Le due cose non coincidono.
46
Breeze poteva fiutare l'intrigo a due strade di distanza. A differenza di molti dei suoi compagni ladri, non era cresciuto nella povertà, né era stato costretto a vivere fra la criminalità. Era cresciuto in un luogo pieno di tagliagole ben peggiori: una corte aristocratica. Per fortuna, gli altri membri della banda non lo trattavano in modo diverso per via della sua origine completamente nobile.
Perché non ne erano a conoscenza, ovvio.
La sua educazione gli aveva fruttato certe conoscenze. Cosa che dubitava che qualunque ladro skaa sapesse, per quanto competente. Gli intrighi skaa avevano un loro senso brutale: era una faccenda puramente di vita o di morte. Tradivi i tuoi alleati per denaro, per potere oppure per proteggerti.
Nelle corti nobiliari, l'intrigo era più astratto. I tradimenti non terminavano spesso con la morte di una parte, ma le ramificazioni potevano estendersi per generazioni.
Era un gioco, talmente frivolo che, in effetti, il giovane Breeze aveva trovato piacevole la franca brutalità della malavita skaa.
Sorseggiò la sua caraffa di vino riscaldato, osservando il messaggio fra le sue dita. Era arrivato a credere che non si sarebbe dovuto più preoccupare di cospirazioni interne alla banda: quello di Kelsier era un gruppo tanto legato da essere quasi nauseante, e Breeze aveva fatto tutto quello che era nei suoi poteri allomantici per mantenerlo in quel modo. Aveva visto quello che le lotte intestine potevano fare a una famiglia.
Era quello il motivo per cui era rimasto così sorpreso nel ricevere questa lettera.
Nonostante la finta innocenza presente in essa, poteva cogliere facilmente alcune evidenze. La fretta con cui era stata vergata, macchiata in alcuni punti ma non riscritta. Frasi come: 'Non c'è bisogno di dirlo agli altri' e 'non intendo causare allarmismo'. Le gocce in più di ceralacca, spante liberamente sul bordo della lettera, come per fornire una protezione supplementare contro occhi indiscreti.
Non ci si poteva sbagliare sul tono della missiva. Breeze era stato invitato a un incontro cospiratorio. Ma perché, nel nome del lord Reggente, proprio Sazed fra tutti voleva una riunione in segreto?
Breeze sospirò, tirando fuori il suo bastone da duello e usandolo per mantenere l'equilibrio. A volte quando si alzava gli venivano dei capogiri: era una piccola infermità che aveva sempre avuto, anche se pareva essere peggiorata negli ultimi anni. Guardò di lato mentre la vista gli si schiariva, verso il suo letto dove dormiva Allrianne.
Probabilmente dovrei sentirmi più in colpa per lei, si disse, sorridendo involontariamente e protendendosi per indossare farsetto e giacca sopra pantaloni e camicia. Ma... be', entro pochi giorni saremo comunque tutti morti. Un pomeriggio trascorso a parlare con Clubs poteva certo aiutare a vedere la propria vita sotto un'altra luce.
Breeze si aggirò per il corridoio, facendosi strada attraverso i passaggi scuri, non adeguatamente illuminati, della Fortezza Venture. Sinceramente, rimuginò, capisco che sia necessario risparmiare sull'olio di lampada, ma le cose sono già abbastanza deprimenti ora senza aggiungervi i corridoi bui.
Il luogo d'incontro era solo a poche svolte di distanza. Breeze lo localizzò facilmente grazie ai due soldati di guardia fuori dalla porta. Uomini di Demoux, soldati che rispondevano al loro capitano per motivi religiosi, oltre che professionali.
Interessante, pensò Breeze, rimanendo nascosto nel corridoio laterale. Estese i suoi poteri allomantici e Sedò gli uomini, togliendo rilassatezza e sicurezza, lasciando invece ansia e nervosismo. Le guardie iniziarono a farsi impazienti, agitandosi sul posto. Alla fine uno si voltò e aprì la porta, controllando la stanza all'interno. Quel movimento diede a Breeze una piena visuale di chi c'era dentro.
Solo un uomo: Sazed.
Breeze rimase lì in silenzio, cercando di decidere la successiva linea d'azione.
Non c'era nulla di incriminante nella lettera: questa non poteva essere semplicemente una trappola da parte di Elend, no? Un oscuro tentativo di scoprire quale membro della banda l'avrebbe tradito e quale no? Pareva una mossa troppo diffidente per quel ragazzo dall'indole così buona. Inoltre, in tal caso, Sazed avrebbe dovuto provare a indurre Breeze a fare qualcosa di più che incontrarsi semplicemente in un luogo segreto.
La porta venne richiusa e il soldato tornò al suo posto. Posso fidarmi di Sazed, vero?, si chiese Breeze. Ma, in tal caso, perché quell'incontro clandestino? Breeze stava forse esagerando?
No, le guardie dimostravano che Sazed si preoccupava che questa riunione venisse scoperta. Era sospetto. Se si fosse trattato di qualcun altro, Breeze sarebbe andato dritto da Elend. Ma Sazed...
Breeze sospirò, poi imboccò il corridoio, il bastone da duello che sbatteva contro il pavimento. Forse è il caso che veda quello che ha da dire. Inoltre, se sta davvero pianificando qualcosa di losco, varrebbe quasi la pena correre il rischio di vederlo.
Malgrado la lettera, malgrado le strane circostanze, Breeze aveva problemi a immaginare che un Terrisiano fosse coinvolto in qualcosa che non era completamente onesto.
Forse il lord Reggente aveva avuto lo stesso problema.
Breeze rivolse un cenno col capo ai soldati, Sedando via la loro ansia e riportandoli a un umore più moderato. C'era un altro motivo per cui era disposto a correre il rischio di questo incontro. Breeze stava solo iniziando ad accorgersi di quanto fosse pericolosa la sua situazione. Presto Luthadel sarebbe caduta. Ogni istinto che aveva alimentato nel corso di trent'anni nella malavita gli suggeriva di scappare.
Quella sensazione lo rendeva più propenso a correre rischi. Il Breeze di qualche anno prima avrebbe da tempo abbandonato la città. Dannazione a te, Kelsier, lo maledisse mentre apriva la porta con una spintarella.
Sazed alzò gli occhi dal suo tavolo con aria sorpresa. La stanza era quasi vuota, con diverse sedie e solo due lampade. «Siete in anticipo, lord Breeze» osservò Sazed, affrettandosi ad alzarsi.
«Ma certo» sbottò Breeze. «Dovevo accertarmi che non si trattasse di un qualche tipo di trappola.» Si interruppe. «Non è un qualche tipo di trappola, giusto?»
«Trappola?» chiese Sazed. «Di cosa state parlando?»
«Oh, non fare così lo sbigottito» disse Breeze. «Questo non è un semplice incontro.»
Sazed trasalì leggermente. «È... così evidente, non è vero?»
Breeze si sedette, appoggiando in grembo il suo bastone, e osservò Sazed in modo eloquente, Sedando l'uomo per farlo sentire un po' più imbarazzato. «Puoi averci aiutato a rovesciare il lord Reggente, mio caro, ma hai molto da imparare sull'essere subdolo.»
«Mi scuso» fece Sazed sedendosi. «Volevo solo un incontro in breve tempo, per discutere certi... argomenti delicati.»
«Bene, la mia raccomandazione è liberarti di quelle guardie» consigliò Breeze.
«Fanno risaltare questa stanza. Poi accendi qualche altra lampada e facci portare qualcosa da mangiare o da bere. Se Elend dovesse entrare... suppongo che sia da Elend che ci stiamo nascondendo?»
«Sì.»
«Bene, se dovesse entrare e ci vedesse seduti qui al buio, a scrutarci con aria fraudolenta, capirebbe che qualcosa bolle in pentola. Quanto meno naturale è l'occasione, tanto più deve apparire naturale.»
«Ah, capisco» disse Sazed. «Grazie.»
La porta si aprì e Clubs zoppicò dentro. Squadrò Breeze, poi Sazed, quindi si diresse verso una sedia. Breeze lanciò un'occhiata a Sazed: non mostrava alcuna sorpresa. Era evidente che anche Clubs era stato invitato.
«Congeda quelle guardie» sbottò Clubs.
«Immediatamente, lord Cladent» obbedì Sazed, alzandosi e avviandosi verso la porta. Parlò brevemente con le guardie, poi tornò. Mentre Sazed si stava sedendo, Ham fece capolino nella stanza, con sguardo sospettoso.
«Aspetta un momento» disse Breeze. «Quante persone sono state invitate a questo incontro segreto?»
Sazed fece cenno a Ham di sedersi. «Tutti i membri più... esperti della banda.»
«Intendi tutti quanti tranne Elend e Vin» concluse Breeze.
«Non ho invitato nemmeno lord Lestibournes» disse Sazed.
Sì, ma non è Spook quello da cui ci stiamo nascondendo.
Ham si sedette titubante, scoccando un'occhiata interrogativa verso Breeze.
«Allora... qual è la ragione precisa per cui ci stiamo incontrando alle spalle del nostro Mistborn e del nostro re?»
«Non è più re» fece notare una voce dalla porta. Dockson entrò. «In effetti, si potrebbe obiettare che Elend non è più il capo di questa banda. Si è ritrovato in quella posizione per puro caso... proprio come gli è successo col trono.»
Ham arrossì. «So che non ti piace, Dox, ma non sono qui per parlare di tradimento.»
«Non c'è nessun tradimento se non c'è nessun trono da tradire» puntualizzò Dockson, sedendosi. «Cosa abbiamo intenzione di fare? Starcene qui come servitori nella sua casa? Elend non ha bisogno di noi. Forse è tempo di andare a offrire i nostri servigi a lord Penrod.»
«Anche Penrod è un nobile» disse Ham. «Non puoi farmi credere che lui ti piace più di Elend.»
Dockson diede un pugno sul tavolo. «Non si tratta di chi mi piace, Ham. Si tratta di fare in modo che questo dannato regno che Kelsier ci ha gettato in mano rimanga in piedi! Abbiamo passato un anno e mezzo a riordinare la sua confusione. Vuoi che quel lavoro vada sprecato?»
«Per favore, gentiluomini» disse Sazed, cercando - senza successo - di inserirsi nella conversazione.
«Lavoro, Dox?» sbottò Ham, infuriato. «Che lavoro hai fatto tu? Non ti ho visto fare molto a parte startene seduto a lamentarti ogni volta che qualcuno propone un piano.»
«Lamentarmi?» fece Dockson. «Hai idea di quanto lavoro amministrativo ci sia voluto per impedire che questa città crollasse su sé stessa? Cos'hai fatto tu, Ham? Ti sei rifiutato di prendere il comando dell'esercito. Tutto quello che fai è bere e allenarti con i tuoi amici!»
Questo è troppo, pensò Breeze, Sedando gli uomini. A questo ritmo, ci strangoleremo fra noi prima che Straff possa giustiziarci.
Dockson si risistemò sulla sedia, agitando una mano verso Ham, ancora infuriato, per porre fine alla questione. Sazed attese, ovviamente contrariato per quel diverbio. Breeze Sedò via la sua insicurezza. Sei tu al comando qui. Dicci cosa sta succedendo, pensò.
«Per favore» li pregò Sazed. «Non vi ho riuniti in modo che poteste litigare.
Capisco che siate tutti tesi: questo è comprensibile, considerate le circostanze.»
«Penrod ha intenzione di consegnare la nostra città a Straff» disse Ham.
«Questo è meglio che lasciare che ci stermini» controbattè Dockson.
«In realtà,» si inserì Breeze «non penso che dobbiamo preoccuparci che Straff ci stermini.»
«No?» chiese Dockson. «Disponi di qualche informazione che non hai condiviso con noi, Breeze?»
«Oh, smettila, Dox» proruppe Ham. «Non sei mai stato contento di non essere finito tu al comando quando Kell è morto. È questo il vero motivo per cui non ti è mai piaciuto Elend, non è così?»
Dockson arrossì e Breeze sospirò, schiaffeggiandoli entrambi con una poderosa Spinta Sudatoria. Tutti e due sobbalzarono un poco, come se fossero stati punti, anche se la sensazione era stata proprio l'opposto. Le loro emozioni, una volta incostanti, erano diventate all'improvviso intorpidite e indifferenti.
Entrambi guardarono Breeze.
«Sì,» confermò «certo che vi sto Sedando. Sinceramente, so che Hammond è un po' immaturo, ma tu, Dockson?»
Dockson si appoggiò contro lo schienale, massaggiandosi la fronte. «Puoi smettere, Breeze» disse dopo un momento. «Terrò a freno la lingua.»
Ham si limitò a mugugnare, appoggiando una mano sul tavolo. Sazed osservò lo scambio con un po' di sconcerto.
È così che si comportano degli uomini messi alle strette, mio caro Terrisiano, pensò Breeze. Questo è quello che accade quando perdono la speranza. Può darsi che riescano a mantenere le apparenze di fronte ai soldati, ma mettili da soli con i loro amici...
Sazed era un Terrisiano; aveva trascorso un'intera vita all'insegna dell'oppressione e della sconfitta. Ma questi uomini, Breeze incluso, erano abituati al successo.
Perfino nelle circostanze più avverse, erano fiduciosi. Erano il tipo di uomini che potevano opporsi a un dio e aspettarsi di vincere. Non reagivano bene alla sconfitta.
Naturalmente, quando la sconfitta significava morte, nessuno avrebbe potuto.
«Gli eserciti di Straff si stanno preparando a smontare il campo» comunicò infine Clubs. «Lo sta facendo in modo sottile, ma i segnali ci sono.»
«Dunque ha intenzione di prendere la città» osservò Dockson. «I miei uomini nel palazzo di Penrod dicono che l'Assemblea ha mandato a Straff una missiva dopo l'altra, quasi implorandogli di venire a occupare Luthadel.»
«Non prenderà la città» dichiarò Clubs. «Non se è furbo, almeno.»
«Vin è ancora una minaccia» disse Breeze. «E non sembra che Straff abbia un Mistborn a proteggerlo. Se venisse a Luthadel, dubito che potrebbe fare anche una sola mossa per impedirle di tagliargli la gola. Perciò farà qualcos'altro.»
Dockson si accigliò e lanciò un'occhiata a Ham, il quale scrollò le spalle.
«È davvero piuttosto semplice.» Breeze tamburellò sul tavolo col suo bastone da duello. «Insomma, perfino io l'ho capito.» A queste parole Clubs sbuffò. «Se Straff inscena la ritirata, i koloss probabilmente attaccheranno Luthadel per lui. Sono troppo stupidi per cogliere la minaccia di un esercito nascosto.»
«Se Straff si ritira,» considerò Clubs «Jastes non sarà in grado di tenerli lontani dalla città.»
Dockson sbatté le palpebre. «Ma quelli...»
«Massacrerebbero?» chiese Clubs. «Sì. Saccheggerebbero i settori più ricchi della città, finendo probabilmente per uccidere la maggior parte dei nobili presenti.»
«Eliminando gli uomini con cui Straff è stato costretto - contro la sua volontà, conoscendo l'orgoglio di quell'uomo - a collaborare» aggiunse Breeze. «In effetti, c'è una buona possibilità che quelle creature uccideranno Vin. Riesci a immaginarla rinunciataria al combattimento, se i koloss facessero irruzione?»
Nella stanza calò il silenzio.
«Ma questo non aiuterà realmente Straff a prendere la città» notò Dockson.
«Dovrà comunque battersi con i koloss.»
«Sì» concordò Clubs aggrottando le sopracciglia. «Ma probabilmente quelli abbatteranno alcuni dei cancelli cittadini, per non parlare delle case che raderanno al suolo. Questo lascerà a Straff un campo sgombro per attaccare un nemico indebolito. In più i koloss non fanno strategie: per loro, le mura cittadine non saranno di grande aiuto. Straff non potrebbe chiedere uno stratagemma migliore.»
«Sarebbe visto come un liberatore» disse Breeze piano. «Se tornerà al momento giusto - dopo che i koloss avranno fatto irruzione nella città e combattuto i soldati, ma prima che abbiano provocato seri danni ai quartieri skaa - potrà liberare la popolazione e stabilirsi come il loro protettore, non come il loro conquistatore.
Conoscendo come funzionano gli umori della gente, penso che lo accoglierebbero a braccia aperte. Proprio in questo momento, un capo forte per loro vorrebbe dire molto di più di monete nelle loro tasche e diritti nell'Assemblea.»
Mentre il gruppo rimuginava su questo, Breeze scrutò Sazed, che sedeva ancora in silenzio. Aveva detto così poco: qual era il suo gioco? Perché radunare la banda?
Era tanto scaltro da sapere che avrebbero avuto semplicemente bisogno di una discussione schietta come questa, senza i moralismi di Elend a condizionare la situazione?
«Potremmo semplicemente lasciarla a Straff» valutò infine Dockson. «La città, intendo. Potremmo promettergli di tenere a bada Vin. Se è a questo che stiamo arrivando comunque...»
«Dox,» disse Ham in tono calmo «cosa penserebbe Kell sentendoti parlare a questo modo?»
«Potremmo consegnare la città a Jastes Lekal» propose Breeze. «Forse potremmo persuaderlo a trattare gli skaa con dignità.»
«E lasciar entrare ventimila koloss in città?» chiese Ham. «Breeze, hai mai visto cosa possono fare quelle cose?»
Dockson diede un pugno sul tavolo. «Sto solo prospettando delle alternative, Ham. Cos'altro possiamo fare?»
«Combattere» rispose Clubs. «E morire.»
Sulla stanza calò di nuovo il silenzio.
«Tu sì che sai come ammazzare una conversazione, amico mio» concluse Breeze.
«Andava detto» borbottò Clubs. «Non è il caso di ingannarsi ancora. Non possiamo vincere un combattimento, ed è verso un combattimento che siamo sempre andati. La città sta per essere attaccata. Noi stiamo per difenderla. E
perderemo.
«Vi domandate se dovremmo semplicemente rinunciare. Be', non lo faremo. Kell non ce l'avrebbe permesso, perciò noi non ce lo permetteremo. Combatteremo e moriremo con dignità. Allora la città brucerà, ma noi avremo detto qualcosa. Il lord Reggente ci ha tiranneggiato per mille anni, ma ora noi skaa abbiamo il nostro orgoglio. Combattiamo. Resistiamo. E moriamo.»
«A cosa è servito tutto questo, allora?» domandò Ham in tono frustrato. «Perché rovesciare l'Ultimo Impero? Perché uccidere il lord Reggente? Perché fare tutto quanto se doveva comunque finire così? Tiranni a capo di ogni Dominazione, Luthadel ridotta a un cumulo di macerie, i membri della nostra banda morti?»
«Perché» si inserì Sazed «qualcuno doveva cominciare. Quando il lord Reggente governava, la società non poteva progredire. Manteneva una mano stabilizzatrice sull'impero, ma era anche una mano oppressiva. La moda è rimasta notevolmente immutata per mille anni, con i nobili che cercavano sempre di adattarsi ai modelli del lord Reggente. L'architettura e la scienza non hanno compiuto progressi, poiché il lord Reggente non vedeva di buon occhio i cambiamenti e le invenzioni.
«E gli skaa non potevano essere liberi, poiché egli non lo permetteva. Comunque, ucciderlo non ha liberato i nostri popoli, amici miei. Solo il tempo ci riuscirà. Ci vorranno secoli, forse - secoli di lotte, apprendimento e crescita. All'inizio, purtroppo e inevitabilmente, le cose saranno molto difficili. Ancora peggio di com'erano sotto il lord Reggente.»
«E noi moriremo per nulla» sottolineò Ham con un'espressione torva.
«No» disse Sazed. «Non per nulla, lord Hammond. Moriremo per mostrare che ci sono degli skaa che non si faranno intimidire, che non si tireranno indietro. Questo è un precedente molto importante, ritengo. Nelle storie e nelle leggende, questo è il genere di evento che funge da ispirazione. Se gli skaa dovranno mai assumere il governo di sé stessi, bisognerà che ci siano dei sacrifici a cui possano guardare come motivazione. Sacrifici come quello del Sopravvissuto stesso.»
Gli uomini sedettero in silenzio.
«Breeze,» disse Ham «mi farebbe comodo un po' di fiducia in me stesso ora.»
«Ma certo» lo accontentò Breeze, Sedando via attentamente l'ansia e la paura dell'uomo. Il volto perse un po' del suo pallore e lui si sedette un po' più dritto. Già che c'era, Breeze fornì al resto della banda un po' dello stesso trattamento.
«Da quanto lo sai?» chiese Dockson a Sazed.
«Ormai da qualche tempo, lord Dockson» rispose Sazed.
«Ma non puoi aver saputo che Straff si sarebbe ritirato e ci avrebbe lasciato ai koloss. Soltanto Clubs l'ha capito.»
«La mia conoscenza era generica, lord Breeze» spiegò Sazed nella sua voce priva di espressione. «Non era riferita ai koloss nello specifico. È da qualche tempo che penso che questa città cadrà. In tutta sincerità, sono profondamente colpito dai vostri sforzi. Questa gente dovrebbe essere stata già sconfitta da molto tempo, ritengo.
Avete fatto qualcosa di grandioso, qualcosa che verrà ricordato per secoli.»
«Sempre che qualcuno sopravviva per raccontare la storia» fece notare Clubs.
Sazed annuì. «Questo, in realtà, è il motivo per cui ho convocato questa riunione.
Ci sono poche possibilità che quelli di noi che rimarranno in città sopravvivano: ci sarà bisogno di noi per aiutare con le difese, e anche se riuscissimo a sopravvivere all'attacco dei koloss, Straff cercherà di giustiziarci. Comunque, non è necessario che tutti noi rimaniamo a Luthadel quando cadrà: qualcuno, forse, dovrebbe essere inviato fuori a organizzare la resistenza contro i tiranni.»
«Io non lascerò i miei uomini» borbottò Clubs.
«Nemmeno io» gli fece eco Ham. «Anche se ho messo al sicuro la mia famiglia ieri.» Quella semplice frase significava che li aveva fatti allontanare, forse nascondendoli nei sotterranei della città, forse facendoli scappare attraverso uno dei passamura. Ham non lo sapeva, e in quel modo non avrebbe potuto tradire il loro nascondiglio. Le vecchie abitudini erano dure a morire.
«Se la città cadrà,» disse Dockson «io sarò qui. È quello che Kell si aspetterebbe.
Non me ne andrò.»
«Io sì» disse Breeze, guardando Sazed. «È troppo presto per offrirsi volontario?»
«Ehm, in realtà, lord Breeze,» disse Sazed «io non stavo...»
Breeze sollevò una mano. «È tutto a posto, Sazed. Credo che sia evidente chi pensavi che dovesse essere mandato via. Non li hai invitati alla riunione.»
Dockson si accigliò. «Stiamo per difendere Luthadel fino alla morte e tu vuoi mandar via il nostro unico Mistborn?»
Sazed annuì. «Miei lord,» disse piano «gli uomini di Luthadel avranno bisogno della nostra guida. Abbiamo dato loro questa città e li abbiamo messi in questa difficile situazione. Non possiamo abbandonarli ora. Ma ci sono cose più importanti all'opera in questo mondo. Più importanti di noi, ritengo. Sono convinto che padrona Vin sia parte di esse.
«Perfino se tali questioni sono solo mie illusioni, a lady Vin non dev'essere comunque permesso di morire in questa città. È il collegamento più intimo e potente della gente con il Sopravvissuto. È diventata un simbolo per loro, e le sue capacità come Mistborn le forniscono le migliori probabilità di allontanarsi e poi sopravvivere agli attacchi che senza dubbio Straff invierà. Sarà estremamente preziosa nel conflitto a venire: si può muovere in fretta e di soppiatto, e può combattere da sola, infliggendo seri danni, come ha dimostrato la scorsa notte.»
Sazed chinò il capo. «Miei lord, vi ho convocati qui oggi per poter decidere come convincerla a fuggire mentre il resto di noi rimarrà a combattere. Non sarà un compito semplice, ritengo.»
«Vin non lascerà Elend» fece notare Ham. «Dovrà andare anche lui.»
«Lo penso anch'io, lord Hammond» confermò Sazed.
Clubs si morsicò il labbro, pensieroso. «Non sarà facile convincere quel ragazzo a scappare. Crede ancora di poter vincere questo conflitto.»
«E noi potremmo ancora» disse Sazed. «Miei lord, il mio proposito non è di lasciarvi senza alcuna speranza. Ma le circostanze infauste, le scarse probabilità di successo...»
«Lo sappiamo, Sazed» lo interruppe Breeze. «Lo capiamo.»
«Devono esserci altri della banda che possono andare» disse Ham, abbassando lo sguardo. «Più di loro due soli.»
«Io manderei Tindwyl con loro» propose Sazed. «Lei porterà alla mia gente molte scoperte di grande importanza. Ho anche in mente di mandare lord Lestibournes.
Non sarà di grande utilità in battaglia, e le sue capacità come spia potrebbero essere d'aiuto a lady Vin e a lord Elend nel loro tentativo di riorganizzare una resistenza fra gli skaa.
«Comunque, questi quattro non saranno gli unici a sopravvivere. Buona parte degli skaa dovrebbe essere al sicuro: pare che Jastes Lekal sia in grado di controllare i suoi koloss in qualche modo. E anche se non ci riuscisse, Straff dovrebbe arrivare in tempo per proteggere la popolazione della città.»
«Sempre che il piano di Straff sia quello che pensa Clubs» disse Ham. «Potrebbe ritirarsi sul serio, limitando le sue perdite e lasciando stare Luthadel.»
«A ogni modo,» tagliò corto Clubs «non possono essere in molti a uscire. È
improbabile che Straff o Jastes consentano a grossi gruppi di persone di fuggire dalla città. Per ora, la confusione e la paura nelle strade serviranno ai loro scopi molto più dello spopolamento. Potremmo riuscire a far fuggire qualcuno a cavallo, sempre che una di quelle persone sia Vin. Gli altri dovranno correre i loro rischi con i koloss.»
Breeze si sentì rivoltare lo stomaco. Clubs parlava in modo così diretto... così insensibile. Ma era Clubs. Non era nemmeno un vero e proprio pessimista: diceva solo ciò che non pensava che gli altri volessero ammettere.
Alcuni degli skaa sopravvivranno per diventare schiavi di Straff Venture, pensò Breeze. Ma coloro che combatteranno - e quelli che hanno guidato la città durante quest'ultimo anno - sono condannati. E fra questi ci sono anch'io.
È vero. Stavolta non c'è proprio via di scampo.
«Ebbene?» chiese Sazed, le braccia allargate di fronte a sé. «Siamo d'accordo che queste quattro persone dovrebbero andare?»
I membri del gruppo annuirono.
«Allora discutiamo» disse Sazed «ed escogitiamo un piano per mandarle via.»
«Potremmo semplicemente far pensare a Elend che il pericolo non è così serio»
propose Dockson. «Se crede che la città abbia davanti ancora un lungo assedio, potrebbe essere disposto ad accompagnare Vin in una missione da qualche parte.
Non si renderebbero conto di quello che sta succedendo qui finché non sarà troppo tardi.»
«Un buon suggerimento, lord Dockson» lo lodò Sazed.
«Penso anche che potremmo utilizzare l'idea di lady Vin del Pozzo dell'Ascensione.»
La discussione continuò e Breeze si appoggiò contro lo schienale della sedia, soddisfatto. Vin, Elend e Spook sopravvivranno, pensò. Dovrò convincere Sazed a lasciare che Allrianne vada con loro. Si guardò attorno per la stanza, notando che le posture degli altri erano più rilassate. Dockson e Ham sembravano essersi calmati e perfino Clubs stava annuendo in silenzio fra sé con aria soddisfatta mentre passavano in rassegna i suggerimenti.
Il disastro era ancora imminente, ma in qualche modo la possibilità che alcuni scappassero - i membri più giovani della banda, quelli che speravano ancora per via della loro inesperienza - faceva sembrare tutto il resto un po' più semplice da accettare.
Vin era in piedi silenziosa fra la nebbia, lo sguardo sollevato verso le scure guglie, colonne e torri di Kredik Shaw. Nella sua testa risuonavano due pulsazioni.
Lo spirito di nebbia e il rumore più forte, più vasto.
Stava diventando sempre più insistente.
Proseguì, ignorando quei tonfi mentre si avvicinava a Kredik Shaw. La Collina delle Mille Guglie, una volta sede del lord Reggente. Era abbandonata da più di un anno, ma nessun vagabondo vi si era stabilito. Era troppo sinistra. Troppo terribile.
Ricordava troppo lui.
Il lord Reggente era stato un mostro. Vin si ricordava bene la notte, oltre un anno prima, in cui era giunta in quel palazzo con l'intenzione di ucciderlo. Di fare il lavoro per cui Kelsier l'aveva inconsapevolmente addestrata. Aveva attraversato questo stesso cortile, aveva superato le guardie alle porte davanti a lei.
E le aveva lasciate vivere. Kelsier si sarebbe fatto semplicemente strada combattendo. Ma Vin le aveva convinte ad andarsene, a unirsi alla ribellione.
Quell'atto le aveva salvato la vita quando uno di quegli stessi uomini, Goradel, aveva guidato Elend nei sotterranei del palazzo per aiutarlo a liberarla.
In un certo senso, l'Ultimo Impero era stato rovesciato perché lei non aveva agito come Kelsier.
Eppure poteva basare le sue decisioni future su una coincidenza del genere?
Ripensandoci, sembrava allegorica in maniera troppo perfetta. Come un bel raccontino narrato ai bambini, fatto per insegnare una lezione.
Vin non aveva mai sentito quelle storie da bambina. Ed era sopravvissuta quando così tanti altri erano morti. Per ogni lezione come quella con Goradel, pareva che ce ne fossero una dozzina che finivano in tragedia.
E poi c'era Kelsier. Alla fine aveva avuto ragione. La sua lezione era molto differente da quelle insegnate nei racconti per bambini. Kelsier era stato spavaldo -
eccitato, perfino - quando giustiziava quelli che si mettevano sulla sua strada.
Spietato. Aveva guardato al bene superiore: i suoi occhi erano stati sempre fissi sulla caduta dell'impero e la conseguente nascita di un regno come quello di Elend.
C'era riuscito. Perché lei non poteva uccidere come lui, sapendo che stava compiendo il proprio dovere, non provando sensi di colpa? La tendenza a rischiare che Kelsier manifestava l'aveva sempre spaventata. Eppure non era stata quella stessa tendenza a garantirgli il successo?
Entrò nei corridoi simili a cunicoli del palazzo, i piedi e le strisce del suo nebbiomanto lasciavano scie nella polvere. Le nebbie, come sempre, rimasero indietro. Non entravano negli edifici - o, se lo facevano, non vi restavano a lungo.
Assieme a esse, Vin si lasciò alle spalle lo spirito di nebbia.
Doveva prendere una decisione. Non le piacevano le decisioni, ma era abituata a fare cose che non le piacevano. Era la vita. Non aveva voluto combattere il lord Reggente, ma era stato necessario.
Presto divenne troppo buio anche per occhi da Mistborn, e lei dovette accendere una lanterna. Quando lo fece, rimase sorpresa di vedere che nella polvere i suoi passi non erano gli unici. A quanto pareva, qualcun altro si era aggirato per i corridoi. Però, chiunque fosse, non lo incontrò mentre percorreva quei passaggi.
Entrò nella camera qualche momento più tardi. Non era sicura di cosa l'avesse attirata a Kredik Shaw, men che mai verso la camera segreta al suo interno. Però sembrava che negli ultimi tempi lei avesse sviluppato un'affinità verso il lord Reggente. I suoi passi l'avevano portata lì, in un posto che non aveva più visitato dalla notte in cui aveva ucciso l'unico dio che lei avesse mai conosciuto.
Egli aveva trascorso molto tempo in questa camera nascosta, un posto che apparentemente aveva costruito perché gli ricordasse la sua patria. La stanza aveva un soffitto a volta che si curvava sopra la sua testa. Le pareti erano decorate con affreschi argentei mentre il pavimento era pieno di intarsi metallici. Ignorò tutto questo, avanzando verso la struttura centrale della stanza: un piccolo edificio in pietra costruito all'interno della camera più grande.
Era qui che Kelsier e sua moglie erano stati catturati molti anni prima, durante il primo tentativo di Kelsier di derubare il lord Reggente. Mare era stata assassinata alle Fosse. Ma Kelsier era sopravvissuto.
Era qui, in questa stessa camera, che Vin aveva affrontato per la prima volta un Inquisitore ed era quasi rimasta uccisa. E sempre qui era venuta mesi più tardi nel suo primo tentativo di eliminare il lord Reggente. Anche quella volta era stata sconfitta.
Entrò nel piccolo edificio all'interno di quello più grande. Aveva solo una stanza.
Il pavimento era stato strappato via dalle squadre di Elend, in cerca dell'atium. Alle pareti, però, pendevano ancora le decorazioni che il lord Reggente si era lasciato dietro. Vin sollevò la lanterna, osservandole.
Tappeti, pelli, un piccolo flauto di legno. Gli oggetti della sua gente, i Terrisiani, vecchi di mille anni. Perché aveva costruito questa nuova città di Luthadel qui, a sud, quando la sua patria - e lo stesso Pozzo dell'Ascensione - erano a nord? Vin non l'aveva mai capito davvero.
Forse si trattava sempre di una decisione. Anche Rashek, il lord Reggente, era stato costretto a prendere una decisione. Avrebbe potuto continuare a essere com'era, come un pastore. Probabilmente avrebbe vissuto una vita felice col suo popolo.
Ma aveva deciso di diventare qualcosa di più. Nel farlo, aveva commesso terribili atrocità. Eppure poteva fargli una colpa per quella decisione? Era diventato quello che riteneva necessario essere.
La decisione di Vin sembrava più banale, ma sapeva che altre cose - Il Pozzo dell'Ascensione, la protezione di Luthadel - non potevano essere prese in considerazione finché non fosse stata certa di chi era e cosa voleva. E tuttavia, stando in quella stanza dove Rashek aveva passato molto del suo tempo, pensando al Pozzo, le pulsazioni insistenti nella sua testa risuonarono più forti di quanto lo fossero mai state.
Doveva decidere. Elend era quello con cui voleva stare Rappresentava pace e felicità. Zane, però, rappresentava quello che lei pensava di dover diventare. Per il bene di tutti coloro che vi erano coinvolti.
Il palazzo del lord Reggente non conteneva indizi o risposte per lei. Qualche momento dopo, frustrata e confusa su perché fosse venuta qui, se lo lasciò alle spalle, ritornando fra le nebbie.
Zane si svegliò al suono del picchetto di una tenda che veniva conficcato a un ritmo regolare. La sua reazione fu immediata.
Bruciò acciaio e peltro. Ne inghiottiva sempre un pezzettino prima di dormire.
Sapeva che un giorno quell'abitudine l'avrebbe ucciso: i metalli erano velenosi, se li si lasciava all'interno dell'organismo.
Per come la vedeva Zane, morire un giorno era meglio che morire oggi.
Rotolò fuori dal suo giaciglio, gettando la coperta verso il lembo della tenda che si apriva. Poteva vedere a malapena nell'oscurità della notte. Mentre stava ancora saltando, sentì qualcosa squarciarsi. Stavano tagliando le pareti della tenda.
«Uccidili!» gridò Dio.
Zane atterrò con un tonfo e prese una manciata di monete dalla ciotola accanto al letto. Sentì urla di sorpresa mentre si girava, lanciando le monete in una raffica roteante attorno a lui.
Spinse. Deboli suoni metallici riverberarono attorno a lui mentre le monete incontravano la tela, poi proseguivano.
E alcuni uomini iniziarono a urlare.
Zane si mise accucciato, attendendo in silenzio mentre la tenda crollava attorno a lui. Qualcuno stava percuotendo la stoffa alla sua destra. Sparò qualche moneta e udì un gratificante grugnito di dolore. Nell'immobilità, la tela posata su di lui come una coperta, udì dei passi allontanarsi di corsa.
Sospirò, rilassandosi, e usò un pugnale per tagliar via la superiore della tenda.
Emerse in una notte nebbiosa. Oggi era andato a dormire più tardi del solito; probabilmente era quasi mezzanotte. Era comunque ora di alzarsi.
Camminò sopra la sommità della tenda crollata - muovendosi verso la forma ora ricoperta del suo giaciglio - e vi ritagliò un buco in modo da potervi infilare una mano e tirar fuori la fiala di metalli che aveva riposto in una tasca lì sotto. Inghiottì i metalli e lo stagno portò luce all'ambiente circostante. Quattro uomini giacevano morti o morenti attorno alla sua tenda. Erano soldati, naturalmente... soldati di Straff. L'attacco era giunto più tardi di quanto Zane si era aspettato.
Straff si fida di me più di quanto credessi. Zane calpestò la forma morta di un assassino e tagliò la tenda per arrivare a una cassapanca da cui tirò fuori i suoi vestiti. Si cambiò con calma, poi tolse dal forziere un borsellino di monete. Dev'essere stato l'attacco alla fortezza di Cett, pensò. Finalmente ha convinto Straff che ero troppo pericoloso per lasciarmi vivere.
Zane trovò il suo uomo a lavorare tranquillamente accanto a una tenda a poca distanza, fingendo di saggiare la resistenza di una corda. Era di guardia ogni notte, pagato per martellare il picchetto di una tenda nel caso in cui qualcuno si fosse avvicinato a quella di Zane. Gli gettò il borsello di monete, poi proseguì nell'oscurità, superando le acque del canale in cui transitavano chiatte di rifornimenti, diretto alla tenda di Straff.
Suo padre aveva alcune limitazioni. Straff era abile nei piani su larga scala, ma i dettagli - le sottigliezze - spesso gli sfuggivano. Poteva organizzare un esercito e schiacciare i suoi nemici. Però gli piaceva giocare con strumenti pericolosi come le miniere di atium alle Fosse di Hathsin o come Zane.
Quegli strumenti finivano spesso per bruciarlo.
Zane si accostò al lato della tenda di Straff, poi squarciò un buco nella tela ed entrò. Straff lo aspettava. Zane doveva riconoscerlo: Straff guardava la morte arrivare con occhi carichi di sfida. Zane si fermò nel mezzo della stanza, di fronte a Straff, che occupava la sua sedia di legno.
«Uccidilo» gli ordinò Dio.
Delle lampade ardevano negli angoli, illuminando la tela. I cuscini e le coperte da una parte erano scompigliati: Straff si era fatto un'ultima cavalcata con una delle sue amanti preferite prima di mandare gli assassini. Il re mostrava la sua caratteristica aria di sfida decisa, ma Zane vedeva di più. Vedeva una faccia troppo lustra di sudore e vedeva mani tremanti come per una malattia.
«Ho dell'atium per te» disse Straff. «Sepolto in un posto che conosco solo io.»
Zane rimase in silenzio, fissando suo padre.
«Ti riconoscerò apertamente» continuò Straff. «Ti nominerò mio erede. Domani, se vuoi.»
Zane non rispose. Suo padre continuò a sudare.
«La città è vostra» controbattè infine Zane, voltandosi.
Venne ricompensato da un rantolo sorpreso da dietro.
Zane si guardò alle spalle. Non aveva mai visto un tale sguardo sbigottito sul volto di suo padre. Quello da solo valeva quasi tutto quanto.
«Ritirate i vostri uomini come avevate in mente,» disse Zane «ma non tornate alla Dominazione Settentrionale. Aspettate che quei koloss invadano la città, lasciate che abbattano le difese e uccidano i difensori. Poi potrete intervenire e liberare Luthadel.»
«Ma il Mistborn di Elend...»
«Non ci sarà» annunciò Zane. «Se ne andrà con me, stanotte. Addio, padre.» Si voltò e uscì attraverso lo squarcio che aveva aperto.
«Zane?» lo chiamò Straff da dentro la tenda.
Zane si fermò di nuovo.
«Perché?» chiese Straff, guardando fuori dallo squarcio. «Ho mandato degli assassini a ucciderti. Perché mi stai lasciando in vita?»
«Perché siete mio padre» rispose Zane. Si voltò, guardando fra le nebbie. «Un uomo non dovrebbe uccidere il proprio padre.»
Detto questo, Zane diede un ultimo addio all'uomo che l'aveva creato. Un uomo che Zane - malgrado la sua follia, malgrado gli abusi che aveva conosciuto nel corso degli anni - amava.
Gettò a terra una moneta fra le nebbie scure e spiccò un balzo sopra l'accampamento. Fuori dai suoi confini, atterrò e individuò facilmente la curva nel canale che usava come punto di riferimento. Dall'incavo di un albero vuoto lì accanto tirò fuori un involto di stoffa. Un nebbiomanto, il primo regalo che Straff gli aveva dato anni prima, quando Zane si era Infranto. Per lui era troppo prezioso per indossarlo, usarlo e insozzarlo tutte le notti.
Sapeva di essere uno sciocco. Ma non poteva soffocare le proprie sensazioni. Non si poteva usare l'allomanzia emozionale su sé stessi.
Svolse il nebbiomanto e prese quello che proteggeva al suo interno: diverse fiale di metallo e un sacchetto pieno di perline. Atium.
Rimase inginocchiato lì per un lungo istante. Poi sollevò una mano al petto, tastando lo spazio appena sopra la cassa toracica. Dove batteva il suo cuore.
Lì c'era un grosso rigonfiamento. C'era sempre stato. Non ci pensava spesso: la sua mente pareva divagare quando lo faceva. Però era il vero motivo per cui non indossava mai mantelli.
Non gli piaceva il modo in cui sfregavano contro la piccola estremità dello spuntone che sbucava dalla sua schiena proprio fra le scapole. L'altro capo stava contro il suo sterno e non si poteva vedere sotto i vestiti.
«È ora di andare» disse Dio.
Zane si alzò in piedi, lasciando il nebbiomanto. Voltò le spalle all'accampamento di suo padre, lasciandosi dietro quello che aveva conosciuto, per andare a cercare la donna che l'avrebbe salvato.