Eppure in seguito fu lui ad alimentare le dicerie. Non avrei mai potuto fare quello che fece lui, convincendo e persuadendo il mondo che era davvero il Campione. Non so se lui stesso ci credesse, ma riuscì a indurre altri a pensare che lo era.
16
Vin usava di rado i suoi alloggi. Elend le aveva assegnato delle stanze spaziose -
cosa che, forse, era parte del problema. Aveva trascorso la sua fanciullezza dormendo in anfratti, covi o vicoli. Avere tre camere separate era un po'
soverchiante.
Non aveva importanza, comunque. Quando era sveglia era con Elend oppure nelle nebbie. Le sue stanze esistevano solo per dormire. O, come in questo caso, per farvi confusione.
Sedeva sul pavimento al centro della camera principale. Il maggiordomo di Elend, preoccupato che Vin non avesse alcun mobilio, aveva insistito per arredare le stanze. Stamattina Vin aveva spostato alcuni mobili, ammassando tappeti e sedie da un lato in modo da poter sedere sulle pietre fredde col suo libro.
Era il primo vero libro che avesse mai posseduto, anche se era solo un blocco di pagine tenute assieme da un lato. Per lei andava più che bene: quella semplice rilegatura aveva reso ancora più facile smontare quel libro.
Era seduta in mezzo a mucchi di fogli. Era sorprendente quante pagine ci fossero nel libro, una volta che le aveva separate. Vin sedeva accanto a una pila, esaminandone i contenuti. Scosse il capo, poi strisciò verso un'altra. Sfogliò le pagine, scegliendone infine una.
'A volte mi domando se sto impazzendo' dicevano le parole.
Forse è dovuto al peso di sapere che in qualche modo devo portare il fardello di un intero mondo. Forse è causato dalla morte che ho visto, dagli amici che ho perduto. Gli amici che sono stato costretto a uccidere.
A ogni modo, a volte vedo ombre che mi seguono. Tenebrose creature che non comprendo, né desidero comprendere. Sono forse frutto della mia mente affaticata?
Vin restò seduta per un momento, rileggendo i paragrafi. Poi spostò il foglio sopra un'altra pila. OreSeur era steso da un lato della stanza, la testa sopra le zampe, e la fissava. «Padrona» disse mentre lei posava la pagina. «Vi ho osservato lavorare per le ultime due ore e devo ammettere di essere molto confuso. Qual è lo scopo di tutto questo?»
Vin strisciò verso un altro mucchio di pagine. «Pensavo che non ti importasse come passo il mio tempo.» «È così» confermò OreSeur. «Ma io mi annoio.» «E ti irriti anche, a quanto pare.»
«Mi piace capire quello che sta avvenendo attorno a me.» Vin scrollò le spalle, facendo un gesto verso i mucchi di fogli. «Questo è il diario del lord Reggente. Be', in effetti non è il diario del lord Reggente che abbiamo conosciuto, ma quello dell'uomo che doveva essere il lord Reggente.»
«Doveva essere?» chiese OreSeur. «Intendete che doveva conquistare il mondo, ma non lo fece?»
«No» rispose Vin. «Intendo che doveva prendere lui il potere al Pozzo dell'Ascensione. Quest'uomo, l'uomo che scrisse questo libro - non conosciamo il suo vero nome - era una sorta di eroe profetizzato. O... tutti credevano che lo fosse.
Comunque, l'uomo che divenne il lord Reggente - Rashek - era il portatore di questo eroe. Non ti ricordi che parlammo di questo, quando stavi imitando Renoux?»
OreSeur annuì. «Mi ricordo che l'avete menzionato brevemente.»
«Be', questo è il libro che Kelsier e io trovammo quando ci intrufolammo nel palazzo del lord Reggente. Pensavamo che fosse stato scritto dal lord Reggente in persona, ma venne fuori che l'autore era l'uomo che il lord Reggente uccise, l'uomo di cui prese il posto.»
«Sì, padrona» disse OreSeur. «Ora, come mai lo state facendo a pezzi, per la precisione?»
«Non lo sto facendo a pezzi» ribatté Vin. «Ho solo tolto la rilegatura in modo da poter spostare in giro le pagine. Mi aiuta a pensare.»
«Vedo» commentò OreSeur. «E cosa state cercando con esattezza? Il lord Reggente è morto, padrona. A quanto ricordo, voi l'avete ucciso.»
Cosa sto cercando?, pensò Vin, prendendo un'altra pagina. Fantasmi nella nebbia.
Non è un'ombra.
Questa cosa oscura che mi segue, la cosa che solo io posso vedere... non è davvero un'ombra. È nerastra e traslucida, ma non ha una sagoma delineata come un'ombra. È inconsistente, vaporosa e informe. Come se fosse fatta di densa caligine scura. O nebbia, forse.
Vin abbassò la pagina. Guardava anche lui, pensò. Ricordò di aver letto quelle parole oltre un anno prima, pensando che il Campione stesse impazzendo. Con tutta la pressione su di lui, chi ne sarebbe rimasto sorpreso?
Ora, però, pensò di capire meglio l'autore senza nome del diario. Sapeva che non era il lord Reggente e riusciva a vederlo per quello che doveva essere stato. Incerto del suo posto nel mondo, ma partecipe di eventi importanti. Determinato a fare del suo meglio. Idealistico, in un certo senso.
E lo spirito di nebbia l'aveva inseguito. Cosa significava? Cosa implicava per lei l'averlo visto?
Strisciò verso un'altra pila di pagine. Aveva trascorso la mattinata passando in rassegna il diario in cerca di indizi sulla creatura di nebbia. Però stava incontrando delle difficoltà a scovare altro a parte quei due passaggi familiari.
Aveva ammassato pile di pagine che menzionavano qualunque cosa strana o sovrannaturale. Aveva fatto una pila più piccola con pagine che contenevano riferimenti allo spirito di nebbia. Aveva anche una pila speciale per i punti dove veniva citato il Baratro. Quest'ultima, ironia della sorte, pur essendo la più grossa di tutte, conteneva meno informazioni delle altre. L'autore del diario aveva l'abitudine di menzionare il Baratro, ma di non dire molto al riguardo.
Il Baratro era pericoloso, almeno questo risultava chiaro. Aveva devastato la terra, uccidendo migliaia di persone. Quel mostro aveva seminato il caos al suo passaggio, portando distruzione e paura, ma gli eserciti dell'umanità non erano stati in grado di sconfiggerlo. Solo le profezie di Terris e il Campione delle Ere avevano offerto qualche speranza.
Se solo fosse stato più specifico!, pensò Vin in preda alla frustrazione, sfogliando rapidamente le carte. Comunque, il tono del diario era davvero più malinconico che informativo. Era qualcosa che il Campione aveva scritto per sé, per mettere su carta le sue paure e le sue speranze. Elend diceva di scrivere per ragioni simili, a volte. A Vin pareva un metodo sciocco per confrontarsi con i problemi.
Con un sospiro, si rivolse verso l'ultima pila di carte, quella con le pagine che doveva ancora esaminare. Si stese sul pavimento di pietra e cominciò a leggere, in cerca di informazioni utili.
Richiedeva tempo. Non solo lei era lenta a leggere, ma la sua mente continuava a vagare. Aveva letto il diario in precedenza e, stranamente, accenni e frasi le ricordavano dove si era trovata all'epoca. A due anni e a un mondo intero di distanza, a Fellise, mentre si stava ristabilendo da una ferita quasi mortale infertale da un Inquisitore d'Acciaio, era stata costretta a trascorrere le sue giornate fingendosi Valette Renoux, una giovane e inesperta nobildonna di campagna.
Allora non aveva creduto nel piano di Kelsier di rovesciare l'Ultimo Impero. Era rimasta con la banda perché apprezzava le strane cose che le offrivano - amicizia, fiducia e lezioni di allomanzia - non perché accettasse i loro scopi. Non avrebbe mai immaginato dove questo l'avrebbe condotta: a balli e ricevimenti, fino a diventare -
appena un poco - la nobildonna che aveva finto di essere.
Ma quella era stata una messinscena, pochi mesi di finzione. Si costrinse a distogliere i pensieri da quegli abiti pieni di fronzoli e dalle danze. Doveva concentrarsi su questioni pratiche.
E... questo è pratico?, pensò oziosamente, appoggiando una pagina su una delle pile. Studiare cose che comprendo a malapena, temendo una minaccia che nessun altro si preoccupa nemmeno di notare?
Sospirò, piegando le braccia sotto il mento mentre si stendeva sulla pancia. Cosa la preoccupava davvero? Che il Baratro tornasse? Tutto quello che aveva erano alcune visioni spettrali nella nebbia - cose che, come insinuato da Elend, potevano facilmente essere state inventate dalla sua mente affaticata. Ma c'era un'altra domanda più importante. Supponendo che il Baratro fosse reale, cosa si aspettava di fare al riguardo? Non era un eroe, un generale o un governante.
Oh, Kelsier, pensò prendendo un'altra pagina. Ci saresti proprio utile ora. Kelsier era stato un uomo fuori dagli schemi... un uomo che in qualche modo era stato in grado di sfidare la realtà. Aveva pensato che dando la vita per rovesciare il lord Reggente avrebbe ottenuto la libertà per gli skaa. Ma se il suo sacrificio avesse aperto la strada a un pericolo maggiore, qualcosa di così terribile da rendere preferibile l'oppressione del lord Reggente?
Terminò finalmente la pagina, poi la mise sulla pila di quelle che non contenevano informazioni utili. Esitò. Non riusciva nemmeno a ricordare cosa aveva appena letto. Sospirò e riprese la pagina, guardandola di nuovo. Come ci riusciva Elend? Poteva studiare gli stessi libri più e più volte. Ma per Vin, era difficile.
Esitò. 'Devo supporre di non essere pazzo' dicevano le parole. 'Non posso continuare la mia missione se non credo in questo con un senso razionale di fiducia.
La cosa che mi segue deve, pertanto, essere reale.'
Vin si mise a sedere. Si ricordava solo vagamente questa parte del resoconto. Il libro era organizzato come un diario con annotazioni sequenziali ma prive di data.
Aveva una tendenza a divagare, e al Campione piacevano molto le digressioni sulle sue insicurezze. Questa sezione era stata particolarmente monotona.
Ma lì, nel mezzo delle lamentele, c'era un frammento di informazione.
'Credo che mi ucciderebbe, se potesse' continuava il testo.
Quella cosa di ombra e nebbia mi sembra malvagia, e la mia pelle si contrae al suo tocco. Tuttavia pare che ci siano dei limiti a ciò che può fare, specialmente nei miei confronti. Può influenzare questo mondo, però. Il coltello che ha conficcato nel petto di Fedik lo dimostra. Non sono ancora certo di cosa sia stato più traumatico per lui: la ferita stessa o vedere la cosa che gli ha fatto questo. Rashek mormora che sia stato io a pugnalare Fedik, poiché solo Fedik e io siamo stati testimoni degli eventi di quella notte. Comunque, devo prendere una decisione. Devo stabilire di non essere pazzo. L'alternativa è ammettere che sono stato io a brandire quel coltello.
In qualche modo, conoscere l'opinione di Rashek sulla faccenda mi rende più facile credere il contrario.
La pagina successiva continuava su Rashek, e le svariate registrazioni seguenti non contenevano riferimenti allo spirito di nebbia. Comunque, Vin trovò emozionanti anche questi pochi paragrafi.
Ha preso una decisione, pensò. Io devo fare la sua stessa scelta. Non si era mai preoccupata di essere pazza, ma aveva percepito una certa logica nelle parole di Elend. Ora la respinse. Lo spirito di nebbia non era una qualche illusione generata da un misto di tensione e ricordi del diario. Era reale.
Questo non voleva dire che il Baratro stava ritornando, né che Luthadel era in qualche genere di pericolo sovrannaturale. Ma entrambe erano delle possibilità.
Mise la pagina assieme alle altre due che contenevano informazioni concrete sullo spirito di nebbia, poi tornò ai suoi studi, decisa a prestare maggior attenzione a ciò che leggeva.
Gli eserciti stavano scavando trincee. Elend osservò dalla cima delle mura mentre il suo piano, per quanto vago, cominciava a prendere forma. Straff stava formando un perimetro difensivo a nord, per controllare il canale seguendo il quale Urteau, la sua patria nonché capitale, si trovava a una distanza relativamente breve. Cett stava scavando a ovest della città, assicurando il canale Luth-Davn, che conduceva fino al suo conservificio a Haverfrex.
Un conservificio. Elend avrebbe desiderato avere qualcosa del genere in città. La tecnologia era molto recente - aveva una cinquantina d'anni - ma lui aveva letto qualcosa al riguardo.
Gli studiosi ritenevano che il suo uso principale fosse dotare i soldati che combattevano ai margini dell'impero di scorte facilmente trasportabili. Non avevano preso in considerazione le riserve per assedi, in particolare a Luthadel. Ma, allora, chi l'avrebbe fatto?
Mentre Elend guardava, delle pattuglie cominciarono a staccarsi dai rispettivi eserciti. Alcune si spostavano per sorvegliare i confini fra le due forze, ma altre si dirigevano ad assicurare altri canali, ponti sul fiume Channerel e strade che si allontanavano da Luthadel. In un tempo straordinariamente breve, la città fu circondata del tutto. Tagliata fuori dal mondo e dal resto del piccolo regno di Elend.
Nessuno sarebbe più potuto entrare o uscire. Gli eserciti contavano su malattie, fame e altri fattori di indebolimento per mettere in ginocchio Elend.
L'assedio di Luthadel era iniziato.
Questa è una buona cosa, si disse lui. Perché questo piano funzioni, devono credermi disperato. Devono essere così certi che sia disposto a schierarmi con loro da non prendere in considerazione l'ipotesi che possa essere in combutta anche con i nemici.
Mentre Elend guardava, notò qualcuno salire le scale per le mura. Clubs. Il generale zoppicò fino a Elend, che se ne stava lì da solo. «Congratulazioni» ironizzò Clubs. «Pare che tu abbia per le mani un assedio in piena regola.»
«Bene.»
«Ci darà un po' di respiro, suppongo» disse Clubs. Poi squadrò Elend con una di quelle sue occhiate grinzose. «Sarà bene che tu sia all'altezza, ragazzo.»
«Lo so» sussurrò Elend.
«Ti sei attribuito il ruolo centrale» gli rammentò Clubs. «L'Assemblea non può rompere quest'assedio fino a che non ti sarai incontrato ufficialmente con Straff, ed è improbabile che i re accetteranno di incontrare qualcuno della banda al tuo posto.
Ruota tutto attorno a te. Una posizione vantaggiosa per un re, suppongo. Se è un sovrano capace.»
Clubs tacque. Elend si mise dritto a guardare i due eserciti separati. Le parole che Tindwyl la Terrisiana gli aveva rivolto lo infastidivano ancora. 'Sei uno sciocco, Elend Venture...'
Finora nessuno dei due re aveva risposto alla richiesta di un incontro da parte di Elend, anche se la banda era certa che l'avrebbero fatto presto. I suoi nemici avrebbero aspettato per far sudare un po' Elend. L'Assemblea aveva appena convocato un'altra seduta, probabilmente per cercare di costringerlo a svincolarli dalla risoluzione che avevano approvato. Elend aveva trovato una scusa per non partecipare alla riunione.
Guardò Clubs. «E io sono un sovrano capace, Clubs, a tuo parere?»
Il generale gli lanciò uno sguardo ed Elend vide una severa saggezza nei suoi occhi. «Ho conosciuto governanti peggiori» disse. «Ma ne ho conosciuti anche moltissimi migliori.»
Elend annuì lentamente. «Voglio riuscirci, Clubs. Nessun altro si prenderà cura degli skaa come meritano. Cett, Straff. Non faranno altro che renderli di nuovo schiavi. Io... io voglio essere più delle mie idee, però. Voglio... ho bisogno di essere un uomo a cui gli altri possano guardare con fiducia.»
Clubs scrollò le spalle. «Stando alla mia esperienza, sono le situazioni a creare un uomo. Kelsier era un damerino egoista finché le Fosse quasi non lo spezzarono.»
Lanciò un'occhiata a Elend. «Quest'assedio sarà per te come Fosse di Hathsin, Elend Venture?»
«Non lo so» rispose lui onestamente.
«Allora dovremo aspettare e stare a vedere, suppongo. Per ora, qualcuno vuole parlare con te.» Si voltò, facendo un cenno col capo verso la strada a una dozzina di metri sotto di loro, dove c'era un'alta figura femminile abbigliata in variopinte vesti terrisiane.
«Mi ha detto di mandarti giù» proseguì Clubs. Si interruppe un momento, poi guardò Elend. «Non incontro spesso qualcuno che ritiene di potermi dare ordini come un galoppino. Ed è una Terrisiana, per di più. Pensavo che quella gente fosse tutta docile e gentile.»
Elend sorrise. «Immagino che Sazed ci abbia viziato.»
Clubs sbuffò. «E tanti saluti a mille anni di programmi di riproduzione, eh?»
Elend annuì.
«Sei certo che ci si possa fidare di lei?» chiese Clubs.
«Sì» rispose Elend. «La sua storia regge: Vin ha convocato diversi Terrisiani che risiedono qui in città, e tutti hanno riconosciuto Tindwyl. Pare che sia una personalità di un certo rilievo nella loro patria.»
In più aveva usato la feruchemia davanti a lui, aumentando la sua forza per liberarsi le mani. Questo voleva dire che non era un kandra. Nel complesso, tutto ciò significava che era abbastanza affidabile; perfino Vin lo aveva ammesso, anche se la Terrisiana continuava a non piacerle.
Clubs rivolse un cenno col capo a Elend, e il re fece un profondo respiro. Poi scese per le scale per incontrare Tindwyl per un'altra lezione.
«Oggi faremo qualcosa per il tuo abbigliamento» esordì Tindwyl, chiudendo la porta dello studio di Elend. Una sarta grassoccia con i capelli tagliati a scodella attendeva dentro, in atteggiamento rispettoso, con un gruppetto di giovani assistenti.
Elend abbassò lo sguardo verso i suoi abiti. Non erano poi così male. La giacca e il farsetto gli calzavano piuttosto bene. I pantaloni non erano così rigidi come quelli preferiti dalla nobiltà imperiale, ma adesso era lui il re; non avrebbe dovuto dettare la moda?
«Non capisco cosa ci sia che non vada nel mio abbigliamento» disse. Sollevò la mano mentre Tindwyl iniziava a parlare. «So che non è formale quanto quello che ad altri uomini piace indossare, ma si addice a me.»
«E vergognoso» ribatté Tindwyl.
«Andiamo, non riesco proprio a capire...»
«Non discutere con me.»
«Ma, insomma, l'altro giorno hai detto che...»
«I re non discutono, Elend Venture» replicò Tindwyl con fermezza.
«Comandano. E parte della tua capacità di comandare deriva dal tuo portamento.
Abiti trasandati favoriscono altri atteggiamenti trasandati... come la tua postura, che ho già avuto occasione di menzionare, se ben ricordo.»
Elend sospirò, roteando gli occhi mentre Tindwyl schioccava le dita. La sarta e le sue assistenti iniziarono a svuotare un paio di grossi bauli.
«Non è necessario» obiettò Elend. «Ho già alcuni completi che mi starino più attillati; li indosso in occasioni formali.»
«Non indosserai più dei completi» disse Tindwyl.
«Prego?»
Tindwyl gli scoccò un'occhiataccia imperiosa ed Elend sospirò.
«Spiegati!» proruppe, cercando di assumere un tono di comando.
Tindwyl annuì. «Hai mantenuto il codice di abbigliamento preferito dalla nobiltà e autorizzato dal lord Reggente. Per certi versi, è stata una buona idea: ti ha fornito una connessione con il governo precedente e ha fatto in modo che non sembrassi un sovvertitore. Ora, però, ti trovi in una posizione diversa. La tua gente è in pericolo, e il tempo per la semplice diplomazia è finito. Sei in guerra. Il tuo abbigliamento deve riflettere questo.»
La sarta scelse un abito particolare, poi lo portò a Elend mentre le assistenti montavano un paravento.
Elend accettò l'abito con fare esitante. Era rigido e bianco, e la parte anteriore della giacca pareva abbottonata fino a un colletto rigido in cima. Tutto sommato sembrava...
«Un'uniforme» disse, aggrottando le sopracciglia.
«Proprio così» confermò Tindwyl. «Vuoi che la tua gente creda che sei in grado di proteggerla? Ebbene, un re non è semplicemente un legislatore: è un generale. È
tempo che tu inizi a comportarti in modo da meritarti il tuo titolo, Elend Venture.»
«Non sono un guerriero» obiettò Elend. «Quest'uniforme è una menzogna.»
«Del primo punto ci occuperemo presto» rispose Tindwyl. «Il secondo non è vero. Tu comandi gli eserciti della Dominazione Centrale. Questo ti rende un militare, che tu sappia o meno maneggiare una spada. Adesso va' a cambiarti.»
Elend acconsentì con una scrollata di spalle. Girò attorno al paravento, spostò una pila di libri per fare spazio, poi cominciò a cambiarsi. I pantaloni bianchi gli aderivano alle gambe e ricadevano dritti attorno ai polpacci. Pur essendoci una camicia, era completamente nascosta dalla grande giacca rigida, con delle spalline militari. Aveva un assortimento di bottoni - Elend notò che erano tutti di legno e non di metallo così come uno strano motivo a forma di scudo sopra il pettorale destro.
Pareva che fosse decorato con qualche sorta di freccia o forse di lancia.
Considerando rigidità, taglio e disegno, Elend era sorpreso di quanto l'uniforme gli calzasse bene. «Mi sta piuttosto bene» notò, mettendosi la cintura, poi tirando verso il basso il fondo della giacca, che gli scese fino ai fianchi.
«Abbiamo preso le misure dal tuo sarto» disse Tindwyl.
Elend uscì da dietro il paravento e diverse assistenti gli si avvicinarono. Una gli fece un educato cenno di infilare un paio di lucidi stivali neri, mentre un'altra gli assicurava una cappa bianca alle spalline. L'ultima assistente gli porse un bastone da duello in legno duro levigato completo di fodero. Elend se lo agganciò alla cintura, poi lo fece passare attraverso un'apertura nella giacca in modo che pendesse fuori; almeno questo l'aveva fatto, in precedenza.
«Bene» commentò Tindwyl, squadrandolo da capo a piedi. «Una volta che avrai imparato a stare dritto, sarà un miglioramento passabile. Ora siedi.»
Elend aprì la bocca per obiettare, ma pensò che fosse meglio non farlo. Si sedette e un'assistente gli si avvicinò per fissargli un lenzuolo attorno alle spalle, Poi tirò fuori un paio di forbici.
«Ehi, aspetta» la fermò Elend. «Ho capito dove vuoi andare a parare.»
«Allora formula un'obiezione» disse Tindwyl. «Non essere vago!»
«D'accordo, allora» acconsentì Elend. «Mi piacciono i miei capelli.»
«E più facile prendersi cura di capelli corti che di capelli lunghi» spiegò Tindwyl.
«E tu hai dimostrato di non essere affidabile per quanto riguarda la cura personale.»
«Non mi taglierete i capelli» disse Elend con fermezza.
Tindwyl esitò, poi annuì. L'apprendista indietreggiò ed Elend si mise in piedi, togliendosi il lenzuolo. La cucitrice tirò fuori un grosso specchio ed Elend vi si avvicinò per rimirarsi.
E rimase immobile.
La differenza era sorprendente. In tutta la sua vita si era visto come uno studioso che partecipava alla vita mondana, ma anche come un tipo un po' folle. Era Elend, l'uomo amichevole e benestante con le idee strampalate. Facile da non considerare, forse, ma difficile da odiare.
L'uomo che vide ora non era un damerino di corte. Era un uomo posato... formale.
Un uomo da prendere sul serio.
L'uniforme gli metteva voglia di stare più dritto, di appoggiare una mano sul bastone da duello. I suoi capelli - leggermente ricci, lunghi in cima e sui lati e scompigliati dal vento in cima alle mura - non gli si addicevano.
Elend si voltò. «D'accordo» disse. «Tagliateli.»
Tindwyl sorrise, poi gli fece cenno di sedersi. Lui lo fece, attendendo pazientemente mentre l'assistente lavorava. Quando si alzò di nuovo, la sua chioma era adatta al completo. Non erano cortissimi come quelli di Ham, ma erano ordinati.
Una delle assistenti si avvicinò e gli porse un cerchietto di legno dipinto d'argento.
Lui si voltò verso Tindwyl, accigliandosi.
«Una corona?» chiese.
«Nulla di troppo appariscente» disse Tindwyl. «Questa è un'epoca più accorta rispetto a quelle passate. La corona non è un simbolo della tua ricchezza, ma della tua autorità. D'ora in poi la indosserai, sia in privato sia in pubblico.»
«Il lord Reggente non portava una corona.»
«Il lord Reggente non aveva bisogno di ricordare alla gente che era al comando»
fece Tindwyl.
Elend esitò, poi si infilò la corona. Non aveva gemme o decorazioni; era una semplice coroncina. Come si aspettava, gli calzava a pennello.
Tornò a voltarsi verso Tindwyl, la quale fece cenno alla cucitrice di raccogliere le sue cose e andarsene. «Hai sei uniformi come questa che ti attendono nelle tue stanze» lo informò Tindwyl. «Finché l'assedio non sarà concluso, non indosserai nient'altro. Se vuoi variare, cambia il colore della cappa.»
Elend annuì. Dietro di lui la cucitrice e le sue assistenti sgusciarono fuori dalla porta. «Grazie» disse a Tindwyl. «Ero riluttante sulle prime, ma hai ragione. Questo fa la differenza.»
«Abbastanza da ingannare la gente per adesso, almeno» disse Tindwyl.
«Ingannare la gente?»
«Ma certo. Non pensavi che fosse tutto qui, vero?»
«Be'...»
Tindwyl sollevò un sopracciglio. «Qualche lezione e pensi di aver finito?
Abbiamo a malapena cominciato. Sei ancora uno sciocco, Elend Venture... solo che ora non lo sembri più. Speriamo solo che la nostra messinscena inizi ad annullare alcuni dei danni che hai fatto alla tua reputazione. Comunque ci vorrà molto più addestramento prima che mi fidi e ti lasci interagire con la gente senza rischiare che tu ti metta in imbarazzo.»
Elend arrossì. «Cosa hai in...» Si interruppe. «Dimmi cosa intendi insegnarmi, dunque.»
«Be', bisognerà che impari come camminare, tanto per cominciare.»
«C'è qualcosa di sbagliato nel modo in cui cammino?»
«Per gli dèi dimenticati, sì!» esclamò Tindwyl in tono divertito, anche se nessun sorriso increspò le sue labbra. «E occorre migliorare anche il tuo modo di parlare.
Oltre a questo, ovviamente, c'è la tua incapacità di maneggiare armi.»
«Ho ricevuto un po' di addestramento» si difese Elend. «Chiedi a Vin: la salvai dal palazzo del lord Reggente la notte del Crollo!»
«Lo so» disse Tindwyl. «E, da quello che ho sentito, fu un miracolo se riuscisti a sopravvivere. Per fortuna fu la ragazza a combattere per davvero. Pare che tu ti affidi molto a lei per questo genere di cose.»
«Lei è un Mistborn.»
«Questa non giustifica la tua incapacità» ribatté Tindwyl. «Non puoi sempre contare sulla tua donna per proteggerti. Non solo è imbarazzante, ma i tuoi sudditi -
i tuoi soldati - si aspetteranno che tu sia in grado di combattere con loro. Dubito che sarai mai il condottiero capace di guidare una carica contro il nemico, ma dovresti almeno essere in grado di difenderti nel caso fossi attaccato.»
«Allora vuoi che inizi ad allenarmi con Vin e Ham durante le loro sessioni di addestramento?»
«Cielo, no! Non riesci a immaginare che effetto terribile avrebbe sul morale dei tuoi uomini se ti vedessero picchiato in pubblico?» Tindwyl scosse il capo. «No, ti faremo addestrare in maniera discreta da un maestro di duelli. Nel giro di qualche mese saprai usare il bastone e la spada. Speriamo che questo piccolo assedio duri abbastanza a lungo prima che inizino i combattimenti.»
Elend arrossì di nuovo. «Continui a denigrarmi. È come se non fossi nemmeno un re ai tuoi occhi... come se mi vedessi come una specie di sostituto.»
Tindwyl non rispose, ma i suoi occhi brillarono di soddisfazione. Tu l'hai detto, non io, parve dire la sua espressione Elend arrossì ancora di più.
«Forse puoi imparare a essere un re, Elend Venture» affermò Tindwyl. «Fino ad allora, dovrai limitarti a imparare come fingere di esserlo.»
Stava per rispondere per le rime, ma qualcuno bussò alla porta. Elend si voltò digrignando i denti. «Avanti.»
La porta si aprì. «Ci sono notizie» disse il capitano Demoux, il suo giovane volto eccitato mentre entrava. «Io...» Rimase immobile.
Elend inclinò la testa. «Sì?»
«Io... ehm...» Demoux esitò, squadrando di nuovo Elend prima di continuare. «Mi ha mandato Ham, Vostra Maestà. Dice che è giunto un messaggero da parte di uno dei due sovrani.»
«Davvero?» chiese Elend. «Da parte di lord Cett?»
«No, Vostra Maestà. Il messaggero è stato inviato da vostro padre.»
Elend si accigliò. «Be', di' a Ham che sarò lì fra un momento.»
«Sì, Vostra Maestà» disse Demoux, ritirandosi. «Ehm... mi piace la nuova uniforme, Vostra Maestà.»
«Grazie, Demoux» rispose Elend. «Per caso sai dove si trova lady Vin? E tutto il giorno che non la vedo.»
«Credo che sia nei suoi alloggi, Vostra Maestà.»
I suoi alloggi? Non ci sta mai. È forse malata?
«Volete che la mandi a chiamare?» chiese Demoux.
«No, grazie» disse Elend. «Andrò io da lei. Di' a Ham di mettere il messaggero a suo agio.»
Demoux annuì, poi si ritirò.
Elend si voltò verso Tindwyl, che stava sorridendo fra sé con aria soddisfatta.
Elend le passò accanto, andando a prendere il suo taccuino. «Ho intenzione di imparare molto più che 'fingere' di essere un re, Tindwyl.»
«Vedremo.»
Elend scoccò un'occhiata alla Terrisiana di mezz'età con le sue vesti e i suoi gioielli.
«Esercitati in espressioni come quella» fece notare Tindwyl «e potresti riuscirci.»
«E tutto qui, allora?» chiese Elend. «Espressioni e abbigliamento? E ciò che rende tale un re?» «Certo che no.»
Elend si fermò vicino alla porta, voltandosi indietro. «Allora cosa? Cos'è che tu pensi renda un uomo un buon sovrano, Tindwyl di Terris?»
«Fiducia» rispose Tindwyl, guardandolo negli occhi. «Un buon sovrano è una persona di cui la gente si fida... e che si merita quella fiducia.»
Elend esitò, poi annuì. Buona risposta, riconobbe, poi aprì la porta e si precipitò fuori per andare da Vin.