Josh
Qualcosa mi ha svegliato. Mi sono alzato per andare in bagno e ho visto che la porta della camera di mamma e papà era aperta. Ho guardato: la mamma non era a letto. Papà russava, come sempre. L’orologio sul comodino segnava le quattro e otto minuti. Ho pensato che la mamma fosse andata di sotto. Non riesce a dormire. Neppure papà ci riesce, adesso, ma lui prende delle pillole così forti che dopo non si sveglia nemmeno con le cannonate.
Sono sceso senza far rumore, perché di solito la mamma accende la tv e si mette a guardare quei noiosissimi programmi dove vendono aggeggi per dimagrire, per pulire il pavimento o per tagliare la verdura in mille modi diversi. Così alla fine si addormenta. Però il televisore era spento e sul divano non c’era nessuno. Doveva essere uscita.
È già successo altre volte, per quel che ne so, ma non posso sapere sempre dove sono tutti quanti. La prima volta mi ha detto che era andata a fare due passi per schiarirsi le idee, ma un’altra mattina mi sono svegliato e lei non c’era, e dalla finestra della mia stanza ho visto che la sua macchina non era parcheggiata al solito posto, davanti casa.
Credo che vada al fiume, oppure al cimitero, sulla tomba di Katie. Anch’io ci vado, ogni tanto, ma non in piena notte: avrei paura, con il buio, e poi mi farebbe uno strano effetto, perché è la stessa cosa che ha fatto Katie. Si è alzata di notte, è andata al fiume e non è più tornata. Però capisco perché la mamma lo fa: per sentirsi vicino a lei. È l’unica cosa che le rimane, oltre ad andare nella sua stanza. So che ci entra, ogni tanto: è la camera accanto alla mia e quando piange la sento.
Mi sono seduto sul divano ad aspettare, ma devo essermi addormentato perché quando la porta si è aperta fuori era già giorno. L’orologio sul caminetto segnava le sette e un quarto. Mamma è entrata in casa e si è precipitata su per le scale.
L’ho seguita, mi sono fermato davanti alla camera dei miei e ho spiato dalla fessura della porta. Era inginocchiata vicino al letto, dalla parte di papà. Era rossa in viso, come se avesse corso. Ansimava. «Alec, svegliati. Svegliati.» Lo scuoteva. «Nel Abbott è morta. L’hanno trovata nel fiume. Si è buttata.»
Non ricordo di aver parlato, ma forse ho fatto un rumore perché la mamma si è girata verso di me ed è scattata in piedi.
«Oh, Josh» ha detto, venendomi incontro. «Josh.» Ho visto che aveva gli occhi pieni di lacrime. Mi ha abbracciato stretto e quando mi sono staccato da lei piangeva ancora, ma sorrideva anche. «Piccolo mio.»
Papà si era seduto sul letto e si stava strofinando gli occhi. Gli ci vuole sempre una vita a svegliarsi del tutto. «Aspetta, non ho capito. Quando sarebbe… Hai detto durante la notte? E tu come fai a saperlo?»
«Sono uscita a comprare il latte. Ne parlavano tutti… lì, al negozio. L’hanno trovata stamattina.» Si è seduta anche lei sul letto e ha ricominciato a piangere. Papà l’ha abbracciata, ma guardava me e aveva un’espressione strana negli occhi.
«Dove sei andata? Dove sei stata?» le ho chiesto.
«Al negozio, Josh. Te l’ho appena detto.»
Non è vero, avrei voluto risponderle. Sei stata fuori per ore, non sei uscita soltanto a comprare il latte. Volevo dirglielo ma non l’ho fatto perché i miei genitori erano lì sul letto, si guardavano, e sembravano felici.