Ma lo faccio ora. Che si sappia che io, Kwaan, Recamondo di Terris, sono un impostore.

35

Era come se stesse per andare di nuovo a un ballo.

Lo stupendo abito marrone sarebbe stato perfetto per uno dei ricevimenti a cui lei aveva partecipato durante i mesi precedenti al Crollo. Il vestito era anticonvenzionale, ma non fuori moda. I cambiamenti lo facevano sembrare caratteristico.

Le modifiche la lasciavano più libera di muoversi: le permettevano di camminare in modo più aggraziato, di voltarsi in maniera più naturale. Questo, a sua volta, la faceva sentire più bella. In piedi davanti allo specchio, Vin pensò a come sarebbe stato poter indossare quell'abito a un vero ballo. Poter essere sé stessa... non Valette, l'impacciata nobildonna di campagna. Nemmeno Vin, la ladruncola skaa. Essere sé stessa.

O, almeno, come riusciva a immaginarsi. Sicura di sé poiché accettava il suo ruolo come Mistborn. Sicura perché accettava il suo posto come colei che aveva eliminato il lord Reggente. Sicura perché sapeva che il re l'amava.

Forse potrei essere entrambe, pensò Vin, facendo scorrere le mani lungo ambo i lati del vestito, tastando la soffice seta.

«Hai un aspetto magnifico, bambina» commentò Tindwyl.

Vin si voltò, un sorriso esitante sulle labbra. «Non ho nessun gioiello. Ho dato l'ultimo che mi era rimasto a Elend per aiutarlo a nutrire i rifugiati. Non si intonava a questo vestito, comunque.»

«Parecchie donne usano i gioielli per cercare di nascondere il loro aspetto ordinario» lo confortò Tindwyl. «A te non serve.»

La Terrisiana era in piedi nella sua solita postura, le mani serrate davanti a sé, anelli e orecchini che scintillavano. Nessuno dei suoi gioielli, però, aveva delle gemme; in effetti, buona parte di essi era fatta di materiali semplici. Ferro, rame, peltro: metalli feruchemici.

«Non hai fatto visita a Elend di recente» osservò Vin, tornando a voltarsi verso lo specchio e usando alcuni fermagli di legno per tenere indietro i capelli.

«Il re si sta rapidamente avvicinando al punto in cui non avrà più bisogno che lo istruisca.»

«È così prossimo, allora,» chiese Vin «a essere come gli uomini delle tue biografie?»

Tindwyl rise. «Cielo, no, bambina. Gli manca ancora molto, per quello.»

«Ma...»

«Ho detto che non avrà più bisogno che lo istruisca» ripetè Tindwyl. «Sta imparando di potersi affidare alle parole degli altri solo fino a un certo punto, e ha raggiunto il livello in cui dovrà imparare più cose da sé. Rimarrai sorpresa, bambina, da quanto le doti di un buon governante derivino dall’'esperienza.»

«A me lui sembra molto diverso» ammise Vin piano.

«Lo è» ribatté Tindwyl, avvicinandosi per metterle una mano sulla spalla. «Sta diventando l'uomo che ha sempre saputo di dover essere... Era solo che non conosceva la via. Anche se sono dura con lui, penso che l'avrebbe trovata, anche se non fossi venuta io. Un uomo può incespicare solo fino a un certo punto prima di cadere o rimettersi dritto.»

Vin guardò la sua immagine riflessa, graziosa nel suo abito marrone. «Questo è ciò che io devo diventare. Per lui.»

«Per lui» convenne Tindwyl. «E per te stessa. È qui che eri diretta, prima di venire distratta.»

Vin si voltò. «Verrai con noi stasera?»

Tindwyl scosse il capo. «Non è quello il mio posto. Ora va' a incontrare il tuo re.»

Questa volta Elend non aveva intenzione di entrare nella tana del nemico senza una scorta appropriata. Duecento soldati si trovavano nel cortile, in attesa di accompagnarlo alla cena con Cett, e Ham - armato di tutto punto

- avrebbe rivestito il ruolo di sua guardia del corpo personale. Spook gli avrebbe fatto da cocchiere. Questo lasciava solo Breeze, il quale - comprensibilmente - era un po' nervoso all'idea di partecipare alla cena.

«Non è necessario che tu venga» spiegò Elend all'uomo corpulento mentre si radunavano nel cortile del palazzo.

«Ah, no?» fece Breeze. «Bene, allora: rimarrò qui. Godetevi la cena!»

Elend indugiò, accigliandosi.

Ham gli diede una pacca sulla spalla. «Dovresti sapere che non è il caso di lasciare nessuno spazio di manovra a quello, Elend!»

«Be', pensavo quello che ho detto» replicò Elend. «Potrebbe farci comodo un Sedatore, ma non deve venire se non vuole.»

Breeze parve sollevato.

«Non ti senti nemmeno un poco in colpa, vero?» chiese Ham.

«In colpa?» domandò Breeze, la mano appoggiata sul bastone. «Mio caro Hammond, mi hai mai visto esprimere un'emozione tanto squallida e deprimente?

Inoltre ho come la sensazione che Cett sarà molto più affabile senza me attorno.»

Probabilmente ha ragione, pensò Elend mentre la sua carrozza si arrestava lì accanto.

«Elend,» gli fece notare Ham «non pensi che portare duecento soldati con noi sia... be', un tantino evidente?»

«Cett è quello che dice che dovremmo essere sinceri con le nostre minacce»

rispose Elend. «Be', direi che duecento uomini sono il minimo per indicare quanto mi fido di quell'uomo. Sarà comunque in sovrannumero rispetto a noi di cinque a uno.»

«Ma tu avrai un Mistborn seduto a pochi posti da lui» bisbigliò una voce da dietro.

Elend si voltò, sorridendo a Vin. «Come riesci a muoverti così in silenzio in un abito del genere?»

«Mi sono esercitata» rispose lei, prendendogli il braccio.

È probabile che l'abbia fatto davvero, pensò lui, inspirando il suo profumo e immaginandola aggirarsi furtiva per i corridoi del palazzo in un ingombrante abito da sera.

«Be', dovremmo andare» li esortò Ham. Fece segno a Vin ed Elend di entrare nella carrozza, e si lasciarono dietro Breeze sui gradini del palazzo.

Dopo un anno in cui era passata davanti alla Fortezza Hasting di notte, con le sue finestre oscurate, a Vin sembrava giusto vederle risplendere di nuovo.

«Sai,» disse Elend accanto a lei «non siamo mai riusciti a partecipare a un ballo assieme.»

Vin si voltò, smettendo di contemplare la fortezza che si avvicinava. Attorno a lei, la carrozza procedeva accanto al suono di diverse centinaia di piedi in marcia, mentre la sera iniziava appena a farsi scura.

«Ci siamo incontrati diverse volte ai ricevimenti,» proseguì Elend «ma non siamo mai andati a uno di essi ufficialmente assieme. Non ho mai avuto occasione di passarti a prendere nella mia carrozza.»

«È davvero così importante?» chiese Vin.

Elend scrollò le spalle. «Fa tutto parte dell'esperienza. O faceva. In tutto quanto c'era una confortevole formalità: il gentiluomo arrivava ad accompagnare la dama, poi tutti li osservavano entrare e valutavano come apparivano assieme. L'ho fatto dozzine di volte con dozzine di donne, ma mai con l'unica che avrebbe reso quell'esperienza speciale.»

Vin sorrise. «Non pensi che ci saranno di nuovo dei balli?»

«Non lo so, Vin. Perfino se sopravviviamo a tutto questo... be', riusciresti a ballare mentre così tante persone muoiono di fame?» Probabilmente stava pensando alle centinaia di profughi, esausti per il viaggio, privati di cibo ed equipaggiamento dai soldati di Straff, rannicchiati assieme nel magazzino che Elend aveva trovato per loro.

Hai danzato prima, pensò lei. Anche allora la gente moriva di fame. Ma erano circostanze diverse: Elend non era stato re, allora. In effetti, ripensandoci, a Vin venne in mente che lui non aveva mai davvero danzato a quei balli. Aveva studiato e si era incontrato con i suoi amici, pianificando come poteva rendere l'Ultimo Impero un posto migliore.

«Dev'esserci un modo per avere entrambe le cose» si augurò Vin. «Forse potremmo dare i ricevimenti e chiedere alla nobiltà che vi partecipa di donare soldi per aiutare a nutrire la gente.»

Elend sorrise. «Probabilmente per la festa spenderemmo il doppio di quanto raccolto in donazioni.»

«E il denaro speso andrebbe ai mercanti skaa.»

Elend indugiò pensieroso e Vin sorrise fra sé. Strano come sia finita con l'unico nobiluomo frugale nella città. Che coppia erano: un Mistborn che si sentiva in colpa nel gettare monete per saltare e un nobile che pensava che i ricevimenti fossero troppo costosi. Era un miracolo che Dockson riuscisse a ottenere a forza da loro abbastanza denaro da mandare avanti la città.

«Ci preoccuperemo di questo più tardi» disse Elend mentre i cancelli della Fortezza Hasting si aprivano, rivelando una schiera di soldati sull'attenti.

Puoi portare i tuoi soldati, se vuoi, sembrava dire quella parata. Io ne ho di più. In realtà, stavano entrando in una strana allegoria di Luthadel stessa. I duecento uomini di Elend erano adesso circondati dai mille di Cett, i quali, a loro volta, erano circondati dai ventimila di Luthadel. La città, ovviamente, era poi circondata da quasi centomila truppe all'esterno, Strato dopo strato di soldati, tutti tesi in previsione di un combattimento. I pensieri di balli e ricevimenti lasciarono la mente di Vin.

Cett non li accolse alla porta. Quel compito fu eseguito da un soldato in uniforme semplice.

«I vostri soldati possono rimanere qui» annunciò l'uomo mentre entravano nell'ingresso principale. Un tempo l'ampia stanza dai grandi pilastri era adornata con eleganti tappeti e arazzi. Cett, naturalmente, non aveva portato nulla in sostituzione, e questo conferiva all'interno della fortezza una sensazione di austerità. Come una roccaforte al fronte, piuttosto che una residenza.

Elend si voltò facendo un cenno a Demoux, e il capitano ordinò ai suoi uomini di aspettare all'interno. Vin rimase immobile per un momento, trattenendosi di proposito dallo scoccare un'occhiata a Demoux. Se era lui il kandra, come il suo istinto l'ammoniva, era pericoloso averlo troppo vicino. Parte di lei voleva per gettarlo semplicemente in una segreta.

E tuttavia i kandra non potevano fare del male agli umani, perciò non costituiva una minaccia diretta. Era semplicemente lì per riferire informazioni. Inoltre aveva già appreso i loro

i più delicati; non aveva molto senso colpire ora, scoprendo le sue carte così in fretta. Se avesse aspettato e visto dove andava quando se la squagliava dal palazzo, forse Vin avrebbe potuto scoprire a quale esercito - o fazione all'interno della città -

facesse rapporto. Apprendere quali informazioni aveva rivelato.

Perciò non agì, restando in attesa. il momento per colpire sarebbe arrivato.

Ham e Demoux sistemarono i loro uomini, poi una scorta più piccola - che includeva Ham, Spook e Demoux - si radunò per restare con Vin ed Elend. Elend annuì all'uomo di Cett e il soldato li condusse lungo un corridoio laterale.

Non siamo diretti verso gli ascensori, pensò Vin. La sala da ballo Hasting era situata proprio sulla sommità della torre centrale della fortezza; le volte in cui aveva partecipato ai balli lì dentro, era stata portata in cima su una delle quattro piatta-forme sollevate da uomini. O Cett non voleva sprecare forza lavoro, oppure...

Ha scelto la fortezza più alta della città, considerò Vin. E anche quella con meno finestre. Se Cett avesse tirato tutti gli ascensori in cima, sarebbe stato molto difficile per un invasore conquistare la fortezza.

Per fortuna parve che non sarebbero dovuti salire fino alla sommità questa sera.

Dopo che ebbero percorso due rampe di una scalinata a chiocciola di roccia - Vin dovette tirare su il suo vestito ai lati per impedire che strusciasse contro le pietre - la loro guida li condusse in un'ampia stanza circolare con finestre dai vetri colorati che correvano intorno all'intero perimetro, intervallate solo da colonne per sostenere il soffitto. Quell'unica stanza era larga quasi quanto la torre stessa.

Una sala da ballo secondaria, forse?, si domandò Vin, osservando quella sontuosità. Il vetro non era illuminato, anche se lei sospettava che fuori ci fossero fessure per le luci al calcio. Pareva che Cett non si curasse di cose del genere. Aveva predisposto un grande tavolo proprio al centro della stanza e sedeva a capotavola.

Stava già mangiando.

«Sei in ritardo,» disse a gran voce a Elend «perciò ho cominciato senza di te.»

Elend si accigliò. A quell'espressione, Cett proruppe in una grassa risata, sollevando una coscia di pollo. «Sembri più

sconcertato per la mia infrazione dell'etichetta che non per il fatto che abbia portato un esercito per conquistarvi, ragazzo! Ma suppongo che a Luthadel le cose funzionino così. Siediti prima che finisca di mangiare tutto questo da solo.»

Elend protese un braccio per Vin, guidandola verso il tavolo. Spook prese posizione vicino alla rampa di scale, le sue orecchie da Percettore pronte a udire eventuali pericoli. Ham guidò dieci uomini in una posizione da cui potevano sorvegliare le sole entrate della stanza: l'accesso dalle scale e la porta usata dal personale di servizio.

Cett ignorò i soldati. Aveva un gruppo di proprie guardie del corpo poste vicino alla parete dall'altro lato della stanza, ma non pareva turbato dal fatto che le truppe di Ham fossero lievemente in soprannumero. Suo figlio - il giovane che lo aveva assistito al raduno dell'Assemblea - era in piedi al suo fianco, attendendo in silenzio.

Uno dei due dev'essere un Mistborn, pensò Vin. E io continuo a pensare che sia Cett.

Elend la fece sedere, poi occupò una sedia accanto a lei, entrambi seduti proprio di fronte a Cett. Lui interruppe a malapena il suo pasto mentre i servitori portavano i piatti di Vin ed Elend.

Cosce di pollo, notò Vin, e ortaggi in salsa. Vuole che questo sia un pasto in cui ci si imbratta... vuole mettere Elend a disagio.

Elend non cominciò subito a mangiare. Si sedette, osservando Cett, la sua espressione pensierosa.

«Diamine» esclamò Cett. «Questo cibo è davvero buono. Non hai idea di quanto sia difficile avere dei pasti adeguati quando si viaggia!»

«Per quale motivo volevi parlarmi?» chiese Elend. «Sai che non mi lascerò convincere a votare per te.»

Cett scrollò le spalle. «Pensavo che potesse essere interessante.»

«Riguarda tua figlia?» domandò Elend.

«Lord Reggente, no!» rise Cett. «Tieniti quella sciocca, se vuoi. Il giorno che è scappata è stata per me una delle poche gioie di tutto il mese scorso.»

«E se minaccio di farle del male?» chiese Elend.

«Non lo farai» rispose Cett.

«Ne sei certo?»

Cett sorrise sotto la folta barba, sporgendosi verso Elend. Ti conosco, Venture. Ti ho osservato, studiato per mesi. E poi tu sei stato così gentile da mandare uno dei tuoi amici a spiarmi. Ho appreso molto su di te da lui!»

Elend parve turbato.

Cett rise. «Davvero, credevi che non avrei riconosciuto uno dei membri della banda del Sopravvissuto? Voi nobili di Luthadel dovete ritenere che tutti quelli che vivono fuori città siano dei maledetti stupidi!»

«Tuttavia hai dato ascolto a Breeze» osservò Elend. «Hai lasciato che si unisse a te, hai dato retta ai suoi consigli. E poi gli hai dato la caccia solo quando hai scoperto il suo rapporto intimo con tua figlia... quella per cui dichiari di non provare alcun affetto.»

«È questo il motivo per cui lui ti ha detto di aver lasciato l'accampamento?»

chiese Cett ridendo. «Perché l'ho scoperto con Allrianne? Diamine, cosa m'importa se la ragazza l'ha sedotto?»

«Tu pensi che lei abbia sedotto lui?» domandò Vin.

«Ma certo» rispose Cett. «Sul serio, ho passato solo poche settimane con lui e perfino io so quanto sia inutile con le donne.»

Elend ascoltava tutto senza batter ciglio. Osservava Cett con occhi sottili, penetranti. «Allora perché gli hai dato la caccia?»

Cett si reclinò contro lo schienale. «Ho cercato di farlo passare dalla mia parte.

Ha rifiutato. Ho pensato che ucciderlo sarebbe stato preferibile a lasciarlo tornare da te. Ma è notevolmente agile per un uomo della sua stazza.»

Se è davvero un Mistborn, non c'è modo in cui Breeze avrebbe potuto fuggire senza che Cett glielo permettesse, pensò Vin.

«Perciò vedi, Venture» disse Cett. «Ti conosco. Forse ti conosco meglio di quanto tu conosca te stesso, poiché so cosa pensano i tuoi amici di te. Ci vuole un uomo davvero straordinario per guadagnarsi la lealtà di una persona subdola come Breeze.»

«Dunque pensi che non farò del male a tua figlia» disse Elend.

«Io so che non lo farai» replicò Cett. «Sei onesto... è qualcosa che mi piace in te.

Sfortunatamente, l'onestà è molto facile da sfruttare: per esempio, sapevo che avresti ammesso che Breeze stava Sedando quella folla.» Cett scosse il capo. «Gli uomini onesti non sono fatti per essere re, ragazzo. È un vero peccato, ma è così. Ecco perché devo sottrarti il trono.»

Elend rimase in silenzio per un momento. Infine guardò Vin. Lei gli prese il piatto, odorandolo con sensi da allomante.

Cett rise. «Pensi che ti avvelenerei?»

«No, in effetti» ammise Elend mentre Vin posava il piatto. Lei non era capace come altri in questo, ma aveva appreso alcuni degli odori più evidenti.

«Non useresti il veleno» disse Elend. «Non è da te. Tu stesso sembri un uomo piuttosto onesto.»

«Sono solo schietto» puntualizzò Cett. «C'è differenza.»

«Non ti ho ancora sentito dire una menzogna.»

«Questo perché non mi conosci abbastanza bene da riconoscerle» replicò Cett.

Sollevò diverse dita macchiate d'unto. «Stasera ti ho già detto tre menzogne, ragazzo. Buona fortuna a indovinare quali sono.»

Elend indugiò, esaminando Cett. «Stai giocando con me.»

«Ma certo!» esclamò Cett. «Non capisci, ragazzo? È per questo che non dovresti essere re. Lascia il lavoro a uomini che riescono a comprendere la loro stessa corruzione; non lasciare che ti distrugga.»

«Perché te ne importa?» chiese Elend.

«Perché preferirei non ucciderti» spiegò Cett.

«Allora non farlo.»

Cett scosse il capo. «Non è così che funziona tutto questo, ragazzo. Quando ti si presenta un'opportunità per stabilizzare il potere o per ottenerne altro, faresti dannatamente bene a coglierla. E io lo farò.»

Il silenzio calò di nuovo sulla tavola. Cett squadrò Vin. «Nessun commento dal Mistborn?»

«Voi imprecate molto» gli fece notare Vin. «Non è una comportamento consono davanti a delle signore.»

Cett rise. «Questa è la cosa divertente di Luthadel, ragazza. Sono tutti così preoccupati di fare ciò che è 'consono quando la gente può vederli... ma allo stesso tempo non trovano nulla di sbagliato nell'andare a stuprare un paio di donne skaa quando la festa è finita. Almeno io impreco davanti.»

Elend non aveva ancora toccato cibo. «Cosa succederà se vincerai il voto per il trono?»

Cett scrollò le spalle. «Una risposta sincera?»

«Sempre.»

«Per prima cosa, ti farò assassinare» annunciò Cett. «Non si possono lasciare in giro i vecchi sovrani.»

«E se mi facessi da parte?» chiese Elend. «Se ritirassi la mia candidatura?»

«Fatti da parte,» replicò Cett «vota per me, poi lascia la città, e io ti permetterò di vivere.»

«E l'Assemblea?» chiese Elend.

«Sciolta» rispose Cett. «Non è che un peso. Ogni volta che dai potere a un comitato, finisci sempre con l'avere maggiore confusione.»

«L'Assemblea dà potere al popolo» osservò Elend. «È questo che un governo dovrebbe fornire.»

Sorprendentemente, Cett non rise a quel commento. Invece si sporse in avanti, appoggiando un braccio sul tavolo, gettando via una coscia di pollo mezza masticata. «Ecco come funziona, ragazzo. Lasciare che il popolo si governi da solo va bene finché tutto è bello e allegro, ma cosa succede quando ti trovi di fronte a due eserciti? Quando un branco di koloss inferociti sta distruggendo villaggi alla tua frontiera? Non sono questi i tempi in cui puoi permetterti di avere attorno un'Assemblea in grado di deporti.» Cett scosse il capo. «Il prezzo è troppo alto. Quando non puoi avere sia la libertà sia la sicurezza, ragazzo, quale scegli?»

Elend rimase in silenzio. «Io faccio le mie scelte,» rispose infine «e lascio che gli altri facciano le loro.»

Cett sorrise, come se si aspettasse una replica del genere. Iniziò a mangiare un'altra coscia di pollo.

«Mettiamo che me ne vada» ipotizzò Elend. «E mettiamo che tu ottenga il trono, protegga la città e sciolga l'Assemblea. E poi? E la gente?»

«Cosa te ne importa?»

«Hai bisogno di chiederlo?» lo provocò Elend. «Pensavo che tu mi 'capissi'.»

Cett sorrise. «Rimetterei gli skaa a lavorare, come faceva il lord Reggente. Niente paga, niente classe di bifolchi emancipati.»

«Non posso accettarlo» disse Elend.

«Perché no?» chiese Cett. «È quello che vogliono. Tu hai dato loro una scelta... e loro hanno scelto di cacciarti. Ora stanno per scegliere di mettere me sul trono.

Sanno che il modo del lord Reggente era il migliore. Un gruppo deve comandare e un altro servire. Qualcuno deve far crescere il cibo e lavorare alle fucine, ragazzo.»

«Forse» ammise Elend. «Ma su una cosa ti sbagli.»

«E quale?»

«Non voteranno per te» gli assicurò Elend, alzandosi in piedi. «Sceglieranno me.

Messi di fronte alla scelta fra libertà e schiavitù, opteranno per la libertà. Gli uomini dell'Assemblea sono i migliori di questa città e faranno la scelta migliore per il loro popolo.»

Cett esitò, poi rise. «La tua dote migliore, ragazzo, è che riesci a dirlo e farlo suonare serio!»

«Me ne vado, Cett.» Elend rivolse a Vin un cenno col capo.

«Oh, siediti, Venture» fece Cett, agitando una mano verso la sedia di Elend. «Non fare l'indignato perché sono stato onesto con te. Abbiamo ancora degli argomenti da discutere.»

«Tipo?» chiese Elend.

«L'atium» rispose Cett.

Elend rimase immobile per un istante, apparentemente placando la propria irritazione. Quando Cett non parlò immediatamente, Elend infine si sedette e iniziò a mangiare. Vin si limitò a piluccare in silenzio il cibo. Mentre lo faceva, però, studiò i volti dei soldati e dei servitori di Cett. Dovevano esserci degli allomanti mischiati fra loro: trovare quanti avrebbe potuto dare un vantaggio a Elend.

«La tua gente sta patendo la fame» notò Cett. «E se le mie spie valgono quanto le pago, hai appena ricevuto un altro afflusso di bocche. Non puoi durare ancora molto sotto questo assedio.»

«E?» domandò Elend.

«Io ho cibo» affermò Cett. «Tanto... più di quanto serva al mio esercito. Alimenti in scatola, confezionati con il nuovo metodo sviluppato dal lord Reggente. A lunga scadenza,

nessun rischio che vadano a male. Una vera meraviglia della tecnologia. Sarei disposto a scambiarne una parte...»

Elend indugiò, la forchetta a metà strada verso le sue labbra. Poi l'abbassò e rise.

«Pensi ancora che abbia l'atium del lord Reggente?»

«Certo che ce l'hai» Cett si accigliò. «Dove sarebbe altrimenti?»

Elend scosse il capo, prendendo un morso della patata intrisa di salsa. «Non qui, di certo.»

«Ma... le voci...» disse Cett.

«Breeze ha diffuso quelle voci» replicò Elend. «Pensavo che avessi capito perché si era unito al tuo gruppo. Voleva che tu venissi a Luthadel in modo che potessi impedire a Straff di prendere la città.»

«Ma Breeze ha fatto tutto quello che poteva per impedirmi di venire qui» obiettò Cett. «Minimizzava le voci, cercava di distrarmi...» Cett lasciò morire le parole, poi proruppe in una risata. «E io che pensavo che fosse lì solo per spiare! Pare che entrambi abbiamo sottovalutato l'altro.»

«La mia gente ha comunque bisogno di quel cibo» riprese Elend.

«E l'avranno... sempre che io diventi re.»

«Stanno patendo la fame ora» ribatté Elend.

«E la loro sofferenza sarà il tuo fardello» aggiunse Cett, mentre il suo volto si faceva severo. «Riesco a vedere che mi hai giudicato, Elend Venture. Tu mi ritieni un brav'uomo. Ti sbagli. La schiettezza non rende un uomo meno tiranno. Ho sterminato migliaia di persone per tenere saldo il mio potere. Ho caricato gli skaa di fardelli che fanno sembrare sopportabile perfino la mano del lord Reggente. Mi sono accertato di restare al potere. Farò lo stesso qui.»

Gli uomini rimasero in silenzio. Elend mangiò, ma Vin si limitò a giocherellare col cibo. Se le era sfuggito un veleno, voleva che almeno uno di loro rimanesse all'erta. Era ancora intenzionata a trovare quegli allomanti e c'era un solo modo per esserne certa. Spense il rame, poi bruciò bronzo.

Nessun Offuscatore stava bruciando rame; a quanto pareva, a Cett non importava se qualcuno riconosceva gli allomanti fra i suoi uomini. Due dei suoi stavano bruciando peltro. Nessuno dei due, però, era un soldato: entrambi fingevano di essere membri del personale che stava servendo la cena. C'era anche un Percettore che pulsava nell'altra stanza, in ascolto.

Perché celare dei Bruti sotto le spoglie di servitori, poi non usare rame per nascondere le loro pulsazioni? In aggiunta, non c'erano Sedatori o Sobillatori.

Nessuno stava cercando di influenzare le emozioni di Elend. Né Cett o il suo giovane attendente stavano bruciando alcun metallo. O davvero non erano allomanti, oppure temevano di esporsi. Solo per essere sicura, Vin avvampò il suo bronzo, cercando di penetrare qualunque cuprinube nascosta che potesse esserci nei paraggi. Poteva immaginare che Cett mettesse in vista alcuni allomanti come distrazione e poi nascondesse gli altri dentro una nube.

Non trovò nulla. Finalmente soddisfatta, tornò a piluccare il pasto. Quante volte questa mia capacità di penetrare le cuprinubi si è rivelata utile? Si era dimenticata di cosa si provava a essere impossibilitati a percepire le pulsazioni allomantiche.

Quest'unica piccola abilità - per quanto sembrasse semplice - le forniva un vantaggio enorme. E il lord Reggente e i suoi Inquisitori probabilmente erano stati in grado di farlo fin dall'inizio. Quali altri trucchi le mancavano, quali altri segreti erano morti col lord Reggente?

Sapeva la verità sul Baratro, pensò Vin. Doveva saperla. Cercò di avvertirci, alla fine...

Elend e Cett stavano parlando di nuovo. Perché lei non riusciva a concentrarsi sui problemi della città?

«Dunque non avete affatto atium?» chiese Cett.

«Non che siamo disposti a vendere» rispose Elend.

«Avete ispezionato la città?» domandò Cett.

«Una dozzina di volte.»

«Le statue» propose Cett. «Forse il lord Reggente ha nascosto il metallo fondendolo, poi costruendoci qualcosa.»

Elend scosse il capo. «Ci abbiamo pensato. Le statue non sono di atium, e non sono nemmeno cave: quello sarebbe stato un buon posto per nascondere del metallo agli occhi degli allomanti. Abbiamo pensato che potesse essere nascosto da qualche parte nel palazzo, ma perfino le guglie sono fatte di semplice ferro.»

«Caverne, cunicoli...»

Nessuno che siamo riusciti a trovare» ribadì Elend. «Abbiamo mandato allomanti di pattuglia, in cerca di grandi fonti di metallo. Abbiamo fatto tutto quello che ci è venuto in mente, Cett, a parte scavare buchi nel terreno. Fidati. È da un pezzo che stiamo lavorando al problema.»

Cett annuì, sospirando. «Dunque suppongo che trattenerti per un riscatto sarebbe inutile.»

Elend sorrise. «Non sono nemmeno re, Cett. L'unica cosa che otterresti sarebbe rendere l'Assemblea meno propensa a votare per te.»

Cett rise. «Presumo che dovrò lasciarti andare, allora.»