Re O'Toole e la sua oca

di Samuel Lover

 

 

Che diamine, credevo che tutto il mondo, in lungo e in largo, avesse inteso parlare di Re O'Toole. Beh, non si può mai dire dove arrivi l'ignoranza umana! Bene, signore, dovete sapere, giacché non l'avete sentito dire prima, che c'era un re chiamato Re O'Toole, il quale era un buon sovrano nei tempi andati, molto tempo fa, ed era lui il padrone delle chiese in quei lontani giorni. Il re, vedete, era proprio un tipo a posto, e amava lo sport come la sua stessa vita, la caccia in particolare; e già al levar del sole, eccolo in piedi a inseguire il cervo oltre quelle montagne; ed erano tempi meravigliosi.

Ebbene, tutto andò benone finché il re si mantenne in salute; ma vedete, con l'andar del tempo il re invecchiò, e gli si irrigidirono le membra, e quando fu rattrappito dagli anni il cuore gli mancò e fu ridotto allo stremo per mancanza di distrazioni, perché non poteva andare più a caccia; e, accidenti, alla fine il povero re dovette procurarsi un'oca che lo distraesse. Oh, potete ridere, se volete, ma quella che vi sto dicendo è la verità; e il modo in cui l'oca lo distraeva era questo; vedete, l'oca andava a nuotare nel lago, si immergeva per cacciare le trote, il Venerdì pescava del pesce per il re, e negli altri giorni volava tutt'intorno al lago, facendo divertire il povero re. Tutto andò avanti nel modo migliore finché, accidenti, l'oca non si rattrappì per via degli anni come il padrone, e non poteva più distrarlo, e allora il povero re rimase completamente a terra. Una mattina il re stava camminando sulla riva del lago lamentando il suo crudele destino e pensando di annegarsi, perché non poteva più avere alcuna distrazione, quando tutt'un tratto, svoltando l'angolo laggiù, chi ti vide se non un giovane dall'aria molto a posto che veniva verso di lui?

«Dio vi protegga», dice il re al giovane.

«Dio protegga voi, Re O'Toole», dice il giovane.

«Hai detto bene», dice il re; «sono Re O'Toole», dice, «principe e plenipotenziario di queste parti. Ma com'è che l'avete saputo?», dice.

«Oh, non importa!», dice San Kevin. Perché vedete, quello era San Kevin, proprio lui, il santo travestito, e nessun altro. «Oh, non ha importanza», dice, «io so un mucchio di cose. Posso permettermi di chiedervi come sta la vostra oca, Re O' Toole?», dice. «Per mille spingarde, ma come fate a sapere della mia oca?», dice il re. «Oh, non importa. Mi è stato riferito.», dice San Kevin. «Bene, onest'uomo», dice il re, «e come fate a guadagnarvi il denaro così facilmente?» «Facendo tornare come nuove le cose vecchie», dice San Kevin. «Siete un calderaio?», dice il re. «No», dice San Kevin. «Non sono un calderaio di professione, Re O'Toole. Ho un mestiere migliore di quello del calderaio», dice. «Cosa ne direste», dice, «se facessi tornare come nuova la vostra vecchia oca?»

Caro mio, quando senti parlare di far tornare l'oca come nuova si sarebbe detto che gli occhi del povero re fossero sul punto di schizzargli dalla testa. Il re fece un fischio e la povera oca arrivò di corsa, come un cane da caccia, barcollando verso quel povero storpio del suo padrone, ed erano tali e quali come due monete. Appena vede l'oca, il santo dice: «Vi farò questo lavoretto, Re O'Toole». «Perbacco», dice Re O'Toole, «se lo fate dirò che siete il tipo più in gamba delle sette parrocchie.» «Oh, per Diana», dice San Kevin, «dovrete dire ben di più.

Non sono tanto rincitrullito», dice, «da rimettervi in sesto la vecchia oca per niente. Cosa mi date se ve lo faccio? Questo è il punto», dice San Kevin. «Vi darò qualunque cosa chiediate», dice il re. «Non va bene?» «Non potrebbe andar meglio», dice il santo, «questo si che è il modo di concludere gli affari. Ora», dice, «ecco il patto che farò con voi, Re OToole. Mi darete tutta la terra su cui l'oca volerà, ecco la mia offerta, quando l'avrò fatta tornare come nuova?» «Ve la darò», dice il re. «Non vi rimangerete la parola?», dice San Kevin. «Parola d'onore!», dice Re O'Toole tendendo la mano. «Parola d'onore», ripeté San Kevin. «Affare fatto. Vieni», dice alla povera vecchia oca, «vieni qui vecchia disgraziata d'una storpia, e ti trasformerò in un uccello arzillo.» E così dicendo, caro mio, prende l'oca per le due ali, e «il segno della croce sia su te», dice, impartendole allo stesso tempo la grazia con il segno benedetto. E, dopo averla gettata in aria, dice: «Vola», dandole, per aiutarla, solo una soffiata; e con ciò, caro mio, lei prese il via, e volò come un'aquila, facendo tante piroette quante ne fa una rondine prima di un temporale.

Ebbene, caro mio, era un bello spettacolo vedere il re che se ne stava li con la bocca aperta a guardare la sua povera vecchia oca che volava leggera come un'allodola e stava meglio che mai; e quando quella si posò ai suoi piedi le diede un colpetto sul capo dicendo: «Ma vourneen 1, sei la cosa più preziosa che ci sia al mondo». «E cosa dite a me», dice San Kevin, «che l'ho così trasformata?» «Perbacco, dico che niente supera l'arte degli uomini, eccetto le api.» «E non dite niente di più?», dice San Kevin. «Dico che vi sono grato», dice il re.

«Ma mi darete tutta la terra su cui ha volato l'oca?», dice San Kevin. «Si», dice Re O'Toole, «e di cuore, anche se dovrò privarmi dell'ultimo acro.» «Ma manterrete la parola?» «Quant'è vero il sole», dice il re. «Buon per voi, Re O'Toole, che avete detto così», dice il santo, «perché, se non l'aveste fatto, ma quando mai l'avreste vista volare ancora, la vostra oca!» Quando il re mantenne la sua parola, San Kevin fu soddisfatto di lui e quindi si fece riconoscere. «Re O'Toole», dice, «siete un uomo per bene e io sono venuto qui solo per mettervi alla prova. Non mi riconoscete», dice, «perché sono travestito.» «Cribbio», dice il re, «chi siete?» «Sono San Kevin», dice il santo facendosi il segno della croce. «Oh, Regina del Cielo!», dice il re facendosi il segno della croce in mezzo agli occhi e cadendo in ginocchio di fronte al santo, «ma è proprio con il grande San Kevin che sono stato a discorrere per tutto questo tempo, senza saperlo, proprio come se si trattasse di un ragazzo qualunque? E così voi siete un santo?», dice il re. «Lo sono», dice San Kevin. «Perbacco, pensavo di parlare solo con un bravo ragazzo», dice il re. «Bene, ora sapete la differenza», dice il santo. «Sono San Kevin, il più grande di tutti i santi.» E così il re ebbe la sua oca come nuova, per distrarlo, per tutto il tempo che visse. E il santo, che, come vi ho detto, era venuto in possesso delle sue proprietà, mantenne l'oca fino al giorno della sua morte, che avvenne poco dopo, perché un Venerdì la povera oca credeva di stare per prendere una trota ma, caro mio, sbagliava; invece di una trota era una maledetta anguilla. Diamine, non fu l'oca a uccidere una trota per il pranzo del re, bensì, cribbio, un'anguilla a uccidere l'oca del re, e non la possiamo biasimare troppo; però non se la mangiò, perché non osò toccare ciò su cui San Kevin aveva posto le sue mani benedette.


1 Figliola mia (N.d.C).


Fiabe Irlandesi
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