11

MAMMA e Sydney approntarono il loro quartier generale in un vecchio magazzino dalla parte opposta della cittadina. Per pagare l’affitto mamma vendette un numero raro delle avventure dell’Uomo Ragno, e nel fine settimana dopo la firma del contratto, in macchina con Sally ci dirigemmo al vecchio deposito di papà. Avevamo appuntamento lì con il signor Ransom e un paio di altri ragazzi del corso di teatro. Insieme tirammo fuori tutti gli attrezzi, i costumi e le scenografie che erano stati utilizzati per la Tomba. Guardavo con meraviglia e al tempo stesso con disappunto quell’accozzaglia di roba che tornava alla luce pezzo dopo pezzo. Con meraviglia, perché vedevo finalmente quel pezzo misterioso della storia di famiglia, e con disappunto, perché sotto le impietose luci al neon risultava tutto dozzinale: sottili fogli di compensato dipinti in modo da somigliare a mattoni di pietra calcarea per la tomba di una mummia, maschere mostruose di cartapesta screpolata, costumi che erano stati cuciti apposta per sembrare sbrindellati e che sarebbero riusciti a far venire una crisi isterica a un protagonista lovecraftiano. Nelle mie fantasie avevo edificato grandi saloni da incubo, e la verità, così come la vecchia casa di famiglia, si rivelava una delusione. Mamma, Sydney ed Eunice, d’altra parte, sembravano a disagio e turbate.

Una volta che fu tutto caricato e fissato – il contenuto dell’intero box riempiva due pick-up – partimmo per il nuovo magazzino al confine della cittadina, in fondo a un lungo e stretto viale alberato. Sydney scese dalla macchina per aprire il cancello, poi ci fermammo in un gigantesco parcheggio di fronte a un edificio che ricordava una scatola rettangolare, smorto e grigio come un blocco di cemento armato. Mamma ci condusse al di là della porta a vetri all’ingresso, in uno spazio destinato alla reception, con una grande scrivania e un paio di sedie impolverate addossate alla parete, dopodiché attraversammo una serie di porte a doppio battente che portavano nel magazzino vero e proprio, un grande open space con il pavimento di cemento e le travi a vista, un paio di bagni in un angolo e, lungo il muro che fronteggiava il parcheggio, una fila di saracinesche tipo garage. I nostri passi sollevavano polvere, e l’aria calda e soffocante mi faceva pizzicare il naso.

Aprirono due saracinesche e portarono dentro la roba, lasciandola qua e là sul pavimento sgombro. Mentre i ragazzi del teatro bevevano bibite nel parcheggio, mamma, Eunice, Sydney e il signor Ransom ispezionarono tutto quanto, valutando che cosa potesse essere riutilizzato e di che cosa invece ci si potesse sbarazzare. Si resero conto in fretta che l’idea iniziale di mamma – ricostruire la vecchia attrazione, la Tomba, dando una rinfrescata alla vernice e aggiungendo una o due stanze – non avrebbe funzionato. Per prima cosa, gran parte del legname che papà aveva recuperato durante i lavori di costruzione era marcito o si era spezzato, il che lo rendeva inutilizzabile. Seconda cosa, ora che l’avevano disposta in uno spazio così ampio e illuminato, la roba sembrava poca e da due soldi.

«Invitare qualcuno a venire fino a qui per questo», fece notare il signor Ransom indicando il materiale di scena sparso a terra, «sarebbe una truffa.»

«Non deve assolutamente succedere», commentò mamma.

«In questo caso, allora, ci resta qualche settimana per inventare qualcosa di completamente nuovo», considerò lui. Si passò le mani tra i capelli.

«Non è detto che sia necessario», intervenne Sydney. Aprì l’onnipresente zainetto di Eunice e ne estrasse una cartelletta, da cui sfilò un malloppo di fogli. Li distribuì a tutti. Sul foglio che ricevetti io c’era disegnato un gruppo di adolescenti accalcati in una camera, che con una torcia facevano luce sotto il letto mentre qualcosa li scrutava dal suo nascondiglio nell’armadio. Mentre ci scambiavamo i bozzetti, mi accorsi che in ognuno era raffigurato lo stesso gruppo di ragazzi in una scena diversa. In uno si aggiravano in un obitorio, e alle loro spalle, seduto in un loculo aperto, c’era un cadavere ancora avvolto in un lenzuolo. In un altro, il gruppo attraversava una pozza saltellando di pietra in pietra, e una mano palmata ricoperta di scaglie emergeva dalle acque per afferrare la caviglia di una povera ragazza. In un altro ancora – lo studio di un ricco signore con le pareti costellate di teste d’animali – c’era la stessa ragazza catturata dal mostro che veniva trascinata via mentre gli altri si abbracciavano terrorizzati. In ogni disegno c’era una sola torcia per tutti i ragazzi.

«Li hai fatti tu?» domandò mamma.

Sydney annuì.

«Non avevo idea che sapessi disegnare.»

«Com’è che c’è sempre una sola torcia?» chiesi io.

«L’idea è proprio questa», rispose Sydney, lieta di cambiare argomento. «Scegliamo qualche classica ambientazione horror fra le più semplici – e queste riusciremmo a tirarle su in poche settimane – e aggiungiamo l’ingrediente dell’inseguimento. Così, oltre ai soliti brividi, ci sarebbe un mostro a darti la caccia, e tu che cerchi di fuggire prima che ti scovi. Faremo entrare le persone quattro alla volta, e l’unica fonte d’illuminazione sarà una torcia, una sola. Magari ogni tanto infiltreremo in un gruppo anche qualcuno di noi, e sarà quella la persona che il mostro acciufferà. Costerebbe poco, e non saremmo costretti a reinventarci tutto da zero in un paio di settimane.»

Restituimmo i disegni a Sydney, tranne la mamma. Il suo volto sembrava teso, come se la pelle fosse stata tirata. «Ma come ti sono venuti fuori?»

Sydney armeggiava con i fogli. «Il signor Ransom dice sempre che la necessità aguzza l’ingegno, giusto? Ho solo provato a pensare a quale sarebbe stata la cosa più semplice.» Tese la mano per avere indietro il foglio.

«Questi disegni sono buoni», osservò la mamma. «Più che buoni.» Aveva un tono infelice e restituì il bozzetto a Sydney con evidente riluttanza. «È davvero questo che vuoi?»

Seguì un momento di silenzio, rotto solo da un colpo di tosse del signor Ransom. «Gesù, Sydney. Non mi piacerebbe per niente essere te quando la notte vado a dormire.» Con un mezzo sorriso, diede un’occhiata a tutti quanti. Il sorriso svanì quando notò che nessuno stava ridendo.

«A proposito», intervenne Eunice, «è il caso che Noah sia presente durante questa chiacchierata?»

«Cosa?» chiesi io. «Ma perché, cosa ho fatto?»

«Niente», rispose mia sorella. «Ma non voglio che poi tu abbia incubi.»

Mamma indicò un punto dietro di noi. «Eunice, porta tuo fratello in ufficio finché non abbiamo finito di parlare.»

«Ma io voglio dare una mano», cercai di farmi valere.

«Tu adesso vai a giocare con tua sorella.»

«Lo porto di là, ma poi torno subito», disse Eunice. «Di questa cosa faccio parte anch’io.»

«E va bene», concluse mamma, dopo aver riflettuto per un momento. «Non toccate nulla!» gridò mentre Eunice mi trascinava via.

La casa degli incubi
p000_cover.xhtml
toc.xhtml
p001_il-libro.xhtml
p002_l-autore.xhtml
p003_frontispiece.xhtml
p004_dedication.xhtml
p005_estratti.xhtml
p006_parte-01.xhtml
p007_capitolo-01.xhtml
p008_capitolo-02.xhtml
p009_capitolo-03.xhtml
p010_capitolo-04.xhtml
p011_capitolo-05.xhtml
p012_capitolo-06.xhtml
p013_capitolo-07.xhtml
p014_capitolo-08.xhtml
p015_capitolo-09.xhtml
p016_capitolo-10.xhtml
p017_parte-02.xhtml
p018_capitolo-11.xhtml
p019_capitolo-12.xhtml
p020_capitolo-13.xhtml
p021_capitolo-14.xhtml
p022_capitolo-15.xhtml
p023_capitolo-16.xhtml
p024_capitolo-17.xhtml
p025_capitolo-18.xhtml
p026_capitolo-19.xhtml
p027_capitolo-20.xhtml
p028_capitolo-21.xhtml
p029_capitolo-22.xhtml
p030_capitolo-23.xhtml
p031_capitolo-24.xhtml
p032_capitolo-25.xhtml
p033_capitolo-26.xhtml
p034_capitolo-27.xhtml
p035_capitolo-28.xhtml
p036_parte-03.xhtml
p037_capitolo-29.xhtml
p038_capitolo-30.xhtml
p039_capitolo-31.xhtml
p040_capitolo-32.xhtml
p041_capitolo-33.xhtml
p042_capitolo-34.xhtml
p043_capitolo-35.xhtml
p044_capitolo-36.xhtml
p045_capitolo-37.xhtml
p046_capitolo-38.xhtml
p047_capitolo-39.xhtml
p048_capitolo-40.xhtml
p049_capitolo-41.xhtml
p050_capitolo-42.xhtml
p051_capitolo-43.xhtml
p052_capitolo-44.xhtml
p053_capitolo-45.xhtml
p054_capitolo-46.xhtml
p055_capitolo-47.xhtml
p056_capitolo-48.xhtml
p057_parte-04.xhtml
p058_capitolo-49.xhtml
p059_capitolo-50.xhtml
p060_capitolo-51.xhtml
p061_capitolo-52.xhtml
p062_capitolo-53.xhtml
p063_capitolo-54.xhtml
p064_capitolo-55.xhtml
p065_capitolo-56.xhtml
p066_capitolo-57.xhtml
p067_capitolo-58.xhtml
p068_capitolo-59.xhtml
p069_capitolo-60.xhtml
p070_capitolo-61.xhtml
p071_capitolo-62.xhtml
p072_capitolo-63.xhtml
p073_capitolo-64.xhtml
p074_capitolo-65.xhtml
p075_capitolo-66.xhtml
p076_capitolo-67.xhtml
p077_capitolo-68.xhtml
p078_capitolo-69.xhtml
p079_parte-05.xhtml
p080_capitolo-70.xhtml
p081_capitolo-71.xhtml
p082_capitolo-72.xhtml
p083_capitolo-73.xhtml
p084_capitolo-74.xhtml
p085_capitolo-75.xhtml
p086_capitolo-76.xhtml
p087_capitolo-77.xhtml
p088_capitolo-78.xhtml
p089_capitolo-79.xhtml
p090_capitolo-80.xhtml
p091_capitolo-81.xhtml
p092_capitolo-82.xhtml
p093_capitolo-83.xhtml
p094_parte-06.xhtml
p095_capitolo-84.xhtml
p096_capitolo-85.xhtml
p097_capitolo-86.xhtml
p098_capitolo-87.xhtml
p099_capitolo-88.xhtml
p100_capitolo-89.xhtml
p101_capitolo-90.xhtml
p102_capitolo-91.xhtml
p103_capitolo-92.xhtml
p104_parte-07.xhtml
p105_capitolo-93.xhtml
p106_capitolo-94.xhtml
p107_capitolo-95.xhtml
p108_capitolo-96.xhtml
p109_capitolo-97.xhtml
p110_capitolo-98.xhtml
p111_capitolo-99.xhtml
p112_capitolo-100.xhtml
p113_capitolo-101.xhtml
p114_capitolo-102.xhtml
p115_capitolo-103.xhtml
p116_capitolo-104.xhtml
p117_ringraziamenti.xhtml
p999_copyright.xhtml