La cena del prete

di Thomas Crofton Croker

 

 

Quelli che dovrebbero capire queste cose dicono che il «buon popolo», ovvero i folletti, sono degli angeli cacciati dal paradiso che sono atterrati su questa terra, mentre gli altri loro compagni, che avevano peccati più grossi che li trascinavano verso il basso, sono finiti più giù, in un posto peggiore. Vero o no che sia, in una limpida sera illuminata dalla luna, verso la fine di settembre, c'era una allegra brigata di folletti che danzavano e combinavano gli scherzi più pazzi. Lo scenario della loro allegria non era molto distante da Inchegeela, nella parte ovest della contea Cork - un villaggio povero, anche se aveva una caserma per i soldati; ma alte montagne e aride rocce come quelle che la circondano sono sufficienti a portare ovunque la miseria; tuttavia, dato che ai folletti basta esprimere un desiderio per avere tutto quello che desiderano, la povertà non li preoccupa molto, e il loro unico pensiero è trovare angoli poco frequentati e luoghi in cui sia poco probabile che capiti qualcuno a disturbare il loro divertimento.

Su un bel prato vicino alla riva del fiume i piccoli compagni se ne stavano a danzare più allegri che mai, con i loro berretti rossi che si agitavano al chiarore della luna, e i loro salti erano così leggeri che le stille di rugiada, se anche tremavano sotto i loro piedi, non erano disturbate dalle loro capriole. E così continuavano con le loro acrobazie, girando intorno e facendo piroette e inchini, tuffandosi e assumendo tutte le possibili figure, fino a che uno di loro cinguettò

 

Cessate, cessate di tambureggiare

Il gioco qui deve finire;

Dall'odore

Posso dire

Che un prete sta per arrivare!

 

E tutti i folletti sgattaiolarono via più in fretta che potevano per nascondersi sotto le foglie verdi della digitale, dove, se anche fosse spuntato fuori qualcuno dei loro cappucci rossi, avrebbe avuto tutta l'aria delle campanelle color cremisi della pianta; altri si nascosero dietro il lato in ombra delle pietre e dei cespugli di rovo, e altri ancora sotto la sponda del fiume e in buche e cavità d'un tipo o di un altro.

Il folletto che aveva parlato non si era ingannato; perché lungo la strada, che si poteva vedere dal fiume, arrivava Padre Horrigan in groppa al suo pony, pensando fra sé che era ormai così tardi che avrebbe posto fine al suo viaggio alla prima capanna in cui si fosse imbattuto. Fedele a questa sua decisione, si fermò all'abitazione di Dermod Leary, sollevò il chiavistello ed entrò dicendo: «La mia benedizione a tutti i presenti».

Non c'è bisogno di dire che Padre Horrigan, ovunque andasse, era un ospite gradito, perché non c'era in tutto il paese uomo più pio o più amato. Ora, Dermod si senti molto crucciato per il fatto che non aveva nulla da offrire per cena al reverendo per guarnire le patate, che la «vecchia» (così infatti Dermod chiamava sua moglie, anche se non aveva passato da molto i vent'anni) stava facendo bollire in una pentola sul fuoco; pensò alla rete che aveva piazzato nel fiume, ma dato che era li da poco tempo, le possibilità che ci trovasse dentro un pesce erano poche. «Non importa», pensò Dermod, «non c'è nulla da perdere a scendere a controllare; e forse, se voglio un pesce per la cena del prete, lo troverò li ad attendermi.»

Dermod andò alla riva del fiume e trovò nella rete il più bel salmone che abbia mai saltato nelle acque del «frondoso Lee»; ma mentre si apprestava a tirarlo fuori, la rete gli venne strappata via, non avrebbe potuto dire da chi o da cosa, e il salmone gli sfuggi e se ne nuotò via nella corrente allegro come se nulla fosse successo.

Dermod guardò tristemente la scia che il salmone aveva lasciato sulla superficie dell'acqua, che riluceva come una striscia argentata alla luce della luna, e poi, con un brusco movimento della mano destra, e battendo in terra il piede, dette libero corso ai suoi sentimenti borbottando: «Che la sfortuna ti possa perseguitare giorno e notte, farabutto d'un salmone! Dovresti vergognarti, se fossi capace di provar vergogna: scapparmi via in questo modo! Ma sono sicuro che andrai a finir male, perché è stata qualche forza malvagia ad assisterti - non ho forse sentito tirare la rete con tanta forza che sembrava che dall'altra parte ci fosse il diavolo in persona?».

«Quanto dici non è vero», disse uno dei folletti che si erano dileguati all'approssimarsi del prete, avvicinandosi a Dermod Leary con un'intera schiera di compagni alle calcagna; «a tirare, dall'altra parte, c'erano solo una ventina di noi.»

Dermod fissò sbalordito il minuscolo interlocutore, che continuò: «Non ti dare alcun pensiero per la cena del prete; che se tornerai da lui a fargli una domanda da parte nostra, in un attimo avrà davanti a sé la più bella cena che mai sia stata apparecchiata».

«Non voglio aver nulla a che spartire con voi», rispose Dermod con tono risoluto; e dopo un po' aggiunse: «Vi sono molto obbligato per la vostra offerta, signore, ma mi guarderò bene dal vendermi a voi, o ad altri come voi, per una cena; oltre a ciò, so che Padre Horrigan tiene tanto da conto la mia anima da non volere che io me la giochi per sempre, qualsiasi cosa voi possiate apparecchiargli davanti - e questo pone termine alla questione».

Il piccolo interlocutore, con una pertinacia che non si lasciava scoraggiare dai modi di Dermod, prosegui: «Faresti una cortese domanda al prete da parte nostra?».

Dermod ci pensò su per un po', e aveva ben ragione di farlo, ma decise che porre una cortese domanda non avrebbe potuto far male a nessuno. «Quanto a questo, signori, non ho obiezioni», disse Dermod, «ma sia ben chiaro che non voglio avere assolutamente nulla a che spartire con la vostra cena.»

«Allora», disse il piccolo folletto che parlava, mentre tutti gli altri arrivavano da ogni parte a far ressa dietro di lui, «vai a chiedere a Padre Horrigan se le nostre anime saranno salvate, nel giorno del giudizio, come le anime dei buoni cristiani; e se sei dalla nostra parte, torna subito a farci sapere la risposta.»

Dermod andò alla sua capanna, dove trovò le patate sul tavolo e la sua brava donna che porgeva a Padre Horrigan la più grossa, un bel pomo ridente che fumava come un cavallo sotto tiro in una notte gelata.

«Scusate, reverendo», disse Dermod dopo aver esitato un po', «posso permettermi di rivolgere una domanda a vostra signoria?»

«E di che mai si tratta?»

«Beh, dunque, reverendo, scusate il mio ardire, la domanda è questa: le anime del "buon popolo" saranno salvate nel giorno del giudizio?»

«Chi ti ha detto di farmi una domanda del genere, Leary?», disse il prete, fissando su di lui lo sguardo con tale fermezza che Dermod non riuscì proprio a resistergli.

«Su questa faccenda non dirò mai nient'altro che la pura verità», disse Dermod. «È stato proprio il "buon popolo" a mandarmi a farvi questa domanda; ce ne sono migliaia giù alla riva del fiume ad aspettare che ritorni con la risposta.»

«Torna senz'altro», disse il prete, «e riferìsci che, se vogliono saperlo, devono venire loro stessi, e io risponderò con il più grande piacere a questa e a qualsiasi altra domanda possano desiderare di rivolgermi.»

E così Dermod ritornò dai folletti, che piovvero in frotte tutt'intorno a lui per sentire cos'aveva risposto il prete; e in mezzo a loro Dermod, che era un uomo coraggioso, parlò chiaro: ma appena sentirono che avrebbero dovuto andare dal prete se la filarono, uno di qua e uno di là, e chi da una parte e chi dall'altra, schizzando accanto al povero Dermod così veloci e in tal numero che egli ne rimase completamente sbigottito.

Quando fu di nuovo in sé, e ci volle un bel pezzo, ritornò alla capanna e mangiò le sue patate asciutte insieme a Padre Horrigan, che prendeva la cosa molto alla leggera; mentre Dermod non poteva fare a meno di pensare quanto fosse assurdo che il reverendo, le cui parole avevano il potere di allontanare i folletti con tale rapidità, non avesse nessun contorno alla sua cena, e che il bel salmone che aveva catturato nella rete gli fosse stato sottratto in quel modo.


Fiabe Irlandesi
chapter_1.xhtml
chapter_2.xhtml
chapter_3.xhtml
chapter_4.xhtml
chapter_5.xhtml
chapter_6.xhtml
chapter_7.xhtml
chapter_8.xhtml
chapter_9.xhtml
chapter_10.xhtml
chapter_11.xhtml
chapter_12.xhtml
chapter_13.xhtml
chapter_14.xhtml
chapter_15.xhtml
chapter_16.xhtml
chapter_17.xhtml
chapter_18.xhtml
chapter_19.xhtml
chapter_20.xhtml
chapter_21.xhtml
chapter_22.xhtml
chapter_23.xhtml
chapter_24.xhtml
chapter_25.xhtml
chapter_26.xhtml
chapter_27.xhtml
chapter_28.xhtml
chapter_29.xhtml
chapter_30.xhtml
chapter_31.xhtml
chapter_32.xhtml
chapter_33.xhtml
chapter_34.xhtml
chapter_35.xhtml
chapter_36.xhtml
chapter_37.xhtml
chapter_38.xhtml
chapter_39.xhtml
chapter_40.xhtml
chapter_41.xhtml
chapter_42.xhtml
chapter_43.xhtml
chapter_44.xhtml
chapter_45.xhtml
chapter_46.xhtml
chapter_47.xhtml
chapter_48.xhtml
chapter_49.xhtml
chapter_50.xhtml
chapter_51.xhtml
chapter_52.xhtml
chapter_53.xhtml
chapter_54.xhtml
chapter_55.xhtml
chapter_56.xhtml
chapter_57.xhtml
chapter_58.xhtml
chapter_59.xhtml
chapter_60.xhtml
chapter_61.xhtml
chapter_62.xhtml
chapter_63.xhtml
chapter_64.xhtml
chapter_65.xhtml
chapter_66.xhtml
chapter_67.xhtml
chapter_68.xhtml
chapter_69.xhtml
chapter_70.xhtml
chapter_71.xhtml
chapter_72.xhtml
chapter_73.xhtml
chapter_74.xhtml
chapter_75.xhtml
chapter_76.xhtml
chapter_77.xhtml
chapter_78.xhtml
chapter_79.xhtml
chapter_80.xhtml
chapter_81.xhtml
chapter_82.xhtml
chapter_83.xhtml
chapter_84.xhtml
chapter_85.xhtml
chapter_86.xhtml
chapter_87.xhtml
chapter_88.xhtml
chapter_89.xhtml
chapter_90.xhtml
chapter_91.xhtml
chapter_92.xhtml
chapter_93.xhtml
chapter_94.xhtml
chapter_95.xhtml
chapter_96.xhtml
chapter_97.xhtml
chapter_98.xhtml
chapter_99.xhtml
chapter_100.xhtml
chapter_101.xhtml
chapter_102.xhtml
chapter_103.xhtml
chapter_104.xhtml
chapter_105.xhtml
chapter_106.xhtml
chapter_107.xhtml
chapter_108.xhtml
chapter_109.xhtml
chapter_110.xhtml
footnotes.xhtml