Trentadue

Seduti ai due lati della scrivania si guardarono.

«Non abbiamo niente» disse Adriana Santini, PM anche nel caso della morte di Nicolae. «Dove mi attacco, con quel mastino dall’altra parte?»

Silvestri passò i fogli che aveva in mano e scosse la testa. «Io volevo andare a farci due chiacchiere, ma ora non posso più, s’è preso la difesa del Tosi… ecco qui».

«Quello che ha ammazzato il ragazzino con una mazza da golf?»

«Invocherà la legittima difesa».

«L’onere della prova spetta all’accusa, voglio vedere lui che cosa mi tira fuori».

«Se lo conosco, picchierà sull’emozione per la morte della Mauri. Gioco facile per uno come lui. Ti rendi conto che della sua arringa del ‘Vergognatevi’ – te la ricordi? – si parla ancora… C’era Cosentini come PM. Sulle emozioni quello è un mago» aggiunse, con un eccesso di entusiasmo che disturbò Adriana Santini.

«Vedremo. Ma intanto cerchiamo di raccogliere qualcosa, accidenti. Di quella Mauri?»

Silvestri scosse la testa. «Sono andato anche nell’azienda di trasporti del padre. Camionisti, facchini, uomini robusti… alibi controllati, era domenica. Poi mi dici perché uno di questi, che ha trovato un lavoro ben pagato e con i libri in ordine, li abbiamo passati al setaccio, avrebbe dovuto ammazzare la figlia del capo? In nome di che?»

«E in nome di chi?»

«No, toglitelo dalla testa, ci perdi tempo. Siamo andati a fondo e non tanto per il sottile, ma non abbiamo trovato niente che possa collegarsi a quella morte. Capisci… è assurda, senza movente. È persino assurdo pensare a un errore. Ci sono soltanto quei due, capitati lì a cose fatte. Improbabili come la neve d’estate».

«Be’, non molliamo… scusa». Alzò il cellulare, che aveva preso a suonare. «Che cosa vuoi? Sono in riunione. Sì, prenditi quello che ti pare, lasciami il letto e lo spazzolino da denti… fa’ quello che vuoi, ti saluto. E lasciami le chiavi!» Quando depose il cellulare si passò una mano tra i capelli. «Accidenti a lui» disse piano.

«Problemi?»

«Sì, tanto qui non passa niente… sto dividendomi da mio marito e il bastardo pianta grane. Mi ha detto che non se l’aspettava… con amante al seguito da due anni. Gli uomini!»

«Guarda che non siamo tutti uguali».

«Ma vattenne! Non sei sposato, tu. Anche Gilardi, hai visto? Separato con nuova donna al fianco. Ma lasciamo perdere, va’… Cerca di darmi qualcosa su cui basare un processo decente. Questa non si è ammazzata da sola».

Silvestri raccolse le carte e si alzò. «Vediamo… ti faccio sapere».

Dopo meno di un’ora il commissario capo Severino Silvestri ribussò alla porta di Adriana Santini ed entrò senza essere invitato.

«Che ti succede?»

«Ecco, questo è quello che volevi». E le mise sul tavolo la foto di un ragazzo, di spalle, nell’atto di aprire una porta.

«Sarebbe?» domandò lei, senza toccarlo.

«Guarda, vai avanti… altro che neve d’estate, quei due bastardi: guarda». E mise sul tavolo le altre foto, nell’ordine in cui dovevano essere.

Adriana Santini fece scorrere le foto, poi alzò la testa verso Silvestri. «Che cosa mi rappresentano? Sono quei due il giorno del ritrovamento della Mauri? Ti vuoi spiegare?»

«Mi spiego, sì». Si sedette nuovamente al posto che aveva occupato. «Quando sono tornato in questura, ho trovato una ragazza e due ragazzini che mi aspettavano». Si concesse una risata a labbra strette. «Pensa che stavano per andarsene, li ho presi al volo».

«Sarebbero?»

«Sareste?»

La ragazza, che era già in piedi pronta ad andarsene, girò appena la testa. «Ora ce ne andiamo» disse.

«Volevate parlare con me?»

«Non lo so. Ho detto che abbiamo delle prove da mostrarvi».

«Riguardo a che?»

La ragazza si rimise seduta e con un’occhiata fece capire ai due fratelli di stare zitti. «Loro hanno la prova che quella… Giulia… Mauri?» domandò.

«Sì, Giulia Mauri, stiamo indagando sulla sua morte».

«Ecco, che quella Giulia è stata ammazzata dal giovanotto biondo che ha ammazzato mio fratello. Io sono Lara, la sorella di Nicolae».

«Oh, guarda… avevo letto che venite dalla Moldavia». Silvestri prese una sedia e l’accostò alla scrivania. «Sedetevi, avanti. Volete bere qualcosa? Lei, signorina?»

«No, grazie, non vogliamo niente». I due ragazzi si sedettero uno accanto all’altro dallo stesso lato della scrivania, e abbassarono la testa. Ora sarebbe toccato a loro.

«Fate vedere a questo signore…»

«Sono commissario».

«Sì… al commissario quelle foto. Vediamo se dice anche lui che non valgono niente».

Adam allungò il braccio e mise le foto in favore di Silvestri. «Ecco, sono queste. Ragazza strillava strillava, noi sentito, eravamo in cancello».

«Un momento. La ragazza era Giulia Mauri? Il cancello è la rete che circonda la sua casa?»

I ragazzi, insieme, dissero di sì soltanto abbassando il capo.

«Capisco, andiamo avanti. La ragazza strillava. E che cosa diceva?»

«Non capito. Strillava».

«Con chi strillava?»

«Ragazzo biondo, questo… noi fotografato mentre entra».

«Perché?» Si rese conto che i ragazzi non avevano capito la domanda, in quanto insieme si erano rivolti alla sorella. «Perché lo avevate fotografato?»

«Per ridere. Trovato questo… per ridere». Quindi insieme, con l’aiuto della sorella, raccontarono anche a lui la sequenza che avevano fotografato, mostrando le foto stampate a colori che estraevano da una busta. «Biondo ha ucciso ragazza».

«Non è così chiaro, ma è un buon indizio. Avete mostrato queste foto al giovanotto biondo?»

«Sì, mostrato. Dato soldi… promessi altri soldi in casa».

«Cioè, fatemi capire. Alessandro Tosi vi ha promesso altri soldi in casa?»

«Sì…» e in rumeno si rivolse alla sorella.

«Scusi, avv… no, commissario. Non parlano bene vostra lingua. Questo Alessandro ha promesso a Nicolae altri soldi che gli dava in casa. Nicolae è andato da lui e quello l’ha ammazzato, questo volevano dire».

«Siamo sicuri che abbia invitato suo fratello a casa sua, di notte, per dargli dei soldi? In cambio di queste foto?»

«Siamo sicuri, sì. Nicolae ci ha detto che sarebbe tornato con i soldi… invece è morto. Che cosa possiamo fare?»

Il commissario Silvestri sapeva perfettamente che cosa doveva fare. Chiamò un ispettore e un’agente, diede disposizioni, si prodigò in sorrisi, cioccolata e tè con biscotti. Spiegò la situazione, disse che cosa sarebbe successo, e che da quel momento loro sarebbero stati ospiti della questura. Sarebbero andati a prendere anche la madre, che tornava a casa verso le ventuno.

Poi prese la busta con le foto e quasi di corsa arrivò in tribunale alla porta di Adriana Santini.

Adriana Santini riguardò le foto. «Certo, corrispondono a quello che dicono ’sti ragazzini. Il moldavo lo ricattava e il biondino l’ha ammazzato di proposito. Omicidio. Quelli hanno queste foto?»

«Sì… l’avvocato è andato a casa loro».

«Max Gilardi?»

«No, il giovane: Bernardini. Gli aveva detto che quelle foto non valevano niente, e che lo avrebbe dimostrato la data di creazione dei file».

«E ora questo telefono dov’è?»

«Lo hanno resettato e venduto credendo alle parole di Bernardini. Poi però hanno capito che quelle foto valevano e ci hanno portato le stampe».

«Sul serio?»

«Eh già… Questi hanno sempre bisogno di soldi…»

«Vabbè, ci faremo bastare le stampe: secondo me parlano già chiaro».

«Sì. Bernardini gli ha lasciato una busta con cento euro, per il disturbo. Solo dopo averlo venduto la sorella ha capito che forse queste foto potevano valere. E sono venuti qui. Li teniamo ospiti in questura, così non corrono rischi prima del processo. E li facciamo testimoniare: due morti, capisci?»

«Capisco, sì. Ora è tutto chiaro, finalmente. Pure nel caso Mauri. Due omicidi, ergastolo. E per l’altro… quel gesto di togliere le forbici per confondere le prove… mando in galera anche lui, il furbacchione. Di sicuro la difesa non citerà questi ragazzini come testimoni e neppure queste foto come prova. Sono stati zitti, hai capito? Bene, lo facciamo noi. E voglio vedere come reagisce Mister Miracolo. A quale madonna s’attacca, ’sta vota. Voglio proprio vedere».