La banshee dei Mac Carthy
di Thomas Crofton Croker
Charles Mac Carthy era, nell'anno 1749, l'unico figlio sopravvissuto di una famiglia molto numerosa. Suo padre era morto quando lui aveva poco più di vent'anni, lasciandogli la proprietà terriera dei Mac Carthy, che non era poi molto gravata da ipoteche, se si considera che era in Irlanda. Charles era allegro e di bell'aspetto, non aveva i freni che pongono la povertà, o un padre, o dei tutori, e dunque all'età di ventun'anni non era, quanto a regole e virtù, un modello.
In parole povere era un ragazzo molto dissoluto - temo anzi di dover dire debosciato. I suoi compagni erano, come si può immaginare, giovani appartenenti alle classi più alte dei dintorni e, in genere, persone le cui fortune erano maggiori della sua, così che la loro tendenza ai piaceri era sottoposta a restrizioni ancora minori; e nel loro esempio Charles trovava allo stesso tempo un incoraggiamento e una scusa alle sue sregolatezze. Oltre a tutto l'Irlanda, un posto in cui a tutt'oggi la gioventù non è certo famosa per autocontrollo e stabilità, era allora uno dei paesi più a buon mercato del mondo per quasi tutte quelle cose che si possono comprare per soddisfare le passioni. L'odioso agente delle imposte - con il suo tremendo libro in una mano, l'instancabile penna nell'altra, o magari infilata sotto il nastro del cappello, la bottiglietta d'inchiostro («nero emblema del delatore») penzolante dal bottone del panciotto - non andava, allora, da un'osteria all'altra denunciando tutti quei patriottici trafficanti di liquori che preferivano vendere del whiskey che non avesse niente a che fare con la legge inglese (se non per eluderla), piuttosto di smerciare quella venefica bevanda che prendeva il nome proprio da quel «Parlamento» inglese che ne imponeva la vendita fra una popolazione riluttante 1. E se pure il controllore - angelo che scriveva la legge - prendeva nota del peccatuccio di un oste, versava però una lacrima sulla parola scritta e la cancellava per sempre! Perché, sempre bene accetti alle mense dei loro ospitali vicini, i guardiani delle imposte, dove esistevano, esitavano a ridurre quei lussi cui loro stessi partecipavano liberamente; e così la concorrenza sul mercato tra il contrabbandiere, che rischiava poco, e il personaggio chiamato onesto commerciante, che godeva di un po' di protezione, aveva fatto dell'Irlanda un paese in cui scorreva non solo latte e miele, ma anche whiskey e vino. Nei godimenti offerti da questi ultimi, e nei tanti piaceri ai quali la fragile gioventù è fin troppo propensa, Charles Mac Carthy indulgeva a tal punto che, proprio al compimento del suo ventiquattresimo anno d'età, dopo una settimana di gravi eccessi, fu preso da una febbre violenta che, per la sua natura maligna e per la debole costituzione del ragazzo, lasciava ben poche speranze di guarigione. Sua madre, che dapprima aveva fatto molti sforzi per tener sotto controllo i suoi vizi ed era stata poi obbligata ad assistere in muta disperazione alla sua veloce corsa verso la rovina, vegliava giorno e notte al suo capezzale. L'angoscia del sentimento materno si mescolava a quel dolore ancora più profondo che conosce solo chi ha molto lottato per educare nella virtù e nella nobiltà di sentimenti un figlio amato e prediletto; l'ha visto crescere come sperato, fino a divenire un uomo; e poi, quando il suo orgoglio era al massimo, e le sue speranze quasi esaudite nel soddisfacimento delle più ardenti aspettative, ha visto quest'idolo dei suoi affetti buttarsi a capofitto in una serie di dissolutezze sfrenate e, una volta che il vizio aveva rapidamente preso piede, trovarsi sospeso sulla soglia dell'eternità senza più l'occasione o la possibilità di pentirsi. La donna pregava con fervore che, se non poteva essergli salvata la vita, almeno scomparisse, prima della morte, quel delirio che continuava con crescente intensità fin dalle prime ore della sua infermità; così da lasciargli la lucidità e la calma sufficienti a rappacificarsi con il paradiso offeso. Dopo parecchi giorni, tuttavia, la natura sembrava ormai sfinita, ed egli sprofondò in uno stato troppo simile alla morte per essere scambiato con il riposo del sonno. La sua faccia aveva assunto quell'aspetto pallido, lucente, marmoreo, che in genere è indicazione più che certa che la vita ha lasciato il proprio involucro d'argilla. I suoi occhi erano chiusi e infossati; le palpebre avevano quell'aria incavata e rigida che sembrava indicare come una mano amica avesse già compiuto l'ultimo atto di carità. Le labbra, semichiuse e del tutto cineree, lasciavano scoperto quel tanto di denti da dare all'espressione della morte il suo aspetto più spettrale e più impressionante. Giaceva sul dorso, con le mani distese lungo i fianchi, completamente immobile; e la madre sconvolta, nonostante i ripetuti tentativi, non riusciva a cogliere il minimo segno di vita. Il medico che lo stava assistendo, dopo aver tentato i soliti sistemi per accertare la presenza della vita, dichiarò infine il suo convincimento che questa l'avesse abbandonato e si preparò a lasciare la casa in lutto.
Il suo cavallo fu condotto alla porta. Una folla di persone che stavano davanti alle finestre o sparse in gruppetti sul prato di fronte alla casa si riuni attorno alla porta appena essa si apri. Erano affittuari, nutrici, parenti poveri della famiglia, insieme ad altri attirati li dall'affetto o da quell'interesse che assomiglia alla curiosità ma è qualcosa di più, e che riunisce le persone più umili intorno a una casa quando in essa un essere umano sta trapassando all'altro mondo. Videro il dottore uscire dalla porta d'ingresso e avvicinarsi al suo cavallo; e mentre lentamente, con aria melanconica, si apprestava a salire in groppa, gli si strinsero attorno con sguardi ansiosi e pieni di interrogativi. Non fu pronunciata una sola parola, ma il significato dei loro sguardi non si poteva fraintendere; e il medico, montato in sella, mentre il servo teneva ancora la briglia, quasi a trattenerlo, e scrutava il suo volto con aria ansiosa, come in attesa che sollevasse tutti dall'incertezza, scosse la testa e disse piano: «È finita, James»; poi se ne andò lentamente.
Non appena ebbe detto quelle parole le donne presenti, che erano molte, lanciarono un acuto grido che durò per circa mezzo minuto e poi si ruppe d'improvviso in un lamento forte e sonoro, continuo, stridulo e straziante, nel quale ogni tanto si distinguevano i toni profondi di una voce maschile, rotta a tratti da profondi singhiozzi, a tratti più chiara nelle sue esclamazioni di dolore. Era il fratello di latte di Charles, che si aggirava fra la gente ora battendo le mani, ora torcendole in un parossismo di sofferenza. Il poveretto era stato, da bambino, compagno di giochi e amico di Charles, e poi suo servitore; era sempre stato trattato con affetto speciale e amava il suo giovane padrone almeno quanto amava la propria vita.
Quando la signora Mac Carthy si convinse che ormai non c'era più nulla da fare e che il suo diletto figlio era stato chiamato al rendiconto finale, pur al culmine dei suoi peccati, rimase per un certo tempo a fissare, attonita, quei lineamenti freddi; poi, come se qualcosa avesse di colpo toccato le corde dei suoi sentimenti più teneri, le lacrime scesero una dopo l'altra dalle sue guance, rese pallide dall'ansia e dalle veglie. Continuò però a guardare il figlio, apparentemente senza rendersi conto di piangere, e senza mai portarsi agli occhi il fazzoletto, finché non le vennero ricordati, dal gruppo delle donne appartenenti alle migliori famiglie di agricoltori della zona, i tristi doveri che il costume del paese le imponeva; e allora emise delle grida di dolore così forti che riempirono la casa. Poi si ritirò per dare disposizioni sulla veglia funebre e offrire ai numerosi visitatori di ogni livello sociale le bevande che di solito vengono offerte in queste tristi occasioni. Anche se la sua voce era quasi impercettibile, e nessun altro la vide, oltre ai servi e a uno o due vecchi amici di famiglia che l'assistettero nei preparativi necessari, tutto venne fatto con il massima ordine; e sebbene non facesse alcuno sforzo per controllare la sua disperazione, tuttavia questa non le impedì di esercitare un'attenzione ora più che mai necessaria a mantenere l'ordine in quella casa che, nel momento della disgrazia, non fosse stato per lei sarebbe stata dominata dalla confusione.
La notte era ormai fonda; i forti lamenti che avevano regnato dentro e attorno alla casa durante parte della giornata avevano lasciato il posto a una calma solenne e piena di dolore.
La signora Mac Carthy, che aveva il cuore troppo gonfio di sofferenza per dormire, nonostante la lunga fatica e la veglia, si era inginocchiata in fervida preghiera in una stanza vicina a quella del figlio. Improvvisamente le sue preghiere furono interrotte da un rumore insolito, proveniente dalle persone che vegliavano intorno al corpo. Prima ci fu un mormorio, poi tutto tacque, come se i movimenti di quanti erano nella camera fossero stati interrotti da un improvviso spavento; poi ci fu una grande confusione, e tutti si precipitarono terrorizzati nel corridoio che conduceva alle scale, e su cui si apriva la stanza della signora Mac Carthy. La signora si apri la strada tra la folla verso la stanza del figlio e lo trovò seduto sul letto, mentre volgeva intorno uno sguardo assente, come un uomo appena uscito dalla tomba. La luminosità di cui erano circonfusi il suo volto emaciato e le sue membra macilente rendevano il suo aspetto terribilmente spettrale. La signora Mac Carthy era una donna di carattere piuttosto fermo, ma era una donna, e non del tutto libera dalle superstizioni del suo paese. Cadde in ginocchio e, congiunte le mani, prese a pregare a voce alta. La figura di fronte a lei mosse appena le labbra e pronunciò a stento la parola «Madre...»; ma anche se le pallide labbra si muovevano come se ci fosse l'intenzione di terminare la frase, la lingua rifiutò di fare il suo dovere. La signora Mac Carthy si lanciò avanti e afferrando suo figlio per le braccia esclamò: «Parla, in nome di Dio e dei Suoi Santi, parla! Sei vivo?».
Lui si volse lentamente verso di lei e, parlando ancora con evidente difficoltà: «Si, madre mia, sono vivo e... ma siediti e mettiti tranquilla; ciò che ho da dirti ti sbalordirà ancor più di quello che hai visto. Si appoggiò al cuscino, e mentre la madre restava in ginocchio accanto al letto, tenendo la mano stretta fra le sue e fissandolo con l'espressione di una persona che non crede ai propri sensi, prosegui: «Non mi interrompere finché non avrò finito. Voglio parlare finché dura l'eccitazione della vita che è rifluita in me, perché so che presto avrò bisogno di molto riposo. Dell'inizio della mia malattia ho solo un ricordo confuso; ma nelle ultime dodici ore sono stato di fronte al trono del giudizio di Dio. Non fissarmi con incredulità: è vero come veri sono stati i miei peccati e come, io credo, sarà il mio pentimento. Ho visto il terribile Giudice, che aveva assunto l'aspetto spaventoso che prende quando la pietà lascia il posto alla giustizia. Ho visto la tremenda magnificenza dell'onnipotenza offesa - e ricordo tutto. È fissata qui, stampata nella mia mente a caratteri indelebili; ma va oltre la possibilità del linguaggio umano. Descriverò ciò che posso - e lo farò con le parole. Basti dire che fui pesato sulla bilancia e che fui trovato insufficiente. L'irrevocabile sentenza era sul punto di essere pronunciata; l'occhio del Giudice Onnipotente, che si era già posato su di me, mi aveva già condannato a metà, quando notai il santo protettore, cui tante volte hai indirizzato le mie preghiere quando ero bambino, che mi guardava con un'espressione di benevolenza e compassione. Allungai le mani verso di lui e implorai la sua intercessione. Supplicai perché mi fosse concesso un anno, un mese da trascorrere sulla terra per far penitenza ed espiare i miei peccati. Questi si gettò ai piedi del mio Giudice e implorò pietà. Oh! mai - neppure se dovessi passare attraverso diecimila diversi modi di sentirmi - mai, per tutta l'eternità, dimenticherò l'orrore di quel momento, quando il mio fato rimaneva li sospeso - quando un istante avrebbe deciso se avrei dovuto subire i tormenti più indescrivibili per tutta l'eternità! Ma la Giustizia sospese la sua sentenza, e la Pietà disse, con accento fermo ma con dolcezza: "Torna su quella terra su cui hai vissuto solo per oltraggiare le leggi di Colui che ha creato il mondo e te stesso. Vengono concessi tre anni per il tuo pentimento; quando saranno terminati ti ritroverai qui, per essere salvato o dannato per sempre". Non udii né vidi altro, finché mi risvegliai alla vita, un momento prima che tu entrassi».
Le forze di Charles bastarono appena a terminare queste ultime parole e, nel pronunciarle, richiuse gli occhi e giacque completamente sfinito. Sua madre, benché, come s'è detto, in qualche modo propensa a dar credito alle visioni soprannaturali, tuttavia non era convinta che lui, pur svegliatosi dall'incoscienza che avrebbe potuto rappresentare la crisi decisiva della sua malattia, non fosse ancora sotto l'effetto del delirio. Comunque il riposo era indispensabile, e la donna fece subito quanto necessario perché il figlio ne potesse godere indisturbato. Dopo alcune ore di sonno si svegliò ristorato, e da quel momento in avanti migliorò in modo graduale ma costante.
Egli continuava però a raccontare la sua visione nello stesso modo in cui l'aveva riferita all'inizio, e la sua convinzione che fosse reale ebbe un'ovvia e decisiva influenza sulle sue abitudini e la sua condotta. Non abbandonò del tutto la compagnia dei suoi vecchi amici, perché il suo carattere non si era inaridito con il rinsavimento; ma non si uni mai ai loro eccessi e spesso tentò di redimerli. Quale sia stato l'esito dei suoi encomiabili sforzi non mi è stato dato conoscere, ma di lui sappiamo che fu religioso senza ostentazione e moderato senza essere austero, e che fu la prova evidente di come il vizio può essere mutato in virtù senza perdere il rispetto della gente, la popolarità e l'allegria.
Il tempo passò veloce e ben prima dello scadere dei tre anni la storia della visione fu dimenticata o, se capitava di parlarne, in genere la si menzionava come un esempio a riprova di quanto fosse folle credere in tali cose. Lo stato di salute di Charles, grazie alle sue abitudini moderate e regolari, divenne migliore che mai. I suoi amici, in verità, avevano spesso occasione di prenderlo in giro per un certo modo di fare serio e assorto che andava assumendo man mano che si avvicinava al compimento del suo ventisettesimo anno; ma in generale i suoi modi mostravano la stessa vivacità e l'allegria che gli era stata sempre peculiare. Quando era in compagnia evitava ogni tentativo di fargli dichiarare una opinione precisa in merito alla supposta predizione; ma tra i suoi familiari si sapeva bene che egli ci credeva ancora fermamente. Tuttavia, quando era quasi giunto il giorno in cui la profezia, se tale era, stava per realizzarsi, il suo aspetto, nel complesso, fino a tal punto sembrava promettere una vita lunga e sana, che egli si lasciò convincere a convocare a Spring House un gran numero di persone per una festa in occasione del suo compleanno. Ma le circostanze relative a questa festa, e le situazioni concomitanti, possono essere meglio illustrate dall'esame delle seguenti lettere, che sono state diligentemente conservate da qualche congiunto della sua famiglia. La prima è della signora Mac Carthy a una signora, sua parente stretta e amica stimata, che viveva nella contea Cork, a circa cinquanta miglia da Spring House:
Alla Signora Barry, Castle Barry
Spring House, Martedì mattina, 15 ottobre 1752
Mia carissima Mary,
temo metterò a dura prova l'affetto che provi per la tua vecchia amica e parente. Ci vuole un'amicizia come la tua, infatti, per convincere una donna di buon senso a esporsi a un viaggio di due giorni in questa stagione, su strade accidentate e in un paese pieno di disordini. Ma la verità è che ho, o ritengo di avere, un motivo eccezionale per volerti accanto a me. Conosci la storia di mio figlio. Non so dirti perché, ma ora che si avvicina la prossima domenica, in cui si saprà se è vera o falsa la predizione del suo sogno, o visione, io sento nel cuore un malessere che non riesco a vincere, ma che la tua presenza, mia cara Mary, potrà alleviare, come è avvenuto per tante delle mie pene. Mio nipote, James Ryan, sta per sposare Jane Osborne (che, come sai, è la figlioccia di mio figlio) e la festa nuziale avrà luogo qui domenica prossima, nonostante Charles abbia molto insistito per rimandarla di un giorno o due. Dio volesse che... ma non dirò altro fino a che non ci incontreremo. Vinci la tua esitazione a lasciare per una settimana il tuo buon marito, se i suoi impegni alla tenuta non gli permetteranno di accompagnarti, e vieni da me con le bambine più presto che puoi prima di domenica.
La sempre affezionata cugina e amica della mia Mary,
Ann Mac Carthy
ùAnche se questa lettera raggiunse Castle Barry mercoledì mattina, perché il messo aveva viaggiato a piedi attraverso paludi e brughiere percorrendo sentieri impraticabili per un cavallo e una carrozza, la signora Barry, che decise immediatamente di andare, dovette pensare a tante di quelle cose per sistemare l'andamento della casa (che in Irlanda, fra la classe media dei proprietari terrieri, precipita subito nel caos quando la padrona è via) che non poté partire con le due bambine fino al Venerdì nella tarda mattinata. La figlia maggiore rimase a tenere compagnia al padre e a sovrintendere alle faccende di casa. Poiché le viaggiatrici dovevano usare una carrozza scoperta a un cavallo, chiamata calesse (ancora usato in Irlanda) e siccome le strade, già usualmente brutte, erano rese ancora peggiori dalle pesanti piogge, era loro intenzione fare due comode tappe - fermarsi a circa metà strada la prima notte e raggiungere Spring House nella serata del sabato.
Questa organizzazione venne però cambiata, perché si resero conto che, dato che erano partite tardi, durante il primo giorno avrebbero potuto percorrere al massimo venti miglia; decisero dunque di pernottare nella casa del signor Bourke, un loro amico che viveva a un po' meno di quella distanza da Castle Barry. Arrivarono finalmente a casa del signor Bourke dopo una traversata alquanto scomoda. Ciò che accadde loro il giorno successivo, durante il tragitto verso Spring House e dopo il loro arrivo, è riportato in maniera esauriente in una lettera scritta dalla secondogenita dei Barry alla sorella maggiore:
Spring House, domenica sera, 20 ottobre 1752
Cara Ellen,
Dato che la lettera della mamma, che è unita a questa, ti annuncia con poche parole la triste notizia che qui ti esporrò in modo più dettagliato, penso sia opportuno riferire in modo ordinato tutti gli straordinari avvenimenti degli ultimi due giorni.
Venerdì sera i Bourke ci tennero alzati fino a così tardi che ieri era già giorno avanzato prima che potessimo iniziare il viaggio, e al calar della sera eravamo a circa quindici miglia di distanza da questo posto. Le strade avevano solchi profondi a causa delle forti piogge della settimana passata, e procedevamo così lentamente che alla fine nostra madre decise di passare la notte a casa del fratello del signor Bourke (che vive a circa un quarto di miglio dalla strada) e di arrivare qui per Fora di colazione nella mattinata.
La giornata era stata ventosa e piovosa, e il cielo aveva un'aria capricciosa, scura e instabile. La luna era piena e a tratti brillava chiara e splendente; in altri momenti era del tutto nascosta dagli ammassi di nuvole nere e arcigne che si muovevano veloci e divenivano ogni minuto più grandi, e si addensavano come per raccogliere forza per un imminente temporale. Il vento, che soffiava contro di noi, fischiava in modo sinistro lungo le basse siepi della stretta strada su cui procedevamo con difficoltà tra un gran numero di pozzanghere, e che non ci consentiva il minimo riparo, perché non c'erano alberi nel raggio di qualche miglio. Mia madre chiese dunque a Leary, che guidava il calesse, a che distanza fossimo dalla casa del signor Bourke. «Saranno circa dieci pertiche da qui all'incrocio, e poi dobbiamo solo girare a sinistra, imboccando il viale, signora.» «Molto bene, Leary; gira verso la casa del signor Bourke appena arriviamo all'incrocio.» Appena nostra madre ebbe pronunciato queste parole, un urlo, che ci fece sobbalzare come se ci avesse perforato il cuore, si alzò dalla siepe alla nostra destra. Se volessi paragonarlo a qualcosa di questo mondo, dovrei dire che sembrava il grido di una donna che avesse subito un colpo improvviso e fatale, che stesse lasciando questa vita con un lungo lancinante dolore di estrema agonia. «Che Dio ci protegga!», esclamò mia madre. «Va' al di là della siepe, Leary, e porta soccorso a quella donna, se già non è morta, mentre noi torniamo di corsa alla capanna che abbiamo appena passato per avvertire il vicino villaggio.» «Donna!», disse Leary con voce tremante, frustando con violenza il cavallo, «non è una donna; più presto filiamo, signora, meglio è.» E continuò a far del suo meglio per affrettare l'andatura del cavallo. Noi non vedevamo nulla. La luna era coperta. Era molto buio e da tempo ci aspettavamo un pesante scroscio di pioggia. Ma appena Leary ebbe finito di parlare e fu riuscito a far trottare il cavallo, udimmo chiaramente un forte battere di mani, seguito da una serie di grida che parevano rappresentare il momento estremo di disperazione e di angoscia e sembravano provenire da una persona che procedesse di corsa all'interno della siepe per tenerci dietro. Ma continuavamo a non vedere nulla, finché, quando fummo a circa dieci iarde dal punto in cui un viale si diramava a sinistra verso la casa del signor Bourke, e la strada girava a destra verso Spring House, la luna spuntò improvvisamente da dietro una nuvola e ci consenti di vedere, con la chiarezza con cui ora vedo il foglio che ho davanti, la figura di una donna alta e magra, a capo scoperto, con lunghi capelli che le si muovevano attorno alle spalle, vestita con qualcosa che poteva sembrare un largo mantello bianco o un lenzuolo in cui s'era frettolosamente avvolta. Stava dritta alla siepe d'angolo dove la strada su cui eravamo incontrava quella che conduce a Spring House, con il volto rivolto verso di noi, la mano sinistra che indicava questo luogo e il braccio destro che faceva rapidi e bruschi segnali come per spingerci in tale direzione. Il cavallo si era fermato, apparentemente spaventato dall'improvvisa presenza di quella figura che stava là, nel modo che ti ho descritto, continuando a emettere le stesse grida acute per circa mezzo minuto. Saltò poi sulla strada, spari per un attimo alla nostra vista e il momento dopo la vedemmo in piedi su un alto muro un po' più avanti lungo il viale che dovevamo percorrere; e continuava a indicare la direzione di Spring House con un'aria di sfida, come se ci stesse dando un ordine, e quasi fosse decisa a ostacolarci il passaggio per quella strada. La figura stava ora del tutto in silenzio e le sue vesti, che prima si muovevano sciolte nel vento, erano adesso strettamente avvolte intorno a lei. «Va' avanti in fretta, Leary, verso Spring House, in nome di Dio!», disse nostra madre: «qualunque sia il mondo cui appartiene, non la provocheremo oltre». «È la banshee, signora», disse Leary, «e io, per quel che vale la mia vita, in questa notte benedetta, non andrei da nessun'altra parte che a Spring House. Ma temo che stia succedendo qualcosa di brutto davanti a noi, altrimenti lei non ci manderebbe là.» Dicendo queste parole fece andare avanti il cavallo e appena prendemmo la strada a destra, di colpo la luna nascose la sua luce e noi non vedemmo più l'apparizione; udimmo però chiaramente un prolungato batter di mani che andava gradualmente spegnendosi, come se provenisse da una persona che si allontanava velocemente. Avanzammo con tutta la rapidità consentita dal brutto stato delle strade e dalla stanchezza del povero animale che ci portava, e arrivammo qui verso le undici, ieri sera. Quale scena ci aspettasse lo hai già appreso dalla lettera della mamma. Per fartela comprendere appieno devo raccontarti alcune vicende che hanno avuto luogo qui la settimana passata.
Sai già che oggi Jane Osborne avrebbe dovuto sposare James Ryan, e che questi e i loro amici sono stati in questa casa durante la passata settimana. Martedì scorso, il giorno stesso in cui al mattino la cugina Mac Carthy spediva la lettera con la quale ci invitava qui, tutta la compagnia stava passeggiando nel parco un po' prima di cena. Sembra che una infelice creatura, che era stata sedotta da James Ryan, fosse stata vista nei giorni precedenti aggirarsi li intorno, in uno stato d'animo cupo e melanconico. James Ryan si era separato da lei da parecchi mesi e, a quanto dicono, aveva provveduto assai bene alla ragazza; ma questa era stata illusa dalla promessa che le aveva fatto di sposarla, e la vergogna della sua triste condizione, insieme alla delusione e alla gelosia, le aveva sconvolto la mente. Durante tutta la mattinata di quel Martedì aveva camminato fra i campi vicini a Spring House con il mantello avvolto molto stretto attorno al corpo e il cappuccio che quasi le copriva il viso; e aveva evitato di parlare e persino di incontrare qualsiasi persona della famiglia.
Charles Mac Carthy, nel momento di cui vi ho parlato, stava camminando, tra James Ryan e un'altra persona, un po' separato dal gruppo, su un sentiero ricoperto di ghiaia che costeggiava un boschetto. L'intera compagnia fu gettata nella più grande costernazione sentendo un colpo di pistola sparato da un punto in cui il boschetto che Charles e i suoi compagni avevano appena oltrepassato era molto fitto. Egli cadde all'istante, e si scopri che era stato ferìto a una gamba. Uno del gruppo era medico. Prestò immediata assistenza e, esaminata la ferìta, dichiarò che era molto leggera, che nessun osso era stato leso e che si trattava solo di una lacerazione che sarebbe di sicuro guarita in pochi giorni. «Ne sapremo di più prima di domenica», disse Charles mentre veniva trasportato in camera sua. La ferìta fu immediatamente medicata e il disturbo che essa causava era così leggero che molti amici passarono parte della serata nel suo appartamento.
Le indagini misero in luce che lo sfortunato colpo di pistola era stato sparato dalla disgraziata ragazza di cui ho accennato. Era inoltre chiaro che aveva mirato non a Charles, ma a colui che aveva distrutto la sua felicità e la sua innocenza, che gli stava camminando a fianco. Dopo una infruttuosa ricerca per i campi, ella rientrò in casa spontaneamente, ridendo, danzando e cantando come una pazza; ripeteva continuamente che aveva finalmente ucciso il signor Ryan. Quando venne a sapere che era stato Charles, e non Ryan, a essere stato colpito, ebbe una violenta reazione, e dopo essere per breve tempo caduta in preda alle convulsioni, si gettò verso la porta con uno scatto, sfuggi alla folla che la inseguiva e non poté essere catturata fino a ieri sera, quando fu ricondotta qui assolutamente fuori di sé, un po' prima del nostro arrivo.
La ferìta di Charles fu considerata di così scarsa importanza che i preparativi per il ricevimento nuziale di domenica continuarono come fosse tutto normale. Ma Venerdì notte diventò inquieto e pieno di febbre, e sabato mattina (ieri) stava così male che si ritenne necessario chiedere un ulteriore parere medico. Due dottori e un chirurgo tennero un consulto verso mezzogiorno, e venne data la terribile notizia che, se prima di notte non fosse sopraggiunto un cambiamento, nel quale però c'era poco da sperare, entro ventiquattr'ore sarebbe sopravvenuta la morte.
La ferìta, sembra, era stata fasciata troppo stretta e comunque curata in modo incauto. I medici avevano fatto una giusta previsione: non ci fu alcun progresso e ben prima che arrivassimo a Spring House ogni raggio di speranza era scomparso. La scena cui assistemmo al nostro arrivo avrebbe intristito il cuore di un demonio. Al cancello fummo informati che il signor Charles era sul letto di morte. Quando raggiungemmo la casa l'informazione ci fu confermata dal servo che apri la porta. Ma appena entrati rimanemmo terrorizzati dalle spaventose grida che venivano dalla scala. La mamma credette di sentire la voce della povera signora Mac Carthy e si precipitò avanti. La seguimmo e, salito qualche gradino della scala, trovammo una giovane completamente sconvolta che lottava disperatamente con due servitori; le loro forze unite bastavano a stento a trattenerla dal lanciarsi su per le scale passando sopra il corpo della signora Mac Carthy, che giaceva sui gradini in preda a un attacco isterico. Costei, lo scopersi dopo, era la sfortunata ragazza di cui ho detto prima, e stava tentando di entrare nella camera di Charles per «ottenere il suo perdono», come disse poi, «prima che se ne andasse ad accusarla di averlo ucciso». Questa folle idea si mescolava con un'altra, che sembrava contrastare con la prima ossessione della sua mente. In una frase faceva appello a Charles perché la perdonasse, in quella seguente denunciava James Ryan come assassino, sia di Charles che di se stessa. Infine fu condotta via; le ultime parole che le udii urlare furono: «James Ryan, sei stato tu a ucciderlo, non io. Sei stato tu a ucciderlo, non io!».
La signora Mac Carthy, quando si fu riavuta, cadde nelle braccia della mamma, la cui presenza sembrò rappresentare un gran sostegno. Pianse - le prime lacrime, appresi, che aveva versato dal momento del fatale incidente. Ci condusse nella camera di Charles, il quale, disse, aveva espresso il desiderio di vederci appena fossimo arrivate, perché sentiva che la fine si avvicinava, e voleva dedicare le ultime ore della sua esistenza alla preghiera e alla meditazione senza essere interrotto. Lo trovammo perfettamente calmo, rassegnato e persino allegro. Parlava del terribile fato che lo attendeva con coraggio e fiducia e lo giudicava un destino a cui si stava preparando fin dal momento della sua prima grave malattia, e che mai aveva messo in dubbio gli fosse stato veridicamente predetto. Ci disse addio con l'aria di un uomo che stesse per compiere un breve e facile viaggio; e noi lo lasciammo con delle impressioni che, malgrado tutta la loro angoscia, sono convinta non potremo mai dimenticare.
Povera signora Mac Carthy... Ma ora mi stanno chiamando. Sembra che ci sia una certa confusione in famiglia; forse...
Questa lettera non fu mai
terminata. Il foglio al quale più di una
volta essa fa riferimento riferiva in breve gli eventi
successivi, ed è
tutto quanto ho saputo ancora sulla famiglia dei Mac Carthy.
Prima che il sole fosse tramontato sul ventisettesimo compleanno di
Charles, la sua anima era andata a rendere l'ultimo conto al suo
Creatore.
1 L'unico whiskey di cui fosse consentita la vendita in Irlanda si chiamava infatti «Parliament» (N.d.C.).