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DURANTE il rinfresco restai in disparte in zona reception, ma Caroline spaesata continuò a lanciarmi occhiate per tutta la sera. Feci finta di niente. Osservai invece Brin ed Eunice ballare più o meno abbracciate al centro della sala. Osservai il modo in cui Brin, con una mano, reggeva dolcemente la nuca di mia sorella, e mentre lo faceva uno sguardo folle d’amore attraversava il viso di Eunice. Osservai Sydney ballare con Caroline e Dennis; sorrideva ogni volta che la guardavano, ma quando la lasciarono sola s’incupì. Era passato quasi un anno, e benché fosse ormai a casa non era ancora del tutto se stessa. Mi chiesi se lo sarebbe stata mai più.
Osservai Eunice e Brin tagliare e servire la torta. Osservai mamma sedersi a tavola con Sally White e suo marito. A giudicare da come continuava a stringere il braccio di Sally, per lei porre termine alla rimpatriata sarebbe stata dura. La sua migliore amica le era mancata, e aveva un bisogno quasi compulsivo di recuperare tutto il tempo che avevano perso.
Mi sarebbe piaciuto raggiungere la mia famiglia al centro della sala. Mi sarebbe piaciuto rivelare loro che non sarebbero più stati perseguitati e braccati. Ma riflettei che quella sensazione dovessero averla già, in una serata così ricca di risate, bevute, musica e danze. I Turner erano di nuovo una famiglia, la mia famiglia. Avevo dovuto solo forzare un po’ la mano per farli tornare insieme.
Invece di intervenire, mi accontentai di respirare quell’atmosfera dai bordi della sala e, mentre la serata volgeva al termine, gli ospiti si diradavano e le spose novelle si ritiravano nei loro quartieri, cercai di non intristirmi o preoccuparmi troppo. Ero ancora un po’ sulle spine (non riuscivo a farne a meno), quando Leannan apparve accanto a me con la sua faccia umana; al posto della tunica rossa portava un abito da sera rosso sangue.
«È stata una splendida cerimonia», disse.
«Credi che funzionerà?» le domandai.
«Che funzionerà cosa?»
«Questo matrimonio. La mia famiglia. Continueranno a essere felici dopo stasera?»
«Non lo so», rispose. «Tu però hai dato loro altro tempo e una seconda possibilità. È più di quanto ottenga chiunque altro. Dovrà bastare.»
Anche se la cosa non mi piaceva, sapevo che aveva ragione.
«È ora di andare», disse.
«Aspetta!»
Caroline doveva aver intuito che il suo spiraglio d’azione stava per chiudersi, perché dopo avermi chiamato attraversò di corsa il giardino dell’hotel, con il vestito da damigella che le svolazzava tutt’intorno.
Leannan e io ci scambiammo un’occhiata. Lei fece un passo indietro e con un cenno mi diede il via libera. Se proprio devi.
Caroline si fermò di fronte a me con il fiato corto. «Io ti conosco.» Poi, come se su quanto aveva appena affermato nutrisse qualche dubbio, aggiunse: «Non è così?»
«Tu credi?»
«È come se avessi la testa piena di nebbia. Però mi ricordo che la mamma e la nonna erano scomparse…» Si portò una mano alla tempia ed emise una specie di sibilo. «E mi ricordo la tua faccia. Noah.» Continuava a massaggiarsi la tempia, come se dovesse recuperare l’informazione da qualche parte. «Zio Noah. Tu eri a casa nostra. Poi la mamma e la nonna sono tornate. E anche zia Sydney. Ma tu non c’eri più. Ci sono volte in cui di te mi ricordo, ma poi è come se ti dimenticassi di nuovo.» Strinse forte gli occhi e poi li spalancò. «Hai fatto qualcosa, vero? Ci hai salvati.»
A quelle parole rimasi sconcertato. Io e Leannan avevamo somministrato la carezza d’ebano a tutti i componenti della mia famiglia. Questo non mi cancellava del tutto dai loro ricordi, ma ripensare a me avrebbe dovuto essere impossibile per moltissimo tempo.
«Cerca di dimenticare di avermi mai visto», le suggerii. «Veglierò su di te.»
«Però mi spieghi cosa hai fatto?» domandò. Indicò Leannan. «E lei chi è?»
Mi stava ancora interrogando quando presi la mano di Leannan. Le sue parole sfumarono nel nulla mentre passavamo dall’altra parte.