Poteva scambiare opinioni con i filosofi più eccellenti e aveva una memoria impressionante. Quasi quanto la mia. Tuttavia non era così polemico.

22

Caos e stabilità, la nebbia era entrambi. Sulla terra c'era un impero, dentro quell'impero c'erano una dozzina di regni frammentati, dentro quei regni c'erano città, borghi, villaggi, piantagioni. E soprattutto, dentro tutto quanto, attorno a tutto quanto, c'era la nebbia. Era più costante del sole, poiché non poteva essere nascosta dalle nuvole. Era più potente delle tempeste, poiché poteva durare più della furia delle intemperie. Era sempre lì. Mutevole ma eterna.

Il giorno era un sospiro impaziente in attesa della notte. Quando l'oscurità scendeva, però, Vin trovava che le nebbie non la calmavano come un tempo.

Non pareva esserci più nulla di certo. Una volta la notte era stata il suo rifugio; ora si trovava a guardarsi alle spalle, in cerca di sagome spettrali. Una volta Elend era stato la sua pace, ma ora stava cambiando. Una volta era stata in grado di proteggere le cose che amava, ma stava diventando sempre più timorosa che le forze in movimento contro Luthadel andassero oltre la sua capacità di arrestarle.

Nulla la spaventava più della sua stessa impotenza. Durante la fanciullezza, aveva dato per scontato di non poter cambiare le cose, ma Kelsier le aveva dato stima in sé stessa.

Se non riusciva a proteggere Elend, a cosa serviva?

Ci sono ancora alcune cose che posso fare, si costrinse a pensare. Si accucciò in silenzio su un cornicione, le strisce del nebbiomanto che pendevano giù, agitate leggermente nel vento. Proprio sotto di lei, alcune torce ardevano irregolari di fronte alla Fortezza Venture, illuminando un paio delle guardie di Ham. Stavano in allerta nelle nebbie vorticanti, mostrando una diligenza impressionante.

Le guardie non sarebbero state in grado di vederla seduta sopra di loro: riuscivano a vedere a malapena a sei metri nelle nebbie fitte. Non erano allomanti. A parte i membri della banda, Elend poteva avvalersi di appena mezza dozzina di Misting, il che lo rendeva debole a livello allomantico, a paragone della maggior parte degli altri nuovi re dell'Ultimo Impero. Si supponeva che fosse Vin a fare la differenza.

Le torce guizzarono mentre le porte si aprivano, e una figura lasciò il palazzo. La voce di Ham riecheggiò piano nella nebbia mentre salutava le guardie. Una ragione, forse quella principale, per cui le guardie erano così diligenti era Ham. Dentro di sé poteva essere un po' anarchico, ma sapeva essere un capo molto capace se gli veniva affidato un piccolo gruppo. Anche se le sue guardie non erano i soldati più ricercati e disciplinati che Vin avesse visto, erano leali fino in fondo.

Ham parlò con gli uomini per un po', poi si congedò da loro e uscì nelle nebbie. Il piccolo cortile fra la fortezza e le mura ospitava un paio di pattuglie e posti di guardia, e Ham Il visitava tutti a turno. Camminava baldanzoso nella notte, affidandosi alla luce delle stelle per vedere, piuttosto che rendersi cieco con una torcia. Un'abitudine da ladro.

Vin sorrise, balzando silenziosamente al suolo, poi procedendo dietro Ham. Lui continuò a camminare, ignaro della sua presenza. Come sarebbe avere un solo potere allomantico?, pensò Vin. Poterti rendere più forte, ma avere orecchie deboli come quelle di qualunque uomo normale? Erano passati solo due anni, ma era arrivata ad affidarsi in modo massiccio alle sue abilità.

Ham procedette, con Vin che lo seguiva discretamente, finché non raggiunsero l'imboscata. Vin si tese, avvampando bronzo.

OreSeur ululò all'improvviso, saltando da una pila di casse. Il kandra era una sagoma scura nella notte, il suo latrare disumano infastidiva perfino Vin. Ham ruotò su sé stesso, imprecando piano.

E d'istinto avvampò peltro. Concentrata sul suo bronzo, Vin confermò che le pulsazioni provenivano effettivamente da lui. Ham si girò, cercando nella notte mentre OreSeur atterrava. Vin, però, si limitò a sorridere. L'allomanzia di Ham significava che non era lui l'impostore. Poteva depennare un altro nome dalla lista.

«È tutto a posto, Ham» lo rassicurò Vin, facendosi avanti.

Ham esitò, abbassando II suo bastone da duello. «Vin?» chiese, stringendo gli occhi nella nebbia.

«Sono io» confermò lei. «Mi spiace, hai spaventato II mio cane. Di notte può diventare nervoso.»

Ham si rilassò. «Vale per tutti, suppongo. Sta succedendo qualcosa, stanotte?»

«Nulla che io abbia visto» rispose lei. «In caso ti farò sapere.»

Ham annuì. «Lo apprezzerei davvero, anche se dubito che avresti bisogno di me.

Sono II capitano della guardia, ma sei tu quella che fa tutto il lavoro.»

«Sei più prezioso di quanto pensi, Ham» disse Vin. «Elend confida in te. Da quando Jastes e gli altri se ne sono andati, ha avuto bisogno di un amico.»

Ham annuì. Vin si voltò, guardando nelle nebbie, dove OreSeur attendeva accovacciato. Pareva che si trovasse sempre più a suo agio col suo corpo di cane.

Ora che sapeva che Ham non era un impostore, c'era qualcosa di cui aveva bisogno di discutere con lui. «Ham,» iniziò lei «la tua protezione di Elend è più importante di quanto pensi.»

«Stai parlando dell'impostore» disse Ham piano. «El mi ha incaricato di indagare fra il personale del palazzo per vedere chi potesse essere mancato per qualche ora, quel giorno. E un compito difficile, però.»

Vin annuì. «C'è qualcos'altro, Ham. Ho terminato l'atium.»

Ham restò in silenzio nelle nebbie per un momento, poi lo udì borbottare un'imprecazione.

«La prossima volta che mi troverò a combattere un Mistborn morirò» disse Vin.

«Sempre che lui abbia dell'atium» ribatté Ham.

«Quali sono le probabilità che qualcuno mandi un Mistborn senza atium ad affrontarmi?»

Lui esitò.

«Ham,» continuò lei «devo trovare una maniera per combattere contro qualcuno che sta bruciando atium. Dimmi che conosci un modo.»

Ham scrollò le spalle nell'oscurità. «Ci sono molte teorie, Vin. Una volta ho intrattenuto una lunga conversazione con Breeze su questo - anche se lui ha passato la maggior parte del tempo borbottando che lo stavo infastidendo.»

«Be'?» chiese Vin. «Cosa posso fare?»

Lui si sfregò II mento. «La maggior parte delle persone concorda che il modo migliore per uccidere un Mistborn che ha dell'atium è sorprenderlo.»

«Questo non mi aiuta se è lui ad attaccare per primo» obiettò Vin.

«Be',» disse Ham «a parte la sorpresa, non c'è molto. Alcune persone ritengono che potresti essere in grado di uccidere un Mistborn che sta usando dell'atium se lo cogli in una situazione ineluttabile. E come una partita di fet: a volte, l'unico modo per prendere un pezzo è metterlo in un angolo cosicché, in qualunque modo si muova, è morto.

«Fare questo con un Mistborn è piuttosto difficile, però. Il fatto è che l'atium permette al Mistborn di vedere II futuro, Perciò lui sa quando una mossa lo farà finire in trappola, e in tal modo può evitare quella situazione. Si suppone anche che il metallo migliori la sua mente.»

«È così. Quando brucio atium, spesso schivo ancora prima di accorgermi degli attacchi contro di me.»

Ham annuì.

«Allora,» disse Vin «che altro?»

«Tutto qui, Vin» rispose Ham. «I Lottatori parlano spesso di questo argomento: temiamo tutti di confrontarci con un Mistborn. Quelle sono le tue due opzioni: sorprenderlo o sopraffarlo. Mi spiace.»

Vin si accigliò. Nessuna delle due opzioni le sarebbe stata utile se fosse finita in un'imboscata. «Ora devo andare. Prometto di dirti tutto sui cadaveri che mi lascerò dietro.»

Ham rise. «E se invece provassi a evitare di metterti in situazioni in cui sei costretta a lasciarti dietro cadaveri, eh?

Solo il lord Reggente sa come finirebbe questo regno se perdessimo te...»

Vin annuì, anche se non era certa di quanto Ham potesse vederla al buio. Fece cenno a OreSeur, dirigendosi verso le mura della fortezza, lasciando Ham sul sentiero lastricato.

«Padrona,» disse OreSeur mentre raggiungevano la cima del muro «potrei sapere lo scopo di sorprendere padron Hammond a quel modo? Vi piace spaventare i vostri amici?»

«Era una prova» rispose Vin, soffermandosi accanto al varco fra due merli per guardare la città.

«Una prova, padrona?»

«Per vedere se avrebbe usato l'allomanzia. In tal modo, ho potuto accertarmi che non era lui l'impostore.»

«Ah» disse il kandra. «Astuto, padrona.»

Vin sorrise. «Grazie» replicò. Una pattuglia di guardie si stava muovendo verso di loro. Non volendo averci a che fare, Vin fece un cenno verso II corpo di guardia di pietra in cima al muro. Saltò, Spingendo contro una moneta, e vi atterrò sopra.

OreSeur balzò su accanto a lei, usando la sua strana muscolatura kandra per quel salto di tre metri.

Vin si sedette a gambe incrociate per pensare, mentre OreSeur zampettò da un lato del tetto e si stese con le zampe che pendevano oltre II bordo. Mentre se ne stavano seduti, Vin rifletté: OreSeur mi ha detto che un kandra non otterrebbe poteri allomantici mangiando un allomante... ma un kandra potrebbe essere un allomante di per sé? Non ho mai terminato quella conversazione.

«Questo mi rivelerà se una persona non è un kandra, vero?» chiese Vin, voltandosi verso OreSeur. «La tua gente non ha poteri allomantici, giusto?»

OreSeur non rispose.

«OreSeur?» lo chiamò Vin.

«Non sono costretto a rispondere a questa domanda, padrona.»

Già, pensò Vin con un sospiro. Il Contratto. Come posso riuscire a prendere quest'altro kandra se OreSeur non vuole rispondere a nessuna delle mie domande?

Si reclinò all'indietro dalla frustrazione, lo sguardo fisso verso l'alto fra le nebbie senza fine, usando il nebbiomanto come cuscino.

«Il vostro piano funzionerà, padrona» garantì OreSeur piano.

Vin esitò, ruotando la testa per guardarlo. Giaceva con la testa sulle zampe, gli occhi fissi sulla città. «Se percepite l'allomanzia da parte di qualcuno, quella persona non è un kandra.»

Vin percepì un'esitante riluttanza nelle sue parole, e lui non la guardò. Era come se parlasse di malavoglia, dando informazioni che avrebbe preferito tenere per sé.

Così reticente, pensò Vin. «Grazie» disse.

OreSeur scrollò le spalle canine.

«So che preferiresti non dover trattare con me» continuò lei. «Preferiremmo entrambi mantenere le distanze fra noi. Ma dobbiamo fare in modo che le cose funzionino così come sono.»

OreSeur annuì di nuovo, poi voltò leggermente la testa e la guardò. «Perché mi odiate?»

«Io non ti odio» ribatté Vin.

OreSeur non parve convinto. C'era saggezza in quegli occhi, una comprensione che Vin fu sorpresa di vedere. Non aveva mai notato certe cose in lui prima.

«Io...» Vin si interruppe, distogliendo lo sguardo. «È solo che non sono mai riuscita a superare il fatto che hai mangiato il corpo di Kelsier.»

«Non si tratta di questo» ribatté OreSeur, voltandosi di nuovo per guardare la città. «Siete troppo intelligente per farvi turbare da questo.»

Vin aveva l'aria indignata, ma il kandra non la stava guardando. Anche lei si voltò per riportare lo sguardo su fra le nebbie. Perché ha tirato fuori questo argomento?, pensò. Stavamo cominciando ad andare d'accordo. Lei era stata disposta a dimenticare.

Vuoi davvero saperlo? Bene, pensò.

«È perché tu sapevi» sussurrò.

«Prego, padrona?»

«Tu sapevi» continuò Vin, ancora guardando fra le nebbie. «Eri l'unico della banda a sapere che Kelsier sarebbe morto. Ti ha detto che si sarebbe lasciato uccidere e che tu avresti dovuto prendere le sue ossa.»

«Ah» fece OreSeur piano.

Vin voltò occhi accusatori verso il kandra. «Perché non hai fatto qualcosa? Sapevi quello che provavamo per Kelsier. Non hai nemmeno preso in considerazione di dirci che quell'idiota aveva in mente di uccidersi? Non ti è nemmeno passato per la testa che forse avremmo potuto fermarlo, che avremmo potuto trovare un altro modo?»

«Siete piuttosto dura, padrona.»

«Be', tu volevi sapere» replicò Vin. «Il momento peggiore fu poco dopo la sua morte. Quando tu venisti da me per essere il mio servitore, per suo ordine. Non parlasti mai di quello che avevi fatto.»

«Il Contratto, padrona» si difese OreSeur. «Forse non desiderate sentirlo, ma ero vincolato. Kelsier non voleva che conosceste i suoi piani, Perciò non potei dirveli.

Odiatemi, se dovete, ma non mi pento delle mie azioni.»

«Non ti odio.» L'ho superato, pensò. «Ma, sinceramente, non avresti infranto II Contratto nemmeno per il suo stesso bene? Hai servito Kelsier per due anni. Non ti ha nemmeno ferito sapere che sarebbe morto?»

«Perché mi dovrebbe importare della morte di un padrone o un altro?» chiese OreSeur. «C'è sempre uno nuovo a prenderne il posto.»

«Kelsier non era quel genere di padrone» gli fece notare Vin.

«Ah no?»

«No.»

«Mi scuso, padrona» rispose OreSeur. «Crederò come mi viene detto, allora.»

Vin apri la bocca per ribattere, poi la chiuse di scatto. Se lui era determinato a pensare come uno sciocco, allora era suo diritto farlo. Poteva continuare a disprezzare i suoi padroni, proprio come...

Proprio come lei disprezzava lui. Per aver mantenuto la parola, per essersi attenuto al Contratto.

Fin da quando l'ho conosciuto, non ho fatto altro che trattarlo male, pensò Vin.

All'inizio, quand'era Renoux, mi ribellavo contro il suo comportamento altezzoso...

ma quel comportamento non era il suo: era solo parte del ruolo che doveva interpretare. Poi, come OreSeur, l'ho evitato. L'ho odiato, perfino, per aver lasciato morire Kelsier. Ora l'ho costretto nel corpo di un animale. E in due armi che lo conosco, le uniche volte che gli ho chiesto del suo passato è stato per ottenere maggiori informazioni sulla sua gente in modo da trovare l'impostore.

Vin osservò le nebbie. Di tutte le persone nella banda, solo OreSeur era stato un estraneo. Non era stato invitato alle loro riunioni. Non aveva ottenuto una posizione nel governo Aveva aiutato tanto quanto ognuno di loro, giocando un ruolo cruciale: quello dello 'spirito' di Kelsier, tornato dalla tomba per incitare gli skaa alla ribellione finale. Eppure, mentre il resto di loro aveva avuto titoli, amicizie e doveri, l'unica cosa che OreSeur aveva ottenuto per aver rovesciato l'Ultimo Impero era stato un altro padrone.

Uno che lo odiava.

Non c'è da stupirsi che reagisca a questo modo, pensò Vin. Le tornarono in mente le ultime parole di Kelsier: 'Hai ancora molto da imparare sull'amicizia, Vin...' Kell e gli altri l'avevano accolta, trattata con rispetto e cordialità, anche se non se l'era meritato.

«OreSeur,» disse lei «com'era la tua vita prima di essere reclutato da Kelsier?»

«Non capisco cosa abbia a che fare questo col trovare l'impostore, padrona»

ribatté OreSeur.

«Non ha nulla a che fare con quello» spiegò Vin. «Pensavo soltanto che forse dovrei conoscerti meglio.»

«Le mie scuse, padrona, ma non voglio che voi mi conosciate.»

Vin sospirò pensando: E tanti saluti al conoscersi meglio.

Ma... be', Kelsier e gli altri non le avevano voltato le spalle quando Vin era stata brusca con loro. Nelle parole di OreSeur c'era un tono familiare. In esse c'era qualcosa che lei riconosceva.

«Anonimato» disse Vin piano.

«Padrona?»

«Anonimato. Nascondersi perfino quando sei con altri. Essere silenzioso, riservato. Sforzarti di stare in disparte... a livello emotivo, almeno. È un modo di vivere. Una protezione.»

OreSeur non rispose.

«Tu servi i padroni» continuò Vin. «Uomini severi che temono la tua competenza. L'unico modo per impedire che ti odino è accertarti che non ti prestino attenzione. Perciò fai in modo di sembrare piccolo e debole. Non una minaccia. Ma a volte dici la cosa sbagliata o lasci che la tua riottosità traspaia.»

Vin si voltò verso di lui. La stava guardando. «Sì» ammise infine lui, tornando a girarsi per far vagare lo sguardo sulla città.

«Ti odiano» disse Vin piano. «Ti odiano per via dei tuoi poteri perché non possono costringerti a infrangere la parola data o perché si preoccupano che tu sia troppo forte da controllare.»

«Ti temono sempre più» proseguì OreSeur. «Diventano paranoici... terrorizzati che, perfino mentre ti usano, tu possa prendere II loro posto. Malgrado II Contratto, malgrado la certezza che nessun kandra infrangerebbe II suo voto sacro, ti temono.

E gli uomini odiano quello che temono.»

«E così,» aggiunse Vin «trovano scuse per picchiarti. A volte, perfino i tuoi sforzi per restare innocuo sembrano provocarli. Odiano le tue capacità, odiano II fatto di non avere motivi per picchiarti, perciò ti picchiano.»

OreSeur si voltò verso di lei. «Come fate a sapere queste cose?» domandò.

Vin scrollò le spalle. «Non è solo il modo in cui trattano i kandra, OreSeur. E lo stesso modo in cui i capibanda trattano una giovane ragazza... un'anomalia nella malavita composta perlopiù da uomini. Una bambina con una strana capacità di far accadere le cose: influenzare la gente, sentire quello che non dovrebbe, muoversi più silenziosamente e più in fretta degli altri. Uno strumento, eppure una minaccia allo stesso tempo.»

«Io... non mi ero reso conto, padrona...»

Vin si accigliò. Come poteva non sapere del mio passato? Sapeva che ero una ladruncola di strada. Tranne che... era proprio così? Per la prima volta, Vin si rese conto di come doveva averla vista OreSeur due anni addietro, la prima volta che l'aveva incontrato. Era arrivato nella zona dopo che lei era stata reclutata; forse aveva presunto che avesse fatto parte della squadra di Kelsier per anni, come gli altri.

«Kelsier mi ha reclutato per la prima volta solo pochi giorni prima che d incontrassimo» spiegò Vin. «Be', in realtà più che reclutarmi mi ha salvato. Ho trascorso la mia fanciullezza passando da una banda di ladri a un'altra, lavorando sempre per gli uomini meno rispettabili e più pericolosi, poiché erano gli unici che avrebbero accettato un paio di vagabondi come me e mio fratello. I capibanda astuti capivano che ero un ottimo strumento. Non sono certa se capissero che ero un'allomante - alcuni probabilmente sì, altri si limitavano a pensare che fossi

'fortunata'. A ogni modo, avevano bisogno di me. E per questo mi odiavano.»

«Perciò vi picchiavano?»

Vin annuì. «L'ultimo in particolar modo. Fu quando iniziai davvero a capire come usare l'allomanzia, anche se non comprendevo cosa fosse. Camon sapeva, però. E

mi odiava anche mentre mi usava. Penso che temesse che avrei capito come usare appieno i miei poteri. E quando quel giorno fosse arrivato, era preoccupato che lo avrei ucciso...» Vin voltò la testa, guardando verso OreSeur. «Che lo avrei ucciso per poi prendere il suo posto come capobanda.»

OreSeur se ne stava in silenzio, ora accucciato, a fissarla.

«I kandra non sono i soli che gli umani trattano male» disse Vin con calma.

«Siamo piuttosto bravi anche a maltrattarci a vicenda.»

OreSeur sbuffò. «Con voi, almeno, si dovevano trattenere per paura di uccidervi.

Siete mai stata picchiata da un padrone al corrente del fatto che, per quanto potesse colpire forte, voi non sareste morta? Tutto quello che deve fare è procurarvi una nuova serie di ossa in modo che possiate servirlo di nuovo II giorno dopo. Noi siamo i servitori definitivi: potete percuoterti a morte la mattina, poi la sera stessa vi serviremo la cena. Tutto il sadismo senza alcun costo.»

Vin chiuse gli occhi. «Capisco. Non ero un kandra, ma avevo il peltro. Credo che Camon sapesse di potermi picchiare più di quanto avrebbe dovuto.»

«Perché non siete scappata?» chiese OreSeur. «Non avevate un contratto che vi legava a lui.»

«Io... non so» disse Vin. «La gente è strana, OreSeur, e la lealtà è spesso contorta.

Io restavo con Camon perché lo conoscevo, e avevo paura di andarmene più di quanta ne avevo di rimanere. Quella banda era tutto ciò che avevo. Mio fratello se n'era andato, e io ero terrorizzata di restare da sola. Ripensandoti, ora sembra piuttosto strano.»

«A volte una brutta situazione è comunque meglio dell'alternativa. Avete fatto quello che dovevate per sopravvivere.»

«Forse» disse Vin. «Ma c'è un modo migliore, OreSeur. Non lo conoscevo fino a che Kelsier non mi ha trovato, ma la vita non dev'essere così. Non devi trascorrere i tuoi anni nella sfiducia, rimanendo nelle ombre e tenendoti in disparte.»

«Forse, per gli umani. Io sono kandra.»

«Puoi comunque avere fiducia» affermò Vin. «Non devi odiare i tuoi padroni.»

«Non li odio tutti, padrona.»

«Ma non ti fidi di loro.»

«Non è niente di personale, padrona.»

«Sì, lo è» ribatté Vin. «Non ti fidi di noi perché temi che ti faremo del male. Lo capisco: ho passato mesi con Kelsier domandandomi quando sarei stata ferita di nuovo.»

Fece una pausa. «Ma, OreSeur, nessuno d ha tradito. Kelsier aveva ragione. Mi sembra incredibile perfino ora, ma gli uomini della sua banda - Ham, Dockson, Breeze - sono brave persone. E perfino se uno di loro mi dovesse tradire, preferirei comunque essermi fidata. Riesco a dormire la notte, OreSeur. Riesco a sentirmi in pace, riesco a ridere. La vita è diversa. Migliore.»

«Voi siete umana» replicò OreSeur ostinatamente. «Potete avere amici perché non si preoccupano che li mangiate, o altre sciocchezze del genere.»

«Io non penso questo di te.»

«Davvero? Padrona, avete appena ammesso che mi detestate perché ho mangiato Kelsier. A parte questo, odiate il fatto che io abbia seguito il mio Contratto. Voi, almeno, siete stata sincera.

«Gli esseri umani ci trovano inquietanti. Odiano che mangiamo i loro simili, anche se prendiamo soltanto corpi già morti. La vostra gente ritiene sconcertante che possiamo assumere la loro forma. Non ditemi che non avete udito le leggende sulla mia specie. Spettri delle nebbie, d chiamano... creature che rubano le forme degli uomini che si avventurano nelle nebbie. Voi pensate che un mostro del genere, una leggenda usata per spaventare i bambini, potrà mai essere accettato nella vostra società?»

Vin si accigliò.

«È questa la ragione del Contratto, padrona» disse OreSeur con voce attutita, che suonava aspra nel parlare attraverso le labbra di cane. «Vi domandate perché non scappiamo semplicemente da voi? Perché non d fondiamo nella vostra società e rimaniamo anonimi? Ci abbiamo provato molto tempo fa quando l'Ultimo Impero era appena nato. La vostra gente ci ha trovato e ha iniziato a distruggerci. Usavano Mistborn per darci la caccia, poiché in quei giorni c'erano molti più allomanti. La vostra gente d odiava perché temeva che li avremmo rimpiazzati. Fummo distrutti quasi completamente... e allora inventammo il Contratto.»

«Ma... che differenza fa?» chiese Vin. «Fate comunque le stesse cose, no?»

«Sì, ma ora le facciamo ai vostri ordini» puntualizzò OreSeur. «Agli uomini piace il potere, e adorano controllare qualcosa di potente. La nostra gente si offri di servire, e concepimmo un contratto vincolante, uno che ogni kandra giurò di onorare. Non uccideremo uomini. Prenderemo ossa solo quando d verrà ordinato.

Serviremo i nostri padroni con obbedienza assoluta. Iniziammo a fare queste cose e gli uomini smisero di ucciderci. Ci odiano e d temono ancora... ma sanno anche di poterci comandare.

«Diventammo i vostri strumenti. Finché rimaniamo sottomessi, padrona, noi sopravviviamo. Ed è questo II motivo per cui obbedisco. Infrangere il Contratto sarebbe come tradire il mio popolo. Non possiamo combattervi, non finché avete i Mistborn... così dobbiamo servirvi.»

I Mistborn. Perché i Mistborn sono così importanti? Nelle sue parole era sottinteso che fossero in grado di trovare i kandra...

Vin tenne questo frammento di informazione per sé; percepì che, se l'avesse fatto notare, lui si sarebbe chiuso di nuovo. Per questo si mise invece a sedere e incontrò i suoi occhi nel buio. «Se vuoi, ti libererò dal tuo Contratto.»

«E cosa cambierebbe?» chiese OreSeur. «Assumerei soltanto un altro Contratto.

Secondo le nostre leggi, devo attendere un altro decennio prima di ottenere un periodo di libertà... e anche allora saranno solo due anni, durante i quali non potrò lasciare la patria dei kandra. Fare altrimenti vorrebbe dire rischiare di rivelarti.»

«Allora accetta almeno le mie scuse» chiese lei. «Sono stata sciocca a disprezzarti solo perché hai seguito II tuo Contratto.»

OreSeur esitò. «Questo non mette comunque a posto le cose, padrona. Devo indossare lo stesso questo maledetto corpo di cane: non ho ossa o personalità da imitare!»

«Pensavo che avresti apprezzato l'opportunità di essere semplicemente te stesso.»

«Mi sento nudo» replicò OreSeur. Sedette in silenzio per un momento, poi chinò II capo. «Ma... devo ammettere che queste ossa presentano dei vantaggi. Non mi ero reso conto di quanto mi avrebbero reso poco appariscente.»

Vin annuì. «Ci sono state alcune volte nella mia vita in cui avrei dato qualunque cosa per poter assumere la forma di un cane ed essere semplicemente ignorata.»

«Ma non più?»

Vin scosse II capo. «No. Non la maggior parte del tempo, almeno. Ero solita pensare che tutti fossero come dici tu: malevoli, cattivi. Ma d sono persone buone al mondo, OreSeur. Vorrei potertelo dimostrare.»

«Parlate di questo vostro re» comprese OreSeur, lanciando un'occhiata verso la fortezza.

«Sì» rispose Vin. «E di altri.»

«Voi?»

Vin scosse il capo. «No, io no. Non sono una persona buona o cattiva. Sono qui solo per uccidere.»

OreSeur la osservò per un momento, poi si rimise giù. «Comunque sia,» ammise

«non siete il mio peggior padrone. Questo, forse, è un complimento fra la nostra gente.»

Vin sorrise, ma le sue stesse parole la ossessionarono un poco. ' Qui solo per uccidere...'

Landò un'occhiata verso le luci degli eserciti fuori dalla città. Una parte di lei -

quella che era stata addestrata da Reen, che ogni tanto usava ancora la sua voce in fondo alla sua mente - sussurrò che c'era un altro modo per combattere questi eserciti. Invece che affidarsi alla politica e ai colloqui, la banda poteva usare Vin.

Mandarla in una visita furtiva nella notte per sbarazzarsi dei re e dei generali degli eserciti.

Ma lei sapeva che Elend non avrebbe approvato nulla del genere. Avrebbe obiettato sull'uso della paura come stimolo, anche contro i propri nemici. Avrebbe rimarcato che, se lei avesse ucciso Straff o Cett, sarebbero soltanto stati rimpiazzati da altri uomini, ancora più ostili verso la città.

Malgrado tutto, sembrava una risposta brutale ma logica Una parte di Vin fremeva per metterla in pratica, anche solo per fare qualcosa di diverso da quanto stabilito. Lei non era una persona fatta per vivere sotto assedio.

No, pensò lei. Io non sono così. Non devo essere come Kelsier: duro, intransigente. Io posso essere qualcosa di meglio. Una persona che ha fiducia nei modi di Elend.

Scacciò via quella parte di lei che voleva semplicemente andare ad assassinare sia Straff che Cett, poi rivolse la sua attenzione ad altre cose. Si concentrò sul suo bronzo, in allerta per cercare segni di allomanzia. Anche se le piaceva saltare in giro e 'pattugliare' la zona, in realtà era altrettanto efficace rimanendo in un posto solo.

Era probabile che gli assassini perlustrassero i cancelli principali, poiché era dove le ronde iniziavano e dove attendeva la concentrazione più numerosa di soldati.

Tuttavia, sentiva la sua mente vagare. C'erano forze in moto nel mondo, e Vin non era certa di voler esserne parte.

Qual è il mio ruolo?, si chiese. Non aveva mai avuto l'impressione di averlo scoperto: non quando impersonava Valette Renoux, e non ora, quando faceva da guardia del corpo all'uomo che amava. Nulla le sembrava a posto.

Chiuse gli occhi, bruciando stagno e bronzo, sentendo il tocco di nebbia portata dal vento sulla sua pelle. E, stranamente, percepì qualcos'altro, qualcosa di molto flebile. In lontananza riuscì ad avvertire delle pulsazioni allomantiche. Erano così smorzate che quasi non le notò.

Erano simili alle pulsazioni emesse dallo spirito di nebbia. Poteva sentire anche quell'essere, molto più vicino. In cima a un edificio nella città. Si stava abituando alla sua presenza: non che avesse molta scelta. Eppure, finché si limitava a osservare...

Cercò di uccidere uno dei compagni del Campione, pensò Vin. Lo accoltellò, in qualche modo. O così affermava il diario.

Ma... cos'era quella pulsazione così in lontananza? Era flebile... tuttavia potente.

Come un tamburo lontano. Strinse gli occhi fino a chiuderli, concentrandosi.

«Padrona?» la richiamò OreSeur, alzando la testa all'improvviso.

Vin apri gli occhi di colpo. «Cosa c'è?» «Non l'avete sentito?»

Vin si mise a sedere. «Co...» Poi lo percepì. Passi fuori dalle mura a poca distanza. Si sporse più vicino, notando una sagoma scura che camminava lungo la strada verso la fortezza Era stata così concentrata sul bronzo da annullare completamente i suoni reali.

«Buon lavoro» lo lodò lei, avvicinandosi al bordo del tetto del posto di guardia.

Solo allora si rese conto di qualcosa di importante. OreSeur aveva preso l'iniziativa: l'aveva avvertita del pericolo senza che gli avesse specificamente ordinato di ascoltare.

Era una piccola cosa, ma pareva importante.

«Cosa ne pensi?» gli chiese piano, osservando la figura avvicinarsi. Non portava alcuna torcia, e sembrava a proprio agio nelle nebbie.

«Allomante?» chiese OreSeur, accucciandosi accanto a lei.

Vin scosse II capo. «Non c'è nessuna pulsazione allomantica.»

«Allora potrebbe essere un Mistborn» considerò OreSeur. Ancora non sapeva che lei poteva penetrare le cuprinubi. «È troppo alto per essere il vostro amico Zane.

State attenta, padrona.»

Vin annuì, lasciò cadere una moneta, poi si landò nelle nebbie. Dietro di lei, OreSeur balzò giù dal corpo di guardia, poi saltò dal muro per i sei metri che lo separavano dal suolo.

Gli piace davvero forzare quelle ossa fino ai loro limiti, pensò Vin. Naturalmente, dal momento che una caduta non poteva ucciderlo, lei era in grado di comprendere il suo coraggio.

Guidò la sua traiettoria Spingendo contro i chiodi in un tetto di legno, atterrando solo a breve distanza dalla sagoma scura. Estrasse i pugnali e preparò i metalli, accertandosi di avere duralluminio. Poi si mosse silenziosa lungo la strada.

Sorpresa, pensò. Era ancora nervosa per il suggerimento di Ham. Non poteva sempre dipendere dalla sorpresa. Seguì l'uomo, studiandolo. Era alto... molto alto. E

portava delle vesti. In effetti, quelle vesti...

Vin si fermò di colpo. «Sazed?» chiese sbalordita.

Il Terrisiano si voltò, il volto ora visibile ai suoi occhi migliorati dallo stagno. Lui sorrise. «Ah, lady Vin» la salutò con la sua familiare voce saggia. «Stavo cominciando a chiedermi quanto vi ci sarebbe voluto per trovarmi. Siete...»

Verme interrotto quando Vin lo afferrò in un abbraccio eccitato. «Non pensavo che saresti tornato così presto!»

«Non avevo in programma di ritornare, lady Vin» spiegò Sazed. «Ma gli eventi hanno preso una piega che mi ha impedito di stare lontano da questo luogo, ritengo.

Venite, dobbiamo parlare con Sua Maestà. Ho notizie di natura piuttosto sconcertante.»

Vin lo lasciò andare, alzando lo sguardo verso quel volto gentile, notando la stanchezza nei suoi occhi. La spossatezza. Le sue vesti erano sporche e puzzavano di cenere e sudore. Sazed era solitamente molto meticoloso, perfino quando viaggiava. «Cosa c'è?» chiese lei.

«Problemi, lady Vin» rispose lui piano. «Problemi e guai.»