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MARGARET permise a Harry di chiamare le bambine in salotto e dare loro la notizia, mentre lei in cucina gli riscaldava il polpettone.

«Costruirai una vera casa?» gli chiese Eunice.

«Non dovrà essere vera, tonta», intervenne Sydney. «Come non era vera la casa gonfiabile del tuo compleanno.»

«Sydney, non rivolgerti in quel modo a tua sorella», la sgridò Margaret.

«È stata un po’ sgarbata, ma ha ragione», fece notare Harry a Eunice. «Sarà una casa per modo di dire. Costruirò tutto in garage e ricomporremo i pezzi in cortile.»

«Quindi più che una casa, sarà un cortile infestato», commentò la bambina.

«Tecnicamente sì», replicò Harry. «Ma se facciamo le cose come si deve, una volta dentro la gente si scorderà che è il nostro cortile. Sarà davvero convinta di vedere mostri e fantasmi.»

«Ma perché dobbiamo fare paura alla gente?» domandò Eunice.

«Perché a volte avere paura è divertente», spiegò Harry. «E penso che noi quanto a questo saremo bravi. Progetterò e costruirò quasi tutto io, ma anche voi potrete progettare una stanza e poi io la costruirò.»

«Davvero posso inventarmi tutto quello che voglio e tu lo farai?» chiese Sydney.

«Sì, entro certi limiti», rispose il padre.

«Io posso occuparmi dei costumi», dichiarò Margaret, stupendosi lei stessa. Non aveva per nulla intenzione di offrirsi volontaria, ma in quel momento si ritrovò a scontrarsi con il principale problema della sua vita adulta. Lei non aveva mai desiderato figli. Era stato Harry a volerli. Lei sperava che l’arrivo della prima bambina l’avrebbe resa una madre con tutti i crismi, il tipo di donna che brillava d’orgoglio per la sua progenie. Invece sia la nascita di Sydney sia quella di Eunice l’avevano lasciata indifferente. Aveva fatto il suo dovere, le aveva svezzate, ci aveva giocato, aveva cantato e letto per loro, le aveva nutrite, ma non aveva mai provato per le sue figlie lo stesso profondo e ardente afflato d’amore che provava per il marito. Sarebbe stato confortante pensare che per tutti i genitori andasse così, che fossero necessari anni per amare i propri figli, ma Harry aveva pianto per tutte e due non appena erano nate, e sembrava genuinamente eccitato nel rivederle ogni giorno quando tornava dal lavoro. Non sembrava far caso all’erosione del suo tempo e della sua privacy, e Margaret credeva che in un modo o nell’altro le bambine sapessero cogliere istintivamente la differenza fra i sentimenti di Harry e i suoi. Con loro si sentiva sempre in difetto, ansiosa di dimostrare un livello d’amore adeguato.

«Sei sicura?» le domandò Harry. Sembrava sorpreso e riconoscente.

«Sì», confermò Margaret.

Per il resto della serata restarono seduti intorno al tavolo della cucina a buttare giù progetti sulla carta millimetrata.

Mio padre, ingegnere, era un accumulatore maniacale e un meticoloso archivista, dunque la maggior parte di quei bozzetti è sopravvissuta. Li conservo nella mia scrivania, insieme agli schizzi delle idee che avevano avuto le mie sorelle: una stanza piena di teste di bambole, una stanza in cui avrebbe dovuto darti la caccia una mummia, e la mia preferita, ovvero una stanza all’apparenza normale, come se il giro della casa infestata fosse ormai finito, ma in cui a un tratto si spegnevano le luci e voci incorporee iniziavano a sussurrare scomode verità. Sul disegno Eunice aveva scritto: La Stanza dei Segreti Malefici.

Alla fine della serata, Harry prese tutte queste idee disparate e le mise in ordine sul tavolo della cucina. Si grattò il mento e aggrottò la fronte.

«Per il momento abbiamo tirato fuori a casaccio un mucchio di roba inquietante», dichiarò. «Quello che dobbiamo fare adesso è trovare qualcosa di davvero grosso e spaventoso, e cercare un filo conduttore fra gli incubi più piccoli e questo più grande. Secondo me», aggiunse picchiettando a ripetizione una gomma da cancellare sui fogli, «dovremmo fare un cimitero. Davanti alla casa potremmo mettere delle finte lapidi e una cancellata appuntita, e nel cortile dietro costruiremo una tomba. Ogni stanza potrebbe essere una tomba o una cripta di diverso tipo. Potremmo fare una tomba egizia con una mummia, un’altra invece potrebbe somigliare a quelle sepolture in superficie che fanno in Louisiana.»

«Come mai in Louisiana seppelliscono la gente all’aria aperta?» domandò Sydney.

«Perché la Louisiana è una grande palude», le rispose Eunice. «Quando cercano di seppellire qualcuno sottoterra, il corpo sguscia fuori. Non vogliono restare giù.»

Sia Margaret sia Harry la guardarono stupiti. Lei sembrò sorpresa a sua volta dall’attenzione che aveva improvvisamente suscitato.

«È vero?» chiese Sydney.

«Sì», rispose Harry. Stava ancora guardando Eunice. «Ma tu come fai a saperlo?»

La bambina lanciò un’occhiata colpevole alla libreria in salotto, poi incollò lo sguardo al tavolo. «Non me lo ricordo.»

La casa degli incubi
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