Scrivo queste parole nell'acciaio, poiché nulla che non sia scritto nel metallo può essere affidabile.

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L'esercito procedeva lento come una macchia scura sull'orizzonte.

Re Elend Venture era in piedi immobile sulle mura cittadine di Luthadel a osservare le truppe nemiche. Attorno a lui la cenere cadeva dal cielo in fiocchi grassi e indolenti. Non era quella bianca che si vede nelle braci spente; questa era di un nero più profondo, più aspro. I Monti Cenere erano stati particolarmente attivi di recente.

Elend sentì la cenere posarsi su faccia e abiti, ma la ignorò. In lontananza il sole rosso sangue era prossimo al tramonto. Illuminava da dietro l'esercito che era venuto a togliere a Elend il suo regno.

«Quanti?» chiese Elend con calma.

«Cinquantamila, pensiamo» rispose Ham, appoggiandosi contro il parapetto, con le braccia muscolose piegate sopra la pietra. Come ogni cosa nella città, le mura erano macchiate di nero da innumerevoli anni di piogge di cenere.

«Cinquantamila soldati...» disse Elend, lasciando morire la frase. Malgrado un reclutamento massiccio, Elend disponeva a malapena di ventimila uomini sotto il suo comando... ed erano popolani con meno di un anno di addestramento.

Mantenere anche quel piccolo numero stava mettendo a dura prova le sue risorse. Se fossero riusciti a trovare l'atium del lord Reggente, forse le cose sarebbero andate diversamente. Allo stato attuale, il governo di Elend correva il serio pericolo di un tracollo economico.

«Cosa ne pensi?» domandò Elend.

«Non lo so, El» disse piano Ham. «È stato sempre Kelsier quello che aveva una visione.»

«Ma voi lo aiutavate a elaborare i suoi piani» replicò Elend. «Tu e gli altri eravate la sua banda. Siete stati voi a concepire una strategia per rovesciare l'impero, poi l'avete messa in pratica.»

Ham rimase in silenzio, ed Elend si sentì come se sapesse quello che l'uomo stava pensando. Kelsier era il centro di tutto. Era lui che organizzava, che prendeva tutte le idee folli e le tramutava in un'operazione fattibile. Era il capo. Il genio.

Ed era morto un anno prima, proprio nel giorno in cui il popolo - come parte del suo piano segreto - si era sollevato in preda alla furia per rovesciare il loro imperatore-dio. Elend aveva preso il trono nel caos che era seguito. Ora sembrava sempre più probabile che avrebbe perduto tutto quello che Kelsier e la sua banda avevano lavorato così duramente per ottenere. E il tiranno che se ne sarebbe impadronito forse si sarebbe rivelato persino peggio del lord Reggente. Un prepotente meschino e subdolo sotto le spoglie di un 'nobile'. L'uomo che aveva fatto marciare il suo esercito su Luthadel.

Il padre di Elend stesso, Straff Venture.

«Qualche possibilità che tu riesca a... convincerlo a non attaccare?» chiese Ham.

«Forse» disse Elend in tono esitante. «Sempre che l'Assemblea non decida per la resa della città.»

«Sono propensi a farlo?»

«Non lo so, sinceramente. Temo di sì. Quell'esercito li ha spaventati, Ham.» E

non c'è da stupirsene, pensò. «Comunque, ho una proposta per la seduta che si terrà fra due giorni. Cercherò di convincerli a non fare nulla di avventato. Dockson è tornato oggi, giusto?»

Ham annuì. «Appena prima dell'avanzata dell'esercito.»

«Credo che dovremo convocare una riunione della banda» disse Elend. «Vedere se riusciamo a trovare un modo per uscire da questa situazione.»

«Siamo ancora a corto di persone» ribatté Ham sfregandosi il mento. «Spook non dovrebbe tornare prima di un'altra settimana, e solo il lord Reggente sa dove sia andato Breeze. Sono mesi che non riceviamo messaggi da lui.»

Elend sospirò, scuotendo il capo. «Non riesco a pensare a nient'altro, Ham.» Si voltò a fissare di nuovo il paesaggio cosparso di cenere. L'esercito stava accendendo fuochi da campo mentre il sole tramontava. Presto sarebbero apparse le nebbie.

Devo tornare a palazzo e lavorare su quella proposta, pensò Elend.

«Dove se n'è andata Vin?» chiese Ham, girandosi di nuovo verso di lui.

Elend esitò. «Sai,» ammise «non ne ho idea.»

Vin atterrò con delicatezza sul selciato umido, osservando le nebbie che cominciavano a formarsi attorno a lei. Comparivano dal nulla al calare delle tenebre, crescendo come grovigli di viticci traslucidi, che si contorcevano e si avviluppavano l'uno sull'altro.

La grande città di Luthadel era immobile. Perfino ora, un anno dopo la morte del lord Reggente e l'ascesa del nuovo governo libero di Elend, la gente comune di notte rimaneva nelle proprie case. Temevano le nebbie, una tradizione che era radicata molto più in profondità delle leggi del lord Reggente.

Vin scivolò piano in avanti, i sensi in allerta. Dentro di sé, come sempre, bruciava stagno e peltro. Lo stagno migliorava i suoi sensi, rendendole più facile vedere nella notte. Il peltro rendeva il suo corpo più forte e la sua andatura più agile. Questi, assieme al rame - che aveva il potere di nascondere il suo uso dell'allomanzia da altri che stessero bruciando bronzo - erano metalli che lasciava accesi quasi tutto il tempo.

Alcuni la definivano paranoica. Lei si considerava preparata. A ogni modo, quell'abitudine le aveva salvato la vita in numerose occasioni.

Si avvicinò a un angolo di strada silenzioso e si soffermò a dare un'occhiata. Non aveva mai compreso come riuscisse a bruciare i metalli: ricordava di averlo fatto per tutta la sua vita, usando l'allomanzia d'istinto ancora prima del suo addestramento vero e proprio da parte di Kelsier. Non le importava davvero. Lei non era come Elend: non le serviva una spiegazione logica per ogni cosa. Per Vin era sufficiente sapere che, quando inghiottiva dei pezzi di metallo, era in grado di attingere il loro potere.

Potere che lei apprezzava, poiché sapeva bene com'era esserne privi. Perfino ora non era l'immagine consueta di un guerriero. Di corporatura esile e alta a malapena un metro e cinquanta, con capelli scuri e carnagione pallida, sapeva di avere un'aria quasi fragile. Non mostrava più l'aspetto denutrito di quando era una ragazzina di strada, ma di certo nessun uomo avrebbe reputato minacciosa una persona come lei.

Questo le piaceva. Le dava un vantaggio... e aveva bisogno di qualunque vantaggio potesse ottenere.

Le piaceva anche la notte. Durante il giorno Luthadel era ristretta e opprimente, nonostante le sue dimensioni. Ma di notte le nebbie scendevano come una densa nube. Smorzavano, attutivano, celavano. Massicce fortezze diventavano montagne in ombra, e alloggi affollati si fondevano assieme come le merci scartate di un droghiere.

Vin si accucciò accanto all'edificio, fissando ancora l'intersezione. Con cautela si protese dentro di sé e bruciò acciaio, uno degli altri metalli che aveva inghiottito prima. Immediatamente un gruppo di linee azzurre traslucide le comparve attorno.

Visibili solo ai suoi occhi, quelle linee puntavano dal suo petto a vicine fonti di metallo - tutti i metalli, a prescindere dal tipo. Lo spessore delle linee era proporzionato alle dimensioni dei pezzi di metallo che incontravano. Alcune puntavano ai chiavistelli di bronzo delle porte, altre a chiodi di ferro grezzo che tenevano assieme le assi.

Attese in silenzio. Nessuna delle linee si spostò. Bruciare acciaio era un modo semplice per capire se qualcuno si stava muovendo nelle vicinanze. Chiunque avesse avuto su di sé pezzi di metallo si sarebbe trascinato dietro linee azzurre rivelatrici. Ovviamente non era questo lo scopo principale dell'acciaio. Vin allungò con cautela la mano nel borsello alla sua cintura e tirò fuori una delle molte monete al suo interno, attutite da ovatta. Come tutti gli altri pezzi di metallo, questa moneta aveva una linea azzurra che si protendeva dal suo centro fino al petto di Vin.

Lanciò la moneta in aria, poi afferrò mentalmente la sua linea e, bruciando acciaio, Spinse contro di essa. Il pezzo di metallo schizzò in aria descrivendo un arco fra le nebbie, scagliato via dalla Spinta. Tintinnò per terra in mezzo alla strada.

Le nebbie continuavano a vorticare. Erano dense e misteriose, persino per Vin.

Più fitte di una semplice caligine e più costanti di un normale fenomeno meteorologico, ribollivano e fluivano, formando rivoletti attorno a lei. I suoi occhi potevano penetrarle: lo stagno rendeva la sua vista più acuta. La notte le sembrava più chiara, le nebbie meno dense. Eppure erano comunque lì.

Un'ombra si mosse nella piazza cittadina, rispondendo alla moneta che lei aveva Spinto lì come un segnale. Vin strisciò in avanti e riconobbe OreSeur il kandra.

Indossava un corpo diverso rispetto a un anno prima, nei giorni in cui aveva impersonato il ruolo di lord Renoux. Tuttavia questo corpo ordinario, con un'incipiente calvizie, era ormai diventato altrettanto familiare a Vin.

OreSeur le si avvicinò. «Avete trovato quello che stavate cercando, padrona?»

chiese in tono rispettoso, tuttavia con una certa punta di ostilità. Come sempre.

Vin scosse il capo, guardandosi attorno nell'oscurità. «Forse mi sbagliavo» disse.

«Forse nessuno mi stava seguendo.» Quell'ammissione la rese un po' triste.

Attendeva impaziente un nuovo confronto con l'Osservatore stanotte. Ancora non sapeva chi fosse; la prima notte l'aveva scambiato per un assassino. E forse lo era.

Eppure era parso mostrare scarso interesse per Elend, e molto per Vin.

«Dovremmo tornare alle mura» decise Vin alzandosi in piedi. «Elend si starà domandando dove sono andata.»

OreSeur annuì. In quel momento una raffica di monete si aprì a ventaglio attraverso le nebbie, diretta verso Vin.