CAPITOLO XXI
A Myla fu sufficiente una notte di riposo per riprendersi.
Partirono la mattina seguente per la nuova destinazione.
«La prossima sosta sarà più lunga – stava dicendo Myla osservando il programma – Martin ha detto che nella prossima città ha programmato diversi eventi in più librerie, il primo per questa sera, per cui abbiamo solamente un paio d’ore dall’arrivo per prepararci».
L’uomo seduto di fronte a lei annuì senza guardarla.
Dopo il breve memorandum fatto da Myla nello scompartimento calò il silenzio.
La donna si mise a leggere un libro senza prestare attenzione al compagno di viaggio che a sua volta non sembrava molto interessato a fare conversazione.
Rimasero in silenzio per buona parte della durata del viaggio.
«Penso che tu abbia ragione – disse improvvisamente Larsen – ieri sera ho superato ogni limite!».
«Come gestisci la tua vita è affar tuo. Sarebbe gradito però che tu rispettassi un po’ di più chi ti circonda. In fondo si sta lavorando per un obiettivo comune, o almeno di questo ero convinta!».
«Io penso che i motivi che ci hanno spinto in questa avventura siano differenti».
«Questo è molto chiaro».
«Tu sei convinta di poter salvare il pianeta?».
«No – rispose lei dopo un lungo silenzio – io non sono convinta di nulla a parte il fatto che stiamo combattendo contro un nemico che è molto più forte di quanto noi immaginiamo, ma qualcosa si deve pur fare per evitare che queste stragi continuino ancora».
«Perché ti sei imbarcata in una battaglia che potrebbe essere persa in partenza?».
«Perché non ho più nulla da perdere, non ho più una casa, non ho più un lavoro, per questa malattia ho perso l’unica persona a cui tenevo veramente».
«Non ti stanchi di combattere?».
«Mi sono stancata di non combattere!».
Larsen rimase in silenzio e dopo una lunga pausa fu Myla a ricominciare a parlare: «Anche tu hai smesso di combattere. Ti rifugi in piaceri virtuali, l’alcol, la droga, il sesso occasionale. Non è così che ritroverai ciò che hai perduto».
«Come fai a sapere che ho perduto qualcosa?» intervenne lui con voce amareggiata.
«Io so perfettamente cosa stai passando. Ti svegli in piena notte in preda a incubi che nemmeno ricordi ma che ti sfiancano, non riesci a dormire fino a quando crolli sfinito per stanchezza. Ti annebbi la mente con schifezze che non fanno altro che distruggerti. E sei solo, solo di una solitudine talmente profonda e interiore che nemmeno l’essere circondato da persone che ti riveriscono aiuta a colmare in parte il vuoto che hai in fondo all’anima. Io lo so, fino a qualche tempo fa ero come te e avevo smesso di vivere, come hai fatto tu. L’unica differenza è che tu hai scelto di vessare chi ti circonda, io, invece, avevo scelto di chiudermi nel mio eremo».
«E poi?».
«E poi mi sono decisa ad affrontare i miei fantasmi!».
«E li hai vinti?».
«No! ho perso con loro e ho perso tutto, ma ho ritrovato la mia anima che ora vive in una sorta di convalescenza, ha bisogno ancora di essere protetta e curata ma prima o poi guarirà e tornerà anche la vita».
«Mi sembri molto ottimista. Sei convinta che esista un futuro per tutti noi?».
«Un futuro esiste sì! forse non per me che non ho ancora molto tempo, ma per questo pianeta voglio continuare a pensare che esista e che continuerà a esistere qualcuno che combatta perché le cose cambino».
«Cosa vuol dire che forse non esiste un futuro per te?» chiese lui allarmato.
«Ho l’SNDS! è a uno stadio già avanzato. Tutto questo non lo sto facendo solo in memoria di Lyara che ci ha lasciato».
«Da quando sai di essere malata?».
«Da qualche mese. Quello di ieri sera è stato un attacco e nemmeno uno dei più forti».
Larsen rimase attonito a osservarla.
Non pensava di sentirsi tanto colpito da una simile notizia.
Rimase ammutolito.
Una voce femminile annunciò l’imminente conclusione del viaggio.
Di lì a breve il treno avrebbe cominciato a rallentare e sarebbe entrato nella stazione d’arrivo.