli; essi pensavano che il mio lavoro e i miei interessi non fossero adatti a un Recamondo. Non riuscivano a capire come i miei studi, incentrati sulla natura al posto della religione, portassero beneficio ai popoli delle quattordici terre. Come colui che scoprì Alendi, tuttavia, diventai qualcuno di importante. Il più preminente fra i Recamondo. C'era un ruolo per me, nella tradizione della Venuta: pensai a me stesso come al Santo Primo Testimone, il profeta che avrebbe scoperto il Campione delle Ere. Rinunciare ad Alendi sarebbe stato rinunciare alla mia nuova posizione, al mio essere accettato dagli altri. Così non lo feci. Ma lo faccio ora.
Che si sappia che io, Kwaan, Recamondo di Terris, sono un impostore. Alendi non è mai stato il Campione delle Ere. Nella migliore delle ipotesi, io ho amplificato le sue virtù, creando un eroe dove non c'era. Nella peggiore, temo di aver corrotto tutto quello in cui crediamo.
Sazed sedeva al tavolo, leggendo dal suo libro. Qualcosa qui non torna, pensò.
Tornò indietro di qualche riga, guardando di nuovo le parole 'Santo Primo Testimone'. Perché Quella frase continuava a tormentarlo?
Si appoggiò contro lo schienale, sospirando. Perfino se le profezie parlavano del futuro, non si potevano seguire o usare come fossero indicazioni stradali. Tindwyl aveva ragione su questo. I suoi stessi studi avevano dimostrato come fossero inaffidabili e oscure.
Allora qual era il problema?
Non ha alcun senso.
Ma, d'altra parte, a volte le religioni non avevano un senso letterale. Era quella la ragione oppure si trattava di un suo pregiudizio? La sua frustrazione crescente per gli insegnamenti che aveva memorizzato e trasmesso, ma che alla fine l'avevano tradito?
Si riduceva tutto al frammento di carta sulla sua scrivania. Quello strappato. Ad Alendi non dev'essere consentito di raggiungere il Pozzo dell'Ascensione...'
C'era qualcuno accanto al suo scrittoio.
Sazed rimase senza fiato, barcollando all'indietro, quasi inciampando sopra la sedia. Non era davvero una persona. Era un'ombra, apparentemente formata da flussi di nebbia. Erano molto sottili e stavano ancora strisciando attraverso la finestra che Vin aveva aperto, ma formavano una persona. La sua testa pareva rivolta verso il tavolo, verso il libro. O forse... verso il pezzo di carta.
Sazed provò l'impulso di scappare, come di precipitarsi via dalla paura, ma la sua mente da studioso sollevò una qualche barriera per combattere il suo terrore. Alendi, pensò. Quello che tutti pensavano fosse il Campione delle Ere. Disse di aver visto una cosa fatta di nebbia che lo seguiva.
Anche Vin ha affermato di averla vista.
«Cosa... cosa vuoi?» chiese, cercando di rimanere calmo.
Lo spirito non si mosse.
E se fosse... lei?, si domandò sconcertato. Molte religioni sostenevano che i morti continuavano a camminare per il mondo, solo invisibili ai mortali. Ma questa cosa era troppo bassa per essere Tindwyl. Sazed era certo che l'avrebbe riconosciuta, perfino in questa sembianza amorfa.
Sazed cercò di valutare dove la cosa stava guardando. Allungò una mano esitante, prendendo il pezzo di carta.
Lo spirito sollevò un braccio, indicando verso il centro della città. Sazed si accigliò.
«Non capisco» disse.
Lo spirito indicò con maggiore insistenza.
«Scrivimi cosa vuoi che faccia.»
La cosa si limitò a indicare.
Sazed rimase immobile per un lungo momento nella stanza con solo una candela, poi lanciò un'occhiata al libro aperto. Il vento sfogliava le pagine, mostrando la sua calligrafia, poi quella di Tindwyl, poi di nuovo la sua.
'Ad Alendi non dev'essere consentito di raggiungere il Pozzo dell'Ascensione.
Non gli dev'essere consentito di prendere il potere per sé stesso.'
Forse... forse Kwaan sapeva qualcosa che non sapeva nessun altro. Il potere può riuscire a corrompere perfino il migliore degli uomini? Può essere questo il motivo per cui si rivoltò contro Alendi, cercando di fermarlo?
Lo spirito di nebbia indicò di nuovo.
Se è stato lo spirito a strappare quella frase, forse stava cercando di dirmi qualcosa. Ma... Vin non prenderebbe il potere per sé stessa. Non causerebbe distruzione, come fece il lord Reggente, no?
E se non avesse avuto scelta?
Fuori qualcuno urlò. Quel grido era di puro terrore e presto a esso se ne unirono altri. Un terribile riecheggiare di suoni in una notte scura.
Non c'era tempo per pensare. Sazed afferrò la candela, versando della cera sul tavolo per la fretta, e lasciò la stanza.
La rampa di scale a chiocciola in pietra condusse verso il basso per un bel po' di tempo. Vin scese con Elend al suo fianco, le pulsazioni che risuonavano fragorose nelle sue orecchie. Sul fondo, la scala si aprì in...
Una vasta camera. Elend tenne in alto la sua lanterna, guardando giù in un'enorme caverna di pietra. Spook era già a metà dei gradini di pietra che conducevano verso il suolo. Ham stava seguendo.
«Lord Reggente...» mormorò Elend, in piedi accanto a Vin. «Non avremmo mai trovato questo luogo senza abbattere l'intero edificio!»
«Probabilmente era quella l'idea» disse Vin. «Kredik Shaw non è semplicemente un palazzo, ma una chiave di volta. Costruita per nascondere qualcosa. Questo.
Sopra, quegli intarsi nelle pareti nascondevano le fessure della porta, e Il metallo dentro di essi oscurava il meccanismo di apertura a occhi allomantici. Se non avessi avuto un indizio...»
«Un indizio?» chiese Elend, voltandosi verso di lei.
Vin scosse il capo, facendo un cenno verso i gradini. I due iniziarono a scenderli.
Sotto udirono la voce di Spook risuonare.
«C'è cibo quaggiù!» urlò. «Barattoli su barattoli!»
In effetti trovarono file su file di scaffali di cibo sul pavimento della caverna, inscatolato meticolosamente come messo da parte in preparazione di qualcosa di importante. Vin ed Elend raggiunsero il pavimento della caverna mentre Ham inseguiva Spook, gridandogli di rallentare. Elend fece per andargli dietro, ma Vin l'afferrò per un braccio. Stava bruciando ferro.
«Una grossa fonte di metallo da Quella parte» disse lei, sempre più impaziente.
Elend annuì e si affrettarono per la caverna, superando scaffale dopo scaffale. Il lord Reggente deve aver preparato tutto questo, pensò lei. Ma a che scopo?
Al momento non le importava. Non le importava nemmeno dell'atium, ma il desiderio di Elend di trovarlo era troppo per poterlo ignorare. Si precipitarono fino alla fine della caverna, dove trovarono la fonte della linea allomantica.
Una grande placca metallica pendeva dal muro, come quella che Sazed aveva descritto di aver trovato nella Canonica di Seran. Elend fu chiaramente deluso quando la videro. Vin, però, si fece avanti, guardando con occhi potenziati dallo stagno per vedere cosa conteneva.
«Una mappa?» chiese Elend. «Quello è l'Ultimo Impero.»
Era proprio una mappa quella che era stata incisa nel metallo. Luthadel era contrassegnata al centro. Un piccolo cerchio indicava un'altra città nelle vicinanze.
«Perché Statlin è cerchiata?» domandò Elend, aggrottando le sopracciglia.
Vin scosse il capo. «Non è questo il motivo per cui siamo venuti» disse.
«Laggiù.» Un cunicolo si separava dalla caverna principale. «Andiamo.»
Sazed corse per le strade, senza neanche la certezza di cosa stava facendo.
Seguiva lo spirito di nebbia, che era difficile da scorgere nella notte, dal momento che la sua candela si era estinta da molto.
La gente urlava. Le loro grida di panico gli davano i brividi e desiderava ardentemente andare a vedere qual era il problema. Eppure lo spirito di nebbia era insistente: si fermava per attirare la sua attenzione, se lo perdeva. Forse lo stava semplicemente conducendo alla morte. E tuttavia provava verso di esso una fiducia che non riusciva a spiegare.
Allomanzia?, pensò. Sta manipolando le mie emozioni?
Prima che potesse riflettervi più a lungo, incappò nel primo cadavere. Era uno skaa vestito con abiti semplici, la pelle macchiata di cenere. La sua faccia era contorta in una smorfia di dolore, e la cenere sul terreno era smossa da quanto si era dibattuto.
Sazed ansimò nel fermarsi. Si inginocchiò, esaminando il corpo nella fioca luce di una finestra aperta nei paraggi. Quest'uomo non era morto facilmente.
È... come le uccisioni che stavo studiando, considerò. Mesi fa, nel villaggio a sud.
L'uomo lì disse che le nebbie avevano ucciso il suo amico. Lo avevano fatto cadere a terra a dibattersi.
Lo spirito apparve di fronte a Sazed, la sua posa insistente. Sazed alzò lo sguardo, accigliandosi. «Tu hai fatto questo?» sussurrò.
La cosa scosse il capo con veemenza, indicando. Kredik Shaw si trovava poco più avanti. Era la direzione in cui Vin ed Elend erano andati prima.
Sazed rimase immobile. Vin ha detto che riteneva che il Pozzo fosse ancora nella città, pensò. Il Baratro è sceso su di noi, così come i suoi tentacoli avevano fatto nei lontani recessi dell'impero. Uccidendo.
Sta accadendo qualcosa di più grande della nostra comprensione.
Non riusciva ancora a credere che il fatto che Vin andasse al Pozzo fosse pericoloso. Lei aveva letto: conosceva la storia di Rashek. Non avrebbe preso il potere per sé stessa. Sazed era fiducioso. Ma non del tutto certo. In effetti, non era più certo di cosa avrebbero dovuto fare col Pozzo.
Devo raggiungerla. Fermarla, parlarle, prepararla. Non possiamo andare in un posto del genere con avventatezza. Se stavano davvero per prendere il potere al Pozzo, prima dovevano rifletterci bene e decidere quale fosse la migliore linea d'azione.
Lo spirito di nebbia continuava a indicare. Sazed si alzò e corse avanti, ignorando l'orrore delle urla nella notte. Si avvicinò alle porte della massiccia struttura del palazzo con le sue punte e le sue guglie, poi vi si precipitò dentro.
Lo spirito di nebbia rimase indietro, fra le nebbie che lo avevano generato. Sazed accese di nuovo la candela con un acciarino e attese. Lo spirito di nebbia non avanzò. Ancora provando un senso di urgenza, Sazed lo lasciò indietro, addentrandosi nelle profondità di quella che era stata la dimora del lord Reggente.
Le pareti di pietra erano fredde e scure, la sua candela emetteva una luce fievole.
Il Pozzo non può essere qui, pensò. Dovrebbe trovarsi fra le montagne.
Eppure così tanto di quell'epoca era vago. Stava cominciando a dubitare di aver mai compreso le cose che aveva studiato.
Affrettò il passo, facendo ombra alla sua candela con la mano, sapendo dove doveva andare. Aveva visitato l'edificio nell'edificio, Il posto dove il lord Reggente una volta passava il suo tempo. Sazed aveva studiato quel luogo dopo la caduta dell'impero, registrando e catalogando. Entrò nella stanza esterna e arrivò a metà prima di notare l'inconsueta apertura nel muro.
Una figura stava sulla soglia, a capo chino. La luce della candela di Sazed si riflesse sulle lucide pareti di marmo, sugli intarsi argentei dei bassorilievi e sugli spuntoni negli occhi dell'uomo.
«Marsh?» chiese Sazed, sbigottito. «Dove sei stato?»
«Cosa stai facendo, Sazed?» sussurrò Marsh.
«Sto andando da Vin» rispose lui, confuso. «Ha trovato il Pozzo, Marsh.
Dobbiamo raggiungerla, impedirle di fare qualunque cosa finché non saremo certi delle conseguenze.»
Marsh rimase in silenzio per un breve istante. «Non saresti dovuto venire qui, Terrisiano» disse infine, il capo ancora chino.
«Marsh? Cosa sta succedendo?» Sazed fece un passo avanti, provando un senso di urgenza.
«Vorrei saperlo. Vorrei... vorrei capire.»
«Capire cosa?» La voce di Sazed riecheggiava nella stanza a cupola.
Marsh rimase immobile e in silenzio per un momento. Poi alzò lo sguardo, fissando i suoi spuntoni senza vista su Sazed.
«Vorrei capire perché devo ucciderti» disse, poi sollevò una mano. Una Spinta allomantica andò a colpire con forza i bracciali che Sazed indossava, gettandolo all'indietro, sbattendolo contro la dura parete di pietra.
«Mi spiace» sussurrò Marsh.