Alla fine, il mio orgoglio potrebbe averci condannati tutti.

31

Philen Frandeu non era uno skaa. Non era mai stato uno skaa. Gli skaa fabbricavano cose o le coltivavano. Philen le vendeva. C'era una differenza enorme.

Alcune persone l'avevano chiamato skaa. Perfino ora poteva vedere quella parola negli occhi di qualche altro membro dell'Assemblea. Guardavano Philen e i suoi compagni mercanti con lo stesso sdegno che riservavano agli otto lavoratori skaa dell'Assemblea. Non riuscivano a capire che i due gruppi erano completamente diversi?

Philen si sistemò meglio sulla panca. L'Assemblea non avrebbe almeno dovuto avere dei posti a sedere confortevoli? Stavano aspettando solo pochi delegati; l'alto orologio nell’'angolo indicava che mancavano solo quindici minuti all'inizio della seduta. Stranamente, uno di quelli che ancora dovevano arrivare era lo stesso Venture. Re Elend di solito era sempre in anticipo.

Non è più un re, pensò Philen con un sorriso. Solo il semplice vecchio Elend Venture. Era un brutto nome... non come quello di Philen. Naturalmente, fino a un anno e mezzo prima era stato semplicemente 'Lin'. Philen Frandeu era come si era denominato dopo il Crollo. Adorava il fatto che gli altri avessero preso a chiamarlo con quel nome senza esitazione. Ma perché mai non avrebbe dovuto avere un nome altisonante? Un nome da lord? Philen non era forse capace quanto qualunque dei nobili seduti ai loro posti con aria altera?

Era capace quanto loro. Migliore, perfino. Sì, lo avevano chiamato skaa, ma nel corso di quegli anni erano venuti da lui in caso di necessità, e così i loro ghigni arroganti erano stati privi di potere. Lui aveva visto la loro insicurezza. Avevano avuto bisogno di lui. Un uomo che chiamavano skaa. Ma era stato anche un mercante. Un mercante che non era nobile. Qualcosa che non sarebbe dovuta esistere nel piccolo impero perfetto del lord Reggente.

Ma i mercanti nobili erano costretti a lavorare con gli stipulatori. E dove c'erano gli stipulatoli, non poteva accadere nulla di illegale. Da cui Philen. Lui era stato un...

intermediario, più o meno. Un uomo in grado di organizzare accordi fra parti interessate che, per varie ragioni, volevano evitare gli occhi vigili degli stipulatoli del lord Reggente. Philen non aveva fatto parte di una banda di ladri. No, quello era troppo pericoloso. E troppo banale.

Era nato con un talento per la finanza e il commercio. Dategli due rocce, e per la fine della settimana avrebbe avuto una cava. Dategli il raggio di una ruota, e l'avrebbe scambiato per un'elegante carrozza trainata da cavalli. Due chicchi di grano, e alla fine lui ne avrebbe avuto un carico intero diretto verso i mercati della Dominazione Lontana. I veri nobili avevano effettuato i commerci, ovviamente, ma dietro tutto quanto c'era stato Philen. Un vasto impero personale.

Ma ancora non capivano. Indossava un completo elegante quanto i loro; adesso che poteva commerciare apertamente, era diventato uno degli uomini più ricchi di Luthadel. Eppure i nobili lo ignoravano, solo perché non vantava un lignaggio come il loro.

Be', avrebbero capito. Dopo la seduta di oggi sì che avrebbero capito. Philen guardò fra la folla, cercando con ansia la persona che aveva nascosto lì in mezzo.

Rassicurato, spostò gli occhi verso i nobili dell'Assemblea, che sedevano a chiacchierare a poca distanza. Uno dei loro ultimi membri - lord Ferson Penrod - era appena arrivato. L'anziano salì sulla predella dell'Assemblea, passando davanti agli altri delegati e salutandoli uno dopo l'altro.

«Philen» lo apostrofò Penrod, notandolo. «Un completo nuovo, vedo. Il farsetto rosso ti dona.»

«Lord Penrod! Anche tu hai un ottimo aspetto. Ti sei ristabilito dal malessere dell'altra sera, dunque?»

«Sì, è passato in fretta» rispose il lord, facendo un cenno di assenso con una testa coronata da capelli argentei. «Solo un po' di mal di stomaco.»

Peccato, pensò Philen sorridendo. «Be', faremmo meglio a sederci. Vedo che il giovane Venture non è qui, però...»

«Sì» disse Penrod accigliandosi. Era stato il più difficile da convincere a votare contro Venture: nutriva una sorta di affetto per il ragazzo. Ma alla fine aveva acconsentito. Come tutti.

Penrod proseguì, unendosi agli altri nobili. Il vecchio sciocco probabilmente pensava che avrebbe finito per diventare re. Be', Philen aveva altri piani per quel trono. Non era il suo posteriore a dovercisi sedere, ovviamente: lui non aveva interesse a governare una nazione. Gli sembrava un modo pessimo per fare denaro.

Vendere cose: quello era un modo decisamente migliore. Più stabile, meno rischi di perdere la testa.

Ma Philen aveva dei progetti. Ne aveva sempre. Dovette trattenersi dal guardare di nuovo la folla.

Philen si voltò invece a esaminare l'Assemblea. Erano arrivati tutti tranne Venture. Sette nobili, otto mercanti e otto lavoratori skaa. Si supponeva che quella divisione in tre conferisse maggior potere ai popolani, dato che superavano di gran lunga i nobili. Perfino Venture non aveva capito che i mercanti non erano skaa.

Philen arricciò il naso. Anche se di solito i membri dell'Assemblea si lavavano prima di venire alle sedute, lui poteva sentire la puzza di fucine, opifici e botteghe su di loro. Uomini che fabbricavano cose. Philen si sarebbe dovuto assicurare che fossero rimessi al loro posto, quando tutto questo fosse finito. Un'Assemblea era un'idea interessante, ma doveva essere composta solo da coloro che meritavano quel ruolo. Uomini come Philen.

Lord Philen, pensò. Non manca molto adesso.

Sperava che Elend sarebbe arrivato tardi. Allora forse avrebbero potuto evitare il suo discorso. Philen poteva immaginare comunque come sarebbe andato.

'Ehm... ecco, insomma, questo non è stato giusto. Io dovrei essere re. Ecco, lasciate che vi legga un libro sul perché. Ora, ehm, potete tutti voi per favore dare più denaro agli skaa?'

Philen sorrise.

L'uomo accanto a lui, Getrue, gli diede un colpetto col gomito. «Pensi che si presenterà?» sussurrò.

«Probabilmente no. Deve aver capito che non lo vogliamo. L'abbiamo cacciato, dopotutto, no?»

Getrue scrollò le spalle. Aveva acquistato peso dal Crollo, e molto. «Non so, Lin.

Voglio dire... non era nostra intenzione. È solo che lui... gli eserciti... Dobbiamo avere un re forte, giusto? Qualcuno che impedisca alla città di cadere.»

«Ma certo» rispose Philen. «E non mi chiamo Lin.»

Getrue arrossì. «Spiacente.»

«Abbiamo fatto la cosa giusta» proseguì Philen. «Venture è un uomo debole. Uno sciocco.»

«Io non direi questo» ribatté Getrue. «Ha buone idee.» Getrue abbassò lo sguardo a disagio.

Philen sbuffò, dando un'occhiata all'orologio. Era ora, anche se non riusciva a sentire i rintocchi sopra il frastuono della folla. Le sedute dell'Assemblea erano divenute affollate dalla deposizione di Venture. Le panche erano disposte a ventaglio davanti al palco, piene di persone, perlopiù skaa. Philen non era certo del perché a loro fosse consentito partecipare. Non potevano votare o altro.

Altre sciocchezze del giovane Venture, pensò scuotendo la testa. Proprio sul fondo della stanza - dietro la folla, di fronte al palco - erano situate due ampie porte che lasciavano entrare la rossa luce del sole. Philen fece un cenno verso alcuni uomini, i quali chiusero le porte. La folla si azzittì.

Philen si alzò in piedi per rivolgersi all'Assemblea. «Bene, dal momento che...»

Le porte della sala dell'Assemblea si riaprirono di schianto. Un uomo in bianco si trovava sulla soglia assieme a una piccola folla di persone, stagliandosi nella luce rossa. Elend Venture. Philen inclinò la testa, accigliandosi.

L'ex re incedette, la cappa bianca che svolazzava dietro di lui. Il Mistborn era al suo fianco, come al solito, ma indossava un vestito lungo. Dalle poche volte che Philen aveva parlato con lei, si sarebbe aspettato che sembrasse goffa in un abito da nobildonna. Eppure sembrava portarlo bene, camminando con passo aggraziato. In effetti pareva piuttosto attraente.

Almeno fin quando Philen non incontrò i suoi occhi. Non riservò uno sguardo cordiale ai delegati dell'Assemblea, e Philen si voltò dall'altra parte. Venture aveva portato tutti questi suoi allomanti con sé: gli ex membri della banda del Sopravvissuto. A quanto pareva, Elend voleva ricordare a chiunque chi erano i suoi amici.

Uomini potenti. Uomini spaventosi.

Uomini che uccidevano dèi.

Ed Elend aveva non uno, bensì due Terrisiani con sé. Una era solo una donna -

Philen non aveva mai visto una Terrisiana prima - tuttavia faceva la sua impressione. Tutti avevano sentito di come i maggiordomi avevano abbandonato i loro padroni dopo il Crollo: si rifiutavano di continuare a lavorare come servi. Dove aveva trovato Venture non uno, ma due di quei maggiordomi con le vesti colorate a servirlo?

La folla sedeva in silenzio, osservando Venture. Alcuni sembravano a disagio.

Come dovevano trattare quest'uomo? Altri parevano... in soggezione? Era davvero così? Chi sarebbe rimasto in soggezione davanti a Elend Venture, perfino se l'Elend Venture in questione era rasato, con i capelli ben tagliati, indossava abiti nuovi e...?

Philen si accigliò. Era un bastone da duello quello che il re portava? E aveva un caccialupi al suo fianco?

Non è più re! ricordò Philen a sé stesso.

Venture raggiunse con ampie falcate il palco dell'Assemblea. Si voltò, facendo cenno ai suoi compagni - ce n'erano otto - di sedersi con le guardie. Venture poi si voltò e guardò Philen. «Philen, vuoi dire qualcosa?»

Philen si rese conto di essere ancora in piedi. «Io... stavo solo...»

«Sei II cancelliere dell'Assemblea?» chiese Elend.

Philen esitò. «Cancelliere?»

«Il re presiede alle sedute dell'Assemblea» spiegò Elend. «Ora non abbiamo un re, perciò, per legge, l'Assemblea avrebbe dovuto eleggere un cancelliere a chiamare gli oratori, stabilire la ripartizione del tempo degli interventi e rompere lo stallo in caso di parità nei voti.» Si soffermò a squadrare Philen. «È necessario che qualcuno comandi. Altrimenti è il caos.»

Non volendo, Philen si innervosì. Venture sapeva forse che era stato lui a organizzare il voto per deporlo? No, non lo sapeva... non poteva saperlo. Stava guardando negli occhi ciascun membro dell'Assemblea a turno. Non c'era nulla del ragazzo gioviale e insignificante che aveva partecipato a quelle sedute prima. In quell'uniforme militare, deciso invece che esitante, sembrava quasi una persona diversa.

Hai trovato un istruttore, sembra, pensò Philen. Un po' troppo tardi. Aspetta e vedrai.

Philen si mise a sedere. «In realtà non abbiamo avuto occasione di scegliere un cancelliere» si giustificò. «Ci stavamo giusto arrivando.»

Elend annuì, una dozzina di istruzioni diverse che gli sbatacchiavano nella testa.

Mantieni il contatto visivo, si ripetè. Usa espressioni ferme ma sottili. Non apparire mai affrettato, ma non sembrare esitante. Siediti senza dimenarti, non agitarti, usa una postura eretta, non chiudere le mani a pugno quando sei nervoso...

Scoccò una rapida occhiata a Tindwyl. Lei gli rivolse un cenno d'assenso.

Rimettiti all'opera, El, si disse. Lascia che percepiscano le differenze in te.

Si diresse verso il suo posto, salutando gli altri sette nobili dell'Assemblea con un cenno del capo. «Molto bene» esordì, prendendo il sopravvento. «Allora posso nominare un cancelliere?»

«Te stesso?» chiese Dridel, uno dei nobili; il suo ghigno sembrava stampato in faccia, a quanto Elend poteva vedere. Era un'espressione sufficientemente appropriata per una persona con quel volto spigoloso e i capelli scuri.

«No» disse Elend. «Nei lavori di oggi la mia posizione non è certo imparziale.

Perciò nomino lord Penrod. È l'uomo più onorevole che potremmo trovare, e penso che possiamo fidarci di lui come mediatore delle nostre discussioni.»

Il gruppo rimase in silenzio per un momento.

«Sembra logico» acconsentì infine Hettel, un operaio di una fucina.

«Tutti a favore?» chiese Elend, alzando la mano. Ottenne ben diciotto consensi: tutti gli skaa, buona parte della nobiltà e solo uno dei mercanti. Era una maggioranza, comunque.

Elend si voltò verso lord Penrod. «Credo che significhi che hai tu il comando, Ferson.»

L'uomo dignitoso annuì in segno di apprezzamento, poi si alzò per aprire formalmente la seduta, un compito che prima spettava a Elend. Gli atteggiamenti di Penrod erano raffinati, la sua postura forte lì in piedi nel suo completo dal taglio elegante. Elend non potè fare a meno di provare un briciolo di gelosia nell'osservare Penrod comportarsi in modo così naturale in quello che Elend si stava sforzando di imparare.

Forse sarebbe un sovrano migliore di me, pensò Elend. Forse...

No, stabilì con decisione. Devo aver fiducia in me stesso. Penrod è una brava persona e un nobiluomo impeccabile, ma queste cose non lo rendono un capo. Non ha letto quello che ho letto io, e non comprende la teoria legislativa bene quanto me.

È un brav'uomo, ma è comunque un prodotto della sua società: non considera gli skaa alla stregua di animali, ma non sarà mai in grado di vederli come suoi pari.

Penrod terminò i preliminari, poi si voltò verso Elend. «Lord Venture, avete convocato voi questa seduta. Credo che la legge vi conceda l'opportunità di rivolgervi per primo all'Assemblea.»

Elend annuì in segno di ringraziamento, alzandosi in piedi.

«Venti minuti saranno sufficienti?» chiese Penrod.

«Dovrebbero» rispose Elend, superando Penrod mentre si scambiavano di posto.

Elend salì sul leggio. Alla sua destra, dal pavimento della sala provenivano rumori di gente che si muoveva, tossiva, sussurrava. Nella stanza c'era tensione: era la prima volta che Elend affrontava il gruppo che l'aveva tradito.

«Come molti di voi sanno» esordì Elend rivolto agli altri ventitré membri dell'Assemblea «sono tornato di recente da un colloquio con Straff Venture - Il tiranno che, purtroppo, è mio padre. Vorrei farvi un resoconto di questo incontro.

Tenete a mente che, dal momento che questa è una seduta aperta, lo modificherò in modo da evitare di menzionare particolari che possano mettere a rischio la sicurezza nazionale.»

Indugiò appena un momento e vide gli sguardi confusi che si era atteso. Alla fine, Philen il mercante si schiarì la gola.

«Sì, Philen?» chiese Elend.

«Tutto questo è lodevole, Elend» disse Philen. «Ma non hai intenzione di discutere della faccenda che ci ha portato qui?»

«Il motivo per cui ci riuniamo, Philen,» controbatté Elend «è per discutere di come mantenere Luthadel prospera e al sicuro. Credo che la gente si preoccupi più degli eserciti, e il nostro compito primario sia occuparci delle loro inquietudini. Le questioni di chi sia alla guida dell'Assemblea possono attendere.»

«Io... capisco» disse Philen, evidentemente confuso.

«Il tempo è vostro, lord Venture» gli venne in aiuto Penrod. «Procedete come volete.»

«Grazie, Cancelliere» disse Elend. «Voglio mettere bene in chiaro che mio padre non attaccherà la città. Posso capire perché la gente sia preoccupata, in particolare per l'assalto preliminare della scorsa settimana alle nostre mura. Quello, però, non era che una prova: Straff teme di impegnare tutte le sue risorse in un attacco in piena regola.

«Durante il nostro incontro, Straff mi ha detto di aver stipulato un'alleanza con Cett. Comunque, credo che questo non sia altro che un inganno, anche se provvisto di denti. Sospetto che in effetti stesse progettando di attaccarci, malgrado la presenza di Cett. Quell'attacco è stato evitato.»

«Perché?» chiese uno dei rappresentanti dei lavoratori. «Perché sei suo figlio?»

«No, in effetti» disse Elend. «Straff non è una persona che lasci che i legami familiari interferiscano con la sua determinazione.» Elend si interruppe, lanciando un'occhiata a Vin. Stava cominciando a capire che non le piaceva essere quella che puntava il coltello alla gola di Straff, ma gli aveva dato II permesso di parlare di lei nel suo discorso.

Tuttavia...

Ha detto che andava bene, ricordò Elend a sé stesso. Non sto scegliendo II dovere al suo posto!

«Andiamo, Elend» disse Philen. «Smettila con la commedia. Cos'hai promesso a Straff perché tenesse le sue armate fuori dalla città?»

«L'ho minacciato» rispose Elend. «Miei colleghi delegati, quando ho affrontato mio padre durante il colloquio, mi sono reso conto che noi - tutti quanti - in generale abbiamo ignorato una delle nostre risorse più importanti. Ci reputiamo un organo onorevole, creato dal mandato del popolo. Però non siamo qui per qualcosa che noi abbiamo fatto. C'è solo una ragione per cui ricopriamo i nostri ruoli... e quella ragione è il Sopravvissuto di Hathsin.»

Elend guardò i membri dell'Assemblea negli occhi mentre continuava. «Sospetto che, a volte, molti di voi si siano sentiti come me. Il Sopravvissuto è già una leggenda, una che non possiamo sperare di emulare. Ha potere su questa gente, un potere più forte del nostro, anche se è morto. Noi siamo gelosi, insicuri perfino.

Queste sono sensazioni naturali, umane. I governanti le sentono in modo intenso quanto le altre persone... forse ancor di più.

«Gentiluomini, non possiamo permetterci di continuare a pensarla a questo modo.

L'eredità del Sopravvissuto non appartiene a un solo gruppo, né solo a questa città.

Egli è il nostro progenitore, Il padre di ogni persona libera in questa terra. Che accettiate o no la sua autorità religiosa, dovete ammettere che senza il suo coraggio e il suo sacrificio, ora non godremmo della nostra attuale libertà.»

«Questo cos'ha a che fare con Straff?» sbottò Philen.

«Tutto» rispose Elend. «Poiché, anche se il Sopravvissuto se n'è andato, la sua eredità rimane. Nello specifico, nella forma della sua apprendista.» Elend fece un cenno col capo verso Vin. «Lei è il Mistborn più potente che esista... qualcosa che adesso Straff conosce in prima persona. Gentiluomini, conosco il carattere di mio padre. Non attaccherà questa città finché temerà una punizione da parte di qualcuno che non può fermare. Ora si rende conto che, se attacca, incorrerà nell'ira dell'erede del Sopravvissuto, un'ira che nemmeno il lord Reggente ha potuto sopportare.»

Elend fece silenzio, ascoltando le conversazioni sussurrate che si muovevano fra la folla. La notizia di quanto aveva appena detto avrebbe raggiunto la popolazione e l'avrebbe rinvigorita. Forse quella notizia sarebbe giunta perfino all'esercito di Straff attraverso le spie che Elend era certo fossero fra il pubblico. Aveva notato seduto fra la folla l'allomante di suo padre, l'uomo di nome Zane.

E quando quella notizia avesse raggiunto l'esercito di Straff, quegli uomini ci avrebbero pensato due volte prima di obbedire a qualunque ordine di attaccare. Chi avrebbe voluto affrontare la stessa forza che aveva distrutto il lord Reggente? Era una speranza debole - probabilmente gli uomini dell'esercito di Straff non credevano a tutte le storie che provenivano da Luthadel - ma anche un piccolo calo nel morale di quegli uomini avrebbe giovato.

Anche il fatto che Elend si avvicinasse maggiormente al Sopravvissuto sarebbe stato un bene. Doveva solo superare la sua insicurezza; Kelsier era stato un grand'uomo, ma ora non c'era più. Elend avrebbe dovuto fare del suo meglio in modo che l'eredità del Sopravvissuto continuasse.

Poiché questo rappresentava il meglio per il suo popolo.

Vin sedeva con un nodo allo stomaco, ascoltando il discorso di Elend.

«Questo non ti crea problemi?» le sussurrò Ham, sporgendosi verso di lei mentre Elend forniva un resoconto più dettagliato della sua visita a Straff.

Vin si strinse nelle spalle. «Qualunque cosa può aiutare il regno.»

«Non sei mai stata a tuo agio col modo in cui Kell si poneva nei confronti degli skaa... nessuno di noi lo era.»

«È quello che serve a Elend» assicurò Vin.

Tindwyl, che sedeva proprio davanti a loro, si voltò e le rivolse un'occhiataccia.

Vin si aspettava qualche recriminazione per aver bisbigliato durante i lavori dell'Assemblea, ma apparentemente la Terrisiana aveva in mente un diverso tipo di punizione.

«Il re» si riferiva ancora a Elend in quel modo «ha bisogno di questo legame col Sopravvissuto. Elend ha poca autorità su cui contare, e attualmente Kelsier è l'uomo più amato e più conosciuto della Dominazione Centrale. Suggerendo che il governo è stato fondato dal Sopravvissuto, il re farà in modo che la gente ci pensi due volte prima di interferire con esso.»

Ham annuì pensieroso. Vin abbassò lo sguardo, però. Qual è il problema? Poco fa mi stavo cominciando a domandare se fossi il Campione delle Ere, e ora mi preoccupo per la notorietà che Elend mi sta dando?, si chiese.

Si sedette a disagio, bruciando bronzo, percependo la pulsazione distante.

Diventava sempre più forte...

Smettila! si disse. Sazed non pensa che II Campione possa tornare, e lui conosce le storie meglio di chiunque altro. Era un pensiero sciocco, comunque. Devo concentrarmi su cosa sta accadendo qui.

Dopotutto, Zane era fra II pubblico.

Vin cercò il suo volto verso il fondo della stanza, bruciando appena stagno - non tanto da accecarla - in modo da poter esaminare le sue fattezze. Non la stava guardando, ma osservava l'Assemblea. Era lì su ordine di Straff o per conto proprio?

Senza dubbio sia Straff che Cett avevano alcune spie fra il pubblico... e naturalmente anche Ham aveva inserito delle guardie fra la gente. Zane la innervosiva, però. Perché non si girava verso di lei? Non era...

Zane incontrò i suoi occhi. Accennò un sorriso, poi tornò a studiare Elend.

Vin sentì un brivido. Allora questo voleva dire che non la stava ignorando?

Concentrati!, si disse. Devi prestare attenzione a ciò che sta dicendo Elend.

Lui aveva quasi finito, comunque. Terminò il discorso con alcuni commenti su come pensava che potessero tenere a bada Straff. Di nuovo, non poteva essere troppo specifico - non senza rivelare informazioni segrete. Lanciò un'occhiata al grosso orologio nell'angolo: aveva finito con tre minuti di anticipo, e fece per lasciare II leggio.

Lord Penrod si schiarì la gola. «Elend, non ti stai dimenticando qualcosa?»

Elend si fermò, poi tornò a guardare l'Assemblea. «Cos'è che tutti voi volete che dica?»

«Non hai nessuna reazione?» chiese uno dei lavoratori skaa. «Su... quello che è successo nell'ultima seduta?»

«Avete ricevuto la mia missiva» rispose Elend. «Sapete come la penso sulla faccenda. Comunque, questa pubblica tribuna non è II luogo adatto per accuse o denunce. L'Assemblea è un organo troppo nobile per questo genere di cose. Avrei auspicato che l'Assemblea non avesse scelto di esternare le sue preoccupazioni in un momento di pericolo, ma non possiamo cambiare l'accaduto.»

Elend fece di nuovo per andare a sedersi.

«Tutto qua?» chiese uno degli skaa. «Non hai nemmeno intenzione di prendere le tue difese e cercare di persuaderà a reintegrarti?»

Elend si fermò di nuovo. «No» ribadì. «No, non penso che lo farò. Avete espresso chiaramente le vostre opinioni e io sono deluso. Però voi siete i rappresentanti scelti dal popolo. Io credo nel potere che vi è stato dato.

«Se avete domande o rivendicazioni, sarò lieto di difendermi. Ma non ho intenzione di starmene a predicare le mie virtù. Mi conoscete tutti. Sapete cosa posso e cosa intendo fare per questa città e per la popolazione dei dintorni. Che sia questa la mia argomentazione.»

Tornò al suo posto. Vin poteva vedere un accenno di cipiglio sul volto di Tindwyl. Elend non aveva letto il discorso che avevano preparato assieme, un'arringa che conteneva le argomentazioni che l'Assemblea stava ovviamente aspettando.

Perché questo cambiamento?, si domandò Vin. Era evidente che Tindwyl non la riteneva una buona idea. Eppure, stranamente, Vin si ritrovò a fidarsi degli istinti di Elend più di quelli di Tindwyl.

«Bene» disse lord Penrod, avvicinandosi di nuovo al leggio.

«Grazie per il rapporto, lord Venture. Non sono certo che ci siano altri punti all'ordine del giorno...»

«Lord Penrod?» chiese Elend.

«Sì?»

«Forse dovreste raccogliere le candidature?» Lord Penrod aggrottò la fronte.

«Le candidature come re, Penrod» sbottò Philen.

Vin esitò, scrutando il mercante. Pare proprio che abbia qualcosa in mente, notò.

«Sì» confermò Elend, anche lui scrutando Philen. «Affinché l'Assemblea possa scegliere un nuovo re, le candidature devono essere presentate almeno tre giorni prima del voto vero e proprio. Suggerisco di avanzarle ora, in modo che si possa tenere la votazione il più presto possibile. La città soffre ogni giorno che si trova senza un sovrano.»

Elend indugiò, poi sorrise. «A meno che, ovviamente, non intendiate lasciar passare un mese senza scegliere un nuovo re...»

Giusto per confermare che vuole ancora la corona, pensò Vin.

«Grazie, lord Venture» disse Penrod. «Ce ne occuperemo adesso, allora. E come dobbiamo procedere esattamente?»

«Ogni membro dell'Assemblea può avanzare una candida tura, se desidera»

illustrò Elend. «Per non essere sommersi dalle opzioni, raccomanderei a tutti di esercitare moderazione: scegliete solo qualcuno che, in tutta onestà e sincerità, ritenete possa essere il miglior re. Se avete una candidatura da proporre, potete alzarvi e annunciarla al resto del gruppo.»

Penrod annuì, tornando al suo posto. Ma quasi non si era nemmeno seduto che uno degli skaa si alzò in piedi. «Io candido lord Penrod.»

Elend doveva aspettarselo, pensò Vin, dopo aver nominato Penrod cancelliere.

Perché dare una tale autorità all'uomo che sapeva sarebbe stato II suo maggior contendente per il trono?

La risposta era semplice. Perché Elend sapeva che lord Penrod era la scelta migliore come cancelliere. A volte è un po' troppo onorevole, pensò Vin, non per la prima volta. Si voltò a esaminare II delegato skaa che aveva nominato Penrod. Perché gli skaa si affrettavano tanto a unirsi dietro un nobile?

Via sospettava che fosse ancora troppo presto. Gli skaa erano abituati a essere comandati da nobili, e perfino ora che disponevano della libertà, erano tradizionalisti... più tradizionalisti perfino dei nobili stessi. Un lord come Penrod -

calmo, autorevole - pareva di per sé più adatto al titolo di re che non uno skaa.

Dovranno superare questo problema, prima o poi, pensò Vin. Almeno lo faranno se mai diventeranno II popolo che Elend vuole che siano.

La stanza rimase in silenzio, nessun'altra candidatura avanzata. Fra II pubblico qualcuno tossì, ma anche i sussurri adesso erano scemati. Infine, lord Penrod in persona si alzò.

«Io nomino Elend Venture» disse.

«Ah...» mormorò qualcuno dietro di lei.

Vin si voltò, guardando Breeze. «Cosa c'è?» gli sussurrò.

«Geniale» commentò Breeze. «Non capisci? Penrod è un uomo onorevole. O, almeno, onorevole per essere un nobile... il che significa che insiste nell'essere visto come onorevole. Elend ha nominato Penrod come cancelliere...»

Sperando, in cambio, che Penrod si sentisse obbligato a nominare Elend come re, si rese conto Vin. Lanciò un'occhiata a Elend, notando un sorriso appena accennato sulle sue labbra- Aveva davvero architettato quello scambio? Pareva più una mossa da Breeze.

Breeze scosse il capo in un gesto di approvazione. «Non solo Elend non ha nominato sé stesso - cosa che l'avrebbe fatto sembrare disperato - ma ora tutti nell'Assemblea pensano che l'uomo che rispettano, l'uomo che probabilmente sceglierebbero come re, preferirebbe che fosse Elend a detenere il titolo. Geniale.»

Penrod si sedette e la stanza rimase in silenzio. Vin sospettava anche che avesse avanzato la candidatura in modo tale da non correre per il trono senza contendenti.

L'intera Assemblea probabilmente pensava che Elend meritasse un'opportunità per riottenere il suo posto; Penrod era soltanto una persona tanto onorevole da dar voce a quel sentimento.

Ma i mercanti?, pensò Vin. Devono avere il loro piano. Elend pensava che fosse probabile che Philen avesse organizzato il voto contro di lui. Avrebbero voluto mettere uno dei loro sul trono, uno che potesse aprire i cancelli della città a qualunque dei re li stesse manipolando... o a quello che avrebbe pagato di più.

Vin studiò il gruppo di otto uomini, nei loro completi che in qualche modo sembravano ancor più raffinati di quelli dei nobili. Parevano tutti aspettare i capricci di un unico uomo. Cosa stava progettando Philen?

Uno dei mercanti si mosse come per alzarsi, ma Philen gli scoccò un'occhiataccia.

Il mercante non si alzò. Philen rimase seduto in silenzio, un bastone da duello da nobile in grembo. Infine, quando la maggior parte dei presenti aveva notato che i mercanti stavano tutti fissando lui, si mise lentamente in piedi.

«Anch'io ho una candidatura» annunciò.

Ci fu uno sbuffo dal settore skaa. «Ora chi è che sta facendo il melodrammatico, Philen?» lo provocò uno dei delegati. «Avanti, dillo: candida te stesso.»

Philen sollevò un sopracciglio. «In realtà, non ho intenzione di proporre me stesso.»

Vin si accigliò e vide la confusione negli occhi di Elend.

«Anche se apprezzo la gentilezza,» proseguì Philen «non sono che un semplice mercante. No, io penso che il titolo di re dovrebbe andare a qualcuno le cui capacità sono un po' più specializzate. Ditemi, lord Venture, le nostre candidature devono essere di membri dell'Assemblea?»

«No» rispose Elend. «Il re non dev'essere un delegato: io ho accettato questa posizione dopo. Il compito primario del re è quello di creare e poi far applicare la legge. L'Assemblea è solo un organo consultivo con un certo potere di contrappeso.

Il re stesso può essere chiunque... in realtà, il titolo doveva essere ereditario. Non mi aspettavo che... certe clausole venissero invocate così in fretta.»

«Ah, sì» disse Philen. «Bene, allora. Io penso che il titolo dovrebbe andare a qualcuno che ha un po' di dimestichezza con esso. Qualcuno che ha mostrato di avere doti di comando. Pertanto, io candido lord Ashweather Cett come nostro re!»

Cosa?, pensò Vin sconcertata mentre Philen si voltava, facendo un gesto verso il pubblico. Un uomo lì seduto si tolse il suo mantello skaa, poi si tirò giù il cappuccio, rivelando un volto con una barba arruffata.

«Oh, cielo...» disse Breeze.

«È davvero lui?» chiese Vin incredula mentre fra i presenti si diffondevano mormorii.

Breeze annuì. «Oh, è proprio lui. Lord Cett in persona.» Si interruppe, poi la fissò. «Credo che siamo nei guai.»