Il Pooka di Kildare

di Patrick Kennedy

 

 

Il signor H. R., quando era in vita, soleva trascorrere lunghi periodi a Dublino, e una volta stette via dal paese un bel po' in seguito a quel che accadde nel novantotto1. Ma i servi mandarono avanti la casa di Rath proprio come se la famiglia ci vivesse. Ebbene, una volta a letto, venivano sempre spaventati a morte dallo sbattere della porta della cucina e da un tintinnare di alari, pentole, piatti e stoviglie. Una sera rimasero su più a lungo del solito facendosi coraggio l'un l'altro con storie di fantasmi e di apparizioni, e fu allora che - ci credereste? - il piccolo mozzo di stalla che di solito dormiva sopra ai cavalli e che non era riuscito a trovar posto accanto al fuoco strisciò fin dentro il camino caldo, e quando si fu stancato di ascoltare le storie, purtroppo per lui, si addormentò profondamente.

Comunque sia, dopo che tutti se ne furono andati e il fuoco della cucina fu coperto, venne svegliato dal rumore della porta della stanza che si apriva e dal risuonare di passi d'asino sul pavimento della cucina. Sbirciò fuori e che ti vide, se non un grosso asino, proprio così, che stava seduto sulla sua coda e sbadigliava davanti al fuoco. Dopo un po' si guardò attorno, cominciò a grattarsi le orecchie come se fosse molto stanco, e disse: «Tanto vale che cominci prima piuttosto che dopo». Il povero ragazzo cominciò a battere i denti perché, si diceva, «Adesso mi mangia». Ma l'essere con la coda e le lunghe orecchie aveva altro da fare. Attizzò il fuoco, portò in casa un secchio d'acqua dalla fontana e riempi una grossa pentola che aveva messo sul fuoco prima di uscire. Poi mise la mano - la zampa, cioè - nel focolare e ne tirò fuori il ragazzetto. Questi lanciò un urlo di paura, ma il Pooka si limitò a dargli un'occhiata e spinse in fuori il labbro inferiore per far vedere quanta poca importanza gli attribuìva, e poi lo ricacciò nel suo cantuccio.

Beh, si sdraiò di fronte al fuoco finché non senti che l'acqua bolliva, e probabilmente non ci fu un piatto, una scodella o un cucchiaio sulla madia che egli non tirasse fuori per metterlo nella pentola, e poi lavarlo e asciugarlo meglio di qualsiasi altra sguattera da li fino a Dublino. Rimise poi tutto al suo posto sugli scaffali; e per certo diede proprio una bella spazzata alla cucina. Poi viene a sedersi di fronte al ragazzo, abbassa un orecchio, rizza l'altro e fa un sogghigno. Il poveretto cercò di urlare, ma neppure un suono gli usci dalla gola. L'ultima cosa che fece il Pooka fu di coprire il fuoco e uscire facendo sbattere la porta con tale violenza che il ragazzo pensò che la casa non avrebbe potuto fare a meno di crollare.

Beh, di certo ci fu un bel trambusto il mattino dopo quando il poveretto raccontò la sua storia! Non parlarono d'altro per tutto il giorno. Uno diceva una cosa, un altro ne diceva un'altra, ma fu una sguattera grassa e pigra a dire la cosa più furba: «Diamine!», disse, «se il Pooka fa tutte le pulizie mentre noi dormiamo, perché dovremmo sgobbare come schiavi per fare il suo lavoro?». «Shu gu Dheine 2», disse un'altra, «sono le parole più sagge che tu abbia mai detto, Kauth, e non sarò certo io a contraddirti.»

Detto fatto. Quella sera non ci fu piatto o scodella che vedesse una goccia d'acqua, non una ramazza toccò il pavimento e tutti andarono a letto poco dopo il tramonto. La mattina dopo ogni cosa in cucina era linda più che mai, e il sindaco del paese avrebbe potuto pranzare per terra. Era una bella comodità per i pigri domestici, potete starne certi, e ogni cosa andò avanti bene finché un furbacchione temerario di ragazzetto disse che sarebbe rimasto alzato una notte per far due chiacchiere con il Pooka.

Ebbe un po' di paura quando la porta si spalancò e l'asino si fece avanti fino al fuoco.

«Scusate, signore», disse infine, raccogliendo il suo coraggio, «se non è prendersi troppa libertà, posso chiedervi chi siete e perché siete tanto gentile da fare ogni notte per le ragazze metà del lavoro di una giornata?»

«Non è prendersi troppa libertà», dice il Pooka, dice. «Te lo dirò, e molto volentieri. Facevo il servitore al tempo del padre del cavalier R. ed ero il più pigro mascalzone che mai fosse cresciuto e vestito, e non me ne curavo affatto. Quando giunse la mia ora d'andare all'altro mondo, questa fu la punizione che mi venne attribuìta: venire qui ogni notte e fare tutto questo lavoro, poi uscire al freddo. Non è così brutto quando il tempo è buono; ma se solo sapessi cosa vuol dire stare in piedi con la testa fra le gambe nel bel mezzo del temporale, da mezzanotte all'alba, in una gelida notte d'inverno!»

«E non potremmo fare qualcosa per darvi sollievo, mio povero amico?», dice il ragazzo.

«Diamine, non so», dice il Pooka, «ma penso che un buon cappotto imbottito mi aiuterebbe a sopravvivere in quelle lunghe notti.»

«Saremmo davvero le persone più ingrate del mondo se non provassimo simpatia per voi.»

In breve, un paio di notti dopo il ragazzo era di nuovo là; e potete ben immaginare quanto piacere fece al povero Pooka mettendogli di fronte un bel cappotto caldo. Tra il Pooka e il ragazzo riuscirono a infilare le gambe nelle quattro maniche del cappotto, e lo abbottonarono sul petto e sulla pancia, e il Pooka era così contento che andò allo specchio per vedere come gli stava. «Beh», dice, «prima o poi tutto deve finire. Devo molto a te e ai tuoi compagni. Mi avete reso finalmente felice. Buona notte a te.»

E stava per andarsene così, quando l'altro gli gridò: «Te ne vai certo troppo presto. Che mi dici di tutto il lavoro che c'è da fare?». «Ah! Puoi dire alle ragazze che adesso è il loro turno. La mia punizione doveva durare fino al momento in cui fossi stato considerato meritevole di una ricompensa per come avevo fatto il mio dovere. Non mi vedrete più.» E mai più lo videro; e certo erano assai dispiaciuti di aver avuto tanta fretta di ricompensare l'ingrato Pooka.


1 Nel 1798 in Irlanda ci fu un'insurrezione che fu appoggiata da un contingente di truppe francesi. L'insurrezione rappresentava l'esito di un periodo di agitazioni politiche iniziato nel 1792, quando il parlamento irlandese, cui aveva accesso esclusivamente l'aristocrazia protestante, aveva dichiarato la propria indipendenza da Westminster. Alla guida dei ribelli era Wolfe Tone, un patriota protestante che propugnava la necessità di superare le barriere di religione per costruire una repubblica irlandese secondo dei principi simili a quelli affermati dalla Rivoluzione Americana. L'insurrezione da lui guidata fu stroncata dagli inglesi e l'Irlanda, nel 1800, fu annessa all'Inghilterra (N.d.C).


2 Intendi Seadh go deimhin, cioè «si, proprio».


Fiabe Irlandesi
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