Diciotto

Mentre attraversava l’ampia galleria del palazzo di Giustizia Max Gilardi si sentì chiamare. Lo sorprese che in un luogo simile qualcuno lo chiamasse per nome.

Si girò e vide Adriana Santini, in uno dei suoi irreprensibili tailleur con il braccio teso verso di lui, che gli sorrideva.

«Dove stai andando, mascalzone?»

«Ciao, anche tu da queste parti?» scherzò.

«Dove sei stato?»

«In Toscana, con Olga. Sono tornato per la causa Lusentini. E tu?»

Stavano avviandosi insieme verso l’uscita che due ragazzi in divisa tenevano aperta.

«Io… lavoro, naturalmente».

«Sei sola?»

«Sì, Beppe è a Parigi… per affari, dice».

«Ahi! Sento puzza di sospetto… Avanti, non mi sembri neppure tu».

«Infatti».

«Colazione con me? Anch’io sono solo, Olga è rimasta a Siena: ma io non nutro sospetti».

«Beato te!»

Max Gilardi aprì la portiera della macchina e la fece accomodare. Con il cellulare avvertì intanto Liciuzza che a colazione sarebbero stati in due.

«Vuoi parlarne?»

«Serve, secondo te?»

Le diede un’occhiata. Non riconosceva in quella donnina minuta, con il viso grigio e i capelli scompigliati dal vento, il PM che aveva avuto contro in tante battaglie, spesso però condotte insieme. Con intelligenza, forza, determinazione, buon senso e persino malizia. Un avversario contro il quale aveva sempre considerato straordinario battersi.

«E secondo te?»

A tavola, mentre Liciuzza li serviva, sfoggiando il grembiulino bianco delle buone occasioni e persino un tentativo di servizio che tenesse conto della destra e della sinistra dell’ospite, parlarono di quel caso che occupava stampa e televisioni da almeno due mesi.

«Te ne occupi tu?»

«No, Bernardini. Uno dei due ragazzi le ha tolto le forbici dal petto, confondendo le prove. Però lo vedo perplesso, cercherò di capire che cosa non lo convince».

«Hai fiducia in quel ragazzo».

«Molta, sì. Tu ti sei fatta un’idea sul caso?»

Adriana Santini gli rispose con una smorfia. «A spanne… Un malintenzionato che ha visto la porta aperta, è entrato ed è stato sorpreso da lei che aspettava l’amico. Le forbici erano sul tavolo a portata di mano…»

«E l’ammazza». Gilardi fece una smorfia. «Dove l’hai letta una scemenza simile? Un malintenzionato senza cervello. Perché deve ucciderla? Gira le spalle e se ne va. Al massimo la intontisce con due ceffoni. Ma ucciderla… che nesso ci trovi?»

«Nessuno, infatti. A meno che…»

«Ecco, a meno che?»

«Non fosse uno che lei conosceva».

Gilardi posò il bicchiere e fece di sì con la testa. «Già meglio. Anche se una forbiciata come quella sottintende qualcosa di più di una semplice conoscenza. Era uno che non doveva essere scoperto. Uno… ma chi?»

«I due ragazzi?»

Gilardi scosse la testa. «Bernardini dice che sono al di sopra di ogni sospetto». Le prese la mano ridendo. «Fino a prova contraria, naturalmente. E voi? A che punto siete?»

«Punto morto, con Silvestri che scalpita. Abbiamo fatto due riunioni a vuoto. Certo, sappiamo che voleva fare un provino come cantante, ma nessuno sa dove né con chi… troppi misteri, per questo non mi convinco».

«Ti conosco fin troppo bene e so che non mollerai. Noi siamo sempre disponibili, lo sai».

«Certo, lo so».

Il caffè lo presero seduti nella parte del soggiorno arredata con un divano e due poltrone. Adriana Santini si tolse le scarpe e allungò le gambe sul divano, in un gesto che sembrò a entrambi naturale.

«Allora?» domandò Gilardi.

«Allora… il nostro matrimonio è andato a rotoli. Beppe mi tradisce da un pezzo, ma ho sempre pensato che sarebbe passata l’ondata delle scemenze. Invece ora la storia è più grave. Ragazza giovane, modella… insomma, una scuffiata». Tentò di ridere, ma le riuscì malissimo. «Anche tu non vivi più con Paola Gretel».

«Diciamolo meglio: è Paola Gretel che non vive più con me. È lei che è andata a vivere con i bambini nella casa di mio padre. Quando ho incontrato Olga, alla quale non avrei rinunciato per niente al mondo, non sapevo che Paola avesse già fatto questa scelta… Sono stato molto fortunato, non ho dovuto far soffrire nessuno».

«Magari Paola ne avrà sofferto. Questo vostro matrimonio non l’ha capito nessuno».

«Che cosa c’era da capire? Viveva con me, era arrivata in un momento della mia vita in cui io ero molto confuso…»

«Ermeline Sarli, vero?»

«Forse. Paola è stata l’antidoto, la salvezza. Aspettava un figlio nostro e ci siamo sposati. Non ci vedo niente di straordinario. Lei continua a essere la madre dei nostri figli e la ragazza alla quale voglio bene».

«Ma l’amore è Olga, lo capisco».

Versò in due bicchieri un cognac scuro e molto profumato. «Anch’io» disse. E le sorrise. «Che cosa vuoi fare con Beppe?»

«Aspetto che torni dalla tournée di Parigi. Poi apro la gabbia e lo lascio andare».

«Anche se torna pentito e chiede di ricominciare?»

«Una domanda così stupida da te non me l’aspettavo proprio, Max. In amore non si torna mai indietro e non si ricomincia. L’amore è spietato». Sorseggiò il cognac. «Eccellente, avvocato. Eccellente davvero».

«Un regalo di Olga». Le mostrò l’etichetta. «Delamain Pale and Dry, ne capisci?»

«Poco, ma questo mi pare davvero un cognac superlativo. Ogni tanto ci vuole».

«Invece, tornando a Giulia Mauri: ti sei fatta un’idea del possibile movente?»

Scosse la testa e i riccioli le si arruffarono sulla fronte. «Rapina, dubito fortemente. Sono villette da poco, chi ci abita non ha tesori in cassaforte, al massimo due stipendi mensili. Un regolamento di conti… Silvestri è andato anche in quella direzione, ma non ha trovato niente che possa giustificare un gesto così violento. È il gesto di un uomo infuriato…»

«Un uomo, hai detto».

«Sì, quasi certamente. Hai guardato l’esame autoptico? Più alto di lei, che non era piccola come me ma andava sul metro e sessantotto, e con una bella forza nelle braccia. Quindi, molto presumibilmente, un uomo. Un amante geloso?»

Gilardi sorseggiò il cognac e restò a fissare quello che era rimasto nel bicchiere contro la lama di sole che dalla finestra tagliava la stanza proprio davanti a loro.

«La rabbia, l’odio. La vendetta… anche la rivalità».

«La rivalità, certo. Ci hai pensato? Una concorrente al provino che voleva eliminarla. Uomo, o anche donna, un rivale che non accetta di essere sconfitto. Dovremmo guardare anche da quella parte». Sollevò il bordo della manica della giacca e guardò l’ora. «Accidenti, avvocato. Devo andare, mi chiami un tassì?»

«Sono pronto, ti riaccompagno io».

«Ma…»

«Niente ma, signora». Le tese la mano per aiutarla a sollevarsi dal divano. «La mia casa è sempre aperta, vorrei che te ne ricordassi».

«Certo, sì. Vorrei poter contare su di te anche per questa storia. Se scopri qualcosa di utile, sai che con te parlo sempre volentieri. Mi ricordo al processo Spada la tua storia dell’algoritmo, te la ricordi? Mi avete dato l’identikit dell’assassino: e accidenti, corrispondeva a quel Milasi…» Stava ridendo, ma non era allegra.

Non era allegra affatto.

In macchina prese il pacchetto delle sigarette e lo rigirò da una mano all’altra, poi lo rimise nella borsa. «Tu hai già avuto a che fare con una morta presa a colpi di forbici, te la ricordi?!»

«Sì, Miss Mondo o qualcosa del genere. Era senza gambe per un incidente. Ma il caso era molto diverso, quella volta avevamo addirittura quattro probabili colpevoli. Qui non abbiamo niente, ti rendi conto?»

«Già. Dici che finiremo per archiviare il caso?»

«Spero di no. Ho molta fiducia in te, soprattutto».

«Bene, almeno tu». Batté le mani come se avesse freddo. «Segui quello che sta succedendo a Roma? Gli appalti, i rifiuti, la mafia infiltrata ai piani alti?»

«Sì, se ne stanno accorgendo ora».

«Quando sei arrivato a Napoli, qualche anno fa ormai, tu hai scoperchiato queste pentole per il processo Notarnicola. Queste cose ce le hai spiattellate in faccia e nessuno ti ha dato retta. Come facevi a saperle? Questi ci hanno messo quasi dieci anni a capirle».

«Il procuratore Giussani. È stato lui».

«Ce ne vorrebbero ora… Ma intanto abbiamo te» aggiunse Adriana Santini, ridendo.

Rientrato in studio, Max Gilardi trovò Aziz Bernardini in segreteria e gli riportò i discorsi e le ipotesi di Adriana Santini.

«Sarà lei il PM, lo sapevi?»

«Sì, lo sapevo. Vogliono istruire un processo contro ignoti? O con quell’unico ragazzo che ha tolto le forbici dal petto della vittima? Spero che ci ripensino».

«Tu a che punto sei?»

«Punto morto. Non sappiamo dove cercare. Non sta succedendo niente, malgrado i giornali e le televisioni che non danno tregua. È successo altre volte, tutto scoppierà di colpo e ci prenderà il panico».

«Non a te, spero».

«No, avvocato: non a me».