Egli non era un semplice soldato. Era un vero comandante, un uomo che il fato stesso sembrava sostenere.
27
«D'accordo» disse Straff, posando la forchetta. «Siamo sinceri, ragazzo. Mi manca tanto così dal farti uccidere e basta.»
«Giustiziereste II vostro stesso figlio?» chiese Elend.
Straff si strinse nelle spalle.
«Avete bisogno di me» sottolineò Elend. «Per aiutarvi a combattere Cett. Potete uccidermi, ma non ne otterreste nulla. Dovreste comunque prendere Luthadel con la forza, e Cett sarebbe ancora in grado di attaccare - e sconfiggervi - indeboliti come sarete.»
Straff sorrise, incrociando le braccia e sporgendosi in avanti in modo da incombere sopra il tavolo. «Sei in errore su entrambe le questioni, ragazzo. Primo, penso che se uccidessi te, il governante successivo a Luthadel sarebbe più accomodante. Ho certi interessi nella città che indicano che è proprio così. Secondo, non ho bisogno del tuo aiuto per combattere Cett. Lui e io abbiamo già un patto.»
Elend esitò. «Cosa?»
«Cosa pensi che abbia fatto in queste ultime settimane? Starmene seduto ad aspettare i tuoi capricci? Cett e io d siamo scambiati cortesie. Lui non è interessato alla città: vuole soltanto l'atium. Ci siamo accordati per dividerci quello che troveremo a Luthadel e poi collaborare per prendere II resto dell'Ultimo Impero.
Lui conquisterà le zone a ovest e a nord. Io mi dirigerò a est e a sud. Un uomo davvero accomodante, Cett.»
Sta bluffando, pensò Elend. Ne era quasi certo. Non era così che agiva Straff: non avrebbe stipulato un'alleanza con qualcuno così simile a lui in fatto di forza. Temeva troppo II tradimento.
«Pensate che d creda?» disse Elend.
«Credi quello che vuoi» replicò Straff.
«E l'armata di koloss diretta da questa parte?» chiese Elend, giocando uno dei suoi assi nella manica.
Questo fece indugiare Straff.
«Se volete prendere Luthadel prima che quei koloss arrivino qui, padre,» spiegò Elend «penso che dovreste essere un po' più accomodante verso l'uomo venuto qui a offrirvi tutto quello che volete. Chiedo solo una cosa: lasciatemi avere una vittoria.
Lasciatemi combattere Cett, mettere al sicuro la mia eredità. Poi potrete avere la città.»
Straff d pensò su per così tanto tempo che Elend osò sperare di avere vinto. Poi, però, scosse il capo. «No, penso di no. Correrò i miei rischi con Cett. Non so perché sia disposto a lasciarmi Luthadel, ma pare che non gliene importi molto.»
«E a voi sì?» chiese Elend. «Sapete che non abbiamo l'atium. Che importanza ha la città per voi adesso?»
Straff si sporse ancora un po' più avanti. Elend poteva sentire l'odore del suo alito, denso delle spezie della cena. «E qui che ti sbagli su di me, ragazzo. È questo II motivo per cui non avresti mai lasciato vivo questo accampamento, perfino se fossi stato in grado di promettermi quell'atium. Ho commesso un errore un anno fa. Se fossi rimasto a Luthadel, d sarei stato io su quel trono. Invece è toccato a te. Non riesco a immaginare perché... suppongo che un Venture debole fosse comunque migliore delle alternative.»
Straff era tutto ciò che Elend odiava del vecchio impero. Presuntuoso. Crudele.
Arrogante.
Debolezza, pensò Elend, calmandosi. Non posso apparire minaccioso. Scrollò le spalle. «È solo una città, padre. Per come la vedo io, non vale nemmeno la metà del vostro esercito.»
«E più di una città» replicò Straff. «È la città del lord Reggente... e in essa c'è la mia casa. La mia fortezza. A quanto ho saputo, la stai usando come tuo palazzo.»
«Non è che avessi altro posto dove andare.»
Straff tornò al proprio pasto. «D'accordo» confessò mentre tagliava la bistecca.
«Sulle prime pensavo che fossi un idiota a venire qui stasera, ma ora non ne sono certo. Devi aver capito l'invitabile.»
«Voi siete più forte» ribatté Elend. «Non posso oppormi a voi.»
Straff annuì. «Tu mi hai colpito, ragazzo. Indossare un abbigliamento appropriato, farti un'amante Mistborn, mantenere il controllo della città. Ti lascerò vivere.»
«Grazie» disse Elend.
«E, in cambio, tu mi darai Luthadel.»
«Non appena Cett sarà stato sconfitto.»
Straff rise. «No, non è così che funzionano le cose, ragazzo. Noi non stiamo negoziando. Tu stai ascoltando i miei ordini. Domani cavalcheremo assieme verso la città, e tu comanderai che vengano aperti i cancelli. Io marcerò dentro con il mio esercito e ne assumerò il controllo, e Luthadel diventerà la nuova capitale del mio regno. Se righi dritto e fai come ti dico, ti nominerò di nuovo mio erede.»
«Non possiamo farlo» obiettò Elend. «Ho lasciato ordini che i cancelli non venissero aperti a voi, in nessuna circostanza.»
Straff indugiò.
«I miei consiglieri hanno pensato che potreste tentare di usare Vin come ostaggio, costringendomi a cedervi la città» spiegò Elend. «Se andiamo assieme, supporranno che mi state minacciando.»
L'umore di Straff si rabbuiò. «Farai meglio a sperare che non lo facciano.»
«Lo faranno» pronosticò Elend. «Conosco quegli uomini, padre. Non vedono l'ora di sottrarmi II controllo della città.»
«Allora perché venire qui?»
«Per fare ciò che ho detto» rispose Elend. «Negoziare un'alleanza contro Cett.
Posso consegnarvi Luthadel, ma mi serve ancora tempo. Sconfiggiamo Cett prima.»
Straff afferrò il coltello per l'impugnatura e lo conficcò nel tavolo. «Ho detto che questo non è un negoziato! Tu non fai richieste, ragazzo. Potrei farti uccidere!»
«Sto solo enunciando i fatti, padre» si affrettò a dire Elend. «Non voglio...»
«Ti sei fatto mellifluo» notò Straff stringendo gli occhi. «Cosa speravi di ottenere con questo gioco? Venendo nel mio accampamento... senza portare nulla da offrire...» Si interruppe, poi continuò. «Nulla da offrire tranne quella ragazza. Una creaturina graziosa, graziosa davvero.»
Elend arrossì. «Questo non vi farà entrare in città. Ricordate che i miei consiglieri hanno pensato che avreste potuto minacciarla.»
«Bene» sbottò Straff. «Tu muori; io prendo la città con la forza.»
«E Cett vi attacca da dietro» continuò Elend. «Bloccandovi contro le nostre mura e costringendovi a combattere circondati.»
«Subirebbe pesanti perdite» gli fece notare Straff. «Non sarebbe in grado di prendere e mantenere la città, dopo.»
«Perfino con forze ridotte, avrebbe maggiori probabilità di strapparla a noi di quante ne avrebbe se aspettasse e poi cercasse di prenderla a voi.»
Straff si alzò in piedi. «Dovrò correre quel rischio. Ti ho lasciato indietro già una volta. Non ho intenzione di lasciarti in giro di nuovo, ragazzo. Quei maledetti skaa avrebbero dovuto ucciderti e liberarmi dalla tua presenza.»
Anche Elend si alzò. Poteva vedere la determinazione negli occhi di Straff.
Non sta funzionando, pensò Elend, iniziando a farsi prendere dal panico. Il piano era stato un azzardo, ma lui non aveva mai pensato che sarebbe fallito. In effetti aveva giocato bene le proprie carte. Ma c'era qualcosa di sbagliato... qualcosa che non aveva previsto e che ancora non capiva. Perché Straff stava opponendo una tale resistenza?
Sono troppo nuovo a tutto questo, rifletté Elend. Ironia della sorte, se avesse lasciato che suo padre lo addestrasse meglio quand'era bambino, forse sarebbe stato in grado di sapere dove aveva sbagliato. Così come stavano le cose, si rese conto all'improvviso della gravità della situazione. Circondato da un esercito ostile.
Separato da Vin.
Sarebbe morto.
«Aspettate! » esclamò Elend in tono disperato.
«Ah» disse Straff, sorridendo. «Finalmente hai capito in cosa ti sei cacciato?»
C'era compiacimento nel suo sorriso Entusiasmo. In lui c'era sempre stato qualcosa che godeva nel far del male agli altri, anche se Elend l'aveva provato di rado sulla propria pelle. A fermare Straff c'era sempre stato il decoro.
Decoro imposto dal lord Reggente. In quel momento, Elend vide una luce omicida negli occhi di suo padre.
«Non avete mai avuto intenzione di lasciarmi vivere» comprese Elend. «Perfino se vi avessi dato l'atium, perfino se fossi andato con voi in città.»
«Eri morto nel momento in cui ho deciso di marciare qui» disse Straff. «Ragazzo idiota. Devo ringraziarti per avermi portato quella ragazza, però. Vedremo se urlerà il mio nome o II tuo quando...»
Elend rise.
Era una risata disperata, una risata per la situazione paradossale in cui si era cacciato, una risata per la sua improvvisa paura e preoccupazione... ma più di ogni altra cosa, era una risata all'idea che Straff cercasse di prendere Vin con la forza.
«Non avete idea di quanto le vostre parole suonino sciocche» disse Elend.
Straff arrossì. «Per questo, ragazzo, sarò ancora più rude con lei.»
«Siete un porco, padre» lo attaccò Elend. «Un uomo malato e disgustoso.
Pensavate di essere una guida brillante, ma eravate a malapena in grado. Avete quasi condotto la vostra casata alla distruzione: solo la morte stessa del lord Reggente vi ha salvato!»
Straff chiamò le sue guardie.
«Potete prendere Luthadel,» disse Elend «ma la perderete! Io posso essere stato un cattivo re, ma voi sarete un sovrano pessimo. Il lord Reggente era un tiranno, ma era anche un genio. Voi non siete nessuna delle due cose. Siete solo un egoista che darà fondo a tutte le sue risorse e poi finirà con un coltello nella schiena.»
Straff indicò Elend mentre i soldati si precipitavano dentro. Elend non fece una piega. Era cresciuto con quell'uomo, era stato allevato da lui, torturato da lui. E, malgrado tutto, non aveva mai detto quello che pensava. Si era ribellato con la meschina timidezza di un adolescente, ma non aveva mai detto la verità.
Era una bella sensazione. La sensazione di aver fatto la cosa giusta.
Forse fare la parte del debole con Straff è stato un errore, pensò. Gli è sempre piaciuto schiacciare le cose.
E all'improvviso Elend seppe cosa doveva fare. Sorrise, guardando Straff negli occhi.
«Uccidetemi, padre,» lo informò «e anche voi morirete.»
«Uccidetemi, padre,» lo informò Elend «e anche voi morirete.»
Vin esitò. Si trovava fuori dalla tenda, nell'oscurità della notte ancora giovane.
Era rimasta II con i soldati di Straff, ma quelli si erano precipitati dentro al suo ordine. Si era spostata nel buio, e ora si trovava sul lato nord della tenda, osservando le forme indistinte muoversi all'interno.
Era stata sul punto di fare irruzione. Elend non stava andando molto bene... non che fosse un cattivo negoziatore. Era solo troppo sincero per natura. Non era difficile capire quando stava bluffando, specialmente per chi lo conosceva bene.
Ma la sua ultima dichiarazione era diversa. Non era un segno che Elend stesse tentando di essere scaltro, né uno scoppio d'ira come quello di pochi istanti prima.
All'improvviso pareva calmo e determinato.
Vin attese in silenzio, i suoi pugnali sfoderati, tesa nelle nebbie davanti alla tenda illuminata. Qualcosa le diceva che doveva dare a Elend solo qualche altro istante.
Straff rise alla minaccia di Elend.
«Siete uno sciocco, padre» disse lui. «Pensate che sia venuto qui a negoziare?
Credete che tratterei volontariamente con qualcuno come voi? No. Sapete che non lo farei mai. Sapete che non mi sottometterei mai a voi.»
«Allora perché?» chiese Straff.
Vin poté quasi sentire il sorriso di Elend. «Sono venuto per arrivarvi vicino, padre... e per portare il mio Mistborn nel cuore stesso del vostro accampamento.»
Silenzio.
Infine Straff rise. «Mi minacci con quel fuscello di ragazzina? Se quello è il grande Mistborn di Luthadel di cui ho sentito parlare, allora sono assai deluso.»
«Questo perché lei vuole che la pensiate a questo modo» replicò Elend.
«Pensateci, padre. Eravate sospettoso, e la ragazza ha confermato quei sospetti. Ma se e così abile come dicono le voci - e so che avete sentito le voci - allora come mai avete percepito il suo tocco sulle vostre emozioni?
«L'avete scoperta a Sedarvi, Perciò gliel'avete rinfacciato. Poi non avete più percepito il tocco, e ne avete desunto di averla intimidita. Ma, dopo questo, avete iniziato a sentirvi fiducioso. A vostro agio. Non avete più considerato Vin una minaccia... ma quale uomo razionale lo avrebbe fatto con un Mistborn, non importa quanto minuto o silenzioso? In effetti si potrebbe pensare che le persone minute e silenziose siano gli assassini a cui prestare maggior attenzione.»
Vin sorrise. Astuto, rifletté. Si protese a Sobillare le emozioni di Straff, avvampando il proprio metallo e rinfocolando la sua sensazione di rabbia. Lui annaspò per l'improvviso sconcerto. Raccogli l'imbeccata, Elend, pensò.
«Paura» fece Elend.
Lei Sedò la rabbia di Straff e passò alla paura.
«Passione.»
Lei obbedì.
«Calma.»
Lei Sedò via ogni emozione. All'interno della tenda, vide l'ombra di Straff ergersi rigida. Un allomante non poteva costringere una persona a fare alcunché - e di solito Spingere o Tirare forte un'emozione era meno efficace, dal momento che allertava il bersaglio che qualcosa non andava. In questo caso, però, Vin voleva che Straff sapesse per certo che lei stava osservando.
Sorrise, estinguendo lo stagno. Poi bruciò duralluminio e Sedò le emozioni di Straff con una pressione dirompente, spazzando via ogni sensazione dentro di lui.
La sua ombra barcollò sotto quell'attacco.
Un momento più tardi l'ottone di Vin scomparve, e lei riaccese lo stagno, osservando le sagome nere che si stagliavano sulla tela.
«Lei è potente, padre» spiegò Elend. «È più potente di qualsiasi allomante voi abbiate conosciuto. Ha ucciso il lord
Reggente. È stata addestrata dal Sopravvissuto di Hathsin. E se voi uccidete me, lei ucciderà voi.»
Straff si raddrizzò e nella tenda piombò di nuovo il silenzio.
Risuonò un passo. Vin ruotò su sé stessa, abbassandosi e sollevando II pugnale.
Una figura familiare era lì fra le nebbie notturne. «Perché non riesco mai a coglierti di sorpresa?» chiese Zane con calma.
Vin scrollò le spalle e si voltò di nuovo verso la tenda, ma si spostò in modo da tenere d'occhio anche Zane. Lui si avvicinò e si accucciò accanto a lei, osservando le ombre.
«Questa non è una minaccia che ti gioverà a qualcosa» dichiarò infine Straff da dentro. «Tu sarai morto, anche se il tuo Mistborn riuscirà a uccidermi.»
«Ah, padre» fece Elend. «Mi sbagliavo sul vostro interesse per Luthadel.
Comunque, anche voi vi sbagliavate su di me... vi siete sempre sbagliato su di me.
Non mi importa di morire, non se questo può salvare II mio popolo.»
«Cett prenderà la città senza di me» gli fece notare Straff.
«Credo che la mia gente sarà in grado di resistere contro di lui» ribatté Elend.
«Dopotutto, lui ha l'esercito più piccolo.»
«Questa è un'idiozia» sbottò Straff. Ma non ordinò ai suoi soldati di farsi più avanti.
«Uccidetemi e anche voi morirete» ribadì Elend. «E non solo voi. I vostri generali. I vostri capitani. Perfino i vostri stipulatori. Lei ha l'ordine di massacrarvi tutti.»
Zane fece un passo più vicino a Vin, le erbe pressate che costituivano il pavimento del campo scrocchiavano lievemente sotto i suoi piedi. «Ah,» bisbigliò
«astuto. Per quanto II tuo avversario sia forte, non può attaccare se gli punti un pugnale alla gola.»
Zane si sporse ancora più vicino, e Vin alzò lo sguardo verso di lui, le loro facce a pochi centimetri l'una dall'altra. Lui scosse il capo nelle nebbie tenui. «Ma dimmi...
perché quelli come te e me devono sempre usare i pugnali?»
All'interno della tenda, Straff era sempre più preoccupato. «Nessuno è tanto potente, ragazzo,» disse «nemmeno un Mistborn. Lei potrebbe essere in grado di uccidere alcuni dei miei generali, ma non arriverebbe mai a me. Ho il mio Mistborn personale.»
«Ah sì?» disse Elend. «E perché non l'ha uccisa? Perché ha paura di attaccare? Se voi mi uccidete, padre... se voi fate anche solo una mossa verso la mia città, lei inizierà il massacro. Gli uomini moriranno come prigionieri davanti alle fontane in un giorno di esecuzioni.»
«Pensavo avessi detto che lui era superiore a questo genere di cose» sussurrò Zane. «Sostenevi di non essere il suo strumento. Hai detto che non ti avrebbe mai usato come un'assassina...»
Vin si agitò, imbarazzata. «Sta bluffando, Zane» gli spiegò. «Non farebbe mai una cosa del genere.»
«Lei è un'allomante come non ne avete mai visti, padre» disse Elend, la sua voce smorzata dalla tenda. «L'ho vista combattere altri allomanti: nessuno di loro riesce nemmeno a toccarla.»
«È vero?» chiese Zane.
Vin esitò. Elend in effetti non l'aveva mai vista attaccare altri allomanti. «Mi ha visto attaccare alcuni soldati una volta, e gli ho raccontato dei miei combattimenti con altri allomanti.»
«Ah» disse Zane piano. «Allora è solo una piccola bugia. Quelle vanno bene quando si è re. Molte cose vanno bene. Sfruttare una persona per salvare un intero regno... Quale governante non pagherebbe un prezzo così esiguo? La tua libertà in cambio della vittoria.»
«Lui non mi sta usando» ripeté Vin.
Zane si alzò. Vin si voltò leggermente, osservando con attenzione mentre lui camminava nelle nebbie, lontano da tende, torce e soldati. Si fermò a poca distanza, alzando lo sguardo. Perfino con la luce di tende e fuochi, l'accampamento era stato reclamato dalle nebbie. Vorticavano tutt'attorno a loro. Da dentro, la luce delle torce e dei fuochi da campo pareva insignificante. Come braci morenti.
«Cos'è questo per lui?» chiese Zane piano, facendo un ampio gesto con la mano attorno a sé. «Riesce a comprendere le nebbie? Riesce a comprendere te?»
«Lui mi ama» replicò Vin, tornando a guardare le sagome dentro la tenda. Si erano acquietate per un momento, con Straff che stava evidentemente riflettendo sulle minacce di Elend.
«Lui ama te?» chiese Zane. «O ama avere te?»
«Elend non è così» lo difese Vin. «È un brav'uomo.»
«Bravo o no, tu non sei come lui» disse Zane, la sua voce che riecheggiava nella notte alle sue orecchie potenziate dallo stagno. «Può capire com'è essere uno di noi?
Può sapere quello che noi sappiamo, amare quello che noi amiamo? Ha mai visto quelle?» Zane fece un gesto verso l'alto, verso Il cielo. Molto oltre le nebbie, delle luci scintillavano lassù, come piccole lentiggini. Stelle, invisibili a un occhio normale. Solo una persona che bruciava stagno poteva penetrare le nebbie e vederle brillare.
Vin si ricordò la prima volta che Kelsier gliele aveva mostrate. Si ricordava, era rimasta sbalordita che le stelle fossero Il da sempre, invisibili oltre le nebbie...
Zane continuò a indicare verso l'alto. «Lord Reggente!» mormorò Vin, facendo un piccolo passo lontano dalla tenda. Attraverso le nebbie vorticanti, nella luce riflessa della tenda, poteva vedere qualcosa sul braccio di Zane.
La pelle era coperta di sottili strisce bianche. Cicatrici.
Zane abbassò immediatamente il braccio, nascondendo la carne deturpata con la manica.
«Tu eri nelle Fosse di Hathsin» comprese Vin lentamente. «Come Kelsier.»
Zane distolse lo sguardo.
«Mi spiace» disse Vin.
Zane si voltò di nuovo verso di lei, sorridendo nella notte. Era un sorriso deciso e fiducioso. Si fece avanti, «lo ti comprendo, Vin
Poi le rivolse un leggero inchino e balzò via, sparendo nelle nebbie. All'interno della stanza, Straff parlò a Elend.
«Via. Vattene di qui.»
La carrozza si allontanò. Straff si trovava fuori dalla sua tenda, incurante delle nebbie, si sentiva ancora un po' sconcertato.
L'ho lasciato andare. Perché l'ho lasciato andare?, pensò.
Eppure - perfino ora - poteva sentire la pressione del suo tocco contro di lui.
Un'emozione dopo l'altra, come un infido gorgo dentro di lui, e poi... nulla. Come una mano imponente che gli afferrava l'anima e la stritolava, costringendola a una dolorosa sottomissione. Le stesse sensazioni che porta con sé la morte, aveva pensato.
Nessun allomante poteva essere così potente.
Zane la rispetta, pensò Straff. E tutti dicono che ha ucciso il lord Reggente.
Quell'esserino minuto... Non può essere.
Pareva impossibile. E, a quanto sembrava, era proprio il modo in cui lei aveva voluto apparire.
Tutto era andato così bene. Le informazioni fomite dalla spia kandra di Zane erano state molto precise: Elend aveva tentato di stipulare un'alleanza. La cosa terrificante a tale proposito era che Straff avrebbe potuto acconsentire, ritenendo che Elend non avesse alcuna rilevanza, se la spia non lo avesse avvertito al riguardo.
Malgrado questo, Elend l'aveva battuto. Straff era preparato a quella loro finta manifestazione di debolezza, ed era stato comunque sconfitto.
Lei è così potente, pensò Straff.
Una figura in nero sbucò dalle nebbie e si avvicinò a Straff. «Pare che abbiate visto un fantasma, padre» notò Zane con un sorriso. «Il vostro, forse?»
«C'era qualcun altro là fuori, Zane?» chiese Straff, troppo scosso per controbattere. «Un'altra coppia di Mistborn, forse, ad aiutarla?»
Zane scosse II capo. «No. Lei è davvero forte.» Si voltò per tornare fra le nebbie.
«Zane!» esclamò Straff, facendo fermare l'uomo. «Dobbiamo cambiare piani.
Voglio che tu la uccida.»
Zane si voltò. «Ma...»
«È troppo pericolosa. In più, ora abbiamo l'informazione che volevamo ottenere da lei. Non hanno l'atium.»
«Ci credete?» domandò Zane.
Straff indugiò. Dopo il modo accurato in cui era stato manipolato questa sera, non aveva intenzione di credere a niente di quello che aveva appreso. «No» decise. «Ma lo troveremo in un altro modo. Voglio la ragazza morta, Zane.»
«Attaccheremo la città per davvero, allora?»
Straff fu sul punto di dare l'ordine proprio in quel momento, comandando all'esercito di prepararsi per un assalto mattutino. L'attacco preliminare era andato bene, mostrando che le difese erano tutt'altro che massicce. Poteva prendere quelle mura, poi usarle contro Cett.
Però le ultime parole di Elend prima di andarsene quella sera lo fecero fermare.
'Mandate i vostri eserciti contro la mia città, padre,' aveva detto il ragazzo 'e morirete. Avete percepito il suo potere: sapete quello che è in grado di fare. Potete provare a nascondervi, potete perfino conquistare la mia città, ma lei vi troverà e vi ucciderà. La vostra sola alternativa è aspettare. Vi contatterò io quando II mio esercito sarà pronto ad attaccare Cett. Colpiremo assieme, come vi ho detto prima.'
Straff non poteva essere subordinato a questo. Il ragazzo era cambiato: era diventato forte. Se Straff ed Elend avessero attaccato assieme, Straff non si faceva illusioni sulla rapidità con cui sarebbe stato tradito. Ma non poteva attaccare Luthadel finché quella ragazza era viva. Non ora che conosceva la sua forza, non dopo aver percepito il tocco di lei sulle sue emozioni.
«No» rispose infine alla domanda di Zane. «Non attaccheremo. Non finché non l'avrai uccisa.»
«Potrebbe essere più difficile di quanto pensiate, padre» replicò Zane. «Avrò bisogno di aiuto.»
«Che genere di aiuto?»
«Una squadra d'assalto. Allomanti che non possono essere rintracciati.»
Zane stava parlando di un gruppo in particolare. La maggior parte degli allomanti era facile da identificare per via del lignaggio nobile. Straff, però, aveva accesso ad alcune risorse spedali. C'era una ragione per cui aveva così tante amanti, dozzine e dozzine. Alcuni pensavano che fosse solo per lussuria.
Non era affatto questo. Più amanti volevano dire più figli. E più figli, nati da un'alta discendenza nobiliare come la sua, volevano dire più allomanti. Aveva generato solo un Mistborn, ma c'erano molti Misting.
«Sarà fatto» accordò Straff.
«Potrebbero non sopravvivere allo scontro, padre» lo avvertì Zane, ancora fra le nebbie.
Quella terribile sensazione tornò. Un senso di vuoto, l'orribile consapevolezza che qualcun altro aveva il controllo completo e totale sulle sue emozioni. Nessuno avrebbe dovuto disporre di così tanto potere su di lui. Specialmente non Elend.
Dovrebbe essere morto. È venuto dritto da me. E io l'ho lasciato andare, pensò.
«Sbarazzati di lei» ordinò Straff «Fa' qualunque cosa sia necessaria. Qualunque.»
Zane annuì, poi si allontanò con passo compiaciuto.
Straff tornò alla sua tenda e mandò di nuovo a chiamare Hoselle. Assomigliava abbastanza alla ragazza di Elend. Gli avrebbe fatto bene ricordare a sé stesso che la maggior parte delle volte era lui ad avere il controllo.
Elend si appoggiò contro lo schienale del sedile della carrozza, un poco stordito.
Sono ancora vivo!, pensò con crescente eccitazione. Ce l'ho fatta! Ho convinto Straff a lasciar stare la città.
Per un po', almeno. La sicurezza di Luthadel dipendeva dal fatto che Straff fosse spaventato da Vin. Ma... be', per Elend ogni vittoria era enorme. Non aveva deluso il suo popolo. Era il loro re, e il suo piano - per quanto folle potesse sembrare aveva funzionato. La coroncina sulla sua testa all'improvviso non parve pesante quanto prima.
Vin sedeva di fronte a lui. Non pareva tanto contenta quanto sarebbe potuta essere.
«Ce l'abbiamo fatta, Vin!» esclamò Elend. «Non è stato come avevamo pianificato, ma ha funzionato. Straff non oserà attaccare la città ora.»
Lei annuì in silenzio.
Elend si accigliò. «Uhm, è grazie a te che la città sarà al sicuro. Lo sai questo, vero? Se non fossi stata II... be', ovviamente, se non fosse stato per te, tutto quanto l'Ultimo Impero sarebbe ancora in schiavitù.»
«Perché io ho ucciso il lord Reggente» disse lei piano.
Elend annuì.
«Ma è stato II piano di Kelsier - le capacità della banda, la forza di volontà della gente - a liberare l'impero. Io ho solo tenuto in mano il pugnale.»
«Lo fai suonare come una cosa banale, Vin» la rimproverò lui. «Non lo è! Tu sei fantastica come allomante. Ham dice che non riesce a batterti più, nemmeno con un combattimento scorretto, e tu hai tenuto gli assassini lontani dal palazzo. Non c'è nessuno come te in tutto l'Ultimo Impero!»
Stranamente, le sue parole la fecero rannicchiare nell'angolo. Vin si voltò, guardando fuori dal finestrino, gli occhi fissi nelle nebbie. «Grazie» borbottò.
Elend corrugò la fronte. Ogni volta che comincio a pensare di aver capito cosa le passa per la testa..., pensò. Le si avvicinò, cingendola con un braccio. «Vin, cosa c'è che non va?»
Lei era silenziosa; infine scosse la testa, costringendosi a sorridere. «Non è nulla, Elend. Fai bene a essere eccitato. Sei stato geniale là dentro: dubito che Kelsier sarebbe stato in grado di abbindolare Straff in modo tanto astuto.»
Elend sorrise e la tirò più vicino a sé, impaziente mentre la carrozza procedeva verso la città avvolta nel buio. Le porte del Cancello di Stagno si aprirono con esitazione, ed Elend vide un gruppo di uomini appena all'interno del cortile. Ham teneva alta una lanterna nelle nebbie.
Elend non aspettò che la carrozza si fermasse. Aprì la portiera e balzò giù mentre quella si stava ancora arrestando. I suoi amici iniziarono a sorridere entusiasti. I cancelli si chiusero con uno schianto.
«Ha funzionato?» chiese Ham in tono esitante mentre Elend si avvicinava. «Ce l'hai fatta?»
«Più o meno» disse Elend con un sorriso, dando la mano a Ham, Breeze, Dockson e infine a Spook. Perfino il kandra, OreSeur, era lì. Zampettò verso la carrozza, attendendo Vin. «La finta iniziale non è andata così bene: mio padre non voleva saperne di un'alleanza. Ma poi gli ho detto che l'avrei ucciso!»
«Aspetta! In che modo questa sarebbe una buona idea?» chiese Ham.
«Abbiamo trascurato una delle nostre risorse più importanti, amici miei» spiegò Elend mentre Vin scendeva dalla carrozza. Elend si voltò, agitando una mano verso di lei. «Abbiamo un'arma che nessuno di loro può eguagliare! Straff si aspettava che andassi a implorare ed era pronto ad assumere il controllo della situazione. Però, quando gli ho detto cosa sarebbe successo a lui e al suo esercito se avesse suscitato la collera di Vin...»
«Mio caro» lo interruppe Breeze. «Tu sei andato nell'accampamento del sovrano più potente dell'Ultimo Impero e Io hai minacciato?»
«Sì, proprio così.»
«Geniale!»
«Lo so!» esclamò Elend. «Ho detto a mio padre di permettere che io me ne andassi dall'accampamento e di lasciare in pace Luthadel, altrimenti avrei mandato Vin a uccidere lui e tutti i generali del suo esercito.» Mise il braccio attorno a Vin.
Lei sorrise al gruppo, ma Elend capì che c'era ancora qualcosa che la turbava.
Non pensa che io abbia fatto un buon lavoro, rifletté Elend. Ha visto un modo migliore per manipolare Straff, ma non vuole rovinare il mio entusiasmo.
«Be', suppongo che non avremo bisogno di un nuovo re» disse Spook con un sorriso. «Per certi versi non vedevo l'ora di assumere l'incarico...»
Elend rise. «Non intendo lasciare libera la posizione ancora per qualche tempo.
Faremo sapere alla gente che Straff è stato intimidito, seppur temporaneamente.
Questo dovrebbe dare una spintarella al morale. Poi ci occuperemo dell'Assemblea.
Magari approveranno una risoluzione per aspettare fino al mio incontro con Cett, proprio come per Straff.»
«Vogliamo andare a festeggiare a palazzo?» chiese Breeze. «Per quanto apprezzi le nebbie, dubito che il cortile sia un posto appropriato per discutere queste faccende.»
Elend gli diede una pacca sulla spalla e annuì. Ham e Dockson si unirono a lui e Vin, mentre gli altri prendevano la carrozza con cui erano arrivati. Elend guardò in modo strano Dockson mentre saliva in vettura. Di norma l'uomo avrebbe scelto l'altro veicolo, quello in cui non c'era Elend.
«Sinceramente, Elend» commentò Ham mentre si accomodava sul suo sedile.
«Sono impressionato. Ero quasi certo che avremmo dovuto fare una scorreria in quell'accampamento per riportarti indietro.»
Elend sorrise, squadrando Dockson, che si mise a sedere mentre la carrozza cominciava a muoversi. Aprì la sua cartella e ne tirò fuori una busta sigillata. Alzò gli occhi e incontro quelli di Elend. «Questa è stata mandata dai delegati dell'Assemblea per voi poco tempo fa, Vostra Maestà.»
Elend indugiò. Poi la prese e ruppe il sigillo. «Cos'è?»
«Non ne sono sicuro» rispose Dockson. «Ma... ho già iniziato a sentire delle voci.»
Vin si sporse sopra il braccio per leggere di Elend mentre lui esaminava il foglio all'interno della busta. 'Vostra Maestà', diceva.
Questo messaggio è per informarvi che, per votazione unanime, l'Assemblea ha deciso di invocare la clausola di sfiducia dello statuto. Apprezziamo i vostri sforzi nell'interesse della città, ma la situazione attuale richiede un tipo di guida diverso da quello che Vostra Maestà può offrire. Facciamo questo passo senza alcuna ostilità, ma solo con rassegnazione. Non vediamo alternativa e dobbiamo agire per il bene di Luthadel.
Ci rammarichiamo di informarvi di questo tramite lettera.
Era firmata da tutti e ventitré i membri dell'Assemblea.
Elend abbassò il foglio, sbigottito.
«Cosa c'è?» chiese Ham.
«Sono appena stato deposto» comunicò Elend.