Come colui che scoprì Alendi, tuttavia, diventai qualcuno di importante. Il più preminente fra i Recamondo.

33

Vin giaceva prona, le braccia conserte, la testa appoggiata su di esse mentre studiava un foglio di carta di fronte a sé. Considerando gli ultimi caotici giorni, era rimasta sorpresa dal fatto che tornare ai suoi studi fosse stato un sollievo.

Un piccolo sollievo, poiché i suoi studi avevano i loro problemi. Il Baratro è tornato, pensò. Anche se le nebbie uccidono solo occasionalmente, hanno iniziato a diventare di nuovo ostili. Questo significa che anche il Campione delle Ere deve tornare... o no?

Sinceramente, pensava davvero di poter essere lei? Sembrava ridicolo, quando ci rifletteva. Eppure sentiva quella pulsazione nella testa, vedeva lo spirito nelle nebbie...

E quella notte, oltre un anno prima, quando aveva affrontato il lord Reggente?

Quella notte in cui, in qualche modo, aveva attinto dalle nebbie stesse, bruciandole come se fossero metallo?

Non è sufficiente, si disse. Un evento bizzarro - uno che non sono più riuscita a replicare - non significa che sono un qualche salvatore mitico.

Vin non conosceva neppure molte delle profezie sul Campione. Il diario menzionava che sarebbe venuto da umili origini, ma quello si poteva applicare a tutti gli skaa nell'Ultimo

Impero. Fra i suoi antenati si sarebbe nascosto sangue reale questo rendeva ogni mezzosangue in città un possibile candidato. In effetti, Vin era propensa a scommettere che parecchi degli skaa avessero un qualche progenitore nobile nascosto

Sospirò, scuotendo il capo.

«Padrona?» chiese OreSeur voltandosi. Si trovava su una sedia, le zampe anteriori contro la finestra mentre guardava fuori verso la città.

«Profezie, leggende, predizioni» elencò Vin, percuotendo con la mano il foglio di annotazioni. «A quale scopo? Perché i Terrisiani credevano in queste cose? Una religione non dovrebbe insegnare qualcosa di pratico?»

OreSeur si rimise accovacciato sulla sedia. «Cosa ci sarebbe di più pratico di conoscere il futuro?»

«Se queste dicessero qualcosa di utile, sarei d'accordo. Ma perfino il diario riconosce che le profezie di Terris potrebbero essere interpretate in molti modi. A cosa servono delle promesse che possono essere interpretate in modo così differente?»

«Non rigettate le credenze di qualcuno solo perché voi non le capite, padrona.»

Vin sbuffò. «Parli proprio come Sazed. Una parte di me è tentata di pensare che tutte queste profezie e leggende furono inventate da sacerdoti che volevano guadagnarsi da vivere.»

«Solo una parte di voi?» chiese OreSeur in tono divertito.

Vin esitò, poi annuì. «La parte che è cresciuta per le strade, quella che si aspetta sempre una truffa.» Quella parte non voleva riconoscere le altre cose che provava.

Le pulsazioni stavano diventando sempre più forti.

«Le profezie non devono essere per forza una truffa, padrona» spiegò OreSeur.

«O nemmeno una promessa per il futuro. Possono semplicemente essere un'espressione di speranza.»

«Cosa ne sai tu di queste cose?» domandò Vin in tono sbrigativo, mettendo da parte il foglio.

Ci fu un attimo di silenzio. «Nulla, naturalmente, padrona» disse infine OreSeur.

Vin si voltò verso il cane. «Mi dispiace, OreSeur. Non intendevo... Be', è solo che mi sento distratta, di recente.»

Tump, tump, tump...

«Non dovete scusarvi con me, padrona» replicò OreSeur. «Io sono solo un kandra.»

«Sei comunque una persona» dichiarò Vin. «Anche se con l'alito di cane.»

OreSeur sorrise. «Avete scelto voi queste ossa per me, padrona. Dovete convivere con le conseguenze.»

«Le ossa possono avere qualcosa a che fare» disse Vin alzandosi. «Ma non penso che la carne marcia che ti mangi sia d'aiuto. Davvero, dovremmo procurarti delle foglie di menta da masticare.»

OreSeur sollevò un sopracciglio canino. «E non pensate che un cane con l'alito profumato attirerebbe l'attenzione?»

«Solo nel caso ti trovassi a baciare qualcuno nel prossimo futuro» rispose Vin, rimettendo la pila di carte sulla sua scrivania.

OreSeur ridacchiò piano nel suo modo canino, tornando a scrutare la città.

«La processione è terminata?» chiese Vin.

«Sì, padrona» rispose OreSeur. «È difficile vedere, perfino dall'alto. Ma pare che lord Cett abbia finito di trasferirsi. Di certo ha portato con sé un bel po' di carri.»

«È il padre di Allrianne» disse Vin. «Malgrado tutte le lamentele della ragazza sulla vita in mezzo all'esercito, scommetto che a Cett piace viaggiare con tutte le comodità.»

OreSeur annuì. Vin si voltò, appoggiandosi contro la scrivania, osservandolo e pensando a quello che aveva detto prima. 'Espressione di speranza...'

«I kandra hanno una religione, vero?» azzardò Vin.

OreSeur si voltò di scatto. Quella fu una conferma sufficiente.

«I Custodi ne sono al corrente?» chiese Vin.

OreSeur si mise ritto sulle zampe posteriori, le zampe contro il davanzale della finestra. «Non avrei dovuto parlare.»

«Non hai nulla da temere» lo rassicurò Vin. «Non tradirò il vostro segreto. Ma non vedo come mai debba rimanere ancora tale.»

«È una faccenda dei kandra, padrona» disse OreSeur. «Non avrebbe interesse per nessun altro.»

«Certo che sì» ribatté Vin. «Non capisci, OreSeur? I Custodi credono che l'ultima religione indipendente sia stata distrutta dal lord Reggente secoli fa. Se i kandra sono riusciti a conservarne una, questo lascia intendere che il controllo teologico del lord Reggente sull'Ultimo Impero non fosse assoluto. Questo deve significare qualcosa.»

OreSeur indugiò, inclinando il capo, come se non avesse preso in considerazione quelle cose.

Che il suo controllo teologico non fosse assoluto?, pensò Vin, un po' sorpresa per quell'espressione. Lord Reggente, sto iniziando a parlare come Sazed ed Elend. Ho studiato troppo, di recente.

«Comunque sia, padrona,» disse OreSeur «preferirei che non ne faceste menzione ai vostri amici Custodi. Probabilmente comincerebbero a porre domande imbarazzanti.»

«Sono fatti così» convenne Vin con un cenno d'assenso. «Cosa riguardano le profezie del tuo popolo, comunque?»

«Non credo che lo vogliate sapere, padrona.»

Vin sorrise. «Parlano di rovesciare noi, vero?»

OreSeur si sedette, e lei riuscì quasi a vedere del rossore sul volto canino. «La mia gente ha convissuto col Contratto per lunghissimo tempo, padrona. So che per voi è difficile capire perché preferiamo vivere sotto questo fardello, ma noi lo rite-niamo necessario. Eppure, sogniamo un giorno in cui questo possa non servire più.»

«Quando tutti gli umani saranno soggetti a voi?» chiese Vin.

OreSeur distolse lo sguardo. «Quando saranno tutti morti, in realtà.»

«Però!»

«Le profezie non sono letterali, padrona» spiegò OreSeur. «Sono metafore...

espressioni di speranza. O, perlomeno, questo è il modo in cui le ho sempre considerate. Forse le vostre profezie terrisiane sono la stessa cosa? Espressioni di una credenza che se il popolo fosse in pericolo, i loro dèi manderebbero un Campione a proteggerlo? In questo caso, l'indeterminatezza sarebbe intenzionale... e razionale. Le profezie non erano mai state pensate per significare qualcosa di specifico, ma più per parlare di un sentimento generale. Una speranza diffusa.»

Se le profezie non erano specifiche, perché solo lei riusciva a sentire quei battiti martellanti?

Smettila, si disse. Stai saltando alle conclusioni. «Tutti gli umani morti» meditò.

«E come moriremmo? Ci ucciderebbero i kandra?»

«Certo che no» rispose OreSeur. «Noi onoriamo il nostro Contratto, perfino nella religione. Le storie dicono che vi ucciderete tutti a vicenda. Voi siete creature della Rovina, dopotutto, mentre i kandra sono creature della Preservazione. In realtà... si suppone che distruggerete il mondo, credo. Usando i koloss come vostre pedine.»

«Sembri davvero dispiaciuto per loro» fece notare Vin divertita.

«I kandra tendono a pensar bene dei koloss, padrona» rispose OreSeur. «C'è un legame fra noi, come fra cugini: capiamo entrambi cosa significa essere schiavi, siamo entrambi estranei alla cultura dell'Ultimo Impero, siamo entrambi...»

Si interruppe.

«Cosa?» chiese Vin.

«Posso non parlare oltre?» domandò OreSeur. «Ho già detto troppo. Mi avete colto alla sprovvista, padrona.»

Vin assentì. «Tutti abbiamo bisogno di segreti.» Lanciò un'occhiata verso la porta. «Anche se ce n'è uno che devo ancora scoprire.»

OreSeur balzò giù dalla sedia, unendosi a lei mentre usciva a grandi passi dalla porta.

C'era ancora una spia da qualche parte a palazzo. Era stata costretta a ignorare quel fatto troppo a lungo.

Elend guardò in profondità nel pozzo. Quella fossa scura, dall'ampia imboccatura per permettere l'andirivieni di numerosi skaa, pareva un'enorme bocca spalancata, labbra di pietra aperte e pronte a inghiottirlo. Elend guardò da un lato, dove Ham stava parlando con un gruppo di guaritori.

«Ce ne siamo resi conto quando così tante persone sono venute da noi lamentando dissenteria e dolori addominali» disse il guaritore. «I sintomi erano insolitamente forti, mio signore. Abbiamo già perso parecchi a causa della malattia.»

Ham lanciò un'occhiata a Elend, aggrottando la fronte.

«Tutti quelli che si sono ammalati vivevano in questa zona» proseguì il guaritore.

«E attingevano la loro acqua da questo pozzo o da un altro nella piazza successiva.»

«Avete portato questo fatto all'attenzione di lord Penrod e dell'Assemblea?»

chiese Elend.

«Ehm... no, mio signore. Immaginavamo che voi...»

Non sono più il re, pensò Elend. Comunque, non riuscì a dirlo. Non a quest'uomo, che era in cerca d'aiuto.

«Me ne occuperò io» disse Elend con un sospiro. «Potete tornare dai vostri pazienti.»

«Stanno riempiendo la nostra clinica, mio signore» ribatté lui.

«Allora appropriatevi di una delle residenze nobiliari vuote» consigliò Elend. «Ce ne sono in abbondanza. Ham, mandagli qualcuna delle mie guardie per aiutare a spostare i malati e preparare l'edificio.»

Ham annuì, facendo cenno a un soldato di avvicinarsi e dicendogli di radunare venti uomini in servizio dal palazzo per incontrarsi col guaritore. Quello sorrise con aria sollevata e si inchinò a Elend prima di allontanarsi.

Ham raggiunse Elend accanto al pozzo. «Coincidenza?»

«Improbabile» rispose Elend, afferrando il bordo del pozzo con dita frustrate. «La domanda è: chi l'ha avvelenato?»

«Cett è appena arrivato in città» considerò Ham sfregandosi il mento. «Sarebbe stato semplice inviare alcuni soldati per gettarci segretamente il veleno.»

«Pare più qualcosa che farebbe mio padre» disse Elend. «Qualcosa per aumentare la tensione, per vendicarsi di noi per avergli fatto fare la figura dello sciocco nel suo accampamento. In più, ha quel Mistborn che potrebbe aver facilmente messo il veleno.»

Certo, Cett aveva sperimentato la stessa cosa sulla sua pelle: Breeze aveva avvelenato la sua riserva d'acqua prima di fuggire verso la città. Elend digrignò i denti. Non c'era alcun modo di sapere chi ci fosse dietro quell'attacco.

A ogni modo, i pozzi avvelenati significavano guai. Ce n’erano altri in città, ovviamente, ma erano altrettanto vulnerabili. Forse la gente avrebbe dovuto cominciare ad affidarsi al fiume per l'acqua, e quella era molto meno salutare, essendo limacciosa e inquinata dai rifiuti di entrambi gli eserciti e della città stessa.

«Disponi delle guardie attorno a questi pozzi» ordinò Elend con un gesto della mano. «Falli chiudere con delle assi, fa' mettere dei cartelli e poi di' ai guaritori di stare molto attenti a possibili altre epidemie.»

Veniamo torchiati in modo sempre più stretto, pensò

mentre Ham annuiva. Andando di questo passo, ci spezzeremo molto prima della fine dell'inverno.

Dopo una deviazione per una tarda cena - dove alcune notizie su servitori che si ammalavano la riempirono di preoccupazione - Vin andò a controllare Elend, che era appena tornato da un giro in città con Ham. Dopodiché, Vin e OreSeur continuarono la loro missione iniziale: trovare Dockson.

Lo localizzarono nella biblioteca del palazzo. Quella stanza una volta era stata lo studio personale di Straff; pareva che, per qualche motivo, Elend trovasse divertente la nuova destinazione di quella camera.

Personalmente, Vin non trovava che il posto della biblioteca fosse divertente quanto quello che conteneva. O meglio, quello che non conteneva. Anche se la stanza era fiancheggiata da scaffali, quasi tutti mostravano segni di saccheggio da parte di Elend. Le file di libri erano punteggiate di spazi vuoti e abbandonati, i loro compagni portati via uno per uno, come se Elend fosse un predatore che riduceva lentamente il numero di un gregge.

Vin sorrise. Probabilmente non ci sarebbe voluto molto prima che Elend rubasse ogni libro nella piccola biblioteca, portando i tomi nel suo studio, poi collocandoli sopra una delle pile e dimenticandosene. Tuttavia c'era ancora un buon numero di volumi rimasti: registri, libri mastri e taccuini sulle finanze: cose che Elend di solito trovava di scarso interesse.

Dockson sedeva alla scrivania della biblioteca in quel momento, scrivendo su un libro mastro. Notò il suo arrivo e le rivolse un sorriso, poi tornò alle sue annotazioni.

Vin attese che terminasse, OreSeur al suo fianco.

Di tutti i membri della banda, Dockson era quello che sembrava essere cambiato maggiormente nel corso dell'ultimo anno. Si ricordava la prima impressione che aveva avuto di lui, nel covo di Camon. Dockson era stato il braccio destro di Kelsier, nonché il più 'realista' della coppia. Eppure in lui c'era sempre stata una punta di buonumore, qualcosa che denotava come si divertisse nel ruolo di uomo pratico. Non era stato un contrasto, quanto un complemento a Kelsier.

Kelsier era morto. E questo dove aveva lasciato Dockson? Indossava un completo da nobile, come aveva sempre fatto...

e fra tutti i membri della banda, lui era quello su cui quegli abiti sembravano più adatti. Se si fosse rasato via quella mezza barba, sarebbe potuto passare per un aristocratico; non un alto cortigiano ricco, ma un lord di mezz'età che aveva trascorso la sua intera vita a commerciare beni per conto del signore di una grande casata.

Scriveva nei suoi registri, ma era una cosa che aveva sempre fatto. Impersonava ancora il ruolo della persona responsabile all'interno della banda. Allora cosa c'era di diverso? Era la stessa persona, faceva le stesse cose. Eppure dava l'impressione di essere diverso. Non c'erano più le risate, il tranquillo apprezzamento dell'eccentricità in quelli attorno a lui. Senza Kelsier, in qualche modo Dockson era cambiato da compassato a... noioso.

Ed era questo che la rendeva sospettosa.

Vin si mise a sedere, OreSeur la raggiunse zampettando per andarsi a mettere accanto alla sua sedia. Dockson diede un'occhiata al registro, scuotendo lievemente il capo. «È un animale davvero ben addestrato, Vin» notò. «Non penso di averne mai visto uno simile...»

Lo sa? si domandò Vin allarmata. Un kandra sarebbe in grado di riconoscerne un altro in un corpo di cane? No, non poteva essere. Altrimenti OreSeur avrebbe potuto trovare l'impostore per lei. Perciò si limitò a sorridere di nuovo, dando delle pacche sulla testa di OreSeur. «C'è un addestratore al mercato. Insegna ai caccialupi a essere protettivi: a stare con i bambini piccoli e tenerli lontano dai guai.»

Dockson annuì. «Allora, c'è uno scopo in questa visita?»

Vin annuì. «Non chiacchieriamo più, Dox.»

Dockson si appoggiò contro lo schienale della sedia. «Questo potrebbe non essere il momento migliore per chiacchierare. Devo preparare le finanze reali in modo da poterle passare a qualcun altro, nel caso il voto fosse contrario a Elend.»

Un kandra sarebbe in grado di compilare i libri mastri? si domandò Vin. Sì, l'avrebbero saputo... sarebbero stati preparati.

«Sono spiacente» disse Vin. «Non intendevo disturbarti, ma Elend è stato così impegnato di recente, e Sazed ha il suo progetto...»

«E tutto a posto» la rassicurò Dockson. «Posso dedicarti qualche minuto. A cosa stavi pensando?»

«Be', ti ricordi quella conversazione che abbiamo avuto, prima del Crollo?»

Dockson si accigliò. «Quale?»

«Sai... quella sulla tua giovinezza.»

«Oh» annuì Dockson. «Sì... e cosa volevi sapere al riguardo?»

«Be', la pensi ancora allo stesso modo?»

Dockson si soffermò a riflettere, le dita che tamburellavano lentamente sulla scrivania. Vin attese, cercando di non lasciar trasparire la tensione. Il dialogo in questione aveva avuto luogo solo fra loro due, e in quell'occasione Dockson le aveva detto per la prima volta quanto odiava la nobiltà.

«Suppongo di no» rispose Dockson. «Non più. Kell diceva sempre che tu nutrivi troppa fiducia nella nobiltà, Vin. Ma alla fine hai cominciato a cambiare anche lui.

No, non penso che la classe nobiliare debba essere completamente distrutta. Non sono tutti mostri come presumevo una volta.»

Vin si rilassò. Non solo ricordava quella conversazione, ma conosceva anche i dettagli degli argomenti che avevano discusso. Lei era stata sola lì con lui. Questo doveva voler dire che non era lui il kandra, giusto?

«Questo riguarda Elend, vero?» chiese Dockson.

Vin scrollò le spalle. «Suppongo di sì.»

«So che vorresti che lui e io andassimo più d'accordo, Vin. Ma tutto sommato, penso che le cose vadano già piuttosto bene. È un uomo corretto, questo posso riconoscerlo. Ha alcuni difetti come governante: gli manca audacia, gli manca carisma.»

Non come Kelsier.

«Ma» proseguì Dockson «non voglio vederlo perdere il suo trono. Ha trattato gli skaa in modo giusto, per un nobile.»

«È una brava persona, Dox» disse Vin piano.

Dockson distolse lo sguardo. «Lo so. Ma... be', ogni volta che gli parlo, vedo Kelsier sopra la sua spalla, che scuote la testa verso di me. Sai per quanto tempo Kelsier e io abbiamo sognato di rovesciare il lord Reggente? Gli altri membri della banda pensavano che il piano di Kelsier fosse una passione recente, qualcosa che gli nacque alle Fosse. Ma era qualcosa di precedente, Vin. Molto precedente.

«Abbiamo sempre odiato la nobiltà, Kell e io. Quando eravamo giovani, pianificando i nostri primi lavori, volevamo

essere ricchi, ma volevamo anche far loro del male. Danneggiarli per averci sottratto cose di cui non avevano il diritto Il mio amore... la madre di Kelsier. Ogni moneta che rubavamo, ogni nobile che lasciavamo morto in un vicolo, quello era il nostro modo per muovere guerra. Il nostro modo per punirli.»

Vin sedette in silenzio. Era questo genere di storie, questi ricordi di un passato tormentato, che l'avevano sempre messa un po' a disagio con Kelsier... e con la persona che lui l'aveva addestrata a diventare. Era questa sensazione che la faceva indugiare, perfino quando i suoi istinti le sussurravano che doveva andare a esigere vendetta su Straff e Cett accoltellandoli nella notte.

Dockson conservava qualcosa di quella stessa durezza. Kell e Dox non erano uomini malvagi, ma in loro c'era una punta di vendicatività. L'oppressione li aveva cambiati in modi che nessuna pace, riforma o ricompensa avrebbe potuto riscattare.

Dockson scosse il capo. «E ne abbiamo messo uno sul trono. Non posso fare a meno di pensare che Kell sarebbe arrabbiato con me per aver lasciato governare Elend, per quanto possa essere un brav'uomo.»

«Kelsier era cambiato alla fine» mormorò Vin piano. «L'hai detto tu stesso, Dox.

Sapevi che salvò la vita a Elend?»

Dockson si voltò, incredulo. «Quando?»

«Quell'ultimo giorno» raccontò Vin. «Durante il combattimento con l'Inquisitore.

Kell protesse Elend, che era venuto a cercarmi.»

«Deve aver pensato che era uno dei prigionieri.»

Vin scosse la testa. «Sapeva chi era Elend, e sapeva che io l'amavo. Alla fine, Kelsier fu disposto ad ammettere che era un brav'uomo che valeva la pena proteggere, non importa chi fossero i suoi genitori.»

«Lo trovo difficile da accettare, Vin.»

«Perché?»

Dockson incontrò i suoi occhi. «Perché se accetto che Elend non ha colpa per quello che la sua gente ha fatto alla mia, allora devo ammettere di essere un mostro per le cose che io ho fatto a loro.»

Vin rabbrividì. In quegli occhi vide la verità dietro la trasformazione di Dockson. Vide la morte della sua risata. Vide la colpa. Gli omicidi.

Quest'uomo non è un impostore, rifletté.

«È poca la gioia che riesco a trovare in questo governo, Vin» confessò Dockson in tono sommesso. «Perché so cos'abbiamo fatto per crearlo. La questione è che rifarei tutto di nuovo. Dico a me stesso che è perché credo nella libertà per gli skaa.

Resto ancora sveglio la notte, però, silenziosamente soddisfatto per quello che abbiamo fatto ai nostri precedenti governanti. La loro classe scalzata, il loro dio morto. Ora sanno.»

Vin annuì. Dockson abbassò gli occhi, come imbarazzato, un'emozione che di rado aveva visto in lui. Non sembrava esserci altro da aggiungere. Dockson sedette in silenzio mentre lei si ritirava, la penna e il registro dimenticati sulla scrivania.

«Non è lui» disse Vin, camminando lungo il corridoio vuoto del palazzo, cercando di scacciare il suono opprimente della voce di Dockson dai suoi pensieri.

«Ne siete certa, padrona?» chiese OreSeur.

Vin annuì. «Sapeva di una conversazione privata fra me e lui prima del Crollo.»

OreSeur rimase in silenzio per un momento. «Padrona,» disse infine «i miei fratelli possono essere molto accurati.»

«Sì, ma come avrebbe potuto conoscere un fatto del genere?»

«Spesso noi colloquiamo con le persone prima di prendere le loro ossa, padrona»

spiegò OreSeur. «Le incontriamo diverse volte, in ambienti diversi, e troviamo dei modi per parlare delle loro vite. Parliamo anche con i loro amici e conoscenti. Avete mai detto a qualcuno di questa vostra conversazione con Dockson?»

Vin si fermò per appoggiarsi contro il lato del corridoio di pietra. «Forse a Elend»

ammise. «Credo di averla menzionata anche a Sazed, appena successa. Si tratta di quasi due anni fa.»

«Potrebbe essere stato sufficiente, padrona» la informò OreSeur. «Non possiamo apprendere tutto su una persona, ma facciamo del nostro meglio per scoprire cose come questa: conversazioni private, segreti, informazioni confidenziali, in modo da poterle menzionare nei momenti opportuni e rafforzare il nostro inganno.»

Vin si accigliò.

«Ci sono anche... altre cose, padrona» aggiunse OreSeur «Esito perché non voglio che immaginiate i vostri amici soffrire. Comunque, è comune che il nostro padrone -

quello che uccide effettivamente la vittima - la torturi per ottenere informazioni.»

Vin chiuse gli occhi. Dockson sembrava così vero: le sua colpa, le sue reazioni...

tutto questo non poteva essere simulato... o sì?

«Dannazione» sussurrò piano, aprendo gli occhi. Si voltò, sospirando mentre apriva le imposte di una finestra del corridoio. Fuori era buio, e le nebbie si arricciarono davanti a lei mentre si sporgeva contro il davanzale di pietra e guardava fuori verso il cortile due piani sotto.

«Dox non è un allomante» disse. «Come posso scoprire con certezza se è l'impostore o no?»

«Non lo so, padrona» ammise OreSeur. «Non è mai un compito semplice.»

Vin si alzò in silenzio. Con fare assente, si tolse l'orecchino di bronzo - quello di sua madre - e se lo rigirò fra le dita, guardandolo riflettere la luce. Una volta era stato ricoperto d'argento, ma era venuto via in più punti.

«Odio tutto questo» sussurrò infine.

«Cosa, padrona?»

«Questa... sfiducia» continuò lei. «Odio essere sospettosa dei miei amici. Credevo di aver smesso di diffidare di quelli attorno a me. Sento come se mi venisse rigirato dentro un coltello, e penetra più a fondo ogni volta che mi confronto con uno della banda.»

OreSeur si accovacciò accanto a lei e inclinò la testa. «Ma, padrona. Siete riuscita a eliminare parecchi di loro come possibili impostori.»

«Sì» disse Vin. «Ma questo non fa che restringere il campo... portarmi un passo più vicino a sapere quale di loro è morto.»

«E quella conoscenza non è una cosa buona?»

Vin scosse il capo. «Non voglio che sia nessuno di loro, OreSeur. Non voglio diffidare di loro, non voglio scoprire che abbiamo ragione.»

Sulle prime OreSeur non rispose, lasciandola a fissare fuori dalla finestra, le nebbie che si riversavano lentamente sul pavimento attorno a lei.

«Voi siete sincera» disse infine OreSeur.

Lei si voltò. «Certo che lo sono.»

«Sono spiacente, padrona» si scusò OreSeur. «Non intendevo insultarvi. È solo...

Be', sono stato un kandra per diversi padroni. Molti erano così sospettosi e odiavano chiunque attorno a loro che avevo cominciato a pensare che la vostra specie fosse priva della capacità di fidarsi.»

«Questo è sciocco» disse Vin, tornando a voltarsi verso la finestra.

«So che lo è» replicò OreSeur. «Ma la gente crede spesso a cose sciocche, se vengono loro fornite sufficienti prove. A ogni modo, mi scuso. Non so quale dei vostri amici sia morto, ma sono spiacente che uno della mia specie sia la causa di questo vostro dolore.»

«Chiunque sia, sta solo seguendo il suo Contratto.»

«Sì, padrona» confermò OreSeur. «Il Contratto.»

Vin si accigliò. «Hai un modo per scoprire quale kandra ha un Contratto a Luthadel?»

«Sono spiacente, padrona» spiegò OreSeur. «Questo non è possibile.»

«Lo immaginavo» replicò lei. «È probabile che tu lo conosca, chiunque sia?»

«I kandra sono un gruppo molto compatto, padrona» disse OreSeur. «E non siamo molti. C'è una buona possibilità che lo conosca piuttosto bene.»

Vin picchiettò il dito contro il davanzale, aggrottando le sopracciglia mentre cercava di decidere se quell'informazione fosse utile.

«Ancora non penso che sia Dockson» ribadì infine lei, rimettendo a posto l'orecchino. «Per ora lo ignoreremo. Se otterrò altre piste, torneremo...» Si interruppe quando qualcosa attirò la sua attenzione. Una figura che camminava nel cortile, non portando alcuna luce.

Ham, pensò. Ma la camminata non era la sua.

Spinse contro lo schermo della lampada che pendeva dal muro a poca distanza.

Questo si richiuse di scatto, la lampada che tremolava mentre l'oscurità calava sul corridoio.

«Padrona?» chiese OreSeur mentre Vin si arrampicava

sulla finestra, avvampando stagno mentre strizzava gli occhi nella notte.

Decisamente non Ham, pensò.

Il suo primo pensiero andò a Elend, un improvviso terrore che gli assassini fossero giunti mentre lei stava parlando con Dockson. Ma la notte era scesa da poco ed Elend si sarebbe trovato a parlare con i suoi consiglieri. Era un momento improbabile per un tentativo di assassinio.

Soltanto un uomo? Non Zane, a giudicare dall'altezza.

Probabilmente solo una guardia, pensò Vin. Perché devo essere così paranoica tutto il tempo?

Eppure... osservò la figura camminare nel cortile, e i suoi istinti ebbero il sopravvento. L'uomo pareva muoversi in modo sospetto, come se fosse a disagio, come se non volesse essere visto.

«In braccio» ordinò a OreSeur, gettando una moneta imbottita dalla finestra.

Lui balzò su, obbediente, e Vin saltò fuori dalla finestra, cadde per sette metri, e atterrò con la moneta. Lasciò andare OreSeur e fece un cenno col capo nelle nebbie.

Lui la seguì da vicino mentre si muoveva nel buio, incurvata per restare nascosta, cercando di dare una bella occhiata alla figura. L'uomo camminava con passo veloce, muovendosi verso il lato del palazzo, dove si trovavano gli ingressi dei servitori. Mentre passava, lei vide infine il suo volto.

Il capitano Demoux?, si stupì.

Si fermò, nascondendosi con OreSeur dietro una piccola pila di casse di legno contenenti provviste. Cosa sapeva davvero di Demoux? Era uno dei ribelli skaa reclutati da Kelsier quasi due anni prima. Aveva assunto un ruolo di comando ed era stato rapidamente promosso. Era uno degli uomini leali che erano rimasti indietro quando il resto dell'esercito era andato incontro al proprio destino seguendo Yeden.

Dopo il Crollo, era rimasto con la banda, diventando infine il secondo di Ham.

Questi gli aveva impartito non poco addestramento, il che poteva spiegare perché se ne andasse in giro di notte senza una torcia o una lanterna. Ma anche in quel caso...

Se io dovessi rimpiazzare qualcuno nella banda, penso Vin, non sceglierei un allomante: questo renderebbe

l'impostore troppo facile da individuare. Sceglierei qualcuno di ordinario, qualcuno che non dovrebbe prendere decisioni o attirare l'attenzione. Qualcuno vicino alla banda, ma non necessariamente parte di essa. Qualcuno che è sempre nei paraggi in occasione di riunioni importanti, ma che gli altri non conoscono poi così bene...

Percepì un piccolo brivido. Se l'impostore era Demoux, voleva dire che uno dei suoi buoni amici non era stato ucciso. E voleva dire che la furbizia del padrone del kandra era ancora maggiore di quella che lei gli aveva attribuito.

Lui aggirò la fortezza, e Vin lo seguì in silenzio. Comunque, qualunque cosa stesse facendo quella notte, era quasi completata, poiché attraversò uno degli ingressi sul lato dell’'edificio, salutando le guardie che erano lì di piantone.

Vin si rimise a sedere fra le ombre. L'uomo aveva parlato alle guardie, perciò non era uscito di nascosto dal palazzo. Eppure... lei aveva riconosciuto quella sua postura incurvata, quei movimenti nervosi. Era agitato per qualcosa.

È lui, pensò Vin. La spia.

Ma ora cosa avrebbe dovuto fare?