Alendi la pensa allo stesso modo.

47

Una parte di Vin non era nemmeno turbata da quante persone aveva ucciso.

Quella stessa indifferenza, però, la terrorizzava.

Era seduta sul balcone poco dopo la visita al palazzo, la città di Luthadel persa nell'oscurità davanti a lei. Se ne stava fra le nebbie, ma ora sapeva che non poteva pensare di trovare sollievo nei loro moti vorticanti. Niente era più così semplice.

Lo spirito di nebbia la osservava, come sempre. Era troppo distante perché potesse vederlo, ma poteva percepirlo. E, ancora più forte dello spirito di nebbia, Vin poteva avvertire qualcos'altro. Quella vigorosa pulsazione, che diventava sempre più forte. Una volta le era sembrata distante, ora non più.

Il Pozzo dell'Ascensione.

Doveva trattarsi di quello. Vin poteva percepire il suo potere che tornava, che fluiva di nuovo nel mondo, esigendo di essere preso e usato. Continuava a ritrovarsi con lo sguardo rivolto a nord, verso Terris, aspettandosi di vedere qualcosa all'orizzonte. Un'esplosione di luce, una vampata di fuoco, una tempesta di venti.

Qualcosa. Ma c'era solo nebbia.

Di recente pareva che lei non riuscisse in nulla. Amore, protezione, dovere. Ho cercato di fare troppe cose tutte assieme, rifletté.

C'erano così tante faccende che richiedevano la sua attenzione, e lei aveva cercato di darla a tutte. Come risultato, non aveva portato a termine nulla. La sua ricerca sul Baratro e sul Campione delle Ere giaceva immobile da giorni, ancora disposta in pile sparse per il pavimento. Non sapeva quasi nulla sullo spirito di nebbia: solo che la osservava e che l'autore del diario lo aveva ritenuto pericoloso. Non era riuscita a occuparsi della spia all'interno della banda; non sapeva se le illazioni di Zane su Demoux fossero vere.

E Cett era ancora vivo. Non era riuscita nemmeno a portare a termine un vero massacro senza interrompersi a metà. Era colpa di Kelsier. Lui l'aveva addestrata a prendere il suo posto, ma c'era qualcuno che poteva davvero farlo?

'Perchè dobbiamo sempre essere i pugnali di qualcun altro?' sussurrò la voce di Zane nella sua testa.

Le sue parole erano parse sensate, a volte, ma c'era una crepa. Elend. Vin non era il suo pugnale... non proprio. Lui non voleva che lei uccidesse o assassinasse. Ma i suoi ideali lo avevano lasciato senza un trono, con la sua città circondata da nemici.

Se lei amava davvero Elend - se amava davvero la gente di Luthadel - non avrebbe forse fatto di più?

Le pulsazioni le rimbalzarono contro, come i tonfi di un tamburo delle dimensioni del sole. Vin bruciava bronzo in maniera quasi costante, ora, ascoltando il ritmo, lasciando che la trasportasse via.

«Padrona?» chiese OreSeur alle sue spalle. «A cosa state pensando?»

«Alla fine» rispose Vin calma, lo sguardo fisso verso l'esterno.

Silenzio.

«La fine di cosa, padrona?»

«Non lo so.»

OreSeur zampettò verso di lei sul balcone, avanzando fra le nebbie e sedendolesi accanto. Vin stava arrivando a conoscerlo così bene da poter scorgere preoccupazione nei suoi occhi.

Lei sospirò, scuotendo il capo. «Ho solo delle decisioni da prendere. E, qualunque prenderò, significherà una fine.»

OreSeur rimase seduto per un momento, la testa inclinata. «Padrona,» disse infine

«questo mi sembra eccessivamente drammatico.»

Vin scrollò le spalle. «Nessun consiglio per me, allora?»

«Prendete la decisione e basta» la esortò OreSeur.

Vin rimase immobile per un momento, poi sorrise. «Sazed avrebbe detto qualcosa di saggio e confortante.»

OreSeur dissentì. «Non riesco a capire perché dovrebbe far parte di questa conversazione, padrona.»

«Era il mio maggiordomo» spiegò Vin. «Prima che se ne andasse e prima che Kelsier trasferisse il tuo Contratto a me »

«Ah» fece OreSeur. «Non mi sono mai piaciuti molto i Terrisiani, padrona. Il loro presuntuoso senso di servilismo è molto difficile da imitare, per non parlare del fatto che i loro muscoli sono troppo fibrosi per avere un buon sapore.»

Vin sollevò un sopracciglio. «Hai imitato dei Terrisiani? Non pensavo che ci fosse un buon motivo per farlo: non erano un popolo molto influente ai tempi del lord Reggente.»

«Già,» convenne OreSeur «ma erano sempre attorno a persone influenti.»

Vin annuì, alzandosi in piedi. Ritornò nella sua stanza vuota e accese una lampada, estinguendo il suo stagno. La nebbia formava un tappeto sulla stanza, fluttuando sopra le pile di carte: i suoi piedi sollevarono sbuffi mentre si dirigeva verso la camera da letto.

Si fermò. Questo era piuttosto strano. Di rado la nebbia restava a lungo quando entrava all'interno. Elend diceva che aveva a che fare con il calore e gli spazi chiusi.

Vin lo aveva sempre ascritto a qualche ragione più mistica. Aggrottò la fronte e la osservò.

Anche senza lo stagno, udì lo scricchiolio.

Vin si girò. Zane era in piedi sul balcone, una sagoma nera fra le nebbie. Avanzò, la nebbia che lo seguiva tutt'attorno, proprio come faceva con chiunque bruciasse metalli. Eppure... sembrava anche che si spingesse leggermente via da lui.

OreSeur ringhiò piano.

«È ora» esordì Zane.

«Ora per cosa?» chiese Vin, poggiando la lampada.

«Ora di andare» rispose Zane. «Di lasciare questi uomini e i loro eserciti. Di lasciare questi battibecchi. Di essere liberi.»

Liberi.

«Io non so, Zane.» Vin distolse lo sguardo.

Lo udì avanzare. «Cosa gli devi, Vin? Lui non ti conosce. Ti teme. La verità è che non è mai stato degno di te.»

No» negò Vin scuotendo il capo. «Questo non è tutto, Zane. Tu non capisci. Io non sono mai stata degna di lui. Elend merita qualcuna di meglio. Merita... qualcuna che condivida i suoi ideali. Qualcuna che pensi che abbia avuto ragione a cedere il trono. Qualcuna che in questo veda più onore e meno insensatezza.»

«Comunque sia,» disse Zane, fermandosi a poca distanza da lei «lui non può capirti. Capire noi.»

Vin non rispose.

«Dove andresti, Vin?» chiese Zane. «Se non fossi legata a questo posto, legata a lui? Se fossi libera e potessi fare qualunque cosa desiderassi, dove andresti?»

Le pulsazioni sembravano più forti. Vin lanciò un'occhiata verso OreSeur, che sedeva in silenzio contro la parete laterale, quasi completamente al buio. Perché sentirsi in colpa? Cosa aveva lei da dimostrargli?

Tornò a voltarsi verso Zane. «A nord» disse. «A Terris.»

«Possiamo andarci. Dovunque vuoi. Per me il posto è irrilevante, sempre che non sia qui.»

«Non posso abbandonarli» ribatté Vin.

«Anche se così facendo priveresti Straff del suo unico Mistborn?» chiese Zane.

«È un buono scambio. Mio padre saprà che sono scomparso, ma non si renderà conto che tu non sei più a Luthadel. Avrà ancora più paura di attaccare. Dando a te stessa la libertà, lascerai anche ai tuoi alleati un dono prezioso.»

Zane le prese la mano, obbligandola a guardarlo. Assomigliava davvero a Elend, come una sua versione più dura. Zane era stato spezzato dalla vita, proprio come lei, ma entrambi si erano ricomposti. Quel processo li aveva resi più forti o più fragili?

«Vieni» mormorò Zane. «Tu puoi salvarmi, Vin.»

Una guerra sta per abbattersi sulla città, rabbrividì Vin. Se rimango, dovrò uccidere ancora.

E lentamente si lasciò trascinare via dallo scrittoio, verso le nebbie e la confortevole oscurità là fuori. Allungò una mano, estraendo una fiala di metallo per il viaggio, e quel movimento fece ruotare Zane con aria sospetta.

Ha buoni istinti, pensò Vin. Istinti come i miei. Istinti che non gli permettono di fidarsi, ma che lo tengono in vita.

Si rilassò quando vide quello che lei stava facendo, poi sorrise e si voltò di nuovo.

Vin lo seguì, riprendendo a camminare, ma sentì un'improvvisa fitta di paura. Ci siamo, pensò Dopo questo, tutto cambia. Il tempo delle decisioni è passato E io ho fatto la scelta sbagliata.

Elend non avrebbe sobbalzato a quel modo se avessi tirato fuori una fiala.

Si immobilizzò. Zane la strattonò per il polso, ma lei non si mosse. Si voltò verso di lei nelle nebbie, accigliandosi lì sul bordo del balcone.

«Mi spiace» sussurrò Vin, facendo scivolar via la sua mano. «Non posso venire con te.»

«Cosa?» domandò Zane. «Perché no?»

Vin scosse il capo, voltandosi e rientrando nella stanza.

«Dimmi cos'è!» Zane alzò la voce. «Cosa c'è in lui che ti attira? Non è un bravo governante. Non è un guerriero. Non è un allomante o un generale. Cosa c'è in lui?»

La risposta le salì alle labbra in modo rapido e semplice. 'Prendi le tue decisioni: io ti sosterrò.' «Si fida di me» sussurrò lei.

«Cosa?» chiese Zane incredulo.

«Quando ho attaccato Cett,» raccontò Vin «gli altri hanno pensato che avessi agito in modo irrazionale... e avevano ragione. Ma Elend ha detto loro che avevo un buon motivo, anche se non sapeva qual era.»

«Allora è uno sciocco» ribatté Zane.

«Quando abbiamo parlato più tardi,» proseguì Vin, senza guardare Zane «io sono stata fredda con lui. Credo che sapesse che stavo cercando di decidere se stare con lui o no. E... mi ha detto che si fidava del mio giudizio. Mi avrebbe appoggiato se avessi scelto di lasciarlo.»

«Dunque è anche incapace di apprezzarti» infierì Zane.

Vin scosse il capo. «No. È solo che mi ama.»

«Io ti amo.»

Vin esitò, guardando Zane. Pareva arrabbiato. Disperato, perfino. «Ti credo. Ma non posso comunque venire con te.»

«Ma perché?»

«Perché vorrebbe dire lasciare Elend» rispose lei. «Anche se non riesco a condividere i suoi ideali, posso rispettarli. Perfino se non lo merito, posso stargli accanto. Io rimango, Zane.»

Zane restò in silenzio per un momento, la nebbia che gli cadeva sulla schiena.

«Ho fallito, allora.»

Vin gli voltò le spalle. «No. Non hai fallito. Non sei tu il problema semplicemente perché io...»

Zane andò a sbattere contro di lei, gettandola verso il pavimento coperto di nebbia. Vin girò la testa, sbigottita, mentre urtava contro il pavimento di legno, senza fiato.

Zane incombeva sopra di lei, il suo volto scuro. «Avresti dovuto salvarmi» sibilò.

Vin avvampò ogni metallo che aveva in un sobbalzo improvviso. Spintonò Zane all'indietro e si Tirò contro i cardini della porta. Volò all'indietro e sbatté forte contro la porta, il legno che scricchiolava debolmente, ma lei era troppo tesa -

troppo sconcertata - per sentire qualcosa tranne il tonfo.

Zane si alzò con calma, ergendosi alto e scuro. Vin rotolò davanti in una posizione accucciata. Zane la stava attaccando. Attaccando per davvero.

Ma... lui...

«OreSeur!» esclamò Vin, ignorando le obiezioni della sua mente, estraendo i pugnali. «Scappa!»

Dato l'ordine in codice, caricò, cercando di distrarre l'attenzione di Zane dal caccialupi. Zane schivò i suoi attacchi con noncuranza. Vin vibrò un pugnale verso il suo collo. Mancò di poco quando Zane inclinò la testa all'indietro. Lei lo attaccò al fianco, al braccio, al petto. Nessun colpo andò a segno.

Sapeva che lui avrebbe bruciato atium. Se l'era aspettato. Si arrestò, guardandolo.

Non si era nemmeno preoccupato di estrarre le proprie armi. Si ergeva davanti a lei, il volto scuro, la nebbia un lago sempre più vasto ai suoi piedi. «Perché non mi hai ascoltato, Vin?» chiese. «Perché costringermi a continuare a essere lo strumento di Straff? Sappiamo entrambi a cosa porterà questo.»

Vin lo ignorò. Stringendo i denti, si lanciò in un attacco. Zane rispose indifferente con un manrovescio, e lei Spinse leggermente contro i supporti della scrivania dietro di lui, gettandosi all'indietro come scagliata dalla forza del suo colpo. Si schiantò contro il muro, poi si afflosciò a terra.

Proprio accanto allo spaventato OreSeur.

Lui non aveva aperto la spalla per darle l'atium. Aveva capito il codice? «L'atium che ti ho dato» sibilò Vin. «Mi serve. Ora.»

«Kandra» lo chiamò Zane. «Vieni da me.»

OreSeur incontrò gli occhi di Vin e lei vi lesse qualcosa. Vergogna. Lui distolse lo sguardo, poi zampettò per il pavimento, la nebbia che gli arrivava alle ginocchia, e andò a unirsi a Zane al centro della stanza.

«No» mormorò Vin. «OreSeur...»

«Non obbedirai più ai suoi ordini, TenSoon» disse Zane.

OreSeur chinò il capo.

«Il Contratto, OreSeur!» esclamò Vin, rialzandosi in ginocchio. «Tu devi obbedire ai miei ordini!»

«Mio servitore, Vin» disse Zane. «Mio Contratto. Miei ordini.»

Mio servitore...

E all'improvviso capì. Aveva sospettato di tutti quanti - Dockson, Breeze, perfino Elend - ma non aveva mai collegato la spia all'unica persona che era più sensata.

C'era stato un kandra a palazzo tutto il tempo. Ed era stato al suo fianco.

«Sono spiacente, padrona» sussurrò OreSeur.

«Da quanto?» chiese Vin, chinando il capo.

«Da quando avete dato al mio predecessore - il vero OreSeur - Il corpo di cane»

confessò il kandra. «L'ho ucciso quel giorno e ho preso il suo posto, indossando il corpo di un cane. Non l'avete mai visto come caccialupi.»

Esisteva forse modo più semplice per mascherare la trasformazione?, obiettò Vin.

«Ma le ossa che abbiamo scoperto a palazzo» disse. «Tu eri con me sulle mura quando sono comparse. Erano...»

Si era fidata della sua parola per quanto fossero state fresche quelle ossa; si era fidata della sua parola su quando fossero state nascoste. Aveva supposto per tutto il tempo che la sostituzione dovesse essere avvenuta quel giorno, quando lei si trovava con Elend sulle mura cittadine, ma l'aveva fatto principalmente per via di quello che aveva detto OreSeur.

Idiota!, pensò. OreSeur - o TenSoon, come Zane l'aveva chiamato - l'aveva indotta a sospettare di chiunque tranne di sé stesso. Cosa non andava in lei? Di solito era così abile nel fiutare i traditori, nel notare le menzogne. Come aveva potuto non notare il suo stesso kandra?

Zane avanzò. Vin attese, in ginocchio. Debole, si disse. Mostrati debole. Fa' in modo che ti lasci stare. Cerca di...

«Sedarmi non servirà a nulla» disse Zane con calma, afferrandola per la camicia, sollevandola, poi scagliandola di nuovo a terra. La nebbia si disperse sotto di lei, sollevandosi in uno sbuffo mentre sbatteva contro il pavimento. Vin represse un urlo di dolore.

Devo stare zitta. Se arrivano le guardie, lui le ucciderà. Se arriva Elend...

Doveva rimanere in silenzio, perfino mentre Zane la prendeva a calci contro il fianco ferito. Lei gemette, gli occhi lucidi di lacrime.

«Avresti potuto salvarmi.» Zane la squadrò dall'alto in basso. «Ero disposto a fuggire con te. Adesso cosa resta? Nulla. Nulla, tranne gli ordini di Straff.»

Sottolineò quella frase con un calcio.

Resta insignificante, si disse lei in preda al dolore. Alla fine ti lascerà stare...

Ma erano passati anni dall'ultima volta che si era dovuta chinare davanti a qualcuno. I giorni in cui si piegava davanti a Camon e Reen erano quasi ombre annebbiate, dimenticate davanti alla luce offerta da Elend e Kelsier. Mentre Zane le assestava un altro calcio, Vin si ritrovò a essere sempre più arrabbiata.

Lui ritrasse il piede, orientandolo verso la sua faccia, e Vin si mosse. Mentre il piede calava, lei si gettò all'indietro, Spingendo contro i chiavistelli della finestra per scivolare fra le nebbie. Avvampò peltro, balzando in piedi, trascinandosi dietro della nebbia dal pavimento. Ora le arrivava fin sopra le ginocchia.

Guatò Zane, il quale rispose con un'espressione scura. Vin si tuffò in avanti, ma lui si mosse più veloce - si mosse per primo - frapponendosi tra lei e il balcone. Non che arrivarci le sarebbe servito a qualcosa: con l'atium, lui poteva darle facilmente la caccia.

Era come prima, quando lui l'aveva attaccata con l'atium. Solo che stavolta era peggio. Prima lei era stata in grado di credere - anche se solo un poco - che si trattava soltanto di uno scontro di allenamento. Non nemici, anche se non erano amici. Non aveva creduto davvero che volesse ucciderla.

Stavolta non aveva più certe illusioni. Gli occhi di Zane erano bui, la sua espressione decisa, proprio come quella notte di pochi giorni prima, quando avevano massacrato gli uomini di Cett.

Vin stava per morire.

Era molto tempo che non provava una tale paura. Ma ora la vide, la percepì, la fiutò su sé stessa mentre si ritraeva da Zane che le si stava avvicinando. Sentì quello che si provava ad affrontare un Mistborn... come doveva essere stato per quei soldati che aveva ucciso. Non c'era modo di combattere. Non c'era alcuna possibilità.

No, si disse con convinzione, reggendosi il fianco. Elend non ha indietreggiato di fronte a Straff. Non ha l'allomanzia, ma si è addentrato fino al centro dell'accampamento koloss.

Posso farcela.

Con un grido, Vin scattò verso TenSoon. Il cane indietreggiò sbalordito, ma non avrebbe dovuto preoccuparsene. Zane fu di nuovo lì. Urtò Vin con una spalla, poi vibrò il pugnale e le inferse una ferita sulla guancia mentre lei cadeva all'indietro. Il taglio era preciso. Perfetto. Uguale alla ferita sull'altra sua guancia, che le era stata inflitta durante il suo primo scontro con un Mistborn, quasi due anni prima.

Vin digrignò i denti, bruciando ferro mentre cadeva. Tirò contro un borsellino sulla sua scrivania, facendosi schizzare le monete in mano. Colpì il suolo col fianco, l'altra mano a terra, e si tirò di nuovo in piedi con un balzo. Si versò dal sacchetto alcune monete nella mano, poi le sollevò verso Zane.

Il sangue le colava dal mento. Scagliò le monete all'infuori. Zane si mosse per Spingerle via.

Vin sorrise, poi bruciò duralluminio mentre Spingeva. Le monete schioccarono in avanti, agitando tanta aria al loro improvviso passaggio che la nebbia si separò, rivelando il pavimento al di sotto.

La stanza tremò.

E in un batter d'occhio Vin si ritrovò sbattuta contro il muro. Annaspò dalla sorpresa, Il fiato sottratto ai suoi polmoni, la vista che oscillava. Alzò lo sguardo, disorientata, sbigottita di trovarsi di nuovo per terra.

«Duralluminio» disse Zane, ancora in piedi con una mano alzata davanti a sé.

«TenSoon me ne ha parlato. Abbiamo dedotto che dovevi avere un nuovo metallo dal modo in cui riesci a percepirmi quando ho il rame acceso. Dopodiché è bastata qualche ricerca e ha trovato il messaggio dal tuo metallurgo, in cui guarda caso c'erano le istruzioni per realizzare il duralluminio.»

La mente annebbiata di Vin si sforzò di collegare i pensieri. Zane aveva il duralluminio. Aveva usato il metallo e aveva Spinto contro una delle monete che lei gli aveva scagliato. Doveva aver Spinto anche dietro di sé, in modo da impedire di essere costretto a indietreggiare nel momento in cui i loro pesi si erano incontrati.

E invece la Spinta di Vin, incrementata dal duralluminio, l'aveva mandata a schiantarsi contro il muro. Aveva difficoltà a pensare. Zane avanzò. Lei alzò lo sguardo, intontita, poi arrancò via su mani e ginocchia, strisciando nelle nebbie. Si trovavano a livello del suo volto, e le sue narici fremettero respirando quel caos freddo e silenzioso.

Atium. Aveva bisogno di atium. Ma la perlina era nella spalla di TenSoon: non poteva Tirarla a sé. La ragione per cui la portava lì era che la carne la proteggeva dall'influenza degli allomanti. Proprio come gli spuntoni che attraversavano il corpo di un Inquisitore, proprio come il suo stesso orecchino. Il metallo all'interno del corpo di una persona - o che lo attraversava - non poteva essere Tirato o Spinto tranne dalle forze allomantiche più estreme.

Ma lei c'era riuscita una volta. Nello scontro con il lord Reggente. Non era stato il suo stesso potere o il duralluminio che le aveva permesso di farlo. Era stato qualcos'altro. Le nebbie.

Aveva attinto da esse.

Qualcosa la colpì alla schiena, gettandola a terra. Lei rotolò, scalciando verso l'alto, ma il suo piede mancò il volto di Zane per pochi centimetri, sicuramente grazie all'aiuto dell'atium. Zane schiaffeggiò via il suo piede, poi la afferrò per le spalle, sbattendola contro il pavimento.

Le nebbie ribollivano attorno a lui mentre la guardava dall’'alto verso il basso.

Pur in preda al terrore, Vin si protese verso le nebbie, come aveva fatto oltre un anno prima nel combattere il lord Reggente. Quel giorno avevano alimentato la sua allomanzia, dandole una forza di cui non avrebbe dovuto disporre. Si allungò verso di esse, implorando il loro aiuto.

E non accadde nulla.

Per favore...

Zane la sbattè di nuovo a terra. Le nebbie continuarono a ignorare le sue suppliche.

Si contorse, Tirando contro l'intelaiatura della finestra perché facesse da leva, e spintonò Zane da una parte. Rotolarono, con Vin che finì in cima.

All'improvviso entrambi vennero sbalzati via dal pavimento, schizzando via dalle nebbie e volando verso il soffitto, scagliati all'insù mentre Zane Spingeva contro delle monete per terra. Impattarono contro il soffitto, il corpo di Zane schiacciato contro il suo, bloccandola contro le assi di legno. Lui era di nuovo in cima... o, piuttosto, in fondo, ma adesso era quella la posizione di vantaggio.

Vin annaspò. Lui era così forte. Più forte di lei. Le dita di Zane le affondarono nella carne delle braccia malgrado il peltro, e il fianco le doleva per le ferite precedenti. Non era in condizioni di combattere... non contro un altro Mistborn.

Specialmente non contro uno con dell'atium.

Zane continuò a Spingerli contro il soffitto. I capelli di Vin cadevano verso di lui e le nebbie turbinavano sul pavimento sottostante, come il vortice di un gorgo che saliva lentamente.

Zane rilasciò la sua Spinta, ed essi caddero. Eppure era sempre lui ad avere la situazione sotto controllo. La fece ruotare, gettandola sotto di lui mentre entravano di nuovo nelle nebbie. Colpirono il suolo, Il colpo che toglieva ancora una volta il fiato a Vin. Zane incombeva sopra di lei, parlando attraverso denti strettì.

«Tutti quegli sforzi, sprecati» sibilò. «Nascondere un allomante fra gli sgherri di Cett in modo che tu sospettassi che era stato lui ad attaccarti all'Assemblea.

Costringerti a combattere di fronte a Elend in modo che rimanesse intimidito da te.

Convincerti a esplorare i tuoi poteri e a uccidere in modo che ti rendessi conto di quanto sei davvero potente. Tutto sprecato!»

Si sporse verso il basso. «Tu. Avresti. Dovuto. Salvarmi!» esclamò, la sua faccia solo a pochi centimetri da quella di Vin, Il suo respiro affannoso. Le bloccò un braccio che si dibatteva col suo ginocchio e poi, in un momento stranamente surreale, la baciò.

E allo stesso tempo le conficcò il pugnale in uno dei seni. Vin tentò di urlare, ma lui le immobilizzò la bocca con la sua mentre il pugnale le trapassava la carne.

«State attento, padrone!» urlò OreSeur - TenSoon - all'improvviso. «Sa molto sui kandra!»

Zane alzò lo sguardo, la sua mano bloccata. La voce, il dolore, diede nuova lucidità a Vin. Avvampò stagno, usando il dolore per riscuotersi, schiarendosi la mente.

«Cosa?» domandò Zane, guardando verso il kandra.

«Lei sa, padrone» rispose TenSoon. «Conosce il nostro segreto. Il motivo per cui servivamo il lord Reggente. Il motivo per cui serviamo il Contratto. Sa perché temiamo così tanto gli allomanti.»

«Sta' zitto» ordinò Zane. «E non parlare più.»

TenSoon tacque.

'Il nostro segreto...' rifletté Vin, lanciando un'occhiata al caccialupi. Sta cercando di dirmi qualcosa. Sta cercando di aiutarmi.

Segreto. Il segreto dei kandra. L'ultima volta che Vin aveva provato a Sedarlo, lui aveva ululato di dolore. Eppure vide il permesso della sua espressione. Era sufficiente.

Sedò TenSoon con quanta forza aveva in corpo. Lui cacciò un ululato, ma lei Spinse più forte. Non accadde nulla. Stringendo i denti, bruciò duralluminio.

Qualcosa si spezzò. Vin si ritrovò in due posti allo stesso tempo. Poteva sentire TenSoon accanto al muro e poteva avvertire il suo stesso corpo nella stretta di Zane.

TenSoon era suo, totalmente e completamente. In qualche modo, non sapendo con esattezza come, gli ordinò di avanzare, controllando il suo corpo.

Il massiccio caccialupi andò a sbattere contro Zane, sbalzandolo via da Vin. Il pugnale rotolò a terra e Vin si rimise in ginocchio a fatica, afferrandosi il petto ricoperto di sangue caldo. Zane rotolò, ovviamente sconcertato, ma si rimise in piedi e diede un calcio a TenSoon.

Ossa si spezzarono. Il caccialupi ruzzolò sul pavimento, proprio verso Vin. Lei raccolse lì pugnale da terra mentre il kandra rotolava ai suoi piedi, poi glielo conficcò nella spalla, tagliandogliela, le sue dita che tastavano muscoli e tendini. Ne tolse mani insanguinate e un'unica perlina di atium. La inghiottì di colpo, voltandosi verso Zane.

«Ora vediamo come te la cavi» sibilò lei, bruciando atium. Dozzine di ombre d'atium eruppero da Zane, mostrandole tutte le possibili azioni che poteva intraprendere... tutte quante ambigue. Vin avrebbe emesso quella stessa massa confusa agli occhi di lui. Erano pari.

Zane si voltò, guardandola negli occhi, e le sue ombre d'atium scomparvero.

Impossibile!, pensò lei. TenSoon mugolò ai suoi piedi e Vin si rese conto che la sua riserva d'atium si era estinta. Esaurita. Ma quella sferetta era così grossa...

«Pensavi che ti avrei dato proprio l'arma di cui avevi bisogno per sconfiggermi?»

chiese Zane con calma. «Pensavi davvero che ti avrei ceduto dell'atium?»

«Ma...»

«Un grumo di piombo» spiegò Zane avanzando. «Rivestito di un sottile strato di atium. Oh, Vin. Devi davvero stare più attenta alle persone di cui ti fidi.»

Vin barcollò all'indietro, sentendo la propria fiducia in sé indebolirsi. Fallo parlare!, si disse. Devi cercare di far estinguere il suo atium.

«Mio fratello diceva che non avrei dovuto fidarmi di nessuno...» borbottò.

«Diceva che chiunque mi avrebbe tradito.»

«Era un uomo saggio» replicò Zane tranquillamente, stando fra le nebbie che lo avvolgevano fino al petto.

«Era un pazzo paranoico» disse Vin. «Mi ha tenuta in vita, ma mi ha spezzato dentro.»

«Allora ti ha fatto un favore.»

Vin lanciò un'occhiata verso la forma dilaniata e sanguinante di TenSoon. Stava soffrendo: poteva leggerglielo negli occhi. In lontananza poteva sentire dei tonfi.

Aveva acceso di nuovo Il bronzo. Alzò lentamente lo sguardo. Zane stava camminando verso di lei. Fiducioso.

«Hai giocato con me» disse lei. «Hai portato dissenso fra me ed Elend. Mi hai fatto credere che mi temesse, che mi stesse usando.»

«È così» confermò Zane.

«Sì» replicò Vin. «Ma non importa... non nel modo in cui tu l'hai fatto sembrare.

Elend mi usa. Kelsier mi usava. Ci usiamo a vicenda, per amore, per sostegno, per fiducia.»

«La fiducia ti ucciderà» pronosticò lui.

«Allora è meglio morire.»

«Io mi sono fidato di te» disse Zane, fermandosi di fronte a lei. «E tu mi hai tradito.»

«No» negò Vin, sollevando il pugnale. «Io ti salverò. Proprio come vuoi tu.»

Scattò in avanti e colpì, ma la sua speranza - che lui avesse esaurito l'atium - fu vana. Zane schivò con indifferenza facendo un passo di lato; permise al suo coltello di arrivargli a un paio di centimetri di distanza, ma non fu mai in vero pericolo.

Vin si girò per attaccare, ma la sua lama tagliò solo l'aria, fendendo la sommità delle nebbie sempre più alte.

Zane si mosse prima del suo attacco successivo, schivando prima ancora che lei sapesse cosa avrebbe fatto. Il suo pugnale colpì il punto dove si era trovato.

E troppo veloce, capì, il fianco che le bruciava, la testa che le martellava. O forse erano le pulsazioni del Pozzo dell’'Ascensione...

Zane si fermò proprio di fronte a lei.

Non posso colpirlo, pensò in preda alla frustrazione. Non quando sa dove mirerò ancora prima di me!

Vin indugiò.

Prima di me...

Zane si allontanò fino a un punto vicino al centro della stanza, poi calciò in aria il pugnale che le era caduto e lo afferrò. Si voltò di nuovo verso di lei, la nebbia che si trascinava dietro l'arma nella sua mano, la mascella determinata e gli occhi bui.

Sa dove colpirò prima di me.

Vin sollevò il pugnale, Il sangue che le colava dalla faccia e dal fianco, battiti poderosi che le riecheggiavano nella testa. La nebbia le arrivava quasi fino al mento.

Si schiarì la mente. Non pianificò un attacco. Non reagì mentre Zane correva verso di lei con il pugnale sollevato. Allentò i muscoli e chiuse gli occhi, ascoltando i suoi passi. Sentì la nebbia salire attorno a lei, rimestata dall'arrivo di Zane.

Vin spalancò gli occhi. Lui aveva il coltello sollevato; scintillò mentre lo vibrava.

Vin si preparò ad attaccare, ma non pensò al colpo; lasciò semplicemente che il suo corpo reagisse.

E osservò Zane molto, molto attentamente.

Lui indietreggiò solo un poco verso sinistra, la mano aperta che si muoveva verso l'alto, come per afferrare qualcosa.

Ecco!, pensò Vin, torcendosi immediatamente di lato, costringendo il suo attacco istintivo lontano dalla naturale traiettoria. Deviò il braccio - e il pugnale - a metà fendente. Era stata sul punto di attaccare a sinistra, come l'atium di Zane aveva previsto.

Ma, reagendo, Zane le aveva mostrato cosa lei stava per fare. Le aveva permesso di vedere il futuro. E, se Vin poteva vederlo, poteva cambiarlo.

Si incontrarono. L'arma di Zane la centrò nella spalla. Ma Il coltello di Vin lo colpì al collo. La sua mano sinistra si chiuse sull'aria vuota, afferrando un'ombra che avrebbe dovuto dirgli dove si sarebbe trovato il braccio di lei.

Zane cercò di respirare affannosamente, ma il pugnale gli aveva perforato la trachea. L'aria filtrò attraverso il sangue attorno alla lama, e Zane barcollò all'indietro, gli occhi sgranati dallo shock. Incontrò quelli di Vin, poi crollò fra le nebbie, e il suo corpo sbattè con un tonfo contro il pavimento di pietra.

Zane guardò su fra le nebbie, guardò lei. Sto morendo, pensò.

L'ombra d'atium di Vin si era divisa all'ultimo momento. Due ombre, due possibilità. Aveva contrastato quella sbagliata. Lei lo aveva ingannato, lo aveva sconfitto in qualche modo. E ora lui stava morendo.

Finalmente.

«Sai perché pensavo che mi avresti salvato?» tentò di sussurrarle, anche se in qualche maniera sapeva che le sue labbra non stavano formando a dovere le parole.

«La voce. Tu eri la prima persona che incontravo che non mi aveva detto di uccidere. L'unica persona.»

«Certo che non ti ho detto di uccidere lei» disse Dio.

Zane sentì la propria vita gocciolare via.

«Sai qual è la cosa davvero divertente, Zane?» chiese Dio. «La parte più spassosa di tutto quanto? Tu non sei pazzo. Non lo sei mai stato.»

Vin osservò in silenzio mentre Zane farfugliava, il sangue che gli colava dalle labbra. Osservò guardinga: un coltello in gola avrebbe dovuto essere sufficiente a uccidere perfino un Mistborn, ma a volte il peltro poteva permettere a qualcuno di fare cose strabilianti.

Zane morì. Lei gli controllò le pulsazioni, poi recuperò il suo pugnale. Dopodiché rimase immobile per un momento, sentendosi... intorpidita, nella mente come nel corpo. Sollevò una mano verso la sua spalla sanguinante, e nel farlo sfiorò il suo seno ferito. Stava perdendo troppo sangue e la sua mente stava diventando di nuovo confusa.

L'ho ucciso, si disse.

Avvampò peltro, costringendosi a continuare a muoversi. Barcollò fino a TenSoon, inginocchiandosi accanto a lui.

«Padrona,» disse «mi dispiace...»

«Lo so» lo rassicurò lei, fissando l'orribile ferita che gli aveva inferto. Le zampe non gli funzionavano più e il suo corpo era contorto in modo innaturale. «Come posso aiutarti?»

«Aiutarmi?» chiese TenSoon. «Padrona, vi ho quasi fatto ammazzare!»

«Lo so» ripetè lei. «Come posso far andar via il dolore? Hai bisogno di un altro corpo?»

TenSoon rimase zitto per un momento. «Sì.»

«Prendi quello di Zane» disse Vin. «Per il momento, almeno.»

«È morto?» chiese TenSoon sorpreso.

«Sì» mormorò lei.

«Come, padrona?» domandò TenSoon. «Ha esaurito l'atium?»

«No» rispose Vin.

«Allora come?»

«L'atium ha una debolezza» spiegò lei. «Ti permette di vedere il futuro.»

«Questa... non sembra una debolezza, padrona.»

Vin sospirò, barcollando un poco. Concentrati!, pensò. «Quando bruci atium, vedi qualche istante nel futuro... e puoi cambiare ciò che accadrà in quel futuro. Puoi afferrare una freccia che avrebbe dovuto continuare a volare. Puoi schivare un colpo che avrebbe dovuto ucciderti. E puoi spostarti per parare un attacco prima ancora che avvenga.»

TenSoon taceva, evidentemente confuso.

«Lui mi ha mostrato quello che io stavo per fare» continuò Vin. «Io non potevo cambiare il futuro, ma Zane sì. Reagendo al mio attacco prima che perfino io sapessi quello che stavo per fare, mi ha inavvertitamente mostrato il futuro. Io ho reagito contro di lui, e lui ha cercato di parare un colpo che non è mai arrivato. Questo mi ha permesso di ucciderlo.»

«Padrona...» sussurrò TenSoon. «È geniale.»

«Sono sicura di non essere stata la prima a pensarci» rispose Vin in tono stanco.

«Ma non è il genere di segreto che si condivide. Comunque, prendi il suo corpo.»

«Io... preferirei non indossare le ossa di quella creatura» disse TenSoon. «Voi non sapete quanto era dissennato.»

Vin annuì stancamente. «Potrei trovarti un altro corpo di cane, se vuoi.»

«Non sarà necessario, padrona» replicò TenSoon piano. «Ho ancora le ossa dell'altro caccialupi che mi avete dato, e per la maggior parte sono ancora buone. Se ne rimpiazzo alcune con quelle sane di questo corpo, dovrei essere in grado di formare uno scheletro completo da usare.»

«Fallo, allora. Abbiamo bisogno di pianificare le prossime mosse.»

TenSoon restò in silenzio per un momento. Infine parlò. «Padrona, Il mio Contratto è nullo, ora che il mio padrone è morto. Io... devo tornare dalla mia gente per una nuova assegnazione.»

«Ah» fece Vin, provando un moto di tristezza. «Ma certo.»

«Non voglio andare» spiegò TenSoon. «Ma devo almeno fare rapporto alla mia gente. Vi prego, perdonatemi.»

«Non c'è nulla da perdonare» ribatté Vin. «E grazie per quel suggerimento tempestivo alla fine.»

TenSoon tacque. Lei poteva vedere la colpa nei suoi occhi. Non avrebbe dovuto aiutarmi contro il suo attuale padrone.

«Padrona,» disse TenSoon «voi conoscete il nostro segreto ora. I Mistborn possono controllare il corpo di un kandra tramite l'allomanzia. Non so cosa farete con esso... ma rendetevi conto che vi ho affidato un segreto che la mia gente ha tenuto sacro per mille anni. Il modo in cui gli allomanti potevano prendere il controllo dei nostri corpi e fare di noi degli schiavi.»

«Io... non capisco nemmeno quello che è accaduto.»

«Forse è meglio così» ribatté TenSoon. «Per favore, lasciatemi. Ho le ossa dell'altro cane nell'armadio. Quando tornerete, me ne sarò andato.»

Vin si alzò e annuì. Poi se ne andò, facendosi strada fra le nebbie e cercando il corridoio lì fuori. Le sue ferite avevano bisogno di cure. Sapeva che sarebbe dovuta andare da Sazed, ma in qualche modo non riusciva a convincersi a dirigersi da quella parte. Camminò più veloce, i piedi che la trasportavano lungo il corridoio, finché non si ritrovò a correre.

Tutto stava crollando attorno a lei. Non riusciva a gestire tutto quanto, non ce la faceva a tenere le cose a posto. Ma sapeva ciò che voleva.

E così corse da lui.