Erin

Sono uscita presto dal cottage e sono andata a correre a monte del fiume. Volevo allontanarmi da Beckford, schiarirmi le idee, ma, anche se l’aria era stata ripulita dalla pioggia e il cielo era di un azzurro tenue e perfetto, la nebbia nella mia testa era sempre più scura e torbida. In quel posto non c’era niente che avesse senso.

Il giorno prima, quando io e Townsend avevamo lasciato Jules e Lena al mulino, ero così nervosa e così incazzata con lui che avevo tirato fuori quella storia proprio lì, in macchina. «Che cosa c’era esattamente tra lei e Nel Abbott?»

Aveva schiacciato il freno con tanta forza che per un attimo mi sono vista sfondare il parabrezza. Eravamo nel bel mezzo della strada, ma Sean non sembrava neanche essersene accorto. «Cos’hai detto?»

«Vuole accostare?» avevo chiesto, controllando lo specchietto retrovisore, ma lui non pareva averne intenzione. Ero stata davvero una stupida a sbottare in quel modo, senza introdurre l’argomento, senza tastare il terreno.

«Stai mettendo in dubbio la mia etica professionale?» Aveva uno sguardo che non gli avevo mai visto prima, una durezza con la quale non mi ero ancora scontrata. «Allora? È così?»

«Mi è stato suggerito» avevo detto, mantenendo un tono di voce neutro. «Qualcuno ha insinuato…»

«Insinuato?» Sembrava incredulo. Una macchina dietro di noi aveva suonato il clacson e Sean aveva spostato il piede sull’acceleratore. «Qualcuno ha insinuato qualcosa, dunque? E tu hai ritenuto opportuno interrogarmi al riguardo?»

«Sean, io…»

Eravamo arrivati nel parcheggio davanti alla chiesa. Aveva accostato, si era sporto verso di me e aveva aperto la portiera. «Erin, hai visto il mio stato di servizio?» aveva chiesto. «Perché io ho visto il tuo.»

«Signore, non intendevo mancarle di rispetto, ma…»

«Scendi dalla macchina.»

Avevo avuto appena il tempo di chiudere la portiera che era già ripartito sgommando.

Quando sono arrivata in cima al pendio a nord del cottage, ero già senza fiato. Mi sono fermata per fare una pausa. Era ancora presto, nemmeno le sette, la vallata era tutta per me. Perfetta, placida. Ho fatto un po’ di stretching per le gambe e mi sono preparata alla discesa. Sentivo di aver bisogno di correre, di volare, di stancarmi. Non era quello il modo migliore per fare chiarezza?

Sean aveva reagito come un colpevole. O come un uomo ferito. Un uomo la cui onestà fosse stata messa in discussione senza alcuna prova. Ho aumentato il passo. Quando aveva tirato in ballo il nostro stato di servizio, aveva segnato un punto: il suo era impeccabile; io avevo evitato per un pelo di essere silurata per aver avuto una relazione sul posto di lavoro, con una persona più giovane. Stavo correndo velocissima, a perdifiato, giù per il pendio, con gli occhi fissi sul sentiero, le ginestre una macchia sfocata ai lati del mio campo visivo. Ha un impressionante record di arresti, e gode del massimo rispetto da parte dei colleghi. Come ha detto Louise, è un brav’uomo. Sono inciampata con il piede destro su un sasso del sentiero e ho fatto un bel volo. Sono caduta nella polvere, faticavo a respirare, non avevo più aria nei polmoni. Sean Townsend è un brav’uomo.

Ce ne sono tanti in giro. Mio padre era un brav’uomo. Era un ufficiale rispettato. Questo non gli impediva di gonfiare me e i miei fratelli come zampogne, quando perdeva le staffe, ma tant’è. Quando mia madre si era lamentata con uno dei suoi colleghi perché lui aveva rotto il naso al più piccolo dei miei fratelli, lui le aveva detto: «Tesoro, esiste una sottile linea blu e mi sa che è meglio se non la superi».

Mi sono rimessa in piedi e mi sono scrollata la terra di dosso. Sarei potuta star zitta. Sarei potuta rimanere dalla parte giusta della linea blu, avrei potuto non considerare le insinuazioni di Louise e le loro implicazioni, infischiarmene dei possibili legami personali tra Sean e Nel Abbott. Ma se lo avessi fatto, avrei ignorato l’evidenza che quando c’è di mezzo il sesso, c’è un movente. Lui aveva un buon motivo per sbarazzarsi di Nel, e anche sua moglie ce l’aveva. Ho ripensato alla faccia di Helen, il giorno in cui ero andata a scuola per parlarle, alle cose che aveva detto su Nel, su Lena. Che cosa disprezzava così tanto? La sua insistente, affettata manifestazione di disponibilità sessuale?

Ho raggiunto la fine della discesa, correndo tra le ginestre; il cottage era a poche centinaia di metri e ho visto che c’era qualcuno fuori. Una persona robusta, con la schiena curva e indosso una giacca scura. Non era Patrick e neanche Sean. Mentre mi avvicinavo ho capito che era la vecchia dark, la sensitiva, Nickie Sage, quella matta come un cavallo.

Si era appoggiata alla parete del cottage, aveva il volto paonazzo. Sembrava sul punto di avere un infarto.

«Signora Sage!» ho urlato. «Si sente bene?»

Mi ha guardata, respirava a fatica, ha sollevato il cappello floscio di velluto che era sceso fino alle sopracciglia. «Sto bene,» ha detto «anche se era da molto tempo che non camminavo così tanto.» Mi ha squadrata dalla testa ai piedi. «Sembra che tu ti sia rotolata nel fango.»

«Già,» ho replicato, provando inutilmente a spazzare via la terra che mi si era appiccicata addosso «ho fatto un bel capitombolo.» Lei ha annuito, poi ha cercato di rimettersi in cammino, sentivo il rantolo dei polmoni. «Vuole entrare e sedersi?»

«Lì dentro?» Ha sollevato la testa in direzione del cottage. «No, grazie.» Si è allontanata dall’entrata. «Lo sai cos’è successo lì dentro? Lo sai cos’ha fatto Anne Ward?»

«Ha ucciso suo marito» ho risposto. «E poi si è annegata, proprio qui, nel fiume.»

Nickie ha scrollato le spalle e si è avviata verso la sponda del fiume. L’ho seguita. «Secondo me, è stato più un esorcismo che un omicidio. Lei si è liberata dello spirito maligno che si era impossessato di quell’uomo. Lo spirito ha lasciato il suo corpo, ma non ha abbandonato questo posto, vero? Fai fatica a dormire lì dentro?»

«Be’, ecco… io…»

«Non mi sorprende. Non mi sorprende affatto. Avrei potuto avvisarti, non che tu mi avresti ascoltata. Questo posto è malefico. Perché credi che Townsend lo abbia tenuto, e se ne occupi come se fosse il suo posto speciale?»

«Non ne ho idea» ho detto. «Pensavo che lo usasse come capanno per la pesca.»

«La pesca!» ha esclamato, quasi non avesse mai sentito niente di più stupido in tutta la sua vita. «La pesca!»

«Be’, io l’ho visto pescare qui intorno, quindi…»

Nickie ha brontolato qualcosa e mi ha zittita con un gesto della mano. Eravamo arrivate sul bordo dell’acqua. Punta contro tacco e tacco contro punta, ha liberato i piedi, gonfi e chiazzati, dalle scarpe senza lacci. Ne ha messo uno nell’acqua e ha reagito con una risatina soddisfatta. «L’acqua è fresca qui, vero? Pulita.» Immersa fino alle caviglie, ha chiesto: «Sei andata a trovarlo? Townsend? Gli hai chiesto di sua moglie?».

«Di Helen?»

Si è girata a guardarmi, con un’espressione di disprezzo. «La moglie di Sean? Quella Helen, con la faccia da cane bastonato? Cosa c’entra lei? È interessante come la vernice che si asciuga. No, quella che ti interessa è la moglie di Patrick. Lauren.»

«Lauren? La Lauren che è morta trent’anni fa?»

«Esatto, la Lauren che è morta trent’anni fa! Tu pensi che i morti non contino? Pensi che i morti non parlino? Dovresti sentire le cose che hanno da raccontare.» Ha camminato ancora un po’ nel fiume, si è chinata in avanti per bagnarsi le mani. «È qui, è qui che Anne venne a sciacquarsi le mani, proprio così, guarda, però lei non si fermò…»

La mia attenzione stava scemando. «Devo andare, Nickie, vado a farmi la doccia e a lavorare. È stato un piacere parlare con lei» ho detto, e mi sono girata per andarmene. Ero a metà strada quando lei mi ha chiamata.

«Tu pensi che i morti non parlino? Dovresti ascoltare, potresti sentire qualcosa. È Lauren che stai cercando, è lei che ha dato inizio a tutto quanto!»

L’ho lasciata al fiume. Il mio piano era andare da Sean sul presto; pensavo che, se mi fossi presentata a casa sua e gli avessi offerto un passaggio al lavoro, lo avrei avuto a mia disposizione per almeno quindici minuti. Non sarebbe potuto scappare né avrebbe potuto buttarmi fuori dalla macchina. Ed era meglio che parlare con lui al commissariato, dove ci sarebbero state altre persone.

La casa dei Townsend non è lontana dal cottage. Seguendo il fiume, saranno cinque chilometri al massimo, ma non c’è una strada diretta, bisogna prima entrare in città e poi tornare indietro, quindi sono arrivata che erano le otto passate. Troppo tardi. Non c’erano auto nel cortile: lui era già uscito. La cosa più logica, lo sapevo, era fare inversione e andare in ufficio, ma la voce di Nickie e anche quella di Louise continuavano a ronzarmi in testa, così ho pensato di verificare se, per caso, Helen non fosse in casa.

Non c’era. Ho bussato alla porta più volte senza ottenere risposta. Stavo tornando alla macchina quando mi è venuto in mente di provare alla porta accanto, dove abitava Patrick Townsend. Di nuovo nessuna risposta. Ho sbirciato dalla finestra ma non si vedeva molto, solo una stanza buia e apparentemente vuota. Sono tornata all’ingresso e ho bussato di nuovo. Niente. Ma quando ho provato ad abbassare la maniglia, la porta si è aperta, e mi è sembrato un invito a entrare.

«C’è nessuno?» ho gridato. «Signor Townsend? C’è nessuno?» Silenzio. Sono entrata nel soggiorno, un ambiente spartano con i pavimenti di legno scuro, le pareti nude; l’unica concessione alla decorazione erano alcune foto incorniciate sulla mensola del camino. Patrick Townsend in divisa, prima nell’esercito poi in polizia, e numerose foto di Sean da bambino e da ragazzo, un sorriso impacciato all’obiettivo, la stessa posa e la stessa espressione in tutti gli scatti. C’era anche una foto di Sean e Helen il giorno del loro matrimonio, davanti alla chiesa di Beckford. Lui era bello e giovane, ma sembrava triste. Lei era uguale a oggi, forse un pochino più magra. Aveva l’aria più felice di lui e sorrideva timida, nonostante il vestito orrendo.

Sulla credenza di legno, di fronte alla finestra, c’erano altre cornici che contenevano certificati, encomi, attestati, un monumento ai successi del padre e del figlio. Per quel che vedevo, non c’erano fotografie della madre di Sean.

Sono uscita dal soggiorno e ho chiamato di nuovo. «Signor Townsend?» La voce riecheggiava nell’ingresso. Quella casa sembrava disabitata eppure era pulitissima, non c’era nemmeno un granello di polvere sul battiscopa o sulla ringhiera. Ho salito le scale fino al pianerottolo. C’erano due camere da letto, adiacenti, arredate con la stessa semplicità del soggiorno al piano di sotto, sebbene chiaramente abitate. Tutte e due, a quanto potevo notare. Nella camera principale, che aveva un’ampia finestra affacciata sulla vallata e sul fiume, c’erano le cose di Patrick: scarpe nere lucidate vicino al muro, i vestiti appesi nell’armadio. In quella adiacente, accanto al letto singolo, perfettamente rifatto, c’era una sedia sulla quale era appoggiata una giacca, che ho riconosciuto essere quella che Helen indossava il giorno in cui l’avevo interrogata a scuola. E nel guardaroba c’erano altri vestiti: neri, grigi, blu scuro e informi.

Il mio cellulare ha emesso un suono, che è sembrato assordante nel silenzio funereo di quella casa. Avevo perso una chiamata, c’era un messaggio in segreteria. Era di Jules. «Sergente Morgan,» stava dicendo, con tono solenne, «ho bisogno di parlarle. È piuttosto urgente. Sto venendo da lei. Io… devo parlarle da sola. Ci vediamo al commissariato.»

Mi sono infilata il telefonino in tasca. Sono tornata nella stanza di Patrick e ho dato un’altra occhiata veloce in giro, ai libri sugli scaffali, al cassetto vicino al letto. Lì dentro c’erano altre vecchie fotografie: Helen e Sean insieme, che pescavano vicino al cottage, Helen e Sean appoggiati alla nuova auto, orgogliosi del loro acquisto, Helen davanti alla scuola, fiera e al tempo stesso un po’ a disagio, Helen in cortile, con un gatto in braccio, Helen, Helen, Helen.

Ho sentito un rumore, uno scatto, il suono di un chiavistello sollevato, poi lo scricchiolio delle tavole del pavimento. Ho rimesso a posto le fotografie in fretta e furia, ho chiuso il cassetto e sono tornata sul pianerottolo, senza far rumore. E lì mi sono bloccata. Ai piedi delle scale c’era Helen, che mi fissava. Nella mano sinistra teneva un coltello da cucina e stringeva la lama così forte che c’era del sangue che gocciolava sul pavimento.

Dentro l'acqua
titlepage.xhtml
part0000.html
part0001.html
part0002.html
part0003_split_000.html
part0003_split_001.html
part0004.html
part0005.html
part0006.html
part0007.html
part0008_split_000.html
part0008_split_001.html
part0009.html
part0010_split_000.html
part0010_split_001.html
part0011_split_000.html
part0011_split_001.html
part0012_split_000.html
part0012_split_001.html
part0013.html
part0014.html
part0015.html
part0016.html
part0017.html
part0018.html
part0019_split_000.html
part0019_split_001.html
part0020.html
part0021.html
part0022.html
part0023.html
part0024_split_000.html
part0024_split_001.html
part0025_split_000.html
part0025_split_001.html
part0026_split_000.html
part0026_split_001.html
part0027.html
part0028.html
part0029_split_000.html
part0029_split_001.html
part0030_split_000.html
part0030_split_001.html
part0031.html
part0032.html
part0033.html
part0034.html
part0035_split_000.html
part0035_split_001.html
part0036_split_000.html
part0036_split_001.html
part0037_split_000.html
part0037_split_001.html
part0038.html
part0039.html
part0040_split_000.html
part0040_split_001.html
part0041.html
part0042_split_000.html
part0042_split_001.html
part0043.html
part0044.html
part0045.html
part0046.html
part0047.html
part0048_split_000.html
part0048_split_001.html
part0049.html
part0050_split_000.html
part0050_split_001.html
part0051_split_000.html
part0051_split_001.html
part0052.html
part0053_split_000.html
part0053_split_001.html
part0054_split_000.html
part0054_split_001.html
part0055_split_000.html
part0055_split_001.html
part0056_split_000.html
part0056_split_001.html
part0057.html
part0058.html
part0059.html
part0060.html
part0061.html
part0062.html
part0063_split_000.html
part0063_split_001.html
part0064.html
part0065.html
part0066.html
part0067.html
part0068.html
part0069.html
part0070.html
part0071.html
part0072.html
part0073.html
part0074_split_000.html
part0074_split_001.html
part0075.html
part0076.html
part0077.html
part0078.html
part0079.html
part0080.html
part0081.html
part0082.html
part0083_split_000.html
part0083_split_001.html
part0084.html
part0085.html
part0086.html
part0087.html
part0088.html
part0089.html
part0090_split_000.html
part0090_split_001.html
part0091.html
part0092.html
part0093_split_000.html
part0093_split_001.html
part0094.html
part0095.html
part0096_split_000.html
part0096_split_001.html
part0097.html
part0098.html
part0099.html
part0100.html