CAPITOLO XXVIII

 

«Ma cosa ti è venuto in mente?» strillò Larsen verso il monitor del videotelefono.

Ingurgitò d’un fiato il liquore nel bicchiere che aveva in mano.

Era furioso.

Sul monitor l’immagine di Rubens appariva tranquilla.

Seduto nella poltrona della sua scrivania aspettava che Larsen sfogasse la sua rabbia.

«Quelli sono soldi miei – inveì nuovamente Larsen – perché dovrei dare una parte del ricavato a quella gente?».

«Perché ci consentono di utilizzare il nome dell’AGMT. È un’associazione no-profit, ha necessità di fondi per poter portare avanti i progetti che hanno in corso».

«Perché non si mettono a lavorare, non fanno qualcosa che porta guadagno invece di stare a perdere tempo con gente che tanto è destinata a morire entro breve?».

«Sei una delle persone più insensibili e ciniche che abbia mai conosciuto. Tu hai scritto un magnifico romanzo che tratta una malattia terribile ma non hai la minima idea di quale possa essere la situazione di una persona malata».

«Tu sai perché ho scritto quel romanzo! non me ne frega niente delle persone che stanno morendo. Le persone malate sono un peso, non producono e costano un sacco di denaro».

«Augurati di non essere un giorno nella loro condizione – troncò Martin con rabbia – in ogni caso se vuoi che continui a curare la tua immagine e la promozione di questo libro farai come ti dirò io, in pubblico sorriderai e sarai gentile anche con le persone dell’associazione, parlerai dell’associazione come se fosse una tua ragione di vita e da ultimo, ma non meno importante, devolverai all’associazione quanto verrà concordato e senza fiatare! se invece vuoi che abbandoni la tua promozione fammelo sapere!».

Rubens chiuse la comunicazione senza dare il tempo all’altro di ribattere.

«Bastardo!» sibilò Larsen tra sé.

Si alzò dalla poltrona e si diresse in camera da letto.

In quel momento uscì dalla stanza da bagno una ragazza dai lunghi capelli neri.

Guardò l’uomo che si stava cambiando d'abito.

«Angela – disse lui – tesoro ora devo uscire, ti chiamo io!».

La ragazza raccolse le sue cose.

Si diresse alla porta e prima di uscire si voltò verso l’uomo: «Dubito che riuscirai a trovarmi considerando che non mi chiamo Angela – commentò – addio Thornton!».

Larsen compose un numero sul videotelefono.

Dovette attendere diverso tempo prima che qualcuno rispondesse.

Sul monitor apparve il volto di un uomo sulla trentina dalla carnagione scura e un’espressione piuttosto dura.

Quando vide l’immagine di Thornton sul suo viso si aprì un sorriso sarcastico: «Larsen – esordì – guarda un po’ chi si rivede! non ci sentiamo da parecchio».

«Ciao Snake! ho bisogno della polvere, la tratti ancora».

«Lo sai che non voglio che parli così attraverso questi apparecchi! perché non vieni a trovarmi al locale stasera? sai che non deluderei mai un vecchio amico».

«Ci vediamo al locale tra una mezz’ora!».

«Tranquillo! Snake è già lì che ti aspetta!».