Ho un giovane nipote, un certo Rashek. Odia Khlennium con tutta la passione di una giovinezza invidiosa. Odia Alendi in modo ancor più profondo - anche se i due non si sono mai incontrati - poiché Rashek si sente tradito dal fatto che uno dei nostri oppressori sia stato scelto come il Campione delle Ere.

53

Straff stava effettivamente cominciando a sentirsi piuttosto bene mentre il suo esercito sormontava l'ultima collina per dominare Luthadel. Aveva provato con prudenza alcune droghe dal suo armadietto ed era piuttosto certo di sapere quale gli aveva somministrato Amaranta: frayn nero. Una droga davvero insidiosa. Avrebbe dovuto disassuefarsi lentamente da essa, ma per ora inghiottirne qualche foglia lo rendeva più forte e più vigile di quanto non fosse mai stato. In effetti si sentiva a meraviglia.

Era sicuro che non si potesse dire lo stesso per quelli a Luthadel. I koloss si erano riversati attorno alle mura esterne, ancora percuotendo diversi cancelli sui lati nord ed est. Del fumo si levava dall'interno della città.

«I nostri esploratori dicono che le creature hanno fatto irruzione attraverso quattro dei cancelli cittadini, mio signore» lo informò lord Janarle. «Il cancello orientale è il primo in cui hanno fatto breccia e hanno incontrato pesante resistenza. Poi è caduto quello nordest, quindi quello nordovest, ma le truppe di entrambi stanno reggendo.

La breccia maggiore si è verificata a quello nord. A quanto pare i koloss stanno devastando in quella direzione, bruciando e saccheggiando.»

Straff annuì. Il cancello nord, pensò. Quello più vicino alla Fortezza Venture.

«Attacchiamo, mio signore?» chiese Janarle.

«Da quanto tempo è caduto il cancello nord?»

«Forse un'ora fa, mio signore.»

Straff scosse la testa con comodo. «Allora aspettiamo. Le creature si sono sforzate tanto per irrompere in città: dovremmo almeno farle divertire un po' prima di sterminarle.»

«Siete sicuro, mio signore?»

Straff sorrise. «Una volta persa la frenesia sanguinaria fra qualche ora, saranno stanche per il lungo combattimento e si calmeranno. Quello sarà il momento migliore per colpire. Saranno sparpagliate per la città e indebolite dalla resistenza.

Potremo sconfiggerle facilmente, in quel modo.»

Sazed afferrò il suo avversario koloss per la gola, spingendo indietro la sua faccia ringhiante e distorta. La pelle della bestia era tesa così tanto da essersi rotta al centro della faccia, rivelando muscoli sanguinolenti sopra la dentatura, attorno ai fori del naso. Respirava con roca rabbia, spruzzando goccioline di saliva e sangue su Sazed a ogni esalazione.

Forza!, si fece coraggio Sazed, attingendo maggiore potenza dalla peltroscorta. Il suo corpo divenne così massiccio che temeva di spaccare la sua stessa pelle. Per fortuna le metallo- scorte erano state fatte per espandersi; bracciali e anelli erano aperti a un'estremità in modo da potersi piegare. Tuttavia, la sua mole era impressionante. Probabilmente non sarebbe stato in grado di muoversi o di manovrare con tali dimensioni... ma non aveva importanza, poiché il koloss lo aveva già buttato a terra. Tutto quello di cui aveva bisogno era un po' di potenza in più nella sua stretta. La creatura gli ghermì il braccio con una mano, allungando l'altra dietro di sé verso la propria spada.

Le dita di Sazed fracassarono infine lo spesso collo della bestia. La creatura cercò di ringhiare, ma non le giunse alcun fiato e si dibatté invano dalla frustrazione.

Sazed si costrinse a rimettersi in piedi, poi scagliò l'essere verso le altre bestie. Con una tale forza sovrannaturale, perfino un corpo alto più di tre metri sembrava leggero nelle sue dita. Si schiantò contro un mucchio di attaccanti koloss, costringendoli a indietreggiare.

Sazed rimase immobile, annaspando. Sto terminando la mia forza così in fretta, si accorse, lasciando andare la sua peltroscorta, mentre il suo corpo si sgonfiava come un otre. Non poteva continuare ad attingere così tanto dalle sue riserve. Aveva già usato una buona metà della sua forza... forza che aveva impiegato decenni per conservare. Ancora non aveva usato i suoi anelli, ma in ciascuno c'erano soltanto pochi minuti per attributo. Avrebbero atteso fino a un'emergenza.

E potrebbe essere la situazione di fronte a cui mi trovo ora, pensò con terrore.

Tenevano ancora la piazza del Cancello d'Acciaio. Anche se i koloss avevano fatto irruzione attraverso il cancello, solo in pochi riuscivano ad attraversarlo allo stesso tempo, e solo i più massicci sembravano in grado di balzare sopra le mura.

La piccola truppa di soldati di Sazed era duramente incalzata, però. Corpi giacevano sparpagliati per il cortile. I fedeli skaa sul fondo avevano iniziato a trascinare i feriti al sicuro. Sazed poteva sentirli gemere dietro di sé.

Anche cadaveri di koloss erano disseminati per la piazza e, nonostante quel massacro, Sazed non riusciva a fare a meno di provare un senso di orgoglio per quanto stava costando alle creature farsi strada all'interno del cancello. Luthadel non stava cadendo facilmente. Niente affatto.

I koloss sembravano ricacciati indietro per il momento, e anche se per il cortile continuavano diverse schermaglie, un nuovo gruppo di mostri si stava radunando fuori dal cancello.

Fuori dal cancello, pensò Sazed, lanciando un'occhiata di lato. Le creature si erano preoccupate di rompere solo uno dei massicci battenti. C'erano cadaveri nella piazza - dozzine, centinaia forse - ma i koloss stessi ne avevano tolti di mezzo molti dal cancello in modo da poter entrare nel cortile.

Forse...

Sazed non aveva tempo per pensare. Scattò in avanti, attingendo di nuovo dalla sua peltroscorta, dandosi la forza di cinque uomini. Prese il corpo di un koloss più piccolo e lo scagliò fuori dal cancello. Le creature all'esterno ringhiarono, sparpagliandosi. Ce n’erano ancora a centinaia che attendevano l'occasione per entrare, ma inciamparono sui morti nella fretta di togliersi dalla traiettoria del proiettile.

Sazed scivolò su del sangue mentre afferrava un secondo corpo, gettandolo di lato. «A me!» urlò, sperando che ci fossero uomini che potevano sentirlo e fossero in grado di rispondere.

I koloss si resero conto troppo tardi di cosa stava facendo. Sazed scalciò via un altro corpo, poi mandò a sbattere la propria mole contro la porta aperta attingendo dalla ferroscorta il peso che vi aveva immagazzinato. Divenne immediatamente molto più pesante, e si schiantò così contro il cancello, chiudendolo di colpo.

I koloss si precipitarono contro il portone dall'altra parte. Sazed si affannò contro il cancello, spingendo via cadaveri, chiudendo del tutto il portale massiccio. Attinse ancor di più dalla ferroscorta, utilizzando la sua preziosa riserva a un ritmo preoccupante. Divenne così pesante che pensò che il suo stesso peso lo avrebbe schiacciato al suolo, e solo la sua forza accresciuta gli permise di rimanere in piedi.

Koloss frustrati si avventarono contro il cancello, ma lui lo resse. Li trattenne, mani e petto premuti contro il legno scabro, le dita dei piedi incuneate contro ciottoli irregolari. Con la sua ottone- scorta, non sentiva nemmeno il freddo, anche se cenere, neve e sangue si mischiavano ai suoi piedi.

Uomini urlarono. Alcuni morirono. Altri scaraventarono il loro peso contro il cancello, e Sazed ebbe un attimo per guardarsi alle spalle. Il resto dei suoi soldati aveva organizzato un perimetro, proteggendo il cancello dai koloss all'interno della città. Gli uomini combattevano con coraggio, le spalle al cancello, con la sola forza di Sazed a impedire che il portone si spalancasse.

Eppure combattevano. Sazed lanciò un urlo di sfida, i piedi che scivolavano, tenendo il cancello mentre i suoi soldati uccidevano i koloss rimasti nel cortile. Poi un gruppo di loro si precipitò davanti da un lato, portando con sé una grossa sbarra di legno. Sazed non sapeva dove l'avessero presa, né gli importava, mentre la facevano scivolare al suo posto dove si era trovata la spranga del cancello.

Il suo peso si esaurì, insieme alla sua ferroscorta. Ne avrei dovuto immagazzinare di più, nel corso degli anni, pensò con un sospiro esausto, accasciandosi davanti al cancello chiuso. Era sembrato molto, finché non era stato costretto a usarlo così spesso, utilizzandolo per spingere via i koloss o cose del genere.

Di solito accumulavo peso come effetto collaterale di rendermi più leggero. Mi è sempre sembrato il modo più utile per usare il ferro.

Lasciò andare il peltro e sentì il suo corpo sgonfiarsi. Per fortuna tirare il corpo a quel modo non lasciava la pelle afflosciata. Ritornò alle sue solite dimensioni, portando con sé solo un tremendo senso di spossatezza e un lieve dolore. I koloss continuavano a percuotere il cancello. Sazed aprì gli occhi, disteso a petto nudo fra la neve e la cenere che cadevano. I suoi soldati stavano solennemente davanti a lui.

Sono così pochi, pensò. Dei suoi iniziali quattrocento ne rimanevano a malapena cinquanta. La piazza stessa era rossa - come dipinta - di vivido sangue koloss, misto a quello umano più scuro. Nauseanti masse blu di corpi giacevano sole o ammucchiate, inframmezzate da pezzi strappati e contorti che spesso erano tutto quello che rimaneva di corpi umani una volta colpiti dalle brutali spade dei koloss.

I tonfi continuarono, come tamburi sommessi, dall'altra parte del cancello. Quei battiti assunsero un ritmo frenetico, il cancello che tremava sempre più all'aumentare della frustrazione dei koloss. Probabilmente potevano fiutare il sangue, percepire la carne che per poco non era stata loro.

«Quella sbarra non terrà a lungo» disse piano uno dei soldati, mentre un poco di cenere gli fluttuava davanti alla faccia. «E i cardini stanno andando in pezzi.

Entreranno di nuovo.»

Sazed si sforzò di rimettersi in piedi. «E noi combatteremo di nuovo.»

«Mio signore!» esclamò una voce. Sazed si voltò per vedere uno dei messaggeri di Dockson cavalcare attorno a una pila di cadaveri. «Lord Dockson dice che...» Si interruppe, notando per la prima volta che il cancello di Sazed era chiuso. «Come»

iniziò l'uomo.

«Riferisci il tuo messaggio, giovanotto» lo fermò Sazed con aria stanca.

«Lord Dockson dice che non riceverete rinforzi» lo informò l'uomo, arrestando il suo cavallo. «Il Cancello di Stagno è caduto e...»

«Il Cancello di Stagno?» domandò Sazed. Tindwyl! «Quando?»

«Più di un'ora fa, mio signore.»

Un'ora?, pensò sconcertato. Da quanto stiamo combattendo?

«Dovete resistere qui, mio signore» continuò il giovane, voltandosi e tornando al galoppo da dove era venuto.

Sazed fece un passo verso est. Tindwyl...

I tonfi sul suo cancello si fecero più forti e la sbarra cominciò a rompersi. Gli uomini corsero a cercare qualcos'altro per tenere chiuso il cancello, ma Sazed poteva vedere che i supporti che assicuravano la sbarra al suo posto stavano iniziando a cedere. Una volta rotti, non ci sarebbe stato modo di tenerlo chiuso.

Sazed chiuse gli occhi, sentendo il peso della fatica, saggiando la sua peltroscorta.

Era quasi esaurita. Una volta terminata, avrebbe solo avuto la piccola quantità di forza in uno degli anelli.

Eppure cos'altro poteva fare?

Sentì la spranga spezzarsi e gli uomini urlarono.

«Indietro!» gridò Clubs. «Ritiratevi nella città!»

I resti del loro esercito ruppero le file, arretrando dal Cancello di Zinco. Breeze osservò con orrore mentre sempre più koloss si riversavano nella piazza, raggiungendo gli uomini troppo deboli o troppo feriti per ritirarsi. Le creature sciamarono avanti come una grande ondata blu, un'ondata con spade d'acciaio e occhi rossi.

Su nel cielo il sole - a malapena visibile dietro nubi temporalesche - era una ferita sanguinante che procedeva lenta verso l'orizzonte.

«Breeze» esclamò Clubs, tirandolo indietro. «È ora di andare.»

I loro cavalli si erano imbizzarriti ed erano fuggiti da parecchio. Breeze arrancò dietro al generale, cercando di non ascoltare i ringhi da dietro.

«Ritiratevi alle posizioni di difesa!» gridò Clubs a quelli che potevano udirlo.

«Prima squadra, ripiegate dentro la Fortezza Lekal! Lord Hammond dovrebbe essere lì a quest'ora, a preparare le difese! Squadra due, con me alla Fortezza Hasting!»

Breeze proseguì, malgrado la mente e i piedi intorpiditi. Era stato praticamente inutile in battaglia. Aveva cercato di rimuovere le paure degli uomini, ma i suoi sforzi erano parsi così inadeguati. Come tenere un pezzo di carta contro il sole per farsi ombra.

Clubs sollevò uria mano e la squadra di duecento uomini si fermò. Breeze si guardò attorno. La strada era silenziosa fra la cenere e la neve che cadevano. Tutto sembrava... smorto. Il cielo era fosco, i contorni della città smorzati dalla coltre di neve punteggiata di nero. Pareva così strano essere fuggito dalla terrificante scena di blu e scarlatto e trovare la città con un aspetto così indolente.

«Dannazione!» sbottò Clubs, spingendo via Breeze mentre un gruppo di koloss adirati irrompeva da una via laterale. I soldati di Clubs si organizzarono in una fila, ma un altro gruppo di koloss - le creature che avevano appena fatto irruzione attraverso il cancello - giunse alle loro spalle.

Breeze inciampò, cadendo nella neve. L'altro gruppo... è venuto da nord! Le creature si sono già introdotte nella città fino a questo punto?, valutò.

«Clubs!» gridò Breeze voltandosi. «Dobbiamo...»

Breeze fece appena in tempo a vedere l'enorme spada di un koloss troncare il braccio sollevato di Clubs, poi continuare fino a colpire il generale alle costole.

Clubs gemette, scagliato da una parte, e il suo braccio volò via assieme alla spada che reggeva. Inciampò sulla sua gamba malandata e il koloss calò la spada in un colpo a due mani.

La neve sporca finalmente si colorò un poco. Uno schizzo di rosso.

Breeze rimase a fissare sbigottito quello che rimaneva del cadavere del suo amico. Poi il koloss si voltò ringhiando verso di lui.

La seria possibilità della sua morte imminente lo risvegliò come nemmeno la neve fredda era riuscita a fare. Breeze barcollò all'indietro, scivolando nella neve, protendendosi d'istinto per Sedare la creatura. Naturalmente non accadde nulla.

Breeze cercò di alzarsi in piedi e il koloss - assieme a diversi altri - fece per avventarsi su di lui. In quel momento, però, un'altra truppa di soldati in fuga dal cancello apparve da un incrocio, distraendo i koloss.

Breeze fece l'unica cosa che gli sembrava naturale: strisciò dentro un edificio e si nascose.

«Questa è tutta colpa di Kelsier» borbottò Dockson, scrivendo un'altra annotazione sulla sua mappa. Stando ai messaggeri, Ham aveva raggiunto la Fortezza Lekal. Non avrebbe retto a lungo.

La sala grande della Fortezza Venture era un turbinio di movimento e caos mentre scribi in preda al panico correvano da una parte all'altra, rendendosi finalmente conto che ai koloss non interessava se un uomo era uno skaa, uno studioso, un nobile o un mercante. A quelle creature piaceva solo uccidere.

«Avrebbe dovuto aspettarselo» continuò Dockson. «Ci ha lasciato con questa confusione e poi ha presunto che avremmo semplicemente trovato un modo per aggiustare le cose. Be', non posso nascondere una città dai suoi nemici... non come nascondevo una banda. Solo perché eravamo ladri eccellenti non significa che saremmo stati capaci di gestire un regno!»

Nessuno lo stava ascoltando. I messaggeri erano fuggiti tutti e le guardie combattevano ai cancelli della fortezza. Ciascuna delle fortezze aveva le proprie difese, ma Clubs - giustamente - aveva deciso di usarle solo come opzione di ripiego. Non erano progettate per respingere un attacco su vasta scala, ed erano troppo isolate l'una dall'altra. Ritirarsi dentro di esse non faceva che frammentare e separare l'esercito umano.

«Il nostro vero problema è la continuità» comprese Dockson, aggiungendo m'ultima annotazione al Cancello di Stagno, spiegando cosa era accaduto lì.

Squadrò la mappa. Non si sarebbe mai aspettato che il cancello di Sazed fosse l'ultimo a reggere.

«Continuità» proseguì. «Abbiamo ritenuto di poter fare un lavoro migliore dei nobili, ma una volta ottenuto il potere, li abbiamo rimessi al comando. Se li avessimo uccisi tutti quanti, forse avremmo potuto cominciare da capo.

Naturalmente questo avrebbe voluto dire invadere le altre Dominazioni, il che avrebbe reso necessario mandare Vin a occuparsi dei nobili più importanti e problematici. Sarebbe stato un massacro come mai nessun altro nell'Ultimo Impero.

E, se l'avessimo fatto...»

Si interruppe, alzando lo sguardo mentre una delle enormi, maestose finestre di vetro colorato andava in frantumi. Anche le altre iniziarono a esplodere, rotte da pietre scagliate. Alcuni grossi koloss balzarono attraverso i varchi, atterrando sul pavimento di marmo disseminato di schegge di vetro. Perfino infrante, le finestre erano bellissime, e i bordi taglienti di vetro scintillavano nella luce della sera.

Attraverso una di esse, Dockson potè vedere che la tempesta si stava placando, lasciando filtrare i raggi del sole.

«Se l'avessimo fatto,» considerò piano «non saremmo stati meglio delle bestie.»

Degli scribi urlarono, cercando di fuggire mentre i koloss iniziavano il massacro.

Dockson rimase lì in silenzio, sentendo rumori alle sue spalle - grugniti, respiri affannosi - mentre i koloss si avvicinavano attraverso i corridoi sul retro. Allungò una mano verso la spada sul suo tavolo mentre gli uomini cominciavano a morire.

Chiuse gli occhi. Sai, Kell, si rivolse a lui mentalmente, avevo quasi iniziato a credere che avessero ragione, che tu stessi vegliando su di noi. Che tu fossi qualche sorta di dio.

Aprì gli occhi e si voltò, estraendo la spada dal fodero. Poi rimase paralizzato nel fissare la massiccia bestia che si avvicinava da dietro. Così grande!

Dockson digrignò i denti, imprecando un'ultima volta all'indirizzo di Kelsier, poi caricò, vibrando la spada.

La creatura afferrò la sua arma con una mano indifferente, ignorando il taglio che causava. Poi calò la propria, e seguì il buio.

«Mio signore,» disse Janarle «la città è caduta. Guardate, potete vederla bruciare.

I koloss hanno fatto irruzione da tutti e quattro i cancelli sotto attacco tranne uno e si aggirano incontrollati per la città. Non si stanno fermando a saccheggiare, stanno semplicemente uccidendo. Massacrando. Non rimangono molti soldati a opporsi a loro.»

Straff sedette in silenzio, osservando Luthadel bruciare.

Sembrava un simbolo, per lui. Un simbolo di giustizia. Era fuggito da questa città una volta, lasciandola alla feccia skaa all'interno, e quando era tornato per esigere che gli venisse restituita, il popolo aveva fatto resistenza.

Si erano comportati come ribelli. Si erano meritati tutto questo.

«Mio signore,» riprese Janarle «l'esercito koloss è già abbastanza indebolito. È

difficile fare una stima dei loro numeri, ma i cadaveri che si sono lasciati indietro indicano che un terzo della loro forza è caduta. Possiamo batterli!»

«No» disse Straff scuotendo la testa. «Non ancora.»

«Mio signore?» chiese Janarle.

«Che i koloss prendano la dannata città» disse Straff piano. «Che la brucino e la radano al suolo completamente. Il fuoco non può nuocere al nostro atium... in effetti, probabilmente renderanno il metallo più facile da trovare.»

«Io» Janarle parve sconcertato. Non obiettò ulteriormente, ma i suoi occhi mostravano insubordinazione.

Dovrò occuparmi di lui più tardi, pensò Straff. Si ribellerà contro di me se scopre che Zane se n'è andato.

Questo non importava al momento. La città l'aveva rifiutato, perciò sarebbe morta. Al suo posto lui ne avrebbe costruita una migliore.

Una dedicata a Straff, non al lord Reggente.

«Padre!» esclamò Allrianne con urgenza.

Cett scosse il capo. Sedeva sul suo cavallo, accanto a quello della figlia, su una collina a ovest di Luthadel. Poteva vedere l'esercito di Straff radunato a nord, osservando proprio come lui gli spasmi di morte di una città condannata.

«Dobbiamo aiutarli!» insistè Allrianne.

«No» ribattè Cett con calma, scrollandosi via dalle emozioni gli effetti del potere Sobillatorio di sua figlia. Si era abituato alle sue manipolazioni da molto tempo. «Il nostro aiuto non avrà importanza ora.»

«Dobbiamo fare qualcosa!» implorò Allrianne, strattonandogli il braccio.

«No» disse Cett con maggior forza.

«Ma siete tornato indietro!» ribatté lei. «Perché siamo tornati, se non per aiutare?»

«Noi aiuteremo» rispose Cett piano. «Aiuteremo Straff a prendere la città quando vorrà farlo, poi ci sottometteremo a lui e spereremo che non ci uccida.»

Allrianne impallidì. «Si tratta di questo?» sibilò. «È questo il motivo per cui siamo tornati, perché voi poteste consegnare il nostro regno a quel mostro?»

«Cos'altro ti aspettavi?» domandò Cett. «Tu mi conosci, Allrianne. Sai che questa è la scelta che devo fare.»

«Pensavo di conoscervi» sbottò lei. «Pensavo che foste un brav'uomo, nel profondo.»

Cett scosse il capo. «I brav'uomini sono tutti morti, Allrianne. Sono morti dentro Quella città.»

Sazed continuò a combattere. Non era un guerriero; non aveva istinti affinati o addestramento. Calcolò che sarebbe dovuto morire ore prima. Eppure, in qualche modo, era riuscito a restare in vita.

Forse era perché anche i koloss combattevano senza alcuna perizia. Erano semplici come le loro spade giganti, e si gettavano semplicemente contro i loro avversari senza stare a pensare alle tattiche.

Quello sarebbe dovuto essere sufficiente. Eppure Sazed aveva tenuto, e dove lui aveva tenuto, i suoi pochi uomini avevano retto con lui. I koloss avevano la rabbia dalla loro parte, ma gli uomini di Sazed potevano vedere i deboli e gli anziani stare in attesa proprio ai margini della piazza. I soldati sapevano perché combattevano.

Quel promemoria parve sufficiente a farli continuare, anche quando iniziarono a essere circondati, e i koloss si fecero strada fino ai bordi della piazza.

Sazed ormai sapeva che non ci sarebbe stato alcun soccorso. Aveva sperato, forse, che Straff avrebbe deciso di prendere la città, come Clubs aveva ipotizzato.

Ma era troppo tardi per questo: la notte si stava avvicinando, il sole era sempre più prossimo all'orizzonte.

Finalmente tutto questo sta per terminare, pensò Sazed mentre l'uomo accanto a lui veniva abbattuto. Sazed scivolò su del sangue e quella mossa lo salvò dal fendente del koloss che gli passò sopra la testa.

Forse Tindwyl aveva trovato un modo per salvarsi. E magari Elend avrebbe consegnato ciò che lui e lei avevano studiato. Era importante, pensò Sazed, anche se non sapeva perché.

Sazed attaccò, vibrando la spada che aveva preso da un koloss. Potenziò i suoi muscoli in un ultimo sforzo mentre colpiva, dando loro forza proprio mentre la spada incontrava la carne del koloss.

Colpì. La resistenza, il suono umido dell'impatto, la scossa che gli risalì su per il braccio... queste erano sensazioni familiari per lui, ormai. Vivido sangue koloss gli sprizzò addosso e un altro di quei mostri cadde a terra.

E la forza di Sazed terminò.

Col peltro del tutto esaurito, la spada koloss adesso era pesante nelle sue mani.

Cercò di vibrarla contro il koloss successivo, ma l'arma scivolò via dalle sue dita deboli, stanche e intirizzite.

Il koloss era uno bello grosso. Alto più di quattro metri, era il più grande dei mostri che Sazed avesse visto. Cercò di indietreggiare, ma inciampò sul corpo di un soldato ucciso da poco. Mentre cadeva, i suoi uomini alla fine andarono in rotta, e anche l'ultima dozzina si sparpagliò. Avevano tenuto bene. Forse se avesse permesso loro di ritirarsi...

No, pensò Sazed, alzando lo sguardo verso la propria morte. Ho agito bene, ritengo. Meglio di quanto qualsiasi semplice studioso sarebbe stato in grado di fare.

Pensò agli anelli sulle sue dita. Forse potevano dargli un qualche vantaggio, consentirgli di correre. Fuggire. Tuttavia non riusciva a trovare la motivazione.

Perché resistere? Perché mai aveva resistito? Aveva saputo che erano condannati.

Ti sbagli sul mio conto, Tindwyl, pensò. Mi arrendo, a volte. Ho abbandonato questa città molto tempo fa.

Il koloss torreggiò sopra Sazed, che era ancora mezzo sdraiato nella poltiglia insanguinata, e sollevò la sua spada. Sopra la spalla della creatura, Sazed potè vedere il sole rosso sospeso proprio in cima alle mura. Si concentrò su quello, piuttosto che sulla spada che calava. Poteva vedere i suoi raggi, come frammenti di vetro nel cielo.

La luce del sole parve brillare, scintillare, giungere per lui. Come se il sole stesso lo stesse accogliendo. Protendendosi in basso per accettare il suo spirito.

E così, muoio...

Una sfavillante gocciolina di luce baluginò nel raggio di sole, poi colpì il koloss proprio sul retro del cranio. La creatura grugnì, irrigidendosi e lasciando cadere la spada. Crollò di lato, e Sazed giacque a terra stupefatto per un momento. Poi alzò lo sguardo verso la sommità delle mura.

Una piccola figura si stagliava contro il sole. Nera contro la luce rossa, indossava un mantello che le svolazzava gentilmente sulla schiena. Sazed sbattè le palpebre.

Quello sfavillio che aveva visto... era stata una moneta, il koloss davanti a lui era morto.

Vin era tornata.

Lei balzò, saltando come solo un allomante era in grado di fare, per librarsi in un arco aggraziato sopra la piazza. Atterrò proprio nel mezzo dei koloss e roteò. Delle monete schizzarono in fuori come insetti arrabbiati, penetrando attraverso carne blu.

Le creature non crollarono facilmente come avrebbero fatto degli umani, ma l'attacco catturò la loro attenzione. I koloss si voltarono dai soldati in fuga e dalla gente inerme.

Gli skaa sul fondo della piazza iniziarono una cantilena. Era un suono bizzarro da sentire nel mezzo di una battaglia. Sazed si mise a sedere, ignorando i dolori e la spossatezza, mentre Vin saltava. Il cancello cittadino all'improvviso sobbalzò, i suoi cardini che si torcevano. I koloss lo avevano già martellato così forte...

Il massiccio portale di legno venne strappato dal muro, Tirato da Vin. Ha un tale potere, pensò Sazed intontito. Deve star Tirando contro qualcosa dietro di sé... ma questo vorrebbe dire che la povera Vin è strattonata fra due ancore pesanti quanto quel cancello.

Eppure lo fece, sollevando il battente con uno sforzo, Tirandolo verso di sé.

L'enorme cancello di legno duro si schiantò fra i ranghi dei koloss, sparpagliando corpi. Vin si contorse con perizia nell'aria, Tirandosi di lato, facendo roteare il battente da una parte come se fosse assicurato a una catena.

I koloss volarono in aria, spezzandosi le ossa, sparsi come schegge davanti a quell'arma gigantesca. In un'unica spazzata, Vin aveva sgombrato l'intero cortile.

Il cancello cadde a terra. Vin atterrò in mezzo a un gruppo di corpi fracassati, scalciando in silenzio il bastone da guerra di un soldato nelle proprie mani. I koloss rimasti fuori dal cancello indugiarono solo brevemente, poi caricarono. Vin iniziò ad attaccare in modo rapido ma preciso. Crani vennero sfondati, con i koloss che cadevano morti nella poltiglia mentre cercavano di oltrepassarla. Lei ruotò, spazzando alcuni di essi al suolo, facendo schizzare fanghiglia rossa densa di cenere su quelli che accorrevano dietro.

Io... io devo fare qualcosa, pensò Sazed, scrollandosi di dosso lo stupore. Era ancora a torso nudo, il freddo ignorato grazie alla sua ottonescorta, che era quasi vuota. Vin continuava a combattere, abbattendo un koloss dopo l'altro. Perfino la sua forza non durerà per sempre. Non può salvare la città.

Sazed si costrinse a mettersi in piedi, poi si mosse verso il fondo della piazza.

Afferrò il vecchio di fronte alla folla di skaa, scrollandolo fino a fargli interrompere la cantilena. «Avevi ragione» esclamò Sazed. «È tornata.»

«Sì, Santo Primo Testimone.»

«Sarà in grado di darci un po' di tempo, ritengo» considerò Sazed. «I koloss hanno fatto irruzione in città. Dobbiamo radunare più gente possibile e fuggire.»

Il vecchio esitò e per un momento Sazed pensò che avrebbe obiettato, che avrebbe affermato che Vin li avrebbe protetti e avrebbe sconfitto l'intero esercito.

Poi, per fortuna, annuì.

«Fuggiremo dal cancello settentrionale» avvertì Sazed con urgenza. «È quello il primo punto da cui i koloss sono entrati in città, perciò è probabile che si siano spostati da Quella zona.»

Lo spero, si augurò Sazed, correndo via per dare l'avviso. Le posizioni difensive di ripiego dovevano essere le fortezze dell'alta nobiltà. Forse avrebbero trovato dei sopravvissuti lì.

Dunque, pensò Breeze, ne viene fuori che sono un codardo.

Non era una rivelazione sorprendente. Aveva sempre detto che per un uomo era importante comprendere sé stesso, ed era sempre stato conscio del proprio egoismo.

Perciò non fu affatto sconcertato di ritrovarsi rannicchiato contro i mattoni che si andavano sfaldando di una vecchia casa skaa, turandosi le orecchie alle urla che provenivano da fuori.

Dov'era adesso l'uomo orgoglioso? L'attento diplomatico, il Sedatore con le sue giacche immacolate? Se riera andato, lasciandosi dietro questo ammasso inutile e tremolante.

Cercò diverse volte di bruciare ottone, di Sedare gli uomini che combattevano di fuori. Ma non riuscì a portare a termine quest'azione così semplice. Non poteva nemmeno muoversi.

A meno che non si considerasse il tremolio come movimento.

Affascinante, rifletté Breeze, come guardando sé stesso dall'esterno, vedendo la pietosa creatura nella giacca lacera e insanguinata. Allora è questo che mi accade quando la tensione diventa troppo forte? È ironico, a suo modo. Ho passato la vita a controllare le emozioni altrui. Ora sono così spaventato che non riesco a far nulla.

Fuori gli scontri continuavano. Andavano avanti da un tempo dannatamente lungo. Quei soldati non sarebbero dovuti essere morti?

«Breeze?»

Non riuscì a muoversi per vedere chi fosse. Sembra Ham. Strano. Anche lui dovrebbe essere morto.

«Lord Reggente!» esclamò Ham, entrando nel suo campo visivo. Portava una fasciatura insanguinata a un braccio. Si accostò prontamente a Breeze. «Breeze, puoi sentirmi?»

«Lo abbiamo visto infilarsi qui, mio signore» spiegò un'altra voce. Un soldato?

«Si è riparato dal combattimento. Potevamo percepirlo Sedarci, però. Ci ha fatto continuare a combattere, perfino quando avremmo desistito. Dopo la morte di lord Cladent...»

Sono un codardo.

Comparve un'altra figura. Sazed, con l'aria preoccupata. «Breeze» lo chiamò Ham inginocchiandosi. «La mia fortezza è caduta e il cancello di Sazed è stato abbattuto.

Non riceviamo nessuna notizia da Dockson da oltre un'ora e abbiamo trovato il corpo di Clubs. Per favore. I koloss stanno distruggendo la città. Ci occorre sapere cosa fare.»

Be', non chiederlo a me, disse Breeze... o provò a dirlo. Quel pensiero gli uscì come un borbottio.

«Non posso trasportarti, Breeze» lo informò Ham. «Il mio braccio è quasi inutile.»

Be', non è un problema, bofonchiò Breeze. Vedi, mio caro, anch'io non penso di essere più di molta utilità. Dovresti andare. È tutto a posto se decidi di lasciarmi qui.

Ham alzò lo sguardo verso Sazed, impotente.

«Sbrighiamoci, lord Hammond» incalzò Sazed. «Possiamo far trasportare i feriti ai soldati. Ci faremo strada fino alla Fortezza Hasting. Forse possiamo trovare rifugio lì. O... forse i koloss saranno abbastanza distratti da lasciarci scivolare fuori dalla città.»

Distratti?, borbottò Breeze. Distratti dall'uccidere altra gente, vuoi dire. Be', in qualche modo è confortante sapere che siamo tutti codardi. Ora, se potessi starmene steso qui un altro po', forse riuscirei a addormentarmi...

E a dimenticare tutto questo.