Dopodiché iniziai a vedere altri problemi.
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«'Scrivo questo resoconto ora'» lesse Sazed ad alta voce «'incidendolo in una lastra di metallo, perché ho paura. Paura per me stesso, sì: ammetto di essere umano.
Se Alendi tornerà dal Pozzo dell'Ascensione, sono certo che la mia morte sarà uno dei suoi primi obiettivi. Non è un uomo malvagio, ma è spietato. Questo, ritengo, è un prodotto di ciò che ha vissuto.'»
«Coincide con quello che sappiamo di Alendi dal diario» disse Tindwyl. «Sempre che sia stato Alendi l'autore di quel libro.»
Sazed lanciò un'occhiata alla sua pila di note, ripassando le basi a mente. Kwaan era stato un antico erudito terrisiano. Aveva scoperto Alendi, un uomo che -
attraverso i suoi studi - era arrivato a ritenere che potesse essere il Campione delle Ere, una figura delle profezie di Terris. Alendi gli aveva dato ascolto ed era diventato un capo politico. Aveva conquistato buona parte del mondo, poi aveva viaggiato a nord verso il Pozzo dell'Ascensione. Per allora, però, Kwaan aveva apparentemente cambiato idea su Alendi, e aveva cercato di impedirgli di arrivare al Pozzo.
Combaciava. Anche se l'autore del diario non aveva mai menzionato il proprio nome, era ovvio che fosse Alendi. «E un assunto piuttosto certo, ritengo» affermò Sazed. «Il diario parla perfino di Kwaan e del dissidio che ebbero.»
Sedevano l'uno accanto all'altra nelle stanze di Sazed. Aveva richiesto e ottenuto una scrivania più grande, in modo da ospitare le numerose annotazioni e teorie scribacchiate. Accanto alla porta erano poggiati i resti del loro pasto pomeridiano, una zuppa che avevano trangugiato in tutta fretta. Sazed fremeva dalla voglia di portare i piatti giù nelle cucine, ma non era ancora riuscito a distogliersi dal lavoro.
«Continua» lo sollecitò Tindwyl, appoggiandosi contro lo schienale della sedia, con l'aria più rilassata che Sazed le avesse mai visto esibire. Gli anelli che scendevano lungo i lati delle sue orecchie si alternavano per colore: uno d'oro o di rame seguito da uno di stagno o di ferro. Era una cosa talmente semplice, ma aveva in sé una certa bellezza.
«Sazed?»
Sazed sussultò. «Mi scuso» disse, poi tornò alla sua lettura. «'Temo anche, però, che tutto ciò che ho saputo - la mia storia - sarà dimenticato. Temo per il mondo a venire. Temo che i miei piani falliscano. Temo un destino causato dal Baratro.'»
«Aspetta» lo fermò Tindwyl. «Perché lo temeva?»
«Perché non avrebbe dovuto?» chiese Sazed. «Il Baratro - che noi supponiamo sia la nebbia - stava uccidendo la sua gente. Senza la luce del sole, i raccolti non sarebbero cresciuti e gli animali non avrebbero potuto pascolare.»
«Ma, se Kwaan temeva il Baratro, allora non si sarebbe dovuto opporre ad Alendi» obiettò Tindwyl. «Lui stava salendo fino al Pozzo dell'Ascensione per sconfiggere il Baratro.»
«Sì» disse Sazed. «Ma oramai Kwaan era convinto che Alendi non fosse il Campione delle Ere.»
«Ma perché questo avrebbe avuto importanza?» chiese Tindwyl. «Non serviva una persona specifica per fermare le nebbie: il successo di Rashek lo dimostra.
Ecco, salta alla fine. Leggi quel passaggio su Rashek.»
«'Ho un giovane nipote, un certo Rashek'» lesse Sazed. «'Odia Khlennium con tutta la passione di una giovinezza invidiosa. Odia Alendi in modo ancor più profondo - anche se i due non si sono mai incontrati - poiché Rashek si sente tradito dal fatto che uno dei nostri oppressori sia stato scelto come il Campione delle Ere.
«'Alendi avrà bisogno di guide per attraversare le Montagne di Terris. Ho incaricato Rashek di accertarsi che lui e i suoi amici fidati vengano scelti per quel ruolo. Rashek ha il compito di provare a condurre Alendi nella direzione sbagliata, di scoraggiarlo o di ostacolare la sua missione in altro modo. Alendi non saprà di essere stato ingannato.
«'Se Rashek non dovesse riuscire a portare Alendi fuori strada, ho dato istruzioni al ragazzo di uccidere il mio ex amico. È una speranza vaga. Alendi è sopravvissuto ad assassini, guerre e catastrofi. E tuttavia spero che nelle montagne ghiacciate di Terris possa finalmente ritrovarsi vulnerabile. Spero in un miracolo.
«'Alendi non deve raggiungere il Pozzo dell'Ascensione. Non deve prendere il potere per sé stesso.'»
Tindwyl si appoggiò contro lo schienale aggrottando le sopracciglia.
«Cosa c'è?»
«Qui qualcosa non torna, ritengo» rispose. «Ma non riesco a dirti con precisione cosa.»
Sazed analizzò di nuovo il testo. «Suddividiamolo in semplici frasi, allora.
Rashek - l'uomo che divenne il lord Reggente - era nipote di Kwaan.»
«Sì» concordò Tindwyl.
«Kwaan inviò Rashek a sviare o perfino uccidere il suo ex amico Alendi il Conquistatore, un uomo che stava scalando le Montagne di Terris in cerca del Pozzo dell'Ascensione.»
Tindwyl annuì.
«Kwaan lo fece perché temeva quello che sarebbe successo se Alendi avesse preso il potere del Pozzo per sé stesso.»
Tindwyl sollevò un dito. «Perché lo temeva?»
«Pare una paura razionale, ritengo» ripose Sazed.
«Troppo razionale» replicò Tindwyl. «O, piuttosto, perfettamente razionale. Ma dimmi, Sazed. Quando hai letto il diario di Alendi, hai avuto l'impressione che fosse il tipo che avrebbe preso il potere per sé stesso?»
Sazed scosse il capo. «In realtà proprio il contrario. È parte di ciò che rendeva il diario così fuorviante: non riuscivamo a capire perché l'uomo descritto al suo interno avesse fatto quello che credevamo dovesse aver fatto. Credo che sia parte di ciò che infine portò Vin ad azzeccare che il lord Reggente non era affatto Alendi, bensì Rashek, il suo portatore.»
«E Kwaan dice che conosceva bene Alendi» osservò Tindwyl «In effetti, in questo stesso calco, fa complimenti a quell'uomo in diverse occasioni. Lo definisce una brava persona, credo.»
«Sì» confermò Sazed, trovando il passaggio. «'È un brav'uomo. Malgrado tutto quanto, è un brav'uomo. Un uomo che si sacrifica. In verità, tutte le sue azioni - tutte le morti, le distruzioni e i dolori che ha causato - lo hanno ferito nel profondo.'»
«Così Kwaan conosceva bene Alendi» ragionò Tindwyl. «E aveva stima di lui.
Presumibilmente, conosceva bene anche suo nipote Rashek. Capisci il problema?»
Sazed annuì lentamente. «Perché mandare un uomo dall’'indole violenta, uno le cui motivazioni erano basate su invidia e odio, a uccidere un uomo che riteneva buono e dal temperamento degno? Pare una strana scelta.»
«Esattamente» disse Tindwyl, appoggiando le braccia sul tavolo.
«Ma» proseguì Sazed «proprio qui Kwaan dice che dubita che 'se Alendi raggiungerà il Pozzo dell'Ascensione, prenderà il potere e poi - nel nome del bene superiore - vi rinuncerà.'»
Tindwyl scosse il capo. «Non ha senso, Sazed. Kwaan scrisse diverse volte di come temeva il Baratro, ma poi cercò di ostacolare quella speranza di fermarlo inviando un giovane pieno d'odio a uccidere un capo rispettato e presumibilmente saggio. Kwaan ha praticamente fatto in modo che Rashek prendesse il potere...
considerato che lasciare che lo prendesse Alendi lo preoccupava tanto. Non avrebbe dovuto temere che Rashek potesse fare lo stesso?»
«Forse noi vediamo semplicemente le cose con la chiarezza di coloro che osservano eventi che sono già accaduti» ipotizzò Sazed.
Tindwyl scosse il capo. «C'è qualcosa che ci sfugge, Sazed. Kwaan era un uomo molto razionale, ponderato perfino: si può desumere dal suo scritto. Era colui che scoprì Alendi e fu il primo a rivelarlo come il Campione delle Ere. Perché si sarebbe rivoltato contro di lui come fece?»
Sazed annuì, passando in rassegna la sua traduzione del calco. Kwaan aveva ottenuto molta notorietà scoprendo il Campione. Aveva avuto il ruolo che stava cercando.
'Nella tradizione della Venuta c'era un posto per me' recitava il testo. 'Pensai a me stesso come l'Annunciatore, il profeta che avrebbe scoperto il Campione delle Ere.
Rinunciare ad Alendi avrebbe significato rinunciare alla mia nuova posizione, all'essere accettato dagli altri.'
«Dev'essere successo qualcosa di drammatico» disse Tindwyl. «Qualcosa che deve averlo fatto rivoltare contro il suo amico, la fonte della sua stessa fama.
Qualcosa che gli fece rimordere la coscienza in modo tanto forte che era disposto a rischiare di opporsi al monarca più potente della terra. Qualcosa di così spaventoso da correre il rischio assurdo di mandare questo Rashek in una missione come sicario.»
Sazed sfogliò le sue annotazioni. «Teme sia il Baratro, sia quello che succederebbe se Alendi prendesse il potere. Eppure non sembra capace di decidere quale fra le due sia la minaccia maggiore, e nessuna pare più presente dell'altra nel suo scritto. Sì, riesco a vedere il problema qui. Pensi forse che Kwaan stesse cercando di sottintendere qualcosa con l'incongruenza nelle sue stesse argomentazioni?»
«Forse» rispose Tindwyl. «L'informazione è così esigua. Non riesco a giudicare un uomo senza conoscere il contesto della sua vita.»
Sazed alzò lo sguardo, squadrandola. «Forse abbiamo studiato un po' troppo»
affermò. «Perché non ci prendiamo una pausa?»
Tindwyl scosse il capo. «Non abbiamo tempo, Sazed.»
Lui incontrò i suoi occhi. Aveva ragione su quel punto.
«Lo percepisci anche tu, vero?» chiese lei.
Sazed annuì. «Presto questa città cadrà. Le forze che vi premono contro... gli eserciti, i koloss, il caos cittadino...»
«Temo che sarà più violento di quanto sperano i tuoi amici, Sazed» mormorò Tindwyl. «Pare che credano di poter continuare a gestire i loro problemi.»
«Sono un gruppo di ottimisti» sorrise lui. «Non sono abituati alla sconfitta.»
«Questo sarà peggio della rivoluzione» disse Tindwyl. «Ho studiato queste cose, Sazed. So cosa accade quando un conquistatore occupa una città. La gente morirà.
Molta gente.»
Sazed provò un brivido alle sue parole. A Luthadel c'era tensione: in città stava giungendo la guerra. Forse un esercito sarebbe entrato col beneplacito dell'Assemblea, ma l'altro avrebbe colpito comunque. Le mura di Luthadel si sarebbero tinte di rosso quando l'assedio si fosse infine concluso.
E lui temeva che quella conclusione sarebbe arrivata molto, molto presto.
«Hai ragione» disse Sazed, tornando alle note sulla scrivania. «Dobbiamo continuare a studiare. Dovremmo raccogliere più che possiamo sulla terra prima dell'Ascensione, in modo che tu possa avere il contesto che cerchi.»
Lei annuì, mostrando una fatalistica fermezza. Questo non era un compito che potevano completare nel tempo a loro disposizione. Decifrare il significato del calco, compararlo col diario e metterlo in relazione al contesto del periodo era un'impresa da studiosi che avrebbe richiesto anni di lavoro.
I Custodi avevano molte conoscenze, ma in questo caso erano quasi troppe.
Avevano raccolto e trasmesso documenti, storie, miti e leggende per così tanto tempo che a un Custode ci volevano anni per recitare l'intera collezione di opere a un nuovo iniziato.
Per fortuna, inclusi nella massa di informazioni, c'erano indici e sommari creati dai Custodi. Oltre a tutto questo c'erano le annotazioni e gli indici personali fatti da ciascun Custode. E tuttavia questo aiutava soltanto il Custode a capire quante informazioni avesse. Sazed stesso aveva passato la sua vita a leggere, memorizzare e indicizzare religioni. Ogni notte, prima di dormire, leggeva qualche parte di un'annotazione o di una storia. Probabilmente era lo studioso che ne sapeva di più al mondo sulle religioni pre-Ascensione, eppure si sentiva come se conoscesse così poco.
Mettere assieme tutto ciò costituiva l'insita inaffidabilità delle loro informazioni.
Una gran parte proveniva dalle bocche della gente semplice, che faceva del proprio meglio per ricordare com'era stata una volta la loro vita - o, più spesso, quella dei loro nonni. I Custodi non erano stati istituiti fino al secondo secolo inoltrato del regno del lord Reggente. Per allora, molte religioni erano già state spazzate via nella loro forma pura.
Sazed chiuse gli occhi, scaricò un altro indice da una cupriscorta nella sua testa, poi iniziò ad analizzarlo. Non c'era molto tempo, vero, ma lui e Tindwyl erano Custodi. Erano abituati a iniziare compiti che altri avrebbero dovuto portare a termine.
Elend Venture, un tempo re della Dominazione Centrale trovava sul balcone della sua fortezza, a osservare la vasta città di Luthadel. Anche se la prima neve doveva ancora cadere il clima si era raffreddato. Indossava un mantello legato sul davanti, ma non gli proteggeva il volto. Le guance gli pizzicavano per il gelo mentre il vento lo sferzava, facendo sventolare il suo mantello. Il fumo si levava dai camini, addensandosi come un'ombra sinistra sopra la città prima di salire a confondersi con il cinereo cielo rosso.
Per ogni casa che emanava fumo, ce n’erano due che non lo facevano. Molte di quelle erano probabilmente deserte; la popolazione della città era molto inferiore rispetto a quella di una volta. Però lui sapeva che molte di quelle case senza fumo erano ancora abitate. Abitate e gelide.
Avrei dovuto essere in grado di fare di più per loro, si rimproverò Elend, occhi aperti al penetrante vento freddo. Avrei dovuto trovare un modo per procurare più carbone; avrei dovuto riuscire a garantirlo a tutti.
Era umiliante, deprimente perfino, ammettere che il lord Reggente aveva fatto meglio di Elend stesso. Malgrado fosse stato un tiranno senza cuore, almeno il lord Reggente aveva impedito che una parte significativa della popolazione morisse di fame o di freddo. Aveva tenuto a bada gli eserciti e aveva mantenuto il crimine a un livello tollerabile.
A nordest, l'armata di koloss aspettava. Non aveva inviato nessun emissario alla città, ma era più spaventosa degli eserciti di Cett o di Straff. Il freddo non avrebbe allarmato i suoi componenti: nonostante la pelle nuda, pareva che non risentissero dei cambiamenti climatici. Quest'ultimo esercito era il più inquietante dei tre: più pericoloso, più imprevedibile e con cui era impossibile trattare. I koloss non negoziavano.
Non abbiamo prestato abbastanza attenzione a quella minaccia, pensò mentre si trovava sul balcone. C'è stato così tanto da fare, così tanto di cui preoccuparsi che non ci siamo potuti concentrare su un esercito che poteva essere pericoloso tanto per i nostri nemici quanto per noi.
Pareva sempre meno probabile che i koloss avrebbero attaccato Cett o Straff.
Apparentemente, Jastes li teneva sotto controllo quanto bastava perché aspettassero ad attaccare Luthadel stessa.
«Mio signore» disse una voce da dietro. «Per favore, tornate dentro. Quello è un vento maligno. Non è il caso di farvi uccidere da un'infreddatura.»
Elend si voltò. Il capitano Demoux se ne stava obbediente- mente dentro la stanza assieme a un'altra guardia del corpo. Subito dopo il tentato assassinio, Ham aveva insistito che Elend andasse in giro con una scorta. Elend non si era lamentato, anche se ormai non c'era più motivo per la cautela. Straff non avrebbe voluto ucciderlo, ora che non era più re.
È così coscienzioso, pensò Elend studiando il volto di Demoux. Perché lo trovo così giovane? Abbiamo quasi la stessa età.
«Molto bene» disse Elend, voltandosi ed entrando nella stanza. Mentre Demoux chiudeva le portefinestre del balcone, Elend si tolse il mantello. Il completo che portava sotto di esso non gli sembrava calzare bene. Era trasandato, anche se lui aveva ordinato che venisse pulito e stirato. Il farsetto era troppo stretto - i suoi allenamenti con la spada stavano lentamente modificando il suo corpo - mentre la giacca gli pendeva floscia.
«Demoux» disse Elend. «Quand'è il vostro prossimo raduno del Sopravvissuto?»
«Stanotte, mio signore.»
Elend annuì. L'aveva temuto: sarebbe stata una notte fredda.
«Mio signore,» disse Demoux «avete comunque intenzione di venire?»
«Ma certo» rispose Elend. «Ho dato la mia parola che mi sarei unito alla vostra causa.»
«Questo era prima che perdeste la votazione, mio signore.»
«Ciò è irrilevante» disse Elend. «Mi sono unito al vostro movimento perché è importante per gli skaa, Demoux, e voglio comprendere la volontà del mio... del popolo. Vi ho promesso dedizione, e l'avrete.»
Demoux pareva un po' confuso, ma non aggiunse altro. Elend fissò la sua scrivania, meditando se studiare un po', ma trovò difficile indursi a farlo nella stanza gelida. Invece aprì la porta e si avviò lungo il corridoio. Le guardie lo seguirono.
Si trattenne dallo svoltare verso le stanze di Vin. Lei aveva bisogno di riposo, e non le avrebbe certo fatto bene se lui si fosse presentato ogni mezz'ora a controllare come stava. Perciò girò, invece, per seguire un diverso percorso.
I corridoi sul retro della Fortezza Venture erano stretti, bui costruzioni di pietra dalla complessità labirintica. Forse era perché era cresciuto in questi passaggi, ma si sentiva a casa nei loro confini scuri e solitari. Erano stati il posto perfetto per un giovanotto che non voleva proprio essere trovato. Ora li usava per un'altra ragione: i corridoi offrivano il posto perfetto per camminare a lungo. Non si diresse verso alcun punto in particolare: si muoveva e basta, dissipando la frustrazione al tonfo dei suoi stessi passi.
Non posso risolvere i problemi della città, si disse. Devo lasciare che sia Penrod a occuparsene: è lui che la gente vuole.
Questo avrebbe dovuto rendere le cose più semplici per Elend. Gli permetteva di concentrarsi sulla sua sopravvivenza, per non parlare del fatto che gli consentiva di trascorrere del tempo per dare nuova linfa alla relazione con Vin. Lei, comunque, di recente pareva diversa. Elend cercò di credere che era solo la sua ferita, ma percepiva qualcosa di più profondo. Qualcosa nel modo in cui lei lo guardava, qualcosa nel modo in cui reagiva al suo affetto. E, pur non volendo, riusciva a pensare solo a una cosa che era cambiata.
Lui non era più re.
Vin non era superficiale. Non gli aveva mostrato altro se non devozione e amore durante i loro due anni insieme. E tuttavia, com'era possibile che lei non reagisse -
anche solo a livello inconscio - al suo fallimento colossale? Durante il tentativo di assassinio, Elend l'aveva osservata combattere. L'aveva davvero osservata combattere, per la prima volta. Fino a quel giorno non si era reso conto di quanto fosse sorprendente. Vin non era solo un guerriero e non era solo un'allomante. Era una forza, come il tuono o il vento. Il modo in cui aveva ucciso quell'ultimo uomo, fracassandogli la testa con la propria...
Come potrebbe amare un uomo come me?, pensò. Non sono riuscito nemmeno a mantenere il mio trono. Ho scritto io le stesse leggi che mi hanno deposto.
Sospirò, continuando a camminare. Si sentiva come se dovesse darsi da fare per cercare di escogitare una maniera convincere Vin che fosse degno di lei. Ma questo l'avrebbe solo fatto sembrare più incompetente. Non c'era modo di correggere gli errori passati, in particolare perché non riusciva vedere di aver commesso veri
'errori'. Aveva fatto il meglio che poteva, e questo si era rivelato insufficiente.
Si soffermò a un'intersezione. Una volta una rilassante immersione in un libro sarebbe stata sufficiente a calmarlo. Ora si sentiva nervoso. Teso. Un po'... come pensava si sentisse Vin.
Forse potrei imparare da lei, rifletté. Cosa farebbe Vin nella mia situazione? Di certo non si sarebbe messa a girovagare, rimuginando e compatendosi. Elend si accigliò, guardando lungo un corridoio illuminato da lampade a olio tremolanti, di cui solo la metà erano accese. Poi si avviò, camminando con passo determinato verso una particolare serie di stanze.
Bussò piano e non ottenne risposta. Infine fece capolino dentro. Sazed e Tindwyl sedevano in silenzio davanti a una scrivania stracolma di alte pile di pezzi di carta e registri. Avevano entrambi lo sguardo fisso, come verso il nulla, e i loro occhi avevano l'aspetto vitreo di qualcuno che fosse stato stordito. La mano di Sazed era appoggiata sul tavolo. Quella di Tindwyl era posata sopra di essa.
Tutt'a un tratto Sazed si ridestò, voltandosi per osservare Elend. «Lord Venture!
Sono spiacente. Non vi ho sentito entrare.»
«È tutto a posto, Sazed» fece Elend, entrando nella stanza. Mentre lo faceva, anche Tindwyl si risvegliò e tolse la mano da quella di Sazed. Elend fece un cenno a Demoux e al suo compagno - che lo stavano ancora seguendo - indicando che dovevano rimanere fuori, poi chiuse la porta.
«Elend» disse Tindwyl, con voce intrisa della sua tipica nota di disapprovazione.
«Qual è il tuo proposito nel disturbarci? Ci hai già dimostrato la tua incompetenza in modo piuttosto netto: non vedo la necessità di ulteriori discussioni.»
«Questa è ancora casa mia, Tindwyl» replicò Elend. «Insultami ancora e ti ritroverai cacciata dalle mie proprietà.»
Tindwyl sollevò un sopracciglio.
Sazed impallidì. «Lord Venture,» si affrettò a dire «non penso che Tindwyl intendesse...»
«È tutto a posto, Sazed» lo rassicurò Elend, sollevando una mano. «Mi stava solo mettendo alla prova per vedere se fossi tornato al mio precedente stato di insultabilità.»
Tindwyl scrollò le spalle. «Ho sentito racconti di come ti aggiri per i corridoi del palazzo triste come un bimbo sperduto.»
«Quei racconti sono veri» confermò Elend. «Ma questo non significa che il mio orgoglio sia svanito del tutto.»
«Bene» ribatté Tindwyl, facendo un cenno verso una sedia. «Siediti, se vuoi.»
Elend annuì, tirando la sedia davanti ai due e accomodandosi. «Ho bisogno di consigli.»
«Ti ho già dato quelli che potevo» gli fece notare Tindwyl. «In effetti, forse te ne ho dati troppi. La mia presenza prolungata qui fa sembrare che io abbia scelto una fazione.»
«Non sono più re» disse Elend. «Per cui non ho una fazione. Sono solo un uomo in cerca della verità.»
Tindwyl sorrise. «Poni le tue domande, dunque.»
Sazed osservò lo scambio con evidente interesse.
Lo so, pensò Elend, anch'io non sono sicuro di capire qual è il rapporto fra noi.
«Ecco il mio problema» esordì. «In sostanza ho perso il trono perché non sono stato disposto a mentire.»
«Spiega» lo invitò Tindwyl.
«Avevo la possibilità di celare una parte della legge» disse Elend. «All'ultimo momento, avrei potuto far sì che l'Assemblea prendesse me come sovrano. Invece ho dato loro un frammento d'informazione vera, ma che è finita per costarmi il trono.»
«Non ne sono sorpresa» disse Tindwyl.
«Lo supponevo» replicò Elend. «Ora, pensi che sia stato sciocco ad agire in questo modo?»
«Sì.»
Elend annuì.
«Ma» aggiunse Tindwyl «non è quello il momento che ti e costato il trono, Elend Venture. Quel momento è stato una piccola cosa: è fin troppo semplice attribuirgli il tuo fallimento su vasta scala. Hai perso il trono perché non hai voluto ordinare all'esercito di tenere sotto controllo la città, perché hai insistito a concedere all'Assemblea troppa libertà e perché non ti avvali di assassini o di altre forme di pressione. In breve, Elend Venture, hai perso il trono perché sei un brav'uomo.»
Elend scosse il capo. «Non si può essere allo stesso tempo un uomo che segue la propria coscienza e un buon sovrano, allora?»
Tindwyl corrugo la fronte, pensierosa.
«Ponete una domanda vecchia come il mondo, lord Venere» disse Sazed piano.
«Una domanda che monarchi, sacerdoti e umili uomini prescelti hanno sempre fatto.
Non so se esista una risposta.»
«Avrei dovuto mentire, Sazed?» chiese Elend.
«No» rispose Sazed sorridendo. «Forse un altro l'avrebbe fatto, nella vostra posizione. Ma un uomo dev'essere coerente con sé stesso. Avete preso le vostre decisioni nella vita, e cambiare voi stesso all'ultimo momento - dire questa menzogna - sarebbe andato contro tutto quello che siete. È meglio per voi aver agito come avete fatto e aver perso il trono, ritengo.»
Tindwyl si accigliò «I suoi ideali vanno bene, Sazed. Ma che ne sarà del popolo?
E se morissero perché Elend non è stato in grado di controllare la sua stessa coscienza?»
«Non desidero discutere con te, Tindwyl» la liquidò Sazed. «È semplicemente il mio parere che abbia scelto bene. È suo diritto seguire la sua coscienza, poi confidare nella provvidenza affinché riempia i buchi causati dal conflitto fra morale e logica.»
Provvidenza. «Intendi Dio» rispose Elend.
«Sì.»
Elend scosse il capo. «Cos'è Dio, Sazed, se non uno strumento usato dagli stipulatoli?»
«Perché prendete le vostre decisioni, Elend Venture?»
«Perché sono giuste» disse Elend.
«E perché queste cose sono giuste?»
«Non lo so» ammise Elend con un sospiro, reclinandosi all'indietro. Colse uno sguardo di disapprovazione da Tindwyl per la sua postura, ma la ignorò. Non era re: poteva stravaccarsi, se voleva. «Parli di Dio, Sazed; ma tu non predichi forse cento religioni differenti?»
«Trecento, per la precisione» puntualizzò Sazed.
«Be' , tu a quale credi?» chiese Elend.
«Credo a tutte quante.»
Elend scosse il capo. «Questo non ha senso. Me ne hai spiegate una mezza dozzina, ma posso già vedere che sono incompatibili.»
«Non è mio compito giudicare la verità, lord Venture» disse Sazed sorridendo.
«Io la trasmetto soltanto.»
Elend sospirò. Sacerdoti, pensò. A volte parlare a Sazed è come parlare con uno stipulatore.
«Elend» disse Tindwyl, il suo tono più morbido. «Credo che tu abbia gestito questa situazione nel modo sbagliato Comunque, Sazed ha ragione su una cosa. Sei stato fedele alle tue convinzioni, e questo è un attributo regale, ritengo.»
«E cosa dovrei fare ora?» chiese lui.
«Qualunque cosa desideri» ribattè Tindwyl. «Non è mai stato il mio ruolo spiegarti cosa fare. Ti ho sempre dato la conoscenza di quello che gli uomini nella tua posizione fecero in passato.»
«E cosa avrebbero fatto loro?» chiese Elend. «Questi tuoi grandi governanti, come avrebbero reagito in una situazione come la mia?»
«È una domanda priva di senso» disse lei. «Non si sarebbero ritrovati in questa situazione, poiché non avrebbero mai perso i loro titoli.»
«È questo che riguarda, dunque?» domandò Elend. «Il titolo?»
«Non è di questo che stavamo discutendo?» chiese Tindwyl.
Elend non rispose. 'Cos'è che tu pensi renda un uomo un buon sovrano?' aveva chiesto una volta a Tindwyl. 'Fiducia' aveva risposto lei. 'Un buon sovrano è una persona di cui la sua gente si fida, e che si merita quella fiducia.'
Elend si alzò. «Grazie, Tindwyl» disse.
Tindwyl si accigliò confusa, poi si voltò verso Sazed. Lui alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Elend, inclinando un poco la testa. Poi sorrise. «Su, Tindwyl»
la esortò. «Dovremmo tornare ai nostri studi. Sua Maestà ha del lavoro da fare, ritengo.»
Tindwyl continuò ad aggrottare le sopracciglia quando Elend lasciò la stanza. Le sue guardie lo seguirono mentre procedeva a rapide falcate lungo il corridoio.
Non tornerò a essere com'ero, pensò Elend. Non continuerò ad agitarmi e a preoccuparmi. Tindwyl mi ha insegnato a non farlo, anche se non mi ha mai davvero capito.
Elend arrivò alle sue stanze qualche momento dopo. Vi entrò direttamente, poi aprì l'armadio. Gli abiti che Tindwyl aveva scelto per lui - gli abiti di un re - lo attendevano all'interno.